Sentenza n. 329 del 2009

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SENTENZA N. 329

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Ugo                                 DE SIERVO                                   Giudice

- Paolo                               MADDALENA                                    "

- Alfio                                FINOCCHIARO                                  "

- Alfonso                           QUARANTA                                        "

- Franco                             GALLO                                                 "

- Gaetano                           SILVESTRI                                          "

- Sabino                             CASSESE                                             "

- Maria Rita                       SAULLE                                               "

- Giuseppe                         TESAURO                                            "

- Paolo Maria                     NAPOLITANO                                    "

- Giuseppe                         FRIGO                                                  "

- Alessandro                      CRISCUOLO                                       "

- Paolo                               GROSSI                                                "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 140, comma 4, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n.209 (Codice delle assicurazioni private), promosso dal Tribunale di Avezzano, nel procedimento vertente tra Serena di Stirpe Lucia ed altra e la Riunione Adriatica di Sicurtà s. p. a. ed altri, iscritto al n. 107 del registro ordinanze 2009 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 novembre 2009 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

Ritenuto in fatto

1. — Il Tribunale di Avezzano, in composizione monocratica, con ordinanza in data 14 ottobre 2008, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 140, comma 4, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui prevede un’ipotesi di litisconsorzio necessario, ai sensi dell’art. 102 del codice di procedura civile, tra tutti i danneggiati dal medesimo sinistro stradale.

2. — Il rimettente premette che, con atto notificato il 18 aprile 2007, la società Serena di Stirpe e Monacelli s. n. c., ha citato in giudizio dinanzi al Tribunale di Avezzano la Riunione Adriatica di Sicurtà s. p. a., la Ferrovie del Gargano s. r. l. e la Strada dei Parchi s. p. a., chiedendo la condanna delle convenute, in solido ed in proporzione al rispettivo grado di responsabilità accertato, al risarcimento di tutti i danni da essa subiti a causa di un grave incidente stradale, avvenuto la mattina del 31 dicembre 2005 sull’autostrada A25, in territorio del comune di Collarmele, danni indicati in euro 155.405,00 o «nella misura maggiore o minore ritenuta di giustizia».

Secondo l’esposizione dell’attrice, quel giorno un autoarticolato di sua proprietà, mentre era fermo sulla corsia di emergenza dell’autostrada per un blocco del traffico causato da un precedente incidente, era stato tamponato con violenza, prima da un autobus della società Ferrovie del Gargano, assicurato con RAS Assicurazioni s. p. a., poi da un altro autobus della medesima società Ferrovie del Gargano, del pari assicurato con la RAS.

Nel sinistro il guidatore dell’autoarticolato, dipendente della società attrice, era rimasto gravemente ferito, mentre i conducenti dei due autobus erano deceduti. Ad avviso dell’esponente, la responsabilità del grave evento era da ascrivere anche alla società Strada dei Parchi s. p. a., concessionaria dell’autostrada in questione, che non aveva provveduto a chiuderla al traffico, malgrado il pericolo costituito dal fondo stradale ghiacciato.

Il giudice a quo prosegue riferendo che, instauratosi il contraddittorio, la società Ferrovie del Gargano si era costituita, osservando che nell’incidente erano stati coinvolti numerosi mezzi, tra i quali: a) un’auto Smart, appartenente ad Europcar Italia s. p. a., assicurata con Milano Assicurazioni s. p. a.; b) l’autoarticolato dell’attrice, assicurato presso Assimoco Assicurazioni s. p. a.; c) un’auto Rover, assicurata con Fondiaria Assicurazioni s. p. a.; d) un autobus appartenente alla detta società convenuta, assicurato presso RAS Assicurazioni s. p. a.; e) un altro autobus della medesima società Ferrovie del Gargano, del pari assicurato con la RAS; f) altri mezzi e relativi conducenti o proprietari, allo stato non identificati perché non riportati nel verbale redatto dalla Polizia stradale intervenuta sul luogo delle collisioni.

La stessa convenuta espone che, nel catastrofico incidente di cui si tratta, avevano perduto la vita i conducenti dei due autobus, un passeggero che viaggiava a bordo della Smart, due passeggeri di uno degli autobus, mentre circa 25 passeggeri dei detti autobus avevano riportato ferite di vario genere. Ciò premesso, aveva chiesto di essere autorizzata a chiamare in causa Europcar Italia s. p. a., sostenendo che quest’ultima andava condannata a risarcire i danni subiti dalla medesima società Ferrovie del Gargano. La convenuta Allianz s. p. a. (già RAS s. p. a.), costituitasi a sua volta, aveva chiesto di estendere il contraddittorio ad Europcar Italia s. p. a., a Heigl Walter (conducente della Smart) ed a Frittella Massimiliano (conducente dell’autoarticolato), ai sensi dell’art. 144 del d. lgs. n. 209 del 2005, sollecitando, nel merito, l’accertamento della responsabilità dei tre predetti.

In corso di causa la società Serena, di Stirpe e Monacelli, aveva formulato istanza, ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ., per la liquidazione dei danni sofferti e già oggetto della domanda principale.

Così ricostruita la fattispecie, il rimettente osserva che il nuovo codice delle assicurazioni private, approvato con d. lgs. n. 209 del 2005, nel confermare il sistema previsto dall’art. 23 legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), cioè il litisconsorzio necessario nel giudizio tra il danneggiato, il responsabile e l’assicuratore (art. 144, comma 3, d. lgs. n. 209 del 2005), con riferimento all’ipotesi della pluralità di danneggiati ha riproposto – salva qualche modifica – la disciplina previgente, ribadendo nell’art. 140 sia il principio della par condicio tra i danneggiati, quando il danno cagionato a seguito del sinistro si riveli superiore al massimale, sia l’onere della compagnia assicuratrice di ricercare con diligenza tutti i danneggiati tra i quali ripartire il massimale.

Invece, è nuova la previsione di cui all’art. 140, comma 4, del citato decreto legislativo, che introduce una norma processuale applicabile anche al giudizio in corso, introdotto dopo l’entrata in vigore del codice delle assicurazioni private.

Richiamato il contenuto di detta norma, che prevede un’ipotesi di litisconsorzio necessario, ai sensi dell’art. 102 cod. proc. civ., in ogni caso di pluralità di danneggiati, il giudicante ritiene che essa sia irragionevole e lesiva degli artt. 3, 24 e 111 Cost.

In primo luogo, egli rileva che il citato art. 140, comma 4, a differenza della rubrica della norma, non contiene alcun riferimento all’ipotesi in cui i danni riportati dai vari danneggiati superino il massimale, sicché l’argomento – secondo il quale il litisconsorzio necessario verrebbe in considerazione nei soli casi relativi a danni che superino il massimale – sarebbe abbastanza fragile. Al contrario, il tenore letterale della disposizione conduce a ritenere fondata l’opinione che, anche per un piccolo incidente, se vi sono più danneggiati, e se i limiti del massimale non vengono in considerazione, ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra il responsabile, la sua assicurazione e tutti i danneggiati.

In ogni caso, nella vicenda in esame il superamento del massimale sarebbe certo, trattandosi di un sinistro “catastrofale”, caratterizzato da varie collisioni coinvolgenti due autobus con molti passeggeri a bordo, oltre ad autovetture ed autoarticolati, col conseguente decesso di cinque persone e ferimento di numerose altre.

Pertanto l’attore, unico interessato a rintracciare e citare in giudizio tutti i partecipi al litisconsorzio necessario, dovrebbe provvedere a tanto e, in difetto, il giudice dovrebbe ordinargli di far luogo all’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio, sotto pena di estinzione del processo.

Tale impresa, ad avviso del rimettente, in un caso di sinistro catastrofico come quello in esame è molto difficile, se non impossibile, in quanto, tra l’altro, alcuni dei danneggiati sono stranieri, mentre non sono facilmente identificabili i passeggeri degli autobus, ai quali spetta la qualifica di litisconsorti necessari.

A ciò si aggiunge l’insormontabile difficoltà d’individuare tutti i possibili eredi delle cinque persone decedute nel sinistro, ovvero i loro familiari che, in ipotesi, potrebbero affermare in futuro di aver subito danni a causa della morte dei loro parenti. Andrebbero, inoltre, considerate le conseguenze processuali, rilevabili nei vari gradi del giudizio, della mancata individuazione di alcuni danneggiati che, in corso di causa o dopo la sua conclusione, dovessero farsi vivi.

In definitiva, ad avviso del giudice a quo, «la previsione del litisconsorzio necessario tra tutti i danneggiati dal medesimo sinistro stradale finisce col complicare ingiustificatamente le cose, aggravando oltre ogni ragionevole misura la posizione dei danneggiati diligenti», come del resto posto in luce dai primi commenti della dottrina.

La disposizione, dunque, sarebbe in contrasto col principio di ragionevolezza (art. 3 Cost), con il diritto di difesa in giudizio di cui all’art. 24, primo comma, Cost., ed anche col principio di ragionevole durata del processo, garantito dall’art. 111, secondo comma, Cost., a causa della creazione di «inestricabili e prevedibili stasi processuali».

