Ordinanza n. 289 del 2009

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ORDINANZA N. 289

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

- Francesco                 AMIRANTE          Presidente

- Ugo                          DE SIERVO          Giudice

- Paolo                       MADDALENA                “

- Alfio                         FINOCCHIARO              “

- Alfonso                     QUARANTA                   “

- Luigi                         MAZZELLA                    “

- Gaetano                    SILVESTRI                     “

- Sabino                      CASSESE                       “

- Maria Rita                 SAULLE                         “

- Giuseppe                  TESAURO                      “

- Paolo Maria              NAPOLITANO               “

- Giuseppe                  FRIGO                           “

- Alessandro                CRISCUOLO                  “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 19 febbraio 2009, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse da Raffaele Lino Iannuzzi, senatore all'epoca dei fatti, nei confronti del dott. Giancarlo Caselli, promosso dal Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, con ricorso depositato in cancelleria il 1° giugno 2009 ed iscritto al n. 9 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2009, fase di ammissibilità.

    Udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 2009 il Giudice relatore Paolo Maddalena.

    Ritenuto che, con ricorso depositato il 1° giugno 2009, il Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica per sentir dichiarare da questa Corte che non spetta al Senato medesimo affermare che i fatti per cui è in corso procedimento penale, pendente dinanzi ad esso Tribunale, a carico di Raffaele Lino Iannuzzi, senatore all'epoca dei fatti, concernono opinioni espresse nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, con conseguente annullamento della relativa deliberazione adottata il 19 febbraio 2009 (doc. IV-ter, n. 10);

    che il ricorrente premette che lo Iannuzzi è imputato del reato di diffamazione aggravata, punito dagli artt. 595, 61, n. 10, cod. pen., nonché 13 e 21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), giacché, alla stregua di quanto contestato con il capo di imputazione (integralmente riportato nell'atto introduttivo del presente giudizio), quale autore dell'articolo dal titolo «Il boss e la verità che nessuno volle sapere. La storia di Badalamenti, il “nemico” di Buscetta», apparso sul quotidiano “Il Giornale” del 3 maggio 2004, avrebbe offeso la reputazione di Gian Carlo Caselli, in qualità, all'epoca dei fatti, di Procuratore della Repubblica di Palermo;

    che, in sintesi, lo Iannuzzi, tramite l'anzidetto articolo giornalistico, avrebbe indotto i lettori a giungere ad erronee conclusioni intorno alle vicende del mancato interrogatorio dibattimentale di «Gaetano Badalamenti nel processo che lo vedeva coimputato con il senatore Giulio Andreotti per l'omicidio di Nino Pecorelli» e «del suicidio del maresciallo dei carabinieri Antonio Lombardo»;

    che, ad avviso del Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, non sussisterebbe, nella specie, il c.d. “nesso funzionale” che, in base all'elaborazione della giurisprudenza costituzionale, deve necessariamente individuarsi tra le dichiarazioni rese extra moenia da un membro del Parlamento e l'esercizio delle funzioni parlamentari;

    che, a tal riguardo, il ricorrente rileva che le conclusioni della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari – che provvedeva all'audizione del senatore Iannuzzi in data 16 dicembre 2008 – erano state «nel senso che mancassero tutti i presupposti per l'applicazione dell'art. 68 Cost.»;

    che, inoltre, soggiunge il giudice confliggente, andrebbe esclusa qualsiasi connessione tra l'articolo giornalistico e l'atto parlamentare costituito dal disegno di legge n. 2292 (Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione di coloro che collaborano con la giustizia), il quale risulta presentato il 29 maggio 2003 ed assegnato alla Commissione giustizia il 25 giugno 2003, mentre l'articolo dello Iannuzzi «è stato pubblicato il 3 maggio 2004, cioè esattamente un anno dopo», con conseguente carenza del “legame temporale” che deve «essere tale da far considerare la manifestazione di opinione resa extra moenia come mera divulgazione di quanto svolto nella sede propria nell'esercizio della funzione parlamentare»;

    che, peraltro, prosegue il ricorrente, non vi sarebbe neppure una generica comunanza di contenuti, poiché «l'articolo di stampa, infatti, è tutto dedicato al processo Andreotti, al suicidio del Maresciallo dei Carabinieri Lombardo, alle dichiarazioni che avrebbe reso Tano Badalamenti in USA e che avrebbe potuto rendere in Italia – secondo l'Autore – se il comportamento di alcuni politici (Leoluca Orlando) e soprattutto di alcuni magistrati della Procura di Palermo (Caselli ed altri) non avessero fatto di tutto per impedire che fosse sentito»; mentre la richiesta di una commissione d'inchiesta «avrebbe dovuto riguardare soprattutto la gestione (amministrativa) dei collaboratori di giustizia»;

    che, quanto all'argomento rappresentato dalla «anomala figura del giornalista – parlamentare a cui tutto sarebbe permesso e i cui scritti sarebbero sempre insindacabili», si tratterebbe, secondo il Tribunale, di assunto già smentito dalla giurisprudenza costituzionale in altri conflitti, nel senso che «se lo si accettasse si violerebbe l'art. 68 della Costituzione e si trasformerebbe una garanzia in un inammissibile privilegio, anche in violazione del principio di uguaglianza»;

    che, dunque, il ricorrente sostiene che «le dichiarazioni contenute nello scritto di Iannuzzi siano del tutto svincolate dall'attività funzionale dello stesso e che pertanto la decisione del Senato della Repubblica che ha ritenuto le stesse coperte dall'insindacabilità ex art. 68 Cost. sia venuta a ledere le prerogative dell'ordine giurisdizionale».

    Considerato che, in questa fase del giudizio, la Corte è chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto vi sia la «materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza», sussistendone i requisiti soggettivo ed oggettivo e restando impregiudicata ogni ulteriore questione, anche in punto di ammissibilità;

    che, sotto il profilo del requisito soggettivo, va riconosciuta la legittimazione del Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, a sollevare conflitto, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene nell'esercizio delle funzioni attribuitegli;

    che, parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione del Senato della Repubblica ad essere parte del presente conflitto, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volontà in ordine all'applicabilità dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;

    che, per quanto attiene al profilo oggettivo, il giudice ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzione, costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto illegittimo, per inesistenza dei relativi presupposti, del potere spettante al Senato della Repubblica di dichiarare l'insindacabilità delle opinioni espresse dai membri di quel ramo del Parlamento ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;

    che, dunque, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, nei confronti del Senato della Repubblica con il ricorso indicato in epigrafe;

    dispone:

    a) che la cancelleria della Corte costituzionale dia immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio;

    b) che il ricorso e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati al Senato della Repubblica, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell'avvenuta notifica, presso la cancelleria della Corte entro il termine di trenta giorni previsto dall'art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 novembre 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 6 novembre 2009.