Sentenza n.171 del 1984

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SENTENZA N. 171

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge Regione Sicilia 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei deputati all'Assemblea regionale siciliana) promosso con l'ordinanza emessa il 12 novembre 1982 dal Tribunale di Palermo nel procedimento civile vertente tra Sbrigata Leonardo e Granata Luigi ed altri iscritta al n. 925 del registro ordinanze 1982 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 60 dell'anno 1983.

Visto l'atto di costituzione di Sbrigata Leonardo nonché l'atto di intervento del Presidente della Regione Sicilia.

Udito nell'udienza pubblica del 16 settembre 1983 il Giudice relatore Leopoldo Elia.

Uditi l'avvocato Leonardo Sbrigata per se stesso e l'avvocato dello Stato Giuseppe del Greco per il Presidente della Regione Sicilia.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ordinanza in data 12 novembre 1982, il Tribunale di Palermo sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge regionale siciliana 20 marzo 1951, n. 29, nella parte in cui considera ineleggibili i commissari, i liquidatori, i presidenti o i componenti di consigli di amministrazione o di collegi sindacali, i direttori generali o centrali di enti pubblici soggetti per legge alla vigilanza o tutela della Regione, ovvero di enti in genere che siano ammessi a godere e godano effettivamente in via ordinaria, indipendenza di disposizioni di legge o di atti amministrativi vincolanti, di contributi, concorsi o sussidi da parte della Regione, i quali in conseguenza di dimissioni o di altra causa siano effettivamente cessati dalle loro funzioni prima della convalida dell'elezione, ma non almeno novanta giorni prima del compimento di un quinquennio dalla data delle precedenti elezioni regionali, in relazione all'art. 51, primo comma, della Costituzione.

L'ordinanza veniva pronunciata nel corso di un procedimento in cui Leonardo Sbrigata, primo dei non eletti di una lista per l'assemblea regionale siciliana, chiedeva venisse annullata l'elezione di Luigi Granata, adducendo che lo stesso si trovava in patente condizione di ineleggibilità, ai sensi dell'art. 10, ultimo comma, della legge Regione siciliana 20 marzo 1951, n. 29. Il Granata infatti, già amministratore di un ente ospedaliero, aveva sì presentato le dimissioni dalla carica prima dei novanta giorni previsti dall'art. 10 cit., ma le aveva indirizzate al presidente dell'Ospedale civico, organo secondo lo Sbrigata incompetente, anziché al Consiglio Comunale dal quale promanava la sua nomina.

A sostegno della dedotta illegittimità costituzionale della norma impugnata, il Tribunale richiamava le sentenze di questa Corte nn. 129/1975 e 45/1977, entrambe nel senso che le dimissioni possono essere date fino alla convalida delle elezioni, volendosi con simili cause di ineleggibilità, non già evitare il pericolo di una deformazione del risultato elettorale per effetto dell'esercizio di funzioni utilizzabili come strumento di captatio benevolentiae, bensì impedire il possibile conflitto di interessi tra la Regione e gli enti nei confronti dei quali la stessa esercita i suoi poteri di vigilanza.

  1. - L'ordinanza é stata ritualmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 2 marzo 1983.

Dinanzi alla Corte costituzionale si é costituito lo Sbrigata, rappresentato e difeso dall'avv. Silvio De Fina. É intervenuto il Presidente dell'Assemblea regionale siciliana, rappresentato e difeso dall'Avvocato Generale dello Stato.

  1. - La difesa dello Sbrigata chiede che la questione venga dichiarata inammissibile per assoluto difetto di rilevanza riscontrabile ex actis. Osserva infatti che l'oggetto esclusivo del giudizio a quo era la validità delle dimissioni presentate dal Granata e non la tempestività delle medesime e quindi un'eventuale pronunzia della Corte costituzionale non avrebbe alcuna influenza ai fini della risoluzione della controversia.

Anche l'Avvocatura dello Stato chiede che la questione venga dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza, ma per motivi diversi. Ed infatti, dopo aver rilevato che, ove fosse applicabile l'art. 10 cit., la questione sarebbe rilevante perché le dimissioni furono accettate dal Consiglio Comunale (organo competente a riceverle) entro i novanta giorni prima del compimento di un quinquennio dalla data della precedenti elezioni regionali, osserva che l'Ospedale civile di Cammarata, a seguito dell'entrata in vigore della legge sul servizio sanitario nazionale, non é più compreso tra gli enti sottoposti alla vigilanza della Regione, né fra quelli ammessi a godere di contributi, concorsi o sussidi.

  1. - Nella memoria successivamente presentata, lo Sbrigata, mentre ribadisce il motivo di irrilevanza già dedotto, osservando che la presentazione di dimissioni ad un organo incompetente deve far considerare le stesse inesistenti, quindi tali da non poter essere validamente accettate neppure dall'organo competente, rileva che ai sensi dell'art. 61 della legge n. 833/1978 il servizio sanitario nazionale si sarebbe dovuto attuare mediante un graduale trasferimento ai Comuni per l'entrata in funzione delle unità sanitarie locali. Di fatto in Sicilia le unità sanitarie sono entrate in funzione il 1 gennaio 1983, essendo rimasti operanti fino a quella data, secondo il vecchio ordinamento, gli enti ospedalieri.

Entrando poi nel merito della questione, la difesa dello Sbrigata, citando le sentenze n. 46/1969, n. 129/1975 e 45/1977, assume che questa Corte ha sempre presupposto la legittimità costituzionale della ineleggibilità degli amministratori degli enti vigilati. Se la nuova legge n. 154/1981 ha sanzionato in modo meno rigoroso, degradandolo ad incompatibilità, il divieto di cumulo per gli amministratori, tale legge non potrebbe certo inficiare la disciplina in esame, tenuto conto della potestà normativa esclusiva spettante alla Regione siciliana.

Considerato in diritto

  1. - La questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Palermo investe in parte qua il combinato disposto del primo comma n. 4 e dell'ultimo comma dell'art. 10 della legge reg. sic. 20 marzo 1951, n. 29, come modificato dall'art. 1 della legge reg. sic. 13 luglio 1972, n. 33, e dall'art. 33 della legge reg. sic. 6 gennaio 1981, n. 6. In particolare, dimensionandosi il thema decidendum in relazione al requisito della rilevanza, si tratta di accertare se contrasti con l'art. 51, primo comma, Cost. il citato combinato disposto, nella parte in cui considera ineleggibili i componenti dei consigli di amministrazione degli enti ospedalieri, "i quali, in conseguenza di dimissioni od altra causa, siano effettivamente cessati dalle loro funzioni prima della convalida dell'elezione, ma non almeno novanta giorni prima del compimento di un quinquennio dalla data delle precedenti elezioni regionali".
  2. - Preliminarmente é stata sollevata dalla parte attrice eccezione di inammissibilità per irrilevanza ex actis, in quanto nel giudizio a quo si sarebbe dovuto decidere soltanto sulla validità delle dimissioni del proclamato eletto e non sulla loro tempestività.

L'eccezione non é fondata. Il Tribunale infatti ha rilevato che le dimissioni, in un primo tempo presentate ad un organo incompetente (consiglio di amministrazione di ente ospedaliero) erano state poi, ma non tempestivamente, accettate dall'organo competente (consiglio comunale). Implicitamente quindi ha ritenuto che l'unico motivo per dubitare della validità delle dimissioni, e perciò della nullità della convalida, dedotta in via generale dal ricorrente, fosse quello della tempestività dell'accettazione, così respingendo la tesi della inesistenza o della non sanabilità delle dimissioni presentate ad un organo incompetente.

Comunque, ove fosse accolta la questione di legittimità costituzionale, la presentazione delle dimissioni prima delle elezioni non sarebbe obbligatoria ai fini di cui trattasi, giacché la causa di ineleggibilità si sarebbe trasformata in causa di incompatibilità.

Sorte egualmente negativa é da riservare alla eccezione dell'Avvocatura dello Stato, secondo cui l'art. 10 non sarebbe applicabile agli amministratori dell'ospedale civile di Cammarata, perché la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale (legge 23 dicembre 1978, n. 833) avrebbe sottratto ospedali ed unità sanitarie locali alla vigilanza o tutela della Regione. Risulta infatti dalla stessa ordinanza che in Sicilia, nel periodo che interessa il giudizio a quo, i procedimenti di trasferimento ai comuni previsti dall'art. 61 della stessa legge nonché quelli relativi alla costituzione delle U.S.L. non si erano ancora conclusi.

  1. - Nel merito la questione é fondata. In effetti, la ratio che ispira le pronunzie di questa Corte richiamate nella ordinanza del Tribunale di Palermo (n. 129/1975 e n. 45 del 1977) non può non estendersi alla fattispecie normativa in esame.

In particolare, le sentenze nn. 129 del 1975 e 129del 1977 hanno dichiarato illegittime la normativa statale e regionale (rispettivamente art. 15, n. 3, del T.U. approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 e art. 18, secondo comma, della legge regionale Trentino Alto Adige 6 aprile 1956, n. 5 (comma aggiunto dall'art. 7 della Legge reg. TAA 14 agosto 1967, n. 15)) l, nelle parti in cui consideravano ineleggibili gli amministratori di enti, istituti o aziende dipendenti, sovvenzionate o sottoposte a vigilanza del comune, che fossero cessati dalla carica o che si fossero dimessi prima della convalida della elazione.

La giurisprudenza avviata dalla sentenza n. 129 del 1975 (e proseguita con la pronunce nn. 45 e 129 del 1977) tende a dare le precetto dell'art 51, primo comma, Cost., la più ampia estensione applicativa, compatibilmente con la duplice finalità di garantire lo svolgimento della competizione elettorale in condizioni di eguaglianza tra i candidati e di assicurare la autenticità o la genuinità del voto.

A tal fine il ricorso all'istituto della ineleggibilità andava delimitato in termini più rigorosi, in modo da escludere tutte le situazioni di conflitto rilevanti soltanto a seguito dell'assunzione della carica elettiva e suscettibili di essere rimosse in relazione all'effettivo esercizio dei poteri da esso derivanti. Adottando nel 1975 e nel 1977 le scelte giurisprudenziali che tendevano ad ampliare l'elettorato passivo (in precedenza conformato dal legislatore con discrezionalità ben più larga di quella consentita per l'elettorato attivo), questa Corte era certo consapevole che le ipotesi di rinunzia, di opinione e di decadenza conseguenti all'espansione della sfera delle incompatibilità si sarebbero verificate con maggior frequenza, comportando variazioni rispetto alla composizione degli organi collegiali immediatamente risultante dalle votazioni, ma ha pure ritenuto che tali situazioni non fossero comunque assimilabili a quelle che possono alterare la genuinità dei comportamenti elettorali.

Con la legge 23 aprile 1981, n. 154 (relativa alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale), il legislatore statale ha adottato anch'esso criteri ampliativi in tema di elettorato passivo (del resto, secondo la L. 25 febbraio 1971, n. 67, la pendenza della lite innanzi alle commissioni tributarie non determinava più l'ineleggibilità a consigliere comunale): sicché di quanto si é ridotta la sfera delle ineleggibilità, di tanto si é dilatata quella delle incompatibilità.

La fattispecie di ineleggibilità, prevista dall'art 10, comma primo, n. 4 della legge per l'elezione dei deputati all'Assemblea regionale siciliana, nella parte che concerne gli enti ospedalieri, corrisponde appunto ad uno dei casi di incompatibilità stabiliti dall'art. 3, comma primo, n. 1, della legge n. 154 del 1981. Per dare dunque sul punto piena attuazione all'art 51, primo comma Cost., interpretato alla luce della giurisprudenza di questa Corte, occorre che le situazioni di ineleggibilità siano ridotte a situazioni di incompatibilità, con le conseguenze già previste per le cause di ineleggibilità sopravvenute dall'art. 62 della legge reg. sic. 20 marzo 1951, n. 29. Tale risultato raggiungendosi attraverso la dichiarazione di illegittimità della norma che stabilisce ora, per il caso predetto, l'obbligo di presentare le dimissioni dalla carica almeno 90 giorni prima del compimento del quinquennio dalla data delle precedenti elezioni regionali.

Né varrebbe opporre che la potestà legislativa della Regione siciliana a proposito di elezione dell'Assemblea regionale incontra limiti soltanto nei "principi fissati dalla Costituente in materia di elezioni politiche" (art. 3, comma primo, Statuto, approv. con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455); poiché é giurisprudenza ben ferma di questa Corte che anche la potestà legislativa della Regione siciliana e delle altre a statuto speciale, in materia di requisiti per accedere in condizione di eguaglianza alle cariche elettive, deve essere strettamente limitata dai principi della legislazione statale (sent. n. 105 del 1957 e sent. n. 26 del 1965) : deroghe ai criteri da questa adottati quanto all'esercizio della capacità elettorale passiva sono perciò ammissibili solo "in presenza di situazioni concernenti categorie di soggetti, le quali siano esclusive per la Sicilia ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale, ed in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli, e finalizzati alla tutela di un interesse generale" (sent. n. 108 del 1969; cfr. altresì la sent. n. 189 del 1971). Ma né in questa né nelle altre simili fattispecie sottoposte all'esame della Corte si é potuta ravvisare per la Regione siciliana una peculiarità soggettiva tale da giustificare discipline più restrittive in tema di elettorato passivo. Ancor meno plausibile risulterebbe dopo l'eliminazione di ineleggibilità già previste per le elezioni comunali siciliane (sent. n. 45 del 1977) in relazione a cariche e a funzioni esercitate in ambiti più ristretti, il mantenimento di simili ineleggibilità per consultazioni che si svolgono in circoscrizioni più ampie, e che lasciano minor spazio a considerazioni di interessi puramente locali e particolari.

Per le ragioni sovraesposte si impone la dichiarazione di illegittimità costituzionale della normativa denunziata, mentre spetta alla Regione siciliana di disciplinare la procedura per la rimozione delle cause di incompatibilità (alle quali, del resto, é fin d'ora riferibile l'art. 62, terzo comma, della legge reg. sic.n. 29 del 1951).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale del combinato disposto del primo comma n. 4 e dell'ultimo comma dell'art. 10 delle Legge regionale siciliana 20 marzo 1951, n. 29 - come modificato dall'art. 1 della Legge regionale 13 luglio 1972, n. 33 e dall'art. 33 della Legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6 - nella parte in cui é prevista la ineleggibilità dei componenti del consigli di amministrazione degli enti ospedalieri, i quali non siano cessati dalle loro funzioni, in conseguenza di dimissioni o di altra Causa, almeno 90 giorni prima del compimento di un quinquennio dalla data delle precedenti elezioni regionali, ovvero, in caso di scioglimento anticipato dell'Assemblea regionale siciliana, entro dieci giorni dalla data del decreto di convocazione dei comizi.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1984.

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Depositata in cancelleria il 20 giugno 1984.