Sentenza n. 45 del 1977
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SENTENZA N. 45

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 5, n. 3, del decreto del Presidente della Regione siciliana 20 agosto 1960, n. 3 (approvazione del testo unico delle leggi per l'elezione dei Consigli comunali nella Regione siciliana), e dell'art. 15, nn. 3 e 6, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 21 ottobre 1974 dalla Corte di cassazione - sezione I civile - sul ricorso proposto da Catalano Salvatore contro Di Martino Giuseppe, iscritta al n. 115 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 145 del 4 giugno 1975;

2) ordinanza emessa il 4 febbraio 1975 dal tribunale di Belluno, sul ricorso proposto da Marta Raffaele ed altri contro Piazza Luigi, iscritta al n. 124 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 145 del 4 giugno 1975;

3) ordinanza emessa il 19 maggio 1976 dal tribunale di Frosinone sul ricorso proposto da Rengo Mario contro Frascaro Antonio, iscritta al n. 506 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 218 del 18 agosto 1976.

Visti gli atti di costituzione di Catalano Salvatore, di Rengo Mario e di Marta Raffaele;

udito nell'udienza pubblica del 24 novembre 1976 il Giudice relatore Leopoldo Elia;

uditi l'avv. Massimo Severo Giannini, per Catalano, e l'avv. Piermaria De Cesaris, per Rengo.

Ritenuto in fatto

1. - Il Consiglio comunale di Comiso, con delibera del 2 aprile 1973, sulla cui legittimità si pronunziava in senso positivo la Commissione provinciale di Ragusa con decisione in data 13 aprile 1973, dichiarava ineleggibili, ai sensi dell'art. 5, n. 3, del d.P.Reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3, il dottor Beluardo Carmelo, il dott. Catalano Salvatore ed il dott. Gaglio Francesco, perché i primi due medici stipendiati ed il terzo amministratore dell'ospedale Regina Margherita di Comiso, sovvenzionato dal comune medesimo.

Tale delibera veniva impugnata dal Beluardo e dal Catalano, oltre che, separatamente, dal Gaglio, i quali contestavano che ricorressero le condizioni per applicare la norma invocata, non essendo più riconosciuto ai comuni alcun potere di controllo e vigilanza sugli enti ospedalieri, dopo la riforma introdotta con legge 12 febbraio 1968, n. 132, e non potendo la fornitura di acqua ed energia elettrica effettuata dal comune considerarsi, per la esiguità del suo valore in rapporto alle effettive esigenze funzionali dell'ospedale Regina Margherita, vera e propria sovvenzione.

Il tribunale di Ragusa, con sentenza in data 18 giugno 1972, pur riconoscendo la fondatezza dei rilievi contenuti nel primo motivo, respingeva i ricorsi, ritenendo che la fornitura di cui si tratta dovesse configurarsi come sovvenzione. Tale sentenza veniva confermata, il 23 novembre 1973, dalla Corte di appello di Catania, investita della questione in seguito ad impugnazione del Catalano.

Il Catalano proponeva allora ricorso in Cassazione, deducendo la falsa applicazione dell'art. 5, n. 3, d.P.Reg.sic. 20 agosto 1960, n. 3, data appunto l'esiguità del contributo ed il suo carattere meramente simbolico e facoltativo, nonché omessa ed insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia. Nelle fasi precedenti e nel giudizio innanzi alla Corte di cassazione si costituiva, presentando controricorso, Di Martino Giuseppe, chiamato a surrogare il Catalano nella funzione di consigliere comunale.

La Corte di cassazione, accogliendo una conforme eccezione del Catalano, sollevava questione di costituzionalità in ordine alla norma legislativa di cui si tratta, con riferimento al diritto di accedere alle cariche elettive in condizione di eguaglianza, riconosciuto a tutti i cittadini dall'art. 51, primo comma, Costituzione. Rilevava la Corte di cassazione, dopo aver ampiamente richiamato giurisprudenza in materia affine del giudice di costituzionalità, che non poteva non sorgere un serio dubbio, in mancanza di un effettivo conflitto di interesse, circa il carattere ultroneo, rispetto alle esigenze di non alterare la libera espressione del voto ed il corretto esercizio della funzione - che sole possono giustificare un limite al diritto di accedere alle cariche elettive - della ineleggibilità a consigliere comunale del medico dipendente degli enti sovvenzionati dal comune medesimo.

2. - Rengo Mario presentava ricorso innanzi al tribunale di Frosinone avverso la delibera di convalida della elezione di Frascaro Antonio a consigliere comunale del Comune di Fiuggi, assumendo che costui versava in condizioni di ineleggibilità, ai sensi dell'art. 15, n. 3, d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, a cagione di un suo rapporto di lavoro-impiego con l'Ente Fiuggi s.p.a., sottoposto alla vigilanza del Comune.

Il Frascaro, peraltro, con lettera raccomandata spedita il 18 agosto 1975 e con decorrenza 16 agosto 1975, dopo le elezioni, svoltesi durante i giorni 15-16 giugno 1975, e dopo dunque anche l'accettazione della candidatura, ma prima della delibera di convalida, adottata il giorno 19 agosto 1975, rinunziava all'incarico presso il detto Ente Fiuggi. Si costituiva poi nel procedimento innanzi al tribunale di Frosinone, presentando controricorso.

Il tribunale di Frosinone, dopo aver assunto le prove necessarie, ritenuto che in effetti la s.p.a. Fiuggi Terme era sottoposta alla vigilanza del Comune, ritenuto che il rapporto del Frascaro con l'Ente Fiuggi, a prescindere dalla sua esatta configurazione e qualificazione giuridica, fosse riconducibile all'ipotesi che l'art. 15, n. 3, prima parte, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, prevede come causa di ineleggibilità, sollevava questione di costituzionalità in ordine a tale norma per violazione degli artt. 3 e 51, primo comma, Costituzione. Considerava, infatti, non manifestamente infondato il dubbio circa la compatibilità con il diritto di accedere alle cariche elettive e con lo stesso principio di eguaglianza del detto art. 15, n. 3, prima parte, in quanto impone di valutare la causa di ineleggibilità stabilita nei confronti di coloro che percepiscono uno stipendio od un salario dal Comune o da Ente dipendente, sovvenzionato o sottoposto alla vigilanza del Comune, con riguardo ad un momento anteriore alla convalida della elezione, mentre il conflitto di interessi (che giustifica tale causa di ineleggibilità) può sorgere solo con l'esercizio delle funzioni e non prima.

3. - Con ricorso in data 20 dicembre 1974 Marta Raffaele ed altri impugnavano, innanzi al tribunale di Belluno, la delibera del Consiglio comunale di Lozzo di Cadore in data 29 novembre 1974 con cui si convalidava l'elezione a consigliere comunale di Piazza Luigi, avvenuta il 17-18 novembre 1974. Tale convalida, secondo l'assunto dei ricorrenti, doveva considerarsi illegittima in quanto il Piazza versava in situazione di ineleggibilità per lite pendente, ai sensi dell'articolo 15, n. 6, t.u. 16 maggio 1960, n. 570, avendo impugnato in data 13 giugno 1973 - innanzi al T.A.R. della Regione veneta - provvedimento in materia edilizia del detto comune ed essendo il procedimento così iniziato ancora in corso.

In data 21 e 22 novembre 1974, e dunque prima della convalida, seppur dopo lo svolgimento delle elezioni, il Piazza aveva peraltro depositato e notificato atto di rinunzia al giudizio innanzi al T.A.R. In seguito allora ad un'eccezione del Piazza medesimo, il tribunale di Belluno sollevava, con ordinanza emessa il 4 febbraio 1975, questione di costituzionalità dell'art. 15, n. 6, d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, per contrasto con il diritto di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, riconosciuto a tutti i cittadini dall'art. 51, primo comma, Cost., ritenendo non manifestamente infondato il dubbio circa la ragionevolezza del determinare il momento di rilevanza della causa di ineleggibilità di cui si tratta anteriormente alla data della convalida delle elezioni, anziché a tale data.

4. - Si costituiva in giudizio innanzi a questa Corte il Catalano, il quale chiedeva sentenza di accoglimento, sviluppando ed ampliando i motivi di dubbio evidenziati nell'ordinanza di rimessione della Corte di cassazione.

Si costituiva inoltre Rengo Mario il quale chiedeva si pronunciasse sentenza di rigetto sulla questione sollevata dal tribunale di Frosinone; l'ineleggibilità di chi percepisce uno stipendio da ente sottoposto a vigilanza del Comune sarebbe prevista per evitare indebite influenze sugli elettori e, dunque, dovrebbe essere valutata con riferimento al giorno delle elezioni. Si costituiva ancora Marta Raffaele, il quale chiedeva fosse rigettata l'eccezione di incostituzionalità sollevata dal tribunale di Belluno. Osservava che, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza, le cause di ineleggibilità debbono, per esigenze di garanzia degli elettori, essere valutate con riferimento ad un tempo anteriore alle elezioni. Essendo pacifico, d'altra parte, che non sono applicabili al caso in esame le leggi 25 febbraio 1971, n. 67, e 22 maggio 1971 n. 280, le quali introducono temperamenti al rigore dei principi con riferimento all'ipotesi di lite tributaria e di situazione sorta indipendentemente dalla volontà dell'interessato, dovrebbe anche escludersi il ricorrere delle esigenze che le hanno ispirate.

Nell'udienza di discussione il Catalano ed il Rengo approfondivano le tesi svolte e ribadivano le conclusioni prese.

Considerato in diritto

Le tre ordinanze in epigrafe hanno un comune motivo ispiratore e pertanto le cause da esse promosse possono essere riunite e decise con unica sentenza.

In effetti tutte e tre le ordinanze sollevano il dubbio che le norme elettorali da esse denunziate in relazione all'art. 51 Cost. (e per due di esse anche in ordine all'art. 3 Cost.) rientrino in un tipo di precetti assolutamente simili a quelli dichiarati incostituzionali in parte qua con la sent.129 del 1975 di questa Corte.

Con quella pronuncia, com'é noto, venne dichiarata l'illegittimità dell'art. 15, n. 3, del t.u. delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, limitatamente alla parte in cui considera ineleggibili gli amministratori di enti, istituti o aziende dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza del Comune, che siano cessati dalla carica o si siano dimessi prima della convalida della elezione. Orbene, la ratio di questa pronuncia, evidentemente ispirata alla esigenza di dare la massima espansione applicativa al precetto dell'art. 51, primo comma, Cost., compatibilmente con l'altra primaria esigenza della autenticità della competizione elettorale, non può non valere anche per i dipendenti (coloro che ricevono uno stipendio o un salario) degli enti precitati dopo esser stata affermata per i loro amministratori: ciò comporta che si estenda la illegittimità alle ipotesi sia del sanitario dipenidente da un ospedale sovvenzionato da un Comune siciliano (questione sallevata dalla Cassazione) sia del sanitario che prestava attività medica presso un ente termale sottoposto alla vigilanza del Comune (questione proposta dal tribunale di Frosinone). Né vale, a questo fine, distinguere tra le varie parti dell'art. 15, n.3, del t.u. approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, perché, se mai, tra la posizione degli amministratori di un ente e quella dei suoi dipendenti la seconda appare certo meno esposta dal punto di vista del corretto svolgimento delle elezioni armonicamente coordinato con la massima espansione dell'elettorato passivo (jus aclivae civitatis); mentre resta impregiudicata la situazione di coloro che, in base al primo precetto contenuto nell'art. 15, ora richiamato, sono ineleggibili perché ricevono uno stipendio o salario dal Comune.

Egualmente la ratio della sentenza n. 129 del 1975 deve essere fatta valere a proposito della ipotesi prevista dall'art. 15, n. 6, del citato testo unico (ineleggibilità di coloro che hanno lite pendente col comune), essendo evidente che la preoccupazione del legislatore é rivolta al possibile conflitto d'interessi e non già al pericolo di una deformazione del risultato elettorale.

Perciò, in tutti e tre i casi, deve rimanere aperta la facoltà di rimuovere con scelta tempestiva (e cioè non oltre la convalida della elezione) talune delle situazioni qualificate dalla legge come cause di ineleggibilità, quando esse mirino piuttosto a prevenire un conflitto d'interessi che non a evitare una "captatio benevolentiae" degli elettori.

Nella ordinanza della Cassazione si procede più oltre e si pone una seconda questione di legittimità costituzionale, dubitandosi che sia conforme all'art. 51 Cost. costringere il sanitario ospedaliero, addetto puramente e semplicemente alle funzioni di diagnosi e cura dei malati, a scegliere tra la carica di consigliere comunale e la continuazione della sua attività in un ospedale sovvenzionato dal Comune, sa pure consentendogli lo spatium deliberandi che precede la convalida. La questione, sostenuta anche da considerazioni che si rifanno alla recente normativa sulla organizzazione degli ospedali, non é fondata giacché non é dato escludere un potenziale conflitto di interesse.

D'altronde, il problema non potrebbe essere affrontato soltanto nei confronti del personale sanitario, poiché, per non incorrere in altre deprecabili disparità di trattamento, andrebbero riconsiderate tutte le situazioni oggi unificate nella categoria di "coloro che ricevono uno stipendio o un salario" dagli enti precitati. In altre parole, spetta certamente alla prudente discrezionalità del legislatore operare le necessarie distinzioni in un ambito che eccede le situazioni, pur degne della massima considerazione, del personale ospedaliero: eliminando ciò che di incongruo, rispetto anche a possibili conflitti di interesse, resta a tutt'oggi nella disciplina dell'elettorato passivo in sede locale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 5, n. 3, del testo unico delle leggi per l'elezione dei Consigli comunali nella Regione siciliana, approvato con decreto del Presidente della Regione siciliana 20 agosto 1960, n. 3, limitatamente alla parte in cui considera ineleggibili coloro che ricevono uno stipendio o salario da enti, istituti o aziende dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza del Comune, che abbiano fatto venir meno questa situazione prima della convalida della elezione;

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 15, n. 3, del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, limitatamente alla parte in cui considera ineleggibili coloro che ricevono uno stipendio o salario da enti, istituti o aziende dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza del Comune, che abbiano fatto venir meno questa situazione prima della convalida della elezione;

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 15, n. 6, del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, limitatamente alla parte in cui considera ineleggibili coloro che, avendo lite pendente con il Comune, abbiano rinunciato al giudizio prima della convalida della elezione;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata dalla Corte di cassazione con l'ordinanza in epigrafe in riferimento all'art. 51 della Costituzione - dell'art. 5, n. 3, del testo unico delle leggi per la elezione dei Consigli comunali nella Regione siciliana, approvato con decreto del Presidente della Regione siciliana 20 agosto 1960, n. 3, nella parte in cui stabilisce anche per i medici degli ospedali sovvenzionati dai Comuni, pur quando siano addetti esclusivamente alle funzioni di diagnosi e di cura dei malati, la situazione di ineleggibilità per potenziale contrasto di interessi con il Comune.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 gennaio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 20 gennaio 1977.