Sentenza n. 276

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SENTENZA N. 276

 

ANNO 1997

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10, primo comma, numero 4 e secondo comma (recte: ultimo comma), della legge della Regione Sicilia 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei deputati all'Assemblea regionale siciliana), promosso con ordinanza emessa l'8 novembre 1996 dal Tribunale di Palermo sul ricorso proposto da Vincenzo Pezzino contro Emanuele Di Betta ed altri, iscritta al n. 1335 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visti gli atti di costituzione di Vincenzo Pezzino e di Emanuele Di Betta, nonchè l'atto di intervento della Regione Sicilia;

udito nell'udienza pubblica del 3 giugno 1997 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;

uditi gli avvocati Liborio Armao per Vincenzo Pezzino, Guido Corso per Emanuele Di Betta e gli avvocati Francesco Torre e Francesco Castaldi per la Regione Sicilia.

Ritenuto in fatto

 

1. -- Il Tribunale di Palermo, adito per la dichiarazione di ineleggibilità a consigliere dell'Assemblea regionale siciliana di Emanuele Di Betta, in quanto componente del Comitato direttivo del Consorzio per l'area di sviluppo industriale della provincia di Agrigento (di seguito: Consorzio Asi), con ordinanza dell'8 novembre 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, primo comma, numero 4 e secondo comma (recte: ultimo comma), della legge regionale siciliana 20 marzo 1951, n. 29, e successive modificazioni, nella parte in cui stabilisce che non sono eleggibili alla carica di deputato dell'Assemblea regionale siciliana: < i commissari, i liquidatori, i presidenti o componenti di consigli di amministrazione ... di enti pubblici soggetti per legge alla vigilanza o tutela della Regione, ovvero enti in genere che siano ammessi a godere o godano effettivamente in via ordinaria, in dipendenza di disposizione di legge, o di atti amministrativi vincolati, di contributi, concorsi o sussidi da parte della Regione>, tranne che, < in conseguenza di tempestive dimissioni od altra causa siano effettivamente cessati dalle loro funzioni almeno novanta giorni prima del compimento di un quinquennio dalla data delle precedenti elezioni regionali>, in riferimento agli artt. 3, 122 e 51 della Costituzione.

2. -- I giudici rimettenti, in punto di rilevanza, osservano che Emanuele Di Betta ha rivestito la carica almeno sino al 20 giugno 1996 ed il ricorso per la dichiarazione di ineleggibilità é stato tempestivamente proposto. Inoltre, deducono che il Consorzio Asi é ente vigilato e non sussistono, quindi, nè la relazione di dipendenza tra Regione e Consorzio, nè la rappresentatività esterna dell'amministratore che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, fondano, nella legislazione statale, la previsione di una causa di ineleggibilità.

La fattispecie sarebbe, quindi, riconducibile a quella regolata, per le altre regioni, dall'art. 3, numero 1 della legge n. 154 del 1981, che stabilisce una mera incompatibilità fra la cariche.

La norma in esame prevede, invece, una più restrittiva causa di ineleggibilità, benchè non sussistano situazioni peculiari della regione che possano giustificarla. A conforto di tale assunto i giudici richiamano la sentenza di questa Corte n. 171 del 1984, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma in esame limitatamente alla previsione dell'ineleggibilità dei componenti del consiglio di amministrazione degli enti ospedalieri le cui argomentazioni, a loro avviso, risulterebbero pertinentemente richiamabili in riferimento al caso in esame.

Dunque, ad avviso del Tribunale, la norma viola gli articoli 3, 51 e 122 della Costituzione, in quanto prevede una causa di ineleggibilità, laddove la legge statale stabilisce una mera causa di incompatibilità, in assenza di situazioni che giustifichino la diversità di disciplina, stabilendo una restrizione del diritto di elettorato passivo non giustificata da motivi adeguati e ragionevoli.

3. -- Nel giudizio innanzi a questa Corte si sono costituiti Vincenzo Pezzino, Emanuele Di Betta e la Regione Sicilia.

4. -- Vincenzo Pezzino, ricorrente nel giudizio a quo, nella memoria di costituzione ed in quella depositata in prossimità dell'udienza pubblica, ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata,

La parte privata sostiene che, secondo la giurisprudenza della Corte, la norma regionale, che disciplina l'accesso alla carica elettiva più restrittivamente di quella statale, deve ritenersi ragionevole, qualora sia diretta ad < impedire il formarsi di clientele elettorali>, in considerazione dell'esistenza di peculiari situazioni locali, che, nella specie, sussisterebbero. Il Consorzio Asi, a suo avviso, in virtù delle previsioni contenute nella legge della Regione Sicilia 4 gennaio 1984, n. 1, é ente pubblico non economico, ha lo scopo di favorire gli insediamenti di piccole e medie industrie, fruisce di contributi a carico del bilancio regionale, é sottoposto alla vigilanza ed alla tutela dell'Assessore regionale all'industria e, quindi, va qualificato come ente strumentale della Regione. Il Comitato direttivo del Consorzio é, inoltre, organo titolare di poteri particolarmente intensi, astrattamente idonei a consentire ai suoi membri di esercitare la captatio benevolentiae o il metus publicae potestatis, ossia di influire sulla libera manifestazione del voto, rischio peculiarmente intenso in una provincia quale quella di Agrigento, afflitta da gravissimi problemi occupazionali ed economici.

Per siffatti rilievi, la norma censurata appare, dunque, ragionevole e non viola le norme della Costituzione indicate dal tribunale rimettente, anche perchè la facoltà accordata al candidato di rimuovere la causa di ineleggibilità, rassegnando le dimissioni dall'incarico, consente comunque di escludere l'eccepita compressione del diritto di elettorato passivo.

5. -- Emanuele Di Betta, resistente nel processo di merito, ha svolto argomentazioni a conforto della tesi sviluppata nell'ordinanza di rimessione.

La parte privata sostiene che la norma censurata contrasta con il principio affermato da questa Corte, secondo il quale "l'eleggibilità é la norma, l'ineleggibilità é l'eccezione" e la prima può, quindi, essere stabilita solo qualora, per la posizione rivestita dal soggetto, siano ipotizzabili pericoli di turbamento della par condicio tra i candidati e della libera formazione del voto dell'elettore. L'identità dei poteri degli amministratori dei Consorzi Asi in Sicilia e nelle altre regioni non giustifica, infatti, la diversa disciplina di fattispecie identiche. La carica, peraltro, neppure consente di influire sulla libertà della competizione elettorale, anche in considerazione della limitata competenza territoriale del Consorzio e della circostanza che, nella specie, l'ente opera in una zona pressochè priva di industrie ed ha, quindi, un'utenza limitata.

Il resistente deduce, altresì, che la correttezza di siffatta conclusione non é inficiata dalle decisioni della Corte (ordinanza n. 16 del 1989; sentenza n. 127 del 1987) che hanno, rispettivamente, affermato la legittimità della previsione dell'ineleggibilità a deputato all'Assemblea regionale del Presidente dell'Ente acquedotti siciliano (Eas) ed a consigliere provinciale o comunale in comuni con oltre 25.000 abitanti degli amministratori e revisori dei conti degli enti pubblici economici. La Corte ha, infatti, qualificato il primo ente come "dipendente" dalla Regione, relazione che, anche secondo la legislazione statale, integra una causa di ineleggibilità, ma non sussiste per il Consorzio Asi, che é solo "vigilato" dalla prima. In ogni caso, anche qualora lo si riconduca tra gli enti dipendenti, comunque l'amministratore del Consorzio Asi non può essere assimilato al presidente dell'Eas, sia per la diversità dei poteri connessi alle due cariche, sia per la diversità della competenza territoriale dei due organismi.

6. -- La Regione Sicilia ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata.

La resistente, sintetizzate le finalità cui mirano le cause di ineleggibilità ed incompatibilità, deduce che nè la prima nè la seconda determinano un sacrificio del diritto di elettorato passivo. Entrambe possono, infatti, essere rimosse da un atto di volontà dell'interessato, si differenziano solo quanto al tempo in cui deve essere dismessa la carica ed il legislatore regionale può comunque legittimamente stabilire l'una o l'altra, in difformità dalle norme della legislazione statale, purchè la scelta sia sorretta da una valida giustificazione, rinvenibile nel caso in esame.

Il legislatore siciliano, osserva testualmente la Regione, ha infatti < considerato rischioso, per la libertà e la genuinità delle elezioni in Sicilia, lasciare in carica amministratori di enti pubblici regionali impegnati ad assicurarsi il seggio di deputato regionale>, analogamente peraltro a quanto previsto in riferimento alla fattispecie disciplinata dall'art. 24, primo comma, della legge regionale n. 212 del 1979, giudicata legittima dalla Corte con la sentenza n. 127 del 1987.

La ratio della norma deve essere individuata nel < realistico apprezzamento dello specifico ambiente in cui le elezioni regionali siciliane sono destinate a svolgersi> e nell'inopportunità di una norma di contenuto analogo a quella statale per una regione che - secondo le testuali affermazioni della resistente - é < tradizionalmente improntata dalla prassi del clientelismo e della sopraffazione elettorale, in un contesto degradato dalla interferenza mafiosa>.

Il richiamo al principio dall'art. 3 della Costituzione, ad avviso della Regione, é inesatto, per la diversità delle situazioni, derivante dalla peculiarità della < realtà storica, culturale ed ambientale dell'isola>, che ha fondato il riconoscimento in norme costituzionali della potestà legislativa primaria in materia elettorale, finalizzata a porre in condizioni di eguaglianza tutti coloro che aspirano alla carica di deputato regionale. La disposizione é, quindi, anche conforme all'art. 51 della Costituzione, secondo quanto affermato dalla Corte nella sentenza n. 130 del 1987 e, soprattutto, nell'ordinanza n. 16 del 1989, che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma censurata e quindi consente di pervenire ad identica soluzione nel caso in esame.

7. -- Le parti costituite, nel corso della discussione orale, hanno insistito nelle conclusioni rassegnate nelle difese scritte.

Considerato in diritto

 

1. -- La questione di legittimità costituzionale sollevata con l'ordinanza in epigrafe riguarda l'art. 10, primo comma, numero 4 e secondo comma (rectius: ultimo comma) della legge regionale siciliana 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei deputati all'Assemblea regionale siciliana), come modificato dall'art. 1 della legge regionale 13 luglio 1972, n. 33 e dall'art. 33 della legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6, nella parte in cui stabilisce che non sono eleggibili alla carica di deputato dell'Assemblea regionale siciliana "i commissari, i liquidatori, i presidenti o componenti di consigli di amministrazione.... di enti pubblici soggetti per legge alla vigilanza o tutela della Regione, ovvero enti in genere che siano ammessi a godere o godano effettivamente in via ordinaria, in dipendenza di disposizione di legge, o di atti amministrativi vincolati, di contributi, concorsi o sussidi da parte della Regione", salvo che, "in conseguenza di tempestive dimissioni od altra causa siano effettivamente cessati dalle loro funzioni almeno novanta giorni prima del compimento di un quinquennio dalla data delle precedenti elezioni regionali".

Ad avviso del giudice rimettente, la norma denunciata viola l'art. 3 della Costituzione, in quanto stabilisce, anche se non sussistono situazioni peculiari ed esclusive della Sicilia, una causa di ineleggibilità, diversamente dall'art. 3 della legge 23 aprile 1981, n. 154, che prevede invece una mera causa di incompatibilità tra la carica di consigliere regionale e quella di amministratore di ente vigilato dalla regione, quale, secondo lo stesso giudice a quo, sarebbe il Consorzio Asi. La stessa norma, secondo il giudice rimettente, viola altresì l'art. 51 della Costituzione, perchè limita il diritto di elettorato passivo, in assenza di motivi adeguati e ragionevoli, finalizzati alla tutela di un interesse generale e contrasta infine con l'art. 122 della Costituzione, in quanto stabilisce una causa di ineleggibilità in luogo di una causa di incompatibilità.

2. -- La questione non é fondata, in riferimento ai profili prospettati.

Preliminarmente va rilevato che non spetta a questa Corte qualificare la natura giuridica del Consorzio Asi in oggetto, in presenza di un'ordinanza di rimessione che, utilizzando i comuni canoni ermeneutici e con motivazione specifica non implausibile, sostiene la tesi della natura di ente vigilato del Consorzio stesso. D'altra parte, la Corte ha già affermato in altra occasione, con riguardo alla locuzione "ente dipendente", di cui alla legge n. 154 del 1981, che "spetta al giudice ordinario l'interpretazione della norma, mentre questa Corte ha la funzione di porre a confronto la norma nel significato comunemente attribuitole o assegnatole dall'interprete con i precetti costituzionali invocati" (sentenza n. 280 del 1992).

3. -- Ciò premesso, va innanzi tutto osservato che, secondo il costante indirizzo di questa Corte, l'ordinamento costituzionale, prevedendo che il sistema dell'ineleggibilità nelle Regioni ad autonomia particolare, sia regolato da leggi speciali, regionali o statali, consente una regolamentazione differenziata (tra le più recenti, sentenza n. 162 del 1995), dato che altrimenti si priverebbe il potere legislativo della sua stessa ragion d'essere (sentenza n. 130 del 1987).

Tale regolamentazione differenziata delle cause di ineleggibilità, del resto, appare tanto meno discriminatoria, ove si consideri che la potestà legislativa della Regione Sicilia, per quanto concerne l'elezione dell'Assemblea regionale, é particolarmente ampia. Essa infatti, ai sensi dell'art. 3 dello statuto, ha natura primaria (sentenza n. 20 del 1985), che specificamente comporta il vincolo, anche in una materia, come quella dell'elezione dell'assemblea, non disciplinata direttamente dalla Costituzione, "al rispetto dei principi ricavabili dalla Costituzione stessa in materia elettorale" e non già a seguire i principi -e tanto meno le specifiche discipline- delle leggi elettorali delle Camere (sentenza n. 372 del 1996). Oltre tutto, il principio di eguaglianza non può ritenersi vulnerato dalla mera diversità di disciplina delle cause di ineleggibilità, qualora "tale diversità di disciplina sia sorretta da motivi adeguati e ragionevoli, finalizzati alla tutela di un interesse generale" (ex plurimis: sentenze n. 162 del 1995 e n. 539 del 1990) o comunque correlati a condizioni peculiari locali (sentenza n. 539 del 1990).

