Sentenza n. 162 del 1995

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SENTENZA N.162

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, primo comma, n. 9), e quarto comma, della legge della Regione siciliana 24 giugno 1986, n. 31 (Norme per l'applicazione nella Regione siciliana della legge 27 dicembre 1985, n. 816, concernente aspettative, permessi e indennità degli amministratori locali.

Determinazione delle misure dei compensi per i componenti delle commissioni provinciali di controllo. Norme in materia di ineleggibilità e incompatibilità per i consiglieri comunali, provinciali e di quartiere), e dell'art. 3, comma 2, della legge della Regione siciliana 26 agosto 1992, n. 7 (Norme per l'elezione con suffragio popolare del sindaco. Nuove norme per l'elezione dei consigli comunali, per la composizione degli organi collegiali dei comuni, per il funzionamento degli organi provinciali e comunali e per l'introduzione della preferenza unica), promosso con ordinanza emessa il 18 maggio 1994 dalla Corte di appello di Caltanissetta sul ricorso proposto da Drago Rosalia contro Calì Giuseppe ed altri, iscritta al n. 596 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Udito nella camera di consiglio del 5 aprile 1995 il Giudice relatore Mauro Ferri.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza del 18 maggio 1994, la Corte d'appello di Caltanissetta ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, primo comma, n. 9), e quarto comma, della legge della Regione siciliana 24 giugno 1986, n. 31, e dell'art. 3, comma 2, della legge della Regione medesima 26 agosto 1992, n. 7, "nella parte in cui prevedono l'ineleggibilità a consigliere comunale del titolare di farmacia convenzionata con l'unità sanitaria locale che il Comune stesso concorre a costituire".

Il giudice a quo premette in fatto che, con sentenza 29 ottobre 1993-4 gennaio 1994, il Tribunale di Enna aveva dichiarato Drago Rosalia ineleggibile alla carica di consigliere del Comune di Aidone e pertanto decaduta da tale carica. Aveva rilevato in proposito il Tribunale che la Drago, essendo titolare di farmacia nel Comune di Aidone, convenzionata con l'U.S.L. n. 21 di Piazza Armerina, che l'anzidetto Comune concorre a costituire, era ineleggibile a consigliere comunale ai sensi del combinato disposto dei commi primo, n. 9), secondo e quarto dell'art. 9 della legge regionale siciliana 24 giugno 1986, n. 31 e che la stessa Drago non aveva provveduto in tempo utile a rimuovere la suddetta causa di ineleggibilità.

Avverso tale sentenza la Drago proponeva rituale ricorso in appello deducendo, in via principale, l'incostituzionalità della normativa di cui ai commi primo, n. 9), e quarto della citata legge regionale, nonchè del comma 2 dell'art. 3 della legge regionale siciliana 26 agosto 1992, n. 7, in relazione a quanto previsto dalla legislazione statale, per violazione degli artt. 3 e 51 della Costituzione.

Ciò posto, ad avviso del remittente la sollevata questione di legittimità costituzionale è rilevante ai fini del decidere e non è manifestamente infondata.

Il combinato disposto di cui al primo comma, n. 9), e al quarto comma dell'art. 9 della legge regionale 24 giugno 1986, n. 31 sancisce l'ineleggibilità a consigliere comunale del titolare di farmacia convenzionata con l'unità sanitaria loca le, che il Comune stesso concorre a costituire; il comma 2 dell'art. 3 della legge regionale 26 agosto 1992, n. 7 ha a sua volta statuito che "restano ferme le cause di ineleggibilità e di incompatibilità previste dalle norme vigenti per la carica di consigliere comunale e per la carica di sindaco".

Tale causa di ineleggibilità era, altresì, prevista dalla legislazione nazionale, e precisamente dal combinato disposto di cui al primo comma, n. 9), e quarto comma dell'art. 2 della legge 23 aprile 1981, n. 154.

Senonchè il citato quarto comma dell'art. 2 della legge n. 154 del 1981 è stato sostituito dall'art. 2 della legge 11 agosto 1991, n. 271, che così recita: "Le strutture convenzionate, di cui al numero 9) del primo comma, sono quelle indicate ne gli artt. 43 e 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833".

Con la suddetta modifica -- prosegue il remittente -- il legislatore nazionale ha soppresso la causa di ineleggibilità in questione, giacchè il menzionato art. 2 della legge 11 agosto 1991, n. 271, nel definire le strutture convenzionate con le unità sanitarie locali, i cui legali rappresentanti e dirigenti non sono eleggibili a consiglieri comunali, richiama le norme di cui agli artt. 43 e 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, le quali non fanno alcun riferimento alle farmacie (in tal senso, Cass., sez. I, 12 settembