Ordinanza n. 188/2003

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ORDINANZA N. 188

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

- Ugo DE SIERVO                 

- Romano VACCARELLA                

- Paolo MADDALENA                     

- Alfio FINOCCHIARO                    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per ammissibilità di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera del 18 febbraio 1999 della Camera dei deputati relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Tiziana Parenti nei confronti del dott. Piercamillo Davigo promosso dal Tribunale di Torino, sezione I penale, con ricorso depositato il 18 gennaio 2002 ed iscritto al n. 207 del registro ammissibilità conflitti.

Udito nella camera di consiglio del 29 gennaio 2003 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che il Tribunale di Torino, sezione I penale, con atto pervenuto alla cancelleria della Corte, a mezzo del servizio postale, in data 18 gennaio 2002, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera, da quest'ultima adottata nella seduta del 18 febbraio 1999 (documento IV-quater n. 57), con la quale è stato dichiarato che il procedimento penale a carico del deputato Tiziana Parenti per il reato di cui agli artt. 595 del codice penale, e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, per le dichiarazioni asseritamente lesive della reputazione di Piercamillo Davigo, magistrato, riguardano opinioni espresse dal deputato nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che, secondo il Tribunale di Torino, benché questa Corte abbia dichiarato improcedibile il conflitto sollevato in relazione alla delibera sopra richiamata, in quanto il ricorso, unitamente all’ordinanza che lo aveva dichiarato ammissibile, era stato depositato oltre il termine stabilito dall’art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (sentenza n. 122 del 2001), la pronunzia di improcedibilità non impedirebbe la riproposizione del conflitto di attribuzione, poiché sussisterebbe l’interesse a proporre un nuovo ricorso;

che, a suo avviso, la Camera dei deputati avrebbe illegittimamente esercitato il proprio potere affermando l’esistenza di un collegamento tra le dichiarazioni rese dal deputato Tiziana Parenti e l'esercizio della funzione parlamentare, poiché la stessa relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere in giudizio ammette la "assenza di un collegamento specifico con atti e documenti parlamentari", cosicché la delibera in esame avrebbe "arbitrariamente inciso sulle attribuzioni del potere giudiziario".

Considerato che in questa fase la Corte è chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto esiste "la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza";

che, in linea preliminare, occorre osservare che il Tribunale di Torino, con il ricorso in esame, ripropone, in riferimento alla delibera della Camera dei deputati del 18 febbraio 1999, il conflitto di attribuzione dichiarato improcedibile con la sentenza n. 122 del 2001, in quanto il ricorso e l’ordinanza di ammissibilità (ordinanza n. 399 del 1999), benché notificati tempestivamente, erano stati depositati presso la cancelleria di questa Corte successivamente alla scadenza del termine di venti giorni stabilito dall'art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

che questa Corte, con la recente sentenza n. 116 del 2003, ha affermato che la legge 11 marzo 1953, n. 87 ha conferito alla Corte costituzionale, in sede di ammissibilità del conflitto, un potere di conformazione del giudizio, che si esprime attraverso la fissazione di regole che, tra l’altro, stabiliscono "inderogabilmente soggetti e termini per lo svolgimento del processo";

che tali regole per la loro natura conformativa non possono essere eluse neppure invocando la mancata previsione legislativa di termini di decadenza, dal momento che, in relazione alle finalità ed alla particolarità dell’oggetto del conflitto di attribuzione tra poteri, sussiste "l’esigenza costituzionale che il giudizio, una volta instaurato, sia concluso in termini certi non rimessi alle parti confliggenti", essendo necessario ristabilire sollecitamente "certezza e definitività di rapporti" essenziali ai fini di un regolare svolgimento delle funzioni costituzionali (sentenza n. 116 del 2003);

che, pertanto, sulla scorta delle argomentazioni già svolte da questa Corte e che qui si ribadiscono, poiché il conflitto in esame è stato già dichiarato improcedibile per tardività del deposito degli atti deve ritenersi preclusa la sua riproponibilità e, conseguentemente, lo stesso deve essere dichiarato inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di Torino, sezione I penale, nei confronti della Camera dei deputati, con l'atto indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 4 giugno 2003.