REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALEcomposta dai signori Giudici:
- Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
- Valerio ONIDA
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Paolo MADDALENA
- Alfonso QUARANTA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnel giudizio di ammissibilità del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 15 dicembre 1998, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’on. Tiziana Parenti il 4 e il 9 novembre 1994 agli ispettori del Ministero di grazia e giustizia, nell’ambito dell’inchiesta sulla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, promosso dal Tribunale di Roma, sezione quinta penale, con ricorso depositato il 28 marzo 2003 ed iscritto al n. 240 del registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 9 giugno 2004 il Giudice relatore Annibale Marini.
Ritenuto che il Tribunale di Roma, con ricorso-ordinanza del 13 febbraio 2003, depositato presso la cancelleria di questa Corte il 28 marzo 2003, nel corso di un processo per calunnia a carico della parlamentare Tiziana Parenti, ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, chiedendo l’annullamento della deliberazione adottata il 15 dicembre 1998, secondo la quale i fatti ascritti al deputato Parenti concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, con conseguente insindacabilità a norma dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che il Tribunale ricorrente premette che un precedente conflitto, sollevato, nel corso dello stesso procedimento, avverso la medesima deliberazione, è stato dichiarato inammissibile, con sentenza n. 206 del 2002, a causa della non compiuta prospettazione, nell’atto introduttivo, del thema decidendum;
che, tuttavia, trattandosi di decisione sulla sola ammissibilità, la riproposizione del conflitto non potrebbe – secondo il Tribunale – ritenersi preclusa;
che, nel merito, il medesimo Tribunale di Roma – riportando integralmente il contenuto del precedente ricorso – espone che i fatti oggetto del procedimento consistono nelle dichiarazioni rese dal deputato Tiziana Parenti in data 4 e 9 novembre 1994, allorché venne sentita dagli ispettori del Ministero di grazia e giustizia, nell’ambito dell’inchiesta che essi svolgevano sulla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, cui la stessa Parenti era addetta, quale sostituto procuratore, nel periodo oggetto delle indagini;
che il ruolo svolto dal deputato Parenti dinanzi all’autorità ispettiva sarebbe – ad avviso ancora del Tribunale – assimilabile a quello di persona informata sui fatti, con tutti gli obblighi scaturenti da tale veste, e che pertanto – diversamente da quanto ritenuto dalla Camera dei deputati – la sua condotta non sarebbe nella circostanza coperta dalla garanzia di insindacabilità di cui all’art. 68 della Costituzione.
Considerato che in questa fase la Corte è chiamata, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), a delibare l’ammissibilità del ricorso;
che, in via pregiudiziale, deve rilevarsi come il Tribunale di Roma riproponga, in riferimento alla medesima deliberazione della Camera dei deputati del 15 dicembre 1998, il conflitto di attribuzione già dichiarato inammissibile, con sentenza n. 206 del 2002, per la mancanza, nell’atto introduttivo, di «una domanda consistente nella sostanziale richiesta di una pronuncia della Corte che dichiari non spettare alla Camera di appartenenza la valutazione contenuta nella delibera impugnata con conseguente annullamento della stessa delibera»;
che in tal modo il Tribunale di Roma pone in essere una situazione processuale in palese contrasto con quanto stabilito da questa Corte nella sentenza n. 116 del 2003 (e ribadito nelle ordinanze n. 40 del 2004, n. 358, n. 280, n. 277, n. 254, n. 247, n. 214, n. 189, n. 188 e n. 153 del 2003), secondo cui le finalità e particolarità dell’oggetto del conflitto di attribuzione tra poteri fanno emergere, nel quadro della disciplina della legge 11 marzo 1953, n. 87, «l’esigenza costituzionale che il giudizio, una volta instaurato, sia concluso in termini certi non rimessi alle parti confliggenti», ragion per cui non è ammissibile mantenere indefinitamente in sede processuale una situazione di conflittualità tra poteri, protraendo così ad libitum il ristabilimento della «certezza e definitività di rapporti»;
che, pertanto, deve essere esclusa, sulla base delle argomentazioni già svolte da questa Corte e che vengono qui ribadite, la riproponibilità (dopo una dichiarazione di inammissibilità) del conflitto in esame, che deve essere, conseguentemente, dichiarato inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALEdichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Roma nei confronti della Camera dei deputati, con l’atto indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2004.
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Annibale MARINI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2004.