Ordinanza n. 341 del 2008

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ORDINANZA N. 341

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Giovanni Maria      FLICK                                                Presidente

-    Francesco               AMIRANTE                                        Giudice

-    Ugo                        DE SIERVO                                              ”

-    Paolo                      MADDALENA                                         ”

-    Alfio                      FINOCCHIARO                                       ”

-    Alfonso                  QUARANTA                                             ”

-    Franco                    GALLO                                                      ”

-    Luigi                      MAZZELLA                                              ”

-    Gaetano                 SILVESTRI                                               ”

-    Maria Rita              SAULLE                                                    ”

-    Giuseppe                TESAURO                                                 ”

-    Paolo Maria            NAPOLITANO                                         ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 126-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), come modificato dall’art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 1° agosto 2003, n. 214, nonché «della tabella punteggi in esso previsti», promosso con ordinanza dell’8 novembre 2005 dal Giudice di pace di Palermo nel procedimento civile vertente tra B.G. e il Ministero dell’Interno, iscritta al n. 58 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 settembre 2008 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.

Ritenuto che il Giudice di pace di Palermo ha sollevato – in riferimento all’articolo 3 della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’articolo 126-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), come modificato dall’art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 1° agosto 2003, n. 214, nonché «della tabella punteggi in esso previsti»;

che il giudice remittente premette di essere stato adito da un soggetto «confesso artefice» della violazione amministrativa prevista dall’art. 148, comma 11, del medesimo codice della strada, il quale, dopo avere provveduto «al pagamento della sanzione pecuniaria inflittagli» a norma del comma 16 del predetto art. 148, ha proposto opposizione avverso il verbale di contestazione dell’infrazione stradale;

che il ricorrente nel giudizio principale lamenta «l’applicazione a suo carico anche della sanzione della decurtazione di dieci punti dalla propria patente di guida», censurando, in particolare, il fatto che tale sanzione non risulti comminata «per l’altra violazione di maggiore gravità di cui all’art. 148, comma 14», dello stesso codice, con conseguente «disparità di trattamento non consentita dall’art. 3 della Costituzione»;

che lo stesso opponente (nel giudizio principale) assume, pertanto, l’illegittimità costituzionale dell’art. 126-bis del codice della strada e della tabella ad esso allegata (che individua, per ciascuna delle infrazioni stradali ivi indicate, l’entità della decurtazione dei punti dalla patente di guida, disposta a carico del conducente responsabile della violazione), con riferimento a quanto da tale tabella stabilito «in relazione all’art. 148, comma 16, terzo periodo», dello stesso codice;

che il giudice a quo – nel fare propria tale censura – ritiene che la questione di costituzionalità sia rilevante, in quanto al suo accoglimento «conseguirebbe la fondatezza della domanda» proposta nel giudizio principale;

che il remittente – quanto alla non manifesta infondatezza della questione – evidenzia l’irragionevolezza della scelta del legislatore di prevedere, limitatamente alla decurtazione del punteggio dalla patente di guida, fissata nella misura di dieci punti, un trattamento più severo per l’infrazione oggetto del giudizio principale (art. 148, comma 11, del codice della strada), rispetto alla più grave violazione di cui al comma 14 del medesimo art. 148;

che, difatti, sebbene quest’ultima infrazione risulti – se posta a confronto con quella oggetto del giudizio principale – più gravemente sanzionata, sia sul piano pecuniario (e ciò avuto riguardo tanto ai minimi quanto ai massimi edittali), che in relazione alla sanzione accessoria della sospensione della patente di guida (del pari prevista per un arco temporale maggiore sia nel minimo che nel massimo), essa risulterebbe, invece, del tutto immune dall’applicazione della decurtazione dei punti dalla patente di guida;

che, secondo il giudice rimettente, il riferimento – operato dalla tabella allegata all’art. 126-bis del codice della strada – alle violazioni di cui all’art. 148, comma 16, «terzo periodo», dello stesso codice dovrebbe intendersi nel senso che l’applicazione della decurtazione del punteggio dalla patente di guida, nella misura di dieci punti, sia circoscritta alle sole infrazioni ivi indicate, e cioè alle ipotesi di divieto di sorpasso contemplate dai commi 9, 10, 11, 12 e 13 del medesimo art. 148, e non pure a quella prevista dal comma 14;

che ipotizzata, così, un’irragionevole disparità di trattamento, il Giudice di pace di Palermo ha sollevato – in riferimento all’art. 3 Cost. – questione di legittimità costituzionale dell’art. 126-bis del codice della strada e della tabella ad esso allegata, «nella parte in cui è prevista la decurtazione di dieci punti della patente di guida con riferimento all’art. 148, comma 16, terzo periodo», del medesimo codice;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata «inammissibile e comunque infondata»;

che la difesa statale rileva, in via preliminare, come il giudice remittente – nell’esaminare il riferimento al comma 16 dell’art. 148 del codice della strada, contenuto nella tabella allegata al censurato art. 126-bis del codice della strada – muova da una «lettura della norma che non sembra conforme alla sua formulazione letterale» e che, pertanto, lo conduce erroneamente ad escludere l’operatività della decurtazione del punteggio dalla patente di guida, allorché ricorra la violazione amministrativa prevista dal comma 14 del citato articolo 148;

che – osserva l’Avvocatura generale dello Stato – il comma 1 dell’art. 126-bis del codice della strada, nello stabilire che in occasione del rilascio della patente di guida venga attribuito al titolare un punteggio iniziale di venti punti, prevede, altresì, che esso subisca delle decurtazioni, nella misura indicata nella tabella allegata al medesimo articolo 126-bis, a seguito della comunicazione, all’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida, «della violazione di una delle norme per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente ovvero di una tra le norme di comportamento di cui al titolo V, indicate nella tabella medesima»;

che, conseguentemente, essendo la sanzione accessoria della sospensione della patente prevista anche per l’infrazione stradale di cui al comma 14 dell’art. 148, non meno che per le altre contemplate dai commi da 9 a 13 del medesimo articolo (applicandosi, anzi, nel primo caso, per un periodo che è addirittura superiore – da due a quattro mesi – a quello previsto – da uno a tre mesi – per tali ulteriori infrazioni), già questo elemento dovrebbe indurre ad escludere la correttezza dell’interpretazione proposta dal rimettente;

che tale conclusione sarebbe confermata, oltre che dal tenore dell’art. 126-bis del codice della strada (e dalla ratio sottostante a tale norma, che è quella di assoggettare ognuna delle infrazioni per le quali è prevista la sanzione della sospensione della patente anche a quella della decurtazione del punteggio dalla patente di guida), dalla stessa formulazione letterale del terzo periodo del comma 16 dell’art. 148 dello stesso codice (al quale, come detto, rinvia la tabella allegata al predetto art. 126-bis nel fissare la misura della decurtazione prevista in relazione alle singole infrazioni ivi considerate);

che esso, infatti, si riferisce – osserva sempre la difesa statale – alle «violazioni di cui al presente comma», senza operare distinzioni di sorta, ciò che espliciterebbe «l’intento di comprendere nella previsione tutte le violazioni richiamate nell’intero comma», inclusa, così, anche quella prevista dal comma 14 del medesimo art. 148;

che, del resto, se lo scopo del legislatore fosse stato quello contrario, ossia di escludere tale infrazione (così derogando, peraltro, al principio del generale assoggettamento alla sanzione della decurtazione del punteggio dalla patente di guida di tutte le infrazioni per le quali sia prevista anche la sospensione della stessa, e dunque introducendo «una grave lacuna normativa nel sistema delineato dalle disposizioni in esame»), il richiamo contenuto nel comma 16 dell’art. 148 avrebbe dovuto essere – evidenzia ancora l’Avvocatura dello Stato – «alle violazioni indicate “nel primo periodo” del presente comma», atteso che è questo, e non il terzo periodo, a riferirsi nominatim alle infrazioni di cui ai commi 9, 10, 11, 12 e 13 del citato art. 148;

