Sentenza n. 283 del 2010

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SENTENZA N. 283

ANNO 2010

 

 Commento alla decisione di

 Claudia Marchese

Elettorato passivo: quali limiti? Ricostruzione e critica di un diritto in evoluzione

(per gentile concessione della Rivista telematica Federalismi.it)

 

 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Francesco               AMIRANTE                                       Presidente

-    Ugo                        DE SIERVO                                         Giudice

-    Paolo                      MADDALENA                                        

-    Alfio                      FINOCCHIARO                                      

-    Alfonso                  QUARANTA                                            

-    Franco                    GALLO                                                     

-    Luigi                      MAZZELLA                                             

-    Gaetano                 SILVESTRI                                              

-    Sabino                    CASSESE                                                 

-    Maria Rita              SAULLE                                                   

-    Giuseppe                TESAURO                                                

-    Paolo Maria            NAPOLITANO                                        

-    Giuseppe                FRIGO                                                      

-    Alessandro             CRISCUOLO                                           

-    Paolo                      GROSSI                                                    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera r), della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 7 agosto 2007, n. 20 (Disciplina delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità con la carica di consigliere regionale, ai sensi dell’articolo 15, comma secondo, dello Statuto speciale), promosso dalla Corte di cassazione, sezione prima civile, nel procedimento vertente tra C.N. e L.T. e altri, con ordinanza del 14 settembre 2009, iscritta al n. 321 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2010.

Visti gli atti di costituzione di C.N., di L.T., P.L., M.V. e G.B., di P.P., nonché l’atto di intervento della Regione Valle d’Aosta.

Udito nell’udienza pubblica del 22 giugno 2010 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi gli avvocati Laura Formentin ed Enrico Lubrano per C.N., Domenico Palmas per L.T., P.L., M.V. e G.B., Roberto Longhin per P.P. e Francesco Saverio Marini per la Regione Valle d’Aosta.

Ritenuto in fatto

1.— La Corte di cassazione, sezione prima civile, con ordinanza del 14 settembre 2009, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera r), della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 7 agosto 2007, n. 20 (Disciplina delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità con la carica di consigliere regionale, ai sensi dell’articolo 15, comma secondo, dello Statuto speciale), in riferimento agli articoli 3 e 51 della Costituzione.

L’ordinanza di rimessione è stata pronunciata nell’ambito del giudizio proposto contro la sentenza della Corte d’appello di Torino che annullava la delibera di convalida dell’elezione del Sig. C.N., adottata il 1° luglio 2008 dal Consiglio regionale della Valle d’Aosta, e dichiarava la situazione di ineleggibilità di quest’ultimo al momento della consultazione elettorale, in quanto svolgeva le funzioni di legale rappresentante di una struttura sanitaria privata che aveva stipulato una convenzione con l’Azienda regionale sanitaria della Valle d’Aosta, in ragione di accreditamento istituzionale.

Dopo aver specificato le ragioni della rilevanza nel giudizio a quo della questione, la Corte remittente, quanto alla non manifesta infondatezza della stessa, ha affermato che le disposizioni che prevedono l’ineleggibilità o l’incompatibilità a cariche elettive sono scrutinabili sotto il profilo del vaglio di ragionevolezza, dal momento che esse rispondono a specifiche e differenti finalità che non ne consentono la previsione discrezionale, o promiscua, da parte del legislatore.

L’ineleggibilità costituisce, infatti, una grave deroga al diritto di elettorato passivo tutelato dall’art. 51 Cost. e deve essere prevista in relazione a condizioni personali tassative, quali la condanna penale definitiva per determinati reati, oppure la titolarità di un ufficio o di una carica che possa determinare una captatio benevolentiae, o indurre un metus publicae potestatis.

Diversamente, l’incompatibilità sottende un conflitto di interessi o, quanto meno, un giudizio di inopportunità in ordine all’esercizio contemporaneo della carica elettiva e di altra, privata o pubblica, ricoperta dal candidato. In presenza di una causa di incompatibilità non si produce l’invalidità dell’elezione, ma l’eletto è chiamato ad effettuare l’opzione nei termini previsti dalla legge.

Il giudice a quo ricorda, quindi, come la Corte costituzionale abbia più volte affermato che le cause di ineleggibilità sono di stretta interpretazione e devono essere volte alla soddisfazione di effettive esigenze di pubblico interesse (sono richiamate le sentenze n. 25 del 2008, n. 306 del 2003, n. 53 del 1990).

L’articolo 51 Cost., infatti, stabilisce come regola l’eleggibilità e solo come eccezione l’ineleggibilità (è richiamata, «per affinità di oggetto», la sentenza n. 27 del 2009).

Ad avviso della Corte di cassazione, peculiare rilievo assumerebbe la sentenza di questa Corte n. 25 del 2008, che ha riguardato altra disposizione contenuta nella legge regionale n. 20 del 2007, e, segnatamente, nell’art. 2, commi 1, lettera s), e 2, lettera e).

Il remittente ritiene di non poter procedere ad un’interpretazione adeguatrice della norma censurata e che, quindi, la stessa debba essere sottoposta al vaglio di legittimità costituzionale sul seguente punto: «se la qualità di legale rappresentante di una struttura socio-sanitaria privata, che intrattenga rapporti contrattuali con l’Azienda USL regionale giustifichi la deroga assoluta al diritto di elettorato passivo, sotto forma di causa di ineleggibilità non rimovibile ex post».

Infine la Corte di cassazione osserva che gli argomenti addotti dai difensori delle parti resistenti, quali le dimensioni limitate della Regione e gli effetti sulla libertà di voto, non possono essere presi in esame dalla stessa in quanto esorbitano dalla valutazione della non manifesta infondatezza.

2.— In data 5 gennaio 2010, si è costituito il Sig. P.P., primo dei non eletti subentrato al Sig. C.N. e controricorrente nel giudizio principale, ed ha chiesto di dichiarare inammissibile – tenuto conto della discrezionalità del legislatore – o, comunque, non fondata, la questione in esame.

In primo luogo, la suddetta parte privata ha dedotto che il diritto di elettorato passivo non è un diritto incondizionato.

La disposizione censurata ravvisa una condizione di ineleggibilità nella qualità di legale rappresentante di una struttura sanitaria privata convenzionata con l’USL con la quale intrattiene rapporti contrattuali. Ed infatti, da un lato, sarebbe evidente il possibile conflitto di interessi; dall’altro, sarebbe parimenti evidente la posizione di potere – specie in una piccola realtà qual’é quella valdostana – che può consentire al suddetto soggetto di influire sull’esito del voto, potendo esercitare una indebita influenza distorsiva e condizionante sulle libere scelte degli elettori.

Non sarebbe leso, pertanto, né il principio di ragionevolezza, né l’art. 51 Cost., tenuto conto del bilanciamento di interessi sotteso alla previsione in questione. Non appare irragionevole, infatti, la preoccupazione che possa essere influenzata la scelta dell’elettore, con un eventuale pericolo per la deformazione del risultato elettorale.

La qualità soggettiva del legale rappresentante di una struttura sanitaria privata che operi contrattualmente con l’unica USL della Regione Valle d’Aosta, presa in considerazione dal legislatore regionale, si collocherebbe, in una posizione di interferenza e di conflitto potenziale tale da rendere necessario disciplinare come "ineleggibilità”, in senso tecnico, la fattispecie di cui alla lettera r) in esame, proprio a tutela dei principi di imparzialità e di buon andamento dell’amministrazione.

La difesa della parte privata rileva che analoga previsione è presente nell’art. 60 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) e che anche altre Regioni a statuto speciale e Province autonome hanno analoghe previsioni.

In proposito sono richiamati, in particolare:

a) l’art. 10 della legge della Regione Siciliana 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei deputati dell’Assemblea regionale siciliana), come sostituito dall’art. 1, comma 3, della legge della Regione Siciliana 5 dicembre 2007, n. 22 (Norme in materia di ineleggibilità e di incompatibilità dei deputati regionali);

b) l’art. 2 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 luglio 2004, n. 21 (Determinazione dei casi di ineleggibilità e incompatibilità relativi alla carica di consigliere regionale e di membro della Giunta regionale, ai sensi dell’articolo 12, secondo comma, dello Statuto);

c) l’art. 12 della legge della Provincia autonoma di Trento 30 novembre 1994, n. 3 (Elezione diretta del sindaco e modifica del sistema di elezione dei consigli comunali nonché modifiche alla legge regionale 4 gennaio 1993, n. 1).

Infine, è richiamata la sentenza di questa Corte n. 27 del 2009.

3.— Lo stesso 5 gennaio 2010, si è costituita la Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, chiedendo che la questione di costituzionalità sia dichiarata inammissibile oppure non fondata, e riservando le deduzioni difensive a successiva memoria.

4.— In data 5 febbraio 2010, si è costituito il Sig. C.N., che ha chiesto di accogliere la questione sottoposta all’esame della Corte.

Ad avviso della parte privata la norma censurata sarebbe del tutto irragionevole.

L’art. 51 Cost. prevede il libero accesso di tutti i cittadini alle cariche elettive, mentre l’ineleggibilità costituisce una «situazione limite».

Tradizionalmente, il legislatore ha ritenuto di ricollegare la previsione di cause di ineleggibilità a particolari condizioni personali o alla titolarità di uffici o cariche che la legge ritenga possano determinare il rischio di un’indebita influenza distorsiva sulle libere scelte degli elettori.

In tal senso, è richiamato l’art. 2, comma 1, lettera a), della legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione).

La parte privata ricorda, quindi, che l’art. 51 Cost. sottende un bilanciamento di interessi tra il diritto elettorale passivo e la tutela delle cariche pubbliche, che deve essere operato tenuto conto che le cause di ineleggibilità sono di stretta interpretazione e volte a soddisfare esigenze di pubblico interesse.

Diversamente, la ratio delle cause di incompatibilità va ravvisata nella inconciliabilità tra la cura dell’interesse dell’ente ed il diverso, potenzialmente contrastante, interesse dell’eletto, ragione per la quale l’eletto è chiamato a scegliere tra le due cariche.

Le differenze tra i due istituti non possono essere ignorate dal legislatore, né questi ultimi possono essere accomunati senza violare l’art. 3 Cost.

Ne deriva, ad avviso della difesa del Sig. C.N., che l’utilizzo di una causa di ineleggibilità o di incompatibilità per il perseguimento di un fine diverso dalla rispettiva ratio ispiratrice non può ritenersi costituzionalmente legittimo, poiché introduce una limitazione non giustificata del diritto di elettorato passivo, e determina la violazione del principio di eguaglianza.

Sono, quindi, richiamate, in particolare, alcune sentenze di questa Corte che hanno operato una distinzione tra i casi in cui il legislatore può stabilire rispettivamente una causa di ineleggibilità ovvero di incompatibilità.

5.— Il 9 febbraio 2010 si sono costituiti i Signori L.T., P.L., M.V. e G.B. altri controricorrenti nel giudizio principale, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata.

L’inammissibilità della questione viene argomentata sul rilievo secondo cui l’ordinanza di rimessione pur invocando, quali parametri che si assumono lesi dalla norma impugnata gli artt. 3 e 51 Cost., non illustra con chiarezza le ragione della asserita violazione.

Nel merito, si deduce che la norma censurata è conforme ai principi enunciati dalla Corte costituzionale, secondo i quali le norme che stabiliscono fattispecie di ineleggibilità devono avere portata generale ed astratta e devono essere formulate in termini precisi e chiari.

La norma in esame risponde, altresì, al principio di ragionevolezza, in quanto la volontà del legislatore valdostano non è stata quella di evitare una situazione di conflitto di interessi, ma è stata quella di evitare una potenziale alterazione della competizione elettorale.

Mentre, infatti, per i legali rappresentanti e per i direttori, quindi per i ruoli apicali, delle strutture sanitarie private è prevista l’ineleggibilità, per altre figure – sempre comprese nelle strutture sanitarie private che intrattengono rapporti contrattuali con l’Azienda USL, ma non in ruoli apicali, quali i dirigenti sanitari – è prevista l’incompatibilità.

Il legislatore valdostano – come si evince, altresì, dai lavori preparatori della normativa in oggetto – mostra, quindi, di avere ben chiara la. differenza tra il ruolo delle figure apicali ed il ruolo di chi, pur svolgendo funzioni dirigenziali nell’ambito della struttura sanitaria privata, non può determinarne gli indirizzi complessivi. Conseguentemente, ha ben distinto la posizione dei primi, prevedendo per essi un caso di ineleggibilità, da quella dei secondi, prevedendo per essi un’ipotesi di incompatibilità.

Si ricorda, inoltre, da un lato, che la norma impugnata ricalca la previsione dell’art. 2, comma 1, n. 9, della legge 23 aprile 1981, n. 154 (Norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al Servizio sanitario nazionale); dall’altro, che l’art. 60, comma 1, n. 9, del d.lgs. n. 267 del 2000 – dopo la sentenza di questa Corte n. 27 del 2009 – contiene una previsione sostanzialmente uguale a quella contenuta nella legge regionale valdostana.

La norma impugnata, sempre sotto il profilo della ragionevolezza, è stata adottata tenendo conto – in armonia con quanto previsto dall’art. 2, comma 1, lettera a), della legge n. 165 del 2004 – delle peculiarità della Regione.

La Valle d’Aosta «è una Regione di 120.000 abitanti, nella quale accanto alla Azienda regionale USL, unica struttura sanitaria pubblica presente, totalmente finanziata dalla Regione, vi sono poche strutture sanitarie private, che operano quasi esclusivamente in rapporto contrattuale con l’Azienda regionale USL». Il legislatore regionale, ben consapevole di tale situazione, ha quindi ragionevolmente previsto la ineleggibilità di chi ricopra le cariche di vertice nelle strutture sanitarie private in questione.

6.— La Regione Valle d’Aosta ha depositato una memoria, in data 31 maggio 2010, con la quale ha esposto le proprie argomentazioni.

In primo luogo, la difesa regionale ritiene che l’ordinanza di remissione sia carente, in quanto non offre adeguate motivazioni in ordine alla assunta violazione degli artt. 3 e 51 Cost. Non sarebbe quindi rispettato, dando luogo ad inammissibilità, il principio di autosufficienza dell’atto con cui viene sollevata questione di legittimità costituzionale.

In secondo luogo, la questione si paleserebbe inammissibile anche in quanto si chiede alla Corte costituzionale una pronuncia additiva non a rime obbligate.

Nel merito la questione sarebbe non fondata per le seguenti ragioni: a) la discrezionalità della Regione Valle d’Aosta nel disciplinare le cause di ineleggibilità ed incompatibilità dei consiglieri regionali, come è dato evincere dall’art. 15 dello statuto di autonomia; b) la ragionevolezza della norma, tenuto conto, altresì, che i poteri spettanti al direttore e al legale rappresentante di una struttura sanitaria privata, contrattualmente legata alla ASL, possono essere assimilati a quelli esercitati dagli organi apicali di quest’ultima.

Infine la Regione Valle d’Aosta ritiene che il richiamo effettuato nell’ordinanza di remissione alle sentenze n. 27 del 2009 e n. 25 del 2008 di questa Corte sia inconferente.

7.— In data 1° giugno 2010 anche i controricorrenti L.T. e altri hanno depositato una memoria, insistendo nelle conclusioni già rassegnate e contrastando le argomentazioni difensive svolte da C.N.

Considerato in diritto

1.— La Corte di cassazione, sezione prima civile, con ordinanza del 14 settembre 2009, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera r), della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 7 agosto 2007, n. 20 (Disciplina delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità con la carica di consigliere regionale, ai sensi dell’articolo 15, comma secondo, dello Statuto speciale), in riferimento agli articoli 3 e 51 della Costituzione.

2.— La disposizione impugnata stabilisce che non sono eleggibili alla carica di consigliere regionale, tra gli altri, «il legale rappresentante e i direttori di struttura sanitaria o socio-sanitaria privata che intrattenga rapporti contrattuali con l’Azienda regionale Usl della Valle d’Aosta».

Tale causa di ineleggibilità, come sancito dal successivo art. 3, comma 1, della medesima legge regionale, non ha effetto «se l’interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell’incarico o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita, non oltre sei mesi dalla data di scadenza naturale della legislatura».

Diversamente, l’art. 8, comma 4, della medesima legge stabilisce che in presenza di una delle cause di incompatibilità disciplinate dal precedente art. 5, l’eletto al Consiglio regionale deve dichiarare, entro otto giorni dalla data di convalida delle elezioni, quale carica presceglie.

3.— In punto di fatto, la vicenda che ha dato origine alla questione attiene alla partecipazione alla elezione per il rinnovo del Consiglio regionale della Valle d’Aosta del legale rappresentante di una struttura privata che aveva stipulato una convenzione con l’unica Azienda sanitaria locale della Regione, in ragione di accreditamento istituzionale.

L’ordinanza di rimessione è stata pronunciata nell’ambito del giudizio vertente sul ricorso proposto dall’interessato, Sig. C.N., eletto al Consiglio regionale, contro la sentenza della Corte d’Appello di Torino del 19 settembre 2008, n. 1258, che ha annullato la delibera adottata dal Consiglio regionale di convalida della sua elezione, sul presupposto della ineleggibilità in cui egli si trovava al momento della competizione elettorale.

3.1.— Il 5 gennaio 2010, si è costituito il primo dei non eletti, il Sig. P.P. (subentrato al soggetto dichiarato decaduto) controricorrente nel giudizio principale, che ha chiesto che sia dichiarata inammissibile – in ragione della discrezionalità del legislatore – o, comunque, non fondata la questione in esame.

La suddetta parte privata ha dedotto che il diritto di elettorato passivo non è incondizionato. Nella specie, non sarebbero lesi né il principio di ragionevolezza, né l’art. 51 Cost., tenuto conto del bilanciamento di interessi sotteso alla previsione normativa in questione.

3.2.— Lo stesso 5 gennaio 2010, si è costituita in giudizio la Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata, riservando le deduzioni difensive a successiva memoria.

3.3.— In data 5 febbraio 2010, si è costituito C.N., ricorrente nel giudizio a quo, il quale ha chiesto l’accoglimento della questione.

A suo avviso, infatti, la norma censurata sarebbe irragionevole, in rapporto a quanto prescritto dall’art. 51 Cost., il quale prevede il libero accesso di tutti i cittadini alle cariche elettive, mentre l’ineleggibilità costituisce soltanto una «situazione limite» e le norme che prevedono cause di ineleggibilità sono di stretta interpretazione.

Al contrario, la ratio delle cause di incompatibilità deve essere ravvisata nella inconciliabilità tra la cura dell’interesse dell’organo elettivo ed il diverso, potenzialmente contrastante, interesse dell’eletto, ragione per cui quest’ultimo è chiamato ad una scelta tra le due cariche.

Le differenze tra i due istituti, a giudizio dell’interessato, non possono essere ignorate dal legislatore, né è possibile accomunare gli stessi senza violare l’art. 3 Cost.

3.4.— Il successivo 9 febbraio 2010 si sono costituiti i Signori L.T., P.L., M.V. e G.B., parti resistenti nel giudizio principale, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata.

L’inammissibilità della questione, viene eccepita sul rilievo secondo cui l’ordinanza di rimessione, pur invocando, quali parametri che si assumono lesi dalla norma impugnata gli artt. 3 e 51 Cost., non illustrerebbe con chiarezza le ragioni della asserita violazione.

Nel merito, si deduce, tra l’altro, che la norma censurata sarebbe conforme ai principi enunciati da questa Corte, secondo i quali le norme che stabiliscono fattispecie di ineleggibilità devono avere portata generale ed astratta e devono essere formulate in termini precisi e chiari.

3.5.— In prossimità dell’udienza pubblica, il 31 maggio 2010, la Regione Valle d’Aosta ha depositato una memoria con la quale ha esposto dettagliatamente le proprie difese.

La difesa regionale ritiene che la questione sia inammissibile, da un lato, in quanto l’ordinanza di remissione non sarebbe adeguatamente motivata in ordine alla dedotta violazione degli artt. 3 e 51 Cost.; dall’altro, in quanto si chiederebbe a questa Corte una pronuncia additiva non a rime obbligate.

Nel merito, la questione sarebbe non fondata sia per la dicrezionalità attribuita, in materia, al legislatore valdostano, sia per la ragionevolezza della norma censurata.

3.6.— Anche i Signori L.T. e altri hanno depositato memoria, il 1° giugno 2010, insistendo nelle conclusioni già rassegnate e contrastando le argomentazioni difensive svolte dal soggetto dichiarato decaduto dalla conseguita elezione.

4.— Ciò premesso, va osservato che, ad avviso della Corte remittente, la norma in esame violerebbe gli artt. 3 e 51 Cost., in quanto si prevede un’ipotesi di ineleggibilità, in presenza della quale è sancita la decadenza dell’eletto e non già l’esercizio del diritto di opzione da parte di questi tra le due cariche, come stabilito con riferimento alla sussistenza di cause di incompatibilità.

Di conseguenza, il remittente chiede a questa Corte di valutare «se la qualità di legale rappresentante di una struttura socio-sanitaria privata che intrattenga rapporti contrattuali con l’Azienda USL regionale giustifichi la deroga assoluta al diritto di elettorato passivo, sotto forma di causa di ineleggibilità non rimuovibile ex post», rilevando, in sostanza che la disposizione censurata violerebbe i suindicati parametri costituzionali.

5.— In via preliminare, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità della questione sollevata dalle parti private resistenti sotto il profilo secondo cui il giudice a quo, pur invocando − quali parametri che si assumono violati − gli artt. 3 e 51 Cost., non illustrerebbe con chiarezza le ragioni della asserita violazione.

Contrariamente a tale assunto, deve, infatti, rilevarsi che l’ordinanza della Corte di cassazione indica in modo adeguatamente specifico le ragioni relative sia alla rilevanza, sia alla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità sollevata.

6.Ancora in via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità proposta dalla difesa della Regione, e da quella del resistente Sig. P.P., sotto il profilo che, nella specie, sarebbe stata richiesta una non consentita pronuncia additiva, come si desumerebbe, in primo luogo, dal fatto che la Corte di cassazione afferma che «la questione si pone per contrasto con gli articoli 3 e 51 della Costituzione, nella parte in cui la norma in questione commina l’ineleggibilità nei confronti del legale rappresentante e dei direttori di struttura sanitaria o socio-sanitaria privata che intrattenga rapporti contrattuali con l’Azienda regionale USL della Valle d’Aosta – rimuovibile, ai sensi dell’art. 3 della medesima legge, non oltre sei mesi dalla data di scadenza della legislatura – anziché stabilire una causa di incompatibilità, sanabile con l’opzione da effettuare entro otto giorni dalla data di convalida dell’elezione, ai sensi dell’art. 8, quarto comma, della stessa legge». A ciò va aggiunto che, nel dispositivo dell’ordinanza di rimessione, la medesima Corte ha chiesto la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera r), della legge regionale in esame, per contrasto, «nei sensi di cui in motivazione», con gli artt. 3 e 51 della Costituzione.

L’eccezione non è fondata.

Il giudice a quo, in effetti, non chiede un intervento di questa Corte che possa ritenersi manipolativo della norma impugnata, in quanto viene prospettato soltanto che vi sarebbe stata una erronea valutazione, da parte del legislatore valdostano, circa la natura della situazione in cui versa il legale rappresentante di una struttura sanitaria privata convenzionata con il servizio regionale di sanità.

Il predetto legislatore erroneamente avrebbe qualificato come causa di ineleggibilità quella che, a dire del remittente, sarebbe, invece, sostanzialmente, una causa di incompatibilità. E dalla più esatta qualificazione giuridica di tale situazione deriverebbero, secondo l’impostazione dell’ordinanza di rimessione, conseguenze previste dalla normativa regionale attinente al procedimento elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale, nel senso che, dopo la sua elezione, l’interessato dovrebbe soltanto optare tra il mantenimento della carica di legale rappresentante della struttura sanitaria e quella di consigliere regionale.

D’altronde, in numerose fattispecie (sentenze n. 129 del 1975, n. 45 del 1977, n. 129 del 1977, n. 171 del 1984, n. 450 del 2000) questa Corte ha riconosciuto l’illegittimità costituzionale di disposizioni che avevano previsto come cause di ineleggibilità situazioni integranti, invece, vere e proprie cause di incompatibilità, senza alcuna preliminare rilevanza della eventuale estraneità di tali pronunce al potere decisorio della Corte, sotto il profilo secondo cui sarebbero state richieste sentenze additive di tipo manipolativo, non consentite in sede di giudizio di costituzionalità.

Questa Corte ha, dunque, affermato, in rapporto a specifiche fattispecie sottoposte al suo esame, che determinate situazioni, qualificate dalla legge come cause di ineleggibilità, debbano essere ridotte, invece, a situazioni di incompatibilità attraverso la declaratoria di illegittimità costituzionale di norme che abbiano, viceversa, disposto la decadenza dell’eletto, in luogo della eliminazione ex post del contrasto di interessi mediante l’opzione da parte dell’interessato tra le due cariche, da effettuare in un termine breve.

7.— Nel merito, la questione non è fondata.

Al riguardo, va premesso che costituisce principio costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale quello secondo cui la eleggibilità costituisce la regola, mentre la ineleggibilità rappresenta una eccezione; sicché le norme che disciplinano quest’ultima sono di stretta interpretazione.

Analogamente è a dirsi per le cause di incompatibilità. Le une e le altre, in definitiva, introducono limitazioni al diritto di elettorato passivo.

Diverse, però, sono le ragioni giustificative dei due istituti.  

La differenza tra ineleggibilità e incompatibilità è data dal fatto che la prima situazione è idonea a provocare effetti distorsivi nella parità di condizioni tra i vari candidati nel senso che – avvalendosi della particolare situazione in cui versa il soggetto «non eleggibile» – egli può variamente influenzare a suo favore il corpo elettorale. La seconda, invece, è una situazione che non ha riflessi nella parità di condizioni tra i candidati, ma attiene alla concreta possibilità, per l’eletto, di esercitare pienamente le funzioni connesse alla carica anche per motivi concernenti il conflitto di interessi nel quale il soggetto verrebbe a trovarsi se fosse eletto. Di qui la conseguenza che il soggetto ineleggibile deve eliminare ex ante la situazione di ineleggibilità nella quale versa, mentre il soggetto soltanto incompatibile deve optare, ex post, cioè ad elezione avvenuta, tra il mantenimento della precedente carica e il munus pubblico derivante dalla conseguita elezione.

8.— Tanto premesso, è anche opportuno delineare, sia pure in sintesi, la ricostruzione del quadro normativo, statale e regionale, in cui si inserisce la norma impugnata.

Se, infatti, da un lato, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, il principio di ragionevolezza opera con particolare rigore nella materia elettorale (sentenza n. 376 del 2004), dall’altro, non di meno, occorre ricordare che, in primo luogo, sussiste un’esigenza di tendenziale uniformità sul piano nazionale della disciplina dell’elettorato passivo (così la citata sentenza), e, in secondo luogo, che la costante giurisprudenza costituzionale ha subordinato la possibilità di introdurre discipline regionali differenziate, rispetto a quella nazionale, solo in presenza di particolari situazioni ambientali che giustifichino normative autonome (da ultimo, sentenza n. 143 del 2010).

Tali discipline, pertanto, possono considerarsi legittime, sul piano costituzionale, solo se trovano ragionevole fondamento in situazioni idonee a giustificare il peculiare trattamento riconosciuto dalle relative disposizioni (citata sentenza n. 143 del 2010).

9.— Punto di partenza dell’indagine è la considerazione che, con riferimento alla legislazione statale in materia elettorale, non è senza significato che si rinvengano disposizioni analoghe a quella ora censurata.

Assume, in tal senso, rilievo quanto disposto dall’art. 2, comma 1, numero 9, della legge 23 aprile 1981, n. 154 (Norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al Servizio sanitario nazionale) che – pur essendo stata abrogata dall’art. 274, comma 1, lettera l), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) – continua ad essere operante, per espressa disposizione della norma abrogatrice, per le elezioni regionali.

Il citato articolo 2, comma 1, numero 9, prevede che non sono eleggibili alle suddette cariche i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate con gli enti locali il cui territorio coincide con quello dell’unità sanitaria locale con cui sono convenzionate o lo ricomprende o degli enti che concorrono a costituire la stessa unità sanitaria locale.

Detta norma è stata sottoposta al vaglio di questa Corte, la quale (sentenza n. 510 del 1989) ha riconosciuto la «ragionevolezza della disposizione, di cui al n. 8 dell’art. 2 della legge impugnata, che limita l’ineleggibilità a coloro che rivestono uffici direttivi nelle U.S.L., in quanto, avvalendosi del prestigio e delle occasioni inerenti alla loro posizione, hanno la possibilità di condizionare istituzionalmente il voto di settori significativi dell’elettorato. Ed è evidente che alla base della disposizione contenuta nel successivo n. 9 dello stesso art. 2 è la medesima ratio, in quanto il dirigente delle strutture convenzionate viene a trovarsi in una uguale posizione di prestigio rispetto agli assistiti».

La successiva legislazione speciale sanitaria, contenuta nel decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modifiche, ha confermato che versano in situazione di ineleggibilità «a membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, dei consigli e assemblee delle Regioni e del Parlamento, salvo che le funzioni esercitate non siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata dei predetti organi», il direttore generale, i direttori amministrativi e i direttori sanitari (art. 3, comma 9).

Infine, il d.lgs. n. 267 del 2000 (art. 60, comma 1, numeri 8 e 9), in tema di elezioni comunali e provinciali, ha disposto la non eleggibilità a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale, da un lato, del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario delle Aziende sanitarie locali e ospedaliere; dall’altro, dei «legali rappresentanti» e dei dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli dei comuni, il cui territorio coincide con il territorio dell’unità sanitaria locale con cui sono convenzionate o lo ricomprende o dei comuni che concorrono a costituire la medesima unità sanitaria locale.

10.— Alla luce della suindicata ricognizione normativa, l’ineleggibilità dei vertici delle Aziende sanitarie locali e delle strutture sanitarie private che operano in regime di convenzione o di accreditamento, costituisce un dato di sistema della legislazione statale e configura, dunque, un principio generale dell’ordinamento giuridico elettorale, il quale tiene conto e attribuisce rilievo, da una parte, al ruolo della Regione in tema di servizi sanitari, e, dall’altra, al parallelismo esistente tra le suddette cariche operanti in modo analogo nelle strutture sia pubbliche che private (sentenza n. 27 del 2009).

D’altronde, questa Corte, con specifico riferimento alla potestà legislativa esclusiva di una Regione a statuto speciale (quella Siciliana), proprio in tema di ineleggibilità ed incompatibilità, ha in più occasioni affermato che «la disciplina regionale d’accesso alle cariche elettive deve essere strettamente conforme ai principi della legislazione statale, a causa della esigenza di uniformità in tutto il territorio nazionale discendente dalla identità di interessi che Comuni e Province rappresentano riguardo alle rispettive comunità locali, quale che sia la Regione di appartenenza» (così la sentenza n. 288 del 2007, che ha richiamato le sentenze n. 235 del 1988, n. 20 del 1985, n. 171 del 1984, n. 26 del 1965 e n. 105 del 1957). Nondimeno, con la stessa sentenza n. 288 del 2007 sopra citata, la Corte ha richiamato anche il proprio orientamento secondo cui discipline legislative differenziate possono essere ammissibili, ma solo «in presenza di situazioni concernenti categorie di soggetti, le quali siano esclusive» per le Regioni a statuto speciale, «ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale ed in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli, e finalizzati alla tutela di un interesse generale». Evenienza questa che non può ritenersi sussistente nel presente giudizio di costituzionalità, che riguarda la legislazione elettorale della Valle d’Aosta e, in particolare, la disciplina della ineleggibilità alla carica di consigliere regionale.

11.— Sotto altro, non meno importante, aspetto assumono rilievo nella materia in questione anche ulteriori disposizioni contenute nella stessa legge regionale della Valle d’Aosta n. 20 del 2007.

Come questa Corte ha precisato nella sentenza n. 25 del 2008, le disposizioni di cui si tratta, contenute nella citata legge, sono state adottate dalla predetta Regione in applicazione dell’art. 15 del vigente statuto speciale approvato con la legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta dei presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano) e successive modifiche.

Ai sensi di tale disposizione statutaria, sussiste, infatti, la potestà legislativa primaria della Regione in materia di ineleggibilità e di incompatibilità alla carica di consigliere regionale; competenza che deve essere esercitata, tuttavia, in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, nonché in conformità con quanto previsto dallo statuto stesso.

Ciò premesso, occorre ricordare come l’originaria Unità sanitaria locale della Valle d’Aosta sia stata trasformata in Azienda dalla legge regionale 8 giugno 1994, n. 24 (Trasformazione in Azienda regionale dell’Unità sanitaria locale della Valle d’Aosta: organi di gestione) e come, successivamente, essa sia stata denominata «Azienda regionale sanitaria USL della Valle d’Aosta» dall’art. 9, comma 3, della legge 25 gennaio 2000, n. 5 (Norme per la razionalizzazione dell’organizzazione del Servizio socio-sanitario regionale e per il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali prodotte ed erogate nella Regione).

Tale Azienda sanitaria ha competenza sull’intero territorio della Regione ed è dotata di personalità giuridica pubblica, oltre che di autonomia imprenditoriale (art. 9, comma 3, citata legge reg. n. 5 del 2000).

Sempre la legge ora citata, all’art. 13, commi 2 e 3, stabilisce che al direttore generale dell’azienda si applicano le cause di ineleggibilità e di incompatibilità previste dalle vigenti disposizioni statali. Le medesime disposizioni si applicano anche al direttore amministrativo e al direttore sanitario dell’azienda stessa.

La disciplina regionale sopra citata non si discosta, dunque, da quanto previsto dal richiamato art. 3, comma 9, del d.lgs. n. 502 del 1992.

La legislazione regionale stabilisce, altresì, che, qualora il direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore sanitario dell’Azienda sanitaria regionale della Valle d’Aosta si siano candidati e non siano stati eletti, non possono esercitare le loro funzioni nella suddetta Azienda per un periodo di cinque anni, decorrenti dalla data di svolgimento delle elezioni (art. 4 della legge reg. n. 20 del 2007), analogamente a quanto previsto dal suddetto art. 3, comma 9, del citato d.lgs. n. 502 del 1992.

Diversamente da quanto sopra previsto, il dirigente dell’area sanitaria della medesima Azienda sanitaria regionale (art. 30 della legge reg. n. 5 del 2000) e il dirigente sanitario di struttura sanitaria o socio-sanitaria privata che intrattenga rapporti contrattuali con l’azienda stessa, versano in situazione di incompatibilità con la carica di consigliere regionale (art. 5, comma 1, lettera p, della legge reg. n. 20 del 2007).

Dal suddetto quadro della legislazione della Regione valdostana, si ricava che sia per le posizioni apicali dell’unica Azienda sanitaria regionale ivi esistente, sia per quelle delle strutture sanitarie o socio-sanitarie private in regime di accreditamento con tale azienda, vige il medesimo regime di ineleggibilità alla carica di consigliere regionale. Diversamente, per le figure professionali intermedie è sancita soltanto l’incompatibilità, rimuovibile ex post nel termine stabilito dal già citato art. 8, comma 4, della legge reg. n. 20 del 2007.

Si deve osservare, inoltre, come lo stesso art. 2 della medesima legge ora citata, alle lettere n), o), p), e q), preveda numerose altre ipotesi nelle quali la situazione di soggetti che abbiano la "legale rappresentanza”, tra l’altro, di enti pubblici non economici, agenzie, aziende dipendenti dalla Regione o partecipate dalla stessa, integra una causa di ineleggibilità rimuovibile soltanto prima delle elezioni e non già una causa di incompatibilità sottoposta, come si è precisato, ad un diverso regime giuridico.

12.— Alle considerazioni che precedono va aggiunto che in altre Regioni a statuto speciale e nella Provincia autonoma di Trento, sono previste analoghe ipotesi di ineleggibilità a componenti dei consigli e delle assemblee elettive.

In particolare, la legge della Regione Siciliana 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei deputati dell’Assemblea regionale siciliana), all’art. 8, comma 1, lettera l), come sostituito dall’art. 1 della legge regionale 5 dicembre 2007, n. 22 (Norme in materia di ineleggibilità e di incompatibilità dei deputati regionali), stabilisce l’ineleggibilità a deputato regionale dei direttori generali, dei direttori amministrativi e dei direttori sanitari delle aziende unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e delle aziende policlinico universitarie esistenti nel territorio della Regione, nonché degli amministratori straordinari delle suddette aziende. Al successivo art. 10, comma 1, lettera g) – anch’esso sostituito dalla legge reg. n. 22 del 2007 – la stessa legge reg. n. 29 del 1951 prevede che non sono, del pari, eleggibili «i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate con la Regione, di cui agli artt. 43 e 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833».

Identica disposizione si rinviene poi nell’art. 2, comma 1, lettera l), della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 luglio 2004, n. 21 (Determinazione dei casi di ineleggibilità e incompatibilità relativi alla carica di consigliere regionale e di membro della Giunta regionale, ai sensi dell’articolo 12, secondo comma, dello Statuto).

A sua volta, l’art. 12, comma 1, lettera i), della legge della Provincia autonoma di Trento 30 novembre 1994, n. 3 (Elezione diretta del sindaco e modifica del sistema di elezione dei consigli comunali nonché modifiche alla legge regionale 4 gennaio 1993, n.1), prevede che non sono eleggibili a consigliere comunale «i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate con il Servizio sanitario provinciale».

13.— Pur riguardando la questione ora oggetto di controversia una Regione a statuto speciale, occorre ricordare che, quanto alle Regioni a statuto ordinario, la legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni), ha modificato l’art. 122 Cost., prevedendo che «i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi» (sentenza n. 2 del 2004).

In attuazione della suddetta novella costituzionale, lo Stato ha adottato la legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione), la quale ha fissato i principi fondamentali che le Regioni a statuto ordinario devono osservare. In particolare, l’art. 2, comma 1, lettera a), della citata legge ha stabilito che tali Regioni possono prevedere i casi di ineleggibilità «qualora le attività o le funzioni svolte dal candidato, anche in relazione a peculiari situazioni delle regioni, possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori ovvero possano violare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati».

La citata statuizione deve essere letta in uno con la previsione di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), della medesima legge, che stabilisce la «inefficacia delle cause di ineleggibilità qualora gli interessati cessino dalle attività o dalle funzioni che determinano l’ineleggibilità, non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature o altro termine anteriore altrimenti stabilito, ferma restando la tutela del diritto al mantenimento del posto di lavoro, pubblico o privato, del candidato».

Nel dettare la disciplina in materia, diverse Regioni hanno rinviato alla legislazione statale vigente in materia di ineleggibilità, introducendo in tal modo nel proprio interno una normativa analoga a quella sopra richiamata.

14.— Dall’esame della suindicata legislazione, sia statale che regionale, emerge, pertanto, che la Regione Valle d’Aosta si è dotata di una normativa in materia coerente con quella statale, da un lato, soddisfacendo l’esigenza di una disciplina tendenzialmente unitaria a livello nazionale in materia di ineleggibilità; dall’altro, superando il vaglio di ragionevolezza, tenuto conto delle peculiarità dell’azienda sanitaria regionale cui si è innanzi fatto riferimento.

15.— Alla luce delle considerazioni fin qui svolte non è dubitabile che la posizione delle autorità di vertice delle strutture sanitarie private, le quali operino in stretta collaborazione con le strutture sanitarie pubbliche della Regione, consenta di influire in vario modo sugli orientamenti degli elettori, sicché possono essere ravvisati, in concreto, pericoli di captatio benevolentiae o di metus publicae potestatis.

D’altra parte, la scelta tra la previsione di una ipotesi di ineleggibilità o, in alternativa, di una ipotesi di incompatibilità appartiene a quella discrezionalità legislativa che, nella specie, non risulta esercitata in modo irragionevole.

16.— Né elementi a favore dell’illegittimità della norma impugnata possono trarsi dalla sentenza di questa Corte n. 25 del 2008, relativa ad una diversa fattispecie. La suddetta pronuncia ha affermato che le peculiarità che caratterizzano la figura del Rettore dell’Università della Valle d’Aosta consentivano di ritenere ragionevole la prevista ineleggibilità al fine di evitare che dette peculiarità potessero dare luogo ad interferenze sulla consultazione elettorale regionale, avuto riguardo alla posizione del Rettore, sia per le funzioni che è chiamato ad esercitare, sia per le modalità della sua nomina, nonché per le interazioni con gli altri organi dell’Università. Al contrario, questa Corte ha ritenuto che, per quanto concerne i professori, i ricercatori in ruolo ed i titolari di contratti di insegnamento in corsi universitari realizzati in Valle d’Aosta, proprio in ragione del ruolo e delle funzioni degli stessi, non sussistessero analoghe esigenze di interesse pubblico o adeguate motivazioni idonee a legittimare restrizioni al diritto di elettorato passivo dei soggetti sopra indicati.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzione dell’art. 2, comma 1, lettera r), della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 7 agosto 2007, n. 20 (Disciplina delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità con la carica di consigliere regionale, ai sensi dell’articolo 15, comma secondo, dello Statuto speciale), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 51 della Costituzione, dalla Corte di cassazione, sezione prima civile, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Alfonso QUARANTA , Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2010.