Nell'ambito di tali interessi o situazioni, che debbono essere congruamente e ragionevolmente apprezzati dal legislatore siciliano, non solo può essere annoverato il rischio che l'esercizio della carica in questione possa determinare indebite influenze sulla competizione elettorale e comunque alterare la autenticità o genuinità del voto mediante la captatio benevolentiae degli elettori (sentenza n. 539 del 1990, ordinanza n. 16 del 1989), ma può anche essere annoverato l'obiettivo di garantire il corretto andamento dei pubblici uffici ricoperti dagli aspiranti candidati; e questo proprio perchè il naturale carattere bilaterale dell'ineleggibilità finisce con il tutelare, attraverso il divieto a candidarsi in determinate condizioni, non solo la carica per la quale l'elezione é disposta, ma anche la carica il cui esercizio é ritenuto incompatibile con la candidatura in questione.

Non é infatti irragionevole che la cura degli interessi della comunità regionale, i quali hanno carattere di "specialità" per espresso riconoscimento dell'ordinamento costituzionale, possa giustificare la necessità di mantenere più rigorosamente separati compiti e funzioni propri di un determinato ufficio pubblico dalla candidatura al mandato elettivo. Si tratta naturalmente di una valutazione che, ove non irragionevole, rientra, nei limiti di esplicazione della relativa potestà, nella discrezionalità del legislatore regionale, per una migliore garanzia dell'autonomia sul piano politico-istituzionale.

Tutto ciò, del resto, trova un'ulteriore conferma nel fatto che anche lo stesso legislatore statale ha stabilito per la Valle d'Aosta l'ineleggibilità degli amministratori degli enti sottoposti a vigilanza della Regione (art. 6, primo comma, lettera e) della legge 3 agosto 1962, n. 1257 e successive modificazioni).

In questa ottica, la rilevanza specifica dell'attività dell'ufficio pubblico ricoperto, ai fini dell'apprezzamento del legislatore siciliano nel configurare i vari casi di ineleggibilità, può anche essere desunta dalla particolare vicenda relativa alla norma impugnata, che fu modificata con legge regionale 13 luglio 1972, n. 33, la quale sottrasse alla originaria categoria degli enti, i cui amministratori dovevano considerarsi ineleggibili, quelli che svolgevano attività culturali, sportive, di culto, sindacali, sanitarie (queste ultime poi reinserite nell'elenco originario dalla legge 6 gennaio 1981, n. 6), di beneficenza ed assistenza, di rappresentanza del movimento cooperativistico; attività probabilmente non ritenute tali da coinvolgere, diversamente dagli altri casi, interessi regionali, la cui cura, in relazione alle specifiche condizioni della Regione, dovesse comunque comportare la più rigorosa separazione con la candidatura al mandato elettivo.

4. -- Nel quadro di tali principi appare pertanto non ingiustificata la preoccupazione che l'amministratore di un ente, quale il consorzio Asi, versi in una situazione che possa determinare il pericolo di alterazioni della par condicio elettorale. Neppure é irragionevole che il legislatore siciliano abbia ritenuto opportuno assicurare la separazione tra la candidatura all'Assemblea regionale e la carica di amministratore degli enti in questione, in considerazione della particolare rilevanza sia degli interessi affidati a quegli enti, sia dell'intervento regionale su di essi. Questi intenti del legislatore siciliano in ordine alle cause che giustificano la restrizione del diritto di elettorato passivo provano dunque l'infondatezza dei dubbi di costituzionalità relativi sia all'art. 3, sia all'art. 51 della Costituzione.

E' altresì infondata la censura nella parte in cui si dubita del contrasto della norma con l'art. 122 della Costituzione. Tale disposizione, infatti, non disciplina i casi di ineleggibilità ed incompatibilità alla carica di consigliere regionale, ma solo stabilisce nella materia una riserva di legge che -relativamente alla Regione Sicilia- non é una riserva di legge statale, cosicchè non é in alcun modo violata dalla norma oggetto del presente giudizio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, primo comma, numero 4 ed ultimo comma della legge della Regione Sicilia 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei deputati all'Assemblea regionale siciliana) e successive modificazioni, sollevata dal Tribunale di Palermo, in riferimento agli artt. 3, 51 e 122 della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Piero Alberto CAPOTOSTI

Depositata in cancelleria il 25 luglio 1997.