che alla luce, quindi, di un’interpretazione sistematica di tutte le norme che vengono in rilievo nel caso in esame «emerge» – conclude la difesa statale – «un’evidente conformità delle scelte operate dal legislatore al canone della ragionevolezza», vale a dire il solo profilo che può formare oggetto dello scrutinio di costituzionalità che investa le scelte discrezionali compiute dal legislatore in relazione all’individuazione delle condotte punibili ed alla quantificazione delle relative sanzioni (è citata, in particolare, l’ordinanza della Corte costituzionale n. 45 del 2006).

Considerato che il Giudice di pace di Palermo ha sollevato – in riferimento all’articolo 3 della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’articolo 126-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), come modificato dall’art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 1° agosto 2003, n. 214, nonché «della tabella punteggi in esso previsti»;

che l’iniziativa assunta dal remittente mira a far accertare l’asserita irragionevolezza della scelta del legislatore di prevedere, limitatamente alla decurtazione del punteggio dalla patente di guida, un trattamento più severo per l’infrazione oggetto del giudizio principale (art. 148, comma 11, del codice della strada), rispetto alla più grave violazione di cui al comma 14 del medesimo art. 148, essendo – a suo avviso – prevista soltanto per la prima, a carico del conducente responsabile della violazione, la perdita di dieci punti dalla patente di guida;

che, tuttavia, il giudice a quo non si è fatto carico di individuare una diversa possibile interpretazione della norma censurata, idonea ad escludere l’ipotizzata disparità di trattamento tra le due fattispecie poste a confronto;

che a sostegno di una simile opzione ermeneutica – come esattamente osserva l’Avvocatura generale dello Stato – si possono trarre argomenti, innanzitutto, dalla lettera del comma 1 del censurato art. 126-bis del codice della strada, che fissa come principio generale quello secondo cui il punteggio sulla patente di guida «subisce decurtazioni» in conseguenza «della violazione di una delle norme per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente» (e tale è il caso, appunto, della violazione anche del comma 14 del citato art. 148 del medesimo codice);

che, pertanto, a fronte di tale principio generale, è logico supporre che se il legislatore avesse inteso prevedere una eccezione (per l’infrazione da ultimo menzionata) avrebbe dato vita ad una deroga espressa;

che, inoltre, nella medesima prospettiva – e cioè di ritenere assoggettate allo stesso trattamento, in punto di decurtazione del punteggio dalla patente di guida, tutte le ipotesi di divieto di sorpasso previste dall’art. 148 del codice della strada – non è irrilevante il fatto che il «terzo periodo» del comma 16 del citato articolo 148 (al quale rinvia la tabella allegata all’art. 126-bis del medesimo codice per sancire la misura della decurtazione del punteggio della patente di guida) si riferisce, indistintamente, a (tutte) «le violazioni di cui al presente comma» (e non soltanto a quelle di cui al «terzo periodo», e cioè le violazioni di cui ai commi da 9 a 13 dello stesso art. 148);

che avendo, pertanto, il remittente omesso di sperimentare adeguate soluzioni ermeneutiche − diverse da quella proposta − idonee a rendere la disposizione censurata esente dai prospettati dubbi di legittimità, la questione sollevata deve essere dichiarata manifestamente inammissibile, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte (si vedano, da ultimo, le ordinanze n. 226, n. 205 e n. 193 del 2008).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 126-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), come modificato dall’art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 1° agosto 2003, n. 214, nonché «della tabella punteggi in esso previsti», sollevata dal Giudice di pace di Palermo – in riferimento all’articolo 3 della Costituzione – con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2008.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 10 ottobre 2008.