SENTENZA N.294
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Massimo VARI Giudice
- Riccardo CHIEPPA "
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 23 novembre 1999 relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall'onorevole Tiziana Maiolo nei confronti del dott. Giancarlo Caselli, promosso con ricorso del g.u.p. del Tribunale di Roma, notificato il 10 novembre 2000, depositato in cancelleria il 25 successivo ed iscritto al n. 52 del registro conflitti 2000.
Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
udito nell'udienza pubblica del 23 aprile 2002 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;
udito l'avvocato Sergio Panunzio per la Camera dei deputati.
Ritenuto in fatto
1. - A seguito di atto di querela in data 14 luglio 1998 del dott. Giancarlo Caselli, all'epoca Procuratore della Repubblica di Palermo, il p.m. presso il Tribunale di Roma esercitava azione penale, formulando richiesta di rinvio a giudizio anche nei confronti della deputata Tiziana Maiolo, in ordine al reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa, in relazione ad alcune dichiarazioni rilasciate durante un congresso di "Forza Italia", ed oggetto di pubblicazione nel quotidiano "La Repubblica" del 18 aprile 1998, in un articolo intitolato "E alle cinque della sera il trionfo di Musotto" - al cui autore veniva attribuito lo stesso reato in concorso con il predetto deputato - ritenute lesive dell'onore e del prestigio del dott. Caselli, con l'aggravante dell'attribuzione di un fatto determinato. Detto articolo, come risulta dal capo di imputazione, recava, tra le altre, le seguenti frasi: ... "Quella procura che Tiziana Maiolo, ieri mattina, ha definito "un'associazione a delinquere di tipo istituzionale, che pur di arrivare a incriminare Berlusconi per reati mostruosi manda in giro i pentiti con libertà di uccidere". Sono loro il vero bersaglio della operazione Musotto. "A Palermo - ricordava proprio la Maiolo - c'é un fascicolo contro Berlusconi con l'accusa di essere nientemeno che il mandante degli assassini di Falcone e Borsellino. Perciò gli ho detto: candidati al parlamento europeo e restaci, lì hanno un'immunità vera: quando ti accusano di aver rubato il Duomo, intanto scappa all'estero, poi ti difenderai"..."
Nelle more dell'udienza preliminare, fissata per il giorno 18 febbraio 2000, veniva formalmente comunicato che l'Assemblea della Camera dei deputati, nella seduta del 23 novembre 1999, su conforme parere della Giunta delle autorizzazioni a procedere, aveva deliberato la insindacabilità, ex art. 68, primo comma, della Costituzione, delle dichiarazioni rese dalla deputata Maiolo, in quanto espressione di opinioni manifestate da un membro del Parlamento.
All’udienza preliminare del 18 febbraio 2000, il g.u.p. procedente ha sospeso la trattazione del procedimento, ravvisando i presupposti di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, che ha sollevato con ricorso del 21 marzo 2000, in relazione alla predetta deliberazione della Camera dei deputati, ritenendola, in quanto concernente dichiarazioni prive di nesso con la funzione parlamentare, lesiva della propria sfera di attribuzioni garantita da norme costituzionali, e chiedendo, pertanto, l'affermazione di non spettanza alla Camera dei deputati della dichiarazione di insindacabilità, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal predetto deputato in relazione alle quali era stata esercitata l'azione penale nei suoi confronti, e conseguentemente, l'annullamento della citata delibera.
Sotto il particolare profilo della propria legittimazione a sollevare il conflitto, il g.u.p. procedente ne ha ravvisato le ragioni nella salvaguardia dell'economia processuale e nella necessità di evitare proprio la compromissione degli interessi legittimamente tutelati dall'assemblea parlamentare. Infatti, il ricorrente ha osservato che, ove si escludesse la sua legittimazione quale g.u.p. a sollevare conflitto di attribuzione, sarebbe tenuto "alla pronuncia del decreto che dispone il giudizio ex art. 429 cod. proc. pen., o, alternativamente, alla pronuncia ex art. 425 cod. proc. pen., anche nella ipotesi in cui ritenesse infondata la delibera di insindacabilità..., così superando, con una decisione, non definitiva ma processualmente rilevante... la preclusione opposta dal Parlamento. Al contrario il g.u.p. che condividesse l'assunto dell'assemblea parlamentare, dovrebbe pronunciare sentenza di non luogo a procedere".
Nel merito, secondo il ricorrente, le dichiarazioni in questione, recepite nella imputazione, non sarebbero ricollegabili alla funzione parlamentare, pur riflettendo la posizione tradizionalmente critica espressa dalla parte politica cui aderisce la deputata Maiolo nei confronti della linea giudiziaria che sarebbe stata seguita dalla Procura della Repubblica di Palermo nella conduzione delle inchieste inerenti ad ipotesi di reato contro la pubblica amministrazione.
2. - Il conflitto é stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 472 del 2000, depositata il 6 novembre 2000. Il ricorso, unitamente alla ordinanza di ammissibilità, é stato regolarmente notificato alla Camera dei deputati il 10 novembre 2000 e depositato presso la cancelleria della Corte il 25 novembre 2000.
3. - La Camera dei deputati si é costituita in giudizio, ed ha eccepito, preliminarmente, la inammissibilità del ricorso, sotto il profilo del difetto di legittimazione del g.u.p. a sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in considerazione della peculiare natura della sua funzione, volta non già a giudicare, bensì a controllare la legittimità della domanda di giudizio formulata dal p.m.
Nel merito, la difesa della Camera dei deputati ha concluso per la infondatezza del conflitto, osservando che - a prescindere dalla coincidenza, peraltro contestata dall'interessata, delle dichiarazioni rilasciate dalla deputata Maiolo con quelle riferite nell'articolo del quotidiano "La Repubblica" - il contenuto delle dichiarazioni in questione trova comunque sostanziale e specifica corrispondenza in numerosi atti di sindacato ispettivo posti in essere dalla deputata Maiolo, nei confronti della "politica dei pentiti" che sarebbe stata adottata da alcune Procure della Repubblica, ed, in particolare, da quella di Palermo. La difesa della Camera ha posto in specifico rilievo, al riguardo, una interpellanza, presentata in data 26 marzo 1998, il cui primo firmatario risultava, appunto, la predetta deputata, con la quale, sulla base di notizie di agenzia relative ad un presunto "racket" di estorsioni organizzato in Sardegna da due siciliani ammessi al programma di protezione per i collaboratori di giustizia, e ad un'asserita scarsa vigilanza esercitata sui medesimi dalle competenti procure, si richiedevano notizie sulle citate circostanze ed, inoltre, in generale sulla politica del Governo in ordine ai "pentiti". Nella seduta del 15 aprile 1998, due giorni prima del congresso, nel corso del quale la deputata Maiolo avrebbe pronunciato le frasi incriminate, dopo la risposta all'interpellanza da parte del Governo, in sede di replica la stessa Maiolo aveva formulato pesanti critiche sul modo in cui venivano utilizzati i collaboratori di giustizia dalla Procura di Palermo, ed, in particolare, sul fatto che si consentisse ai medesimi di continuare a svolgere attività criminali. L'intervento si era concluso con alcune frasi il cui contenuto corrisponderebbe sostanzialmente, ad avviso della difesa della Camera dei deputati, alle dichiarazioni riportate nell'articolo del quotidiano "la Repubblica" di cui si tratta. Sullo stesso tema, la stessa deputata era tornato anche successivamente con ulteriori interpellanze ed interrogazioni.
4.- Nell'imminenza della data fissata per la pubblica udienza, la difesa della Camera dei deputati ha depositato una prima memoria, con la quale ha insistito nelle proprie conclusioni ribadendo la sussistenza del nesso con le funzioni di parlamentare delle dichiarazioni della deputata Maiolo che hanno dato origine al processo penale pendente innanzi al g.u.p. presso il Tribunale di Roma; ed una seconda memoria con la quale, nel ribadire la sostanziale corrispondenza fra le opinioni espresse dalla deputata Maiolo in sede parlamentare e quelle alla stessa attribuite nell'articolo del quotidiano "La Repubblica" del 18 aprile 1998, si sottolinea, quanto al linguaggio impiegato dall'onorevole Maiolo, con particolare riferimento alla qualificazione, che la stessa avrebbe attribuito alla Procura della Repubblica di Palermo, di "associazione a delinquere di tipo istituzionale", che esso non preclude la sussistenza del nesso funzionale con le opinioni espresse in sede parlamentare, costituendo la sintesi del giudizio su detta Procura coerentemente e necessariamente conseguente ai fatti specifici che la stessa deputata aveva contestualmente addebitato a quella Procura.
Considerato in diritto
1.- Il g.u.p. presso il Tribunale di Roma, dinanzi al quale pende procedimento penale avente ad oggetto le dichiarazioni, ritenute diffamatorie (ricordate testualmente nella parte in fatto), espresse nei confronti del dottor Giancarlo Caselli dalla deputata Tiziana Maiolo nel corso di un congresso in data 17 aprile 1998, e riportate in un articolo pubblicato in un quotidiano, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, che, con delibera 23 novembre 1999 (documento IV-quater, n. 90), aveva dichiarato l’insindacabilità, a norma dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, di tali dichiarazioni.
Il ricorso é stato dichiarato ammissibile, in sede di sommaria delibazione, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (ordinanza n. 472 del 2000), ed é stato ritualmente notificato e depositato.
2.- In via preliminare deve essere esaminata la eccezione di inammissibilità prospettata dalla difesa della Camera dei deputati sotto il profilo del difetto di legittimazione del g.u.p. a sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
L’eccezione é priva di fondamento, in quanto la delibera della Camera di insindacabilità, impugnata per conflitto in questa sede, é suscettibile di incidere direttamente sul contenuto dei provvedimenti giurisdizionali che il g.u.p doveva alternativamente emettere, cioé il decreto che dispone il giudizio ex art. 429 cod. proc. pen., o la pronuncia di non luogo a procedere ex art. 425 cod. proc. pen., e quindi sull’esercizio dei poteri attinenti alla giurisdizione dello stesso giudice.
Del resto, l’ammissibilità del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato da g.u.p., a seguito di delibera della Camera relativa ad opinioni espresse da deputato rientranti nelle imputazioni di reato per cui il g.u.p. stesso procede, non é stata mai disconosciuta nei numerosi analoghi conflitti (v., da ultimo, sentenza n. 79 del 2002; ordinanza n. 271 del 2001; n. 493, n. 388 e n. 314 del 2000).
3.- Nel merito il ricorso é fondato.
La Camera dei deputati é partita dalla considerazione (v. relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere, doc. IV-quater, n. 90) che le opinioni espresse dalla deputata erano collegate alla circostanza che la stessa conduce da anni, in Parlamento e fuori del Parlamento, una intensa battaglia sul tema degli effetti negativi che derivano all’amministrazione della giustizia dall’utilizzazione dei collaboratori di giustizia, esplicitata anche attraverso valutazioni critiche dell’operato della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, e sul tema generale dei collaboratori di giustizia e su quelli che, a suo avviso, costituivano abusi nella "gestione" degli stessi. Nel contempo, a corroborare l’argomento che il tema delle dichiarazioni costituiva oggetto del dibattito politico-parlamentare di quei giorni, si richiamava una interrogazione, presentata da altro deputato, relativa all'operato della Procura di Palermo, e, in particolare, del Procuratore Caselli.
Secondo la Camera, le opinioni incriminate, rese dalla deputata nel corso del congresso nazionale di partito, sarebbero una divulgazione e una continuazione di quelle rese nel corso dell’attività parlamentare propriamente detta.
In tale modo si é trascurato di considerare che, per poter identificare dichiarazioni rese al di fuori dell’esercizio di attività funzionale riconducibile alla qualità di membro di una Camera, e del tutto al di fuori delle possibilità di controllo e di intervento offerte dall’ordinamento parlamentare, come espressioni rientranti nella garanzia dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, non basta la semplice comunanza di argomenti, nè, tantomeno, la semplice riconducibilità ad un medesimo contesto politico.
Affinchè le dichiarazioni extra moenia possano essere qualificate come divulgative all’esterno di attività parlamentari, é necessaria una sostanziale corrispondenza di significato con opinioni già espresse, o contestualmente espresse, nell’esercizio di funzioni parlamentari tipiche (sentenze n. 207 del 2002; n. 52 del 2002; n. 10 e n. 11 del 2000).
La Camera in sostanza ha ecceduto nella interpretazione dell’ampiezza della garanzia stabilita dall’art. 68, primo comma, della Costituzione, facendovi rientrare apprezzamenti (espressi al di fuori delle tipiche funzioni parlamentari) in ordine alla detta Procura della Repubblica, ed alla esistenza di un'"associazione a delinquere di tipo istituzionale", che non trovavano riscontro e sostanziale corrispondenza di significato in alcuno degli atti parlamentari tipici invocati dalla difesa della stessa Camera dei deputati.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che non spetta alla Camera dei deputati dichiarare l’insindacabilità, a norma dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dalla deputata Tiziana Maiolo, per le quali é in corso avanti al g.u.p. del Tribunale di Roma il giudizio indicato in epigrafe;
annulla conseguentemente la delibera adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 23 novembre 1999.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Riccardo CHIEPPA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 26 giugno 2002.