Il rimettente conclude osservando che «La questione è indubbiamente rilevante ai fini della decisione del presente giudizio, in quanto occorre valutare le domande formulate dalle parti circa l’estensione del contraddittorio ad altri soggetti estranei al giudizio e, comunque, accertare ex officio se sia stato correttamente instaurato il contraddittorio tra tutti i soggetti che hanno diritto a parteciparvi, prima di decidere sulla istanza di provvisionale formulata dall’attore ed inoltrarsi nella complessa attività istruttoria».

3. — Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, oppure non fondata.

La difesa erariale osserva che l’istituto del litisconsorzio necessario, in caso di pluralità di danneggiati e di superamento del massimale, non era previsto nello schema di decreto legislativo emanato dal Consiglio dei ministri il 16 luglio 2004, recante «Riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni. Codice delle assicurazioni». Il Consiglio di Stato, nel contesto del parere espresso il 14 febbraio 2005 su detto schema, richiamando i principi ed i criteri di cui all’art. 4 della legge delega 29 luglio 2003, n. 229 (Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione – Legge di semplificazione 2001), suggerì di «introdurre una fattispecie di litisconsorzio necessario, dovendo la decisione essere emessa nei confronti di più parti, ritenendosi che, in caso contrario, la sentenza resa, in ipotesi tra l’assicuratore ed uno solo dei danneggiati, vanificherebbe il principio di parità tra creditori».

Il d. lgs. n. 209 del 2005 ha accolto il suggerimento con l’art. 140, comma 4, prevedendo che «nei giudizi promossi tra l’impresa di assicurazione e le persone danneggiate sussiste litisconsorzio necessario, applicandosi l’art. 102 del codice di procedura civile». In ciò ha innovato la disciplina previgente (art. 27 legge n. 990 del 1969), in relazione alla quale si era consolidato l’orientamento giurisprudenziale che imponeva all’impresa di assicurazione di provvedere, usando la normale diligenza, all’identificazione di tutti i danneggiati, attivandosi anche con la loro congiunta chiamata in causa per procedere alla liquidazione del risarcimento nella misura proporzionalmente ridotta, ai sensi del comma 1 dell’art. 27 della legge n. 990 del 1959 (recte: 1969).

La difesa erariale prosegue osservando che la norma ora in vigore – interpretata dal rimettente nel senso che essa impone sempre il litisconsorzio necessario in tutti i giudizi, pendenti per sinistri automobilistici e nautici, quando sia parte in causa l’impresa di assicurazione debitrice – in realtà può essere letta in altra chiave ermeneutica, avallata dalla Corte di cassazione. Essa richiama, a tal fine, l’ordinanza della medesima Corte n. 1862 del 2009, alla stregua della quale la norma de qua va intesa «nel senso che il litisconsorzio sussiste solo se: a) l’assicurazione, di fronte alle richieste di più danneggiati, formuli domanda volta ad ottenere l’accertamento in confronto di tutti del massimale, come dimostra la stessa possibilità ad essa riconosciuta di effettuare deposito liberatorio; b) uno dei danneggiati, vistosi contestare l’esistenza del massimale e ritenuto che il diritto degli altri danneggiati o non sussista o sussista in misura minore, chieda l’accertamento o della non sussistenza o delle rispettive quote. Ritenere, infatti, che il litisconsorzio concerna la domanda di risarcimento proposta da uno o più danneggiati contro l’assicuratore senza coinvolgimento di altri renderebbe la norma di dubbia costituzionalità, atteso che il singolo danneggiato può non sapere se e quali siano stati gli altri danneggiati che debbono concorrere sul massimale».

La possibilità d’interpretare la norma in senso costituzionalmente orientato, dunque, renderebbe inammissibile la questione.

Considerato in diritto

1. — Il Tribunale di Avezzano, in composizione monocratica, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dubita, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’articolo 140, comma 4, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), nella parte in cui prevede una ipotesi di litisconsorzio necessario, ai sensi dell’articolo 102 del codice di procedura civile, fra tutti i danneggiati dal medesimo sinistro stradale.

Il rimettente premette di essere chiamato a giudicare in una causa, promossa dalla società Serena di Stirpe e Monacelli s. n. c., per ottenere il risarcimento dei danni dalla medesima subiti in conseguenza di un grave incidente stradale, nel quale erano rimasti coinvolti molti autoveicoli di vario tipo e che aveva provocato il decesso di cinque persone, nonché il ferimento di numerose altre e danni di rilevante entità ai mezzi.

Osserva che, nella specie, deve trovare applicazione il disposto dell’art. 140, comma 4, del d. lgs. n. 209 del 2005, in base al quale tra l’impresa di assicurazione e le persone danneggiate sussiste litisconsorzio necessario, ai sensi dell’art. 102 cod. proc. civ., e sostiene che l’obbligo di realizzare tale litisconsorzio (nella sostanza ricadente sull’attore, in quanto unico interessato a rintracciare e citare tutti i danneggiati) sarebbe impresa molto difficile, se non impossibile, in caso di sinistro catastrofico, come quello in esame, nel quale alcuni dei danneggiati sono stranieri ed altri, i quali viaggiavano a bordo degli autobus coinvolti nell’incidente, sono difficilmente identificabili, come pure quasi insormontabile è la difficoltà di rintracciare tutti i possibili eredi delle cinque persone decedute, ovvero i loro familiari, che potrebbero in ipotesi affermare in futuro di aver subito dei danni in conseguenza della morte dei loro parenti.

Richiamati gli effetti che conseguono alla mancata integrazione del contraddittorio in presenza di un litisconsorzio necessario, il giudice a quo afferma che la previsione di tale litisconsorzio in casi come nella fattispecie in esame aggrava oltre ogni ragionevole misura la posizione dei danneggiati diligenti e, dunque, si pone in contrasto col principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), col diritto di agire in giudizio (art. 24, primo comma, Cost.) e col principio di ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, Cost.).

2. — La questione è inammissibile.

3. — L’art. 140, comma 4, del d. lgs. n. 209 del 2005 dispone che «Nei giudizi promossi fra l’impresa di assicurazione e le persone danneggiate sussiste litisconsorzio necessario, applicandosi l’art. 102 del codice di procedura civile». Il secondo periodo dello stesso comma aggiunge che «L’impresa di assicurazione può effettuare il deposito di una somma, nei limiti del massimale, con effetto liberatorio nei confronti di tutte le persone aventi diritto al risarcimento, se il deposito è irrevocabile e vincolato a favore di tutti i danneggiati».

Il citato art. 140, sotto la rubrica «Pluralità di danneggiati e supero del massimale», è finalizzato a disciplinare il concorso di più persone che hanno subito danni nello stesso sinistro, regolando i rapporti fra i creditori e l’impresa di assicurazione. Esso riproduce, con alcune modifiche, l’art. 27 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), che, come notato dal Consiglio di Stato nell’esprimere il parere sullo schema di decreto legislativo recante il codice delle assicurazioni (parere n. 11603/05, adunanza del 14 febbraio 2005), ha introdotto un principio riconducibile a quello della par condicio creditorum, prevedendo la proporzionale riduzione di ciascun singolo diritto fino alla concorrenza delle somme disponibili.

Analogo principio è oggi contenuto nell’art. 140, comma 1, del d. lgs. n. 209 del 2005 («Qualora vi siano più persone danneggiate nello stesso sinistro e il risarcimento dovuto dal responsabile superi le somme assicurate, i diritti delle persone danneggiate nei confronti dell’impresa di assicurazione sono proporzionalmente ridotti fino alla concorrenza delle somme assicurate»), mentre i commi 2 e 3 della disposizione regolano, rispettivamente, i pagamenti eseguiti dall’impresa assicuratrice ad alcune delle persone danneggiate, in eccesso rispetto alla quota loro dovuta, ed i diritti spettanti agli altri danneggiati il cui credito sia rimasto insoddisfatto.

In questo contesto il Consiglio di Stato, nel citato parere, rappresentò l’esigenza, recepita dal legislatore in sede di esercizio della delega, che fosse introdotta una fattispecie di litisconsorzio necessario, perché la decisione delle controversie rientranti nell’ambito applicativo della norma de qua doveva essere emessa nei confronti di più parti. In caso contrario, infatti, la sentenza resa tra l’assicuratore ed uno o alcuni soltanto dei danneggiati avrebbe vanificato il principio di parità tra i creditori.

La necessità del litisconsorzio nelle controversie di cui si tratta, dunque, nasce dal detto principio, che comporta un rapporto di dipendenza tra le posizioni dei creditori, già idoneo a rendere non palesemente irragionevole la norma censurata, che si colloca nel quadro dei rapporti tra impresa assicuratrice e pluralità di soggetti danneggiati a causa del medesimo sinistro. Ciò emerge anche dalla possibilità, prevista nella medesima norma, che l’impresa di assicurazione effettui il deposito di una somma, nei limiti del massimale, con effetto liberatorio nei confronti di tutte le persone aventi diritto al risarcimento, se il deposito è irrevocabile e vincolato a favore di tutti i danneggiati. Al riguardo va rilevato, in primo luogo, che al legislatore spetta un’ampia discrezionalità nella conformazione degli istituti processuali, con il solo limite della manifesta irragionevolezza delle scelte compiute, nella specie non ravvisabile per quanto ora detto (ex plurimis: sentenze n. 221 del 2008, n. 237 del 2007; ordinanza n. 405 del 2007); e, in secondo luogo, che i casi di litisconsorzio necessario, in quanto incidenti sulla libertà di agire in giudizio, devono formare oggetto d’interpretazione restrittiva.

Proprio prendendo le mosse da quest’ultimo rilievo la Corte di cassazione, con una recente pronunzia, ha affermato che il litisconsorzio previsto dall’art. 140, comma 4, del d. lgs. n. 209 del 2005 sussiste soltanto se: «a) l’assicurazione, di fronte alle richieste di più danneggiati, formuli domanda volta ad ottenere l’accertamento in confronto di tutti del massimale, come dimostra la stessa possibilità ad essa riconosciuta di effettuare deposito liberatorio; b) uno dei danneggiati, vistosi contestare l’esistenza del massimale e ritenuto che il diritto degli altri danneggiati o non sussista o sussista in misura minore, chieda l’accertamento o della non sussistenza o delle rispettive quote. Ritenere, infatti, che il litisconsorzio concerna la domanda di risarcimento proposta da uno o più danneggiati contro l’assicuratore senza coinvolgimento di altri renderebbe la norma di dubbia costituzionalità, atteso che il singolo danneggiato può non sapere se e quali siano stati gli altri danneggiati che debbono concorrere sul massimale» (Cassazione, ordinanza n.1862 del 2009).

La Corte di cassazione, dunque, ha effettuato un’interpretazione che, da un lato, vale a circoscrivere l’ambito applicativo della norma censurata e, dall’altro, impone di ricercare se e quali oneri ricadano anche sulla impresa di assicurazione in ordine all’identificazione, con l’uso della normale diligenza, dei soggetti danneggiati nell’ipotesi di incidente che abbia cagionato danni ad una pluralità di persone.

Sotto questo profilo, il rimettente ha trascurato di sperimentare la possibilità di dare al testo legislativo censurato un’interpretazione costituzionalmente orientata e di spiegare le ragioni che impediscono di pervenire ad un risultato idoneo a superare i dubbi di costituzionalità. Per costante giurisprudenza di questa Corte, tale omissione rende la questione inammissibile (ex plurimis: ordinanze n. 257 del 2009; n. 341, n. 268, n. 226 e n. 193 del 2008).

4. — Sotto altro e concorrente profilo, si deve rilevare che l’evento, nel quale si registra la presenza di più persone danneggiate nello stesso sinistro, non costituisce una categoria unitaria compiutamente definibile in via generale, ma si riferisce ad un’ampia gamma di situazioni, che oscillano tra gli incidenti in cui restano coinvolti pochi veicoli ed un ridotto numero di persone, nei quali le difficoltà allegate dal rimettente non sussistono, e quelli classificabili come catastrofici, in cui le difficoltà d’individuare tutti i danneggiati possono verificarsi (ancorché non necessariamente). Peraltro, anche la fattispecie degli incidenti catastrofici (certamente la meno frequente) non si presta ad essere classificata con precisione, ma postula un’indagine di fatto da compiere con specifico riferimento ai casi concreti.

In questo quadro, le difficoltà lamentate dal rimettente, indipendentemente dal carattere meramente ipotetico di parte di esse, non discendono in via diretta ed immediata dalla disposizione legislativa censurata (che, per quanto esposto nel paragrafo precedente, non può dirsi irragionevole), ma derivano dalle situazioni di fatto che possono di volta in volta verificarsi.

Orbene, questa Corte ha più volte affermato che gli inconvenienti di fatto, scaturenti dall’applicazione delle norme censurate, sono estranei al controllo di costituzionalità (ex plurimis: sentenza n. 86 del 2008; ordinanze n. 427 e n. 385 del 2008 e n. 376 del 2007).

5. — In conclusione, la questione di legittimità costituzionale, sollevata con l’ordinanza indicata in epigrafe, deve essere dichiarata inammissibile.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 140, comma 4, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Avezzano con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 dicembre 2009.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'11 dicembre 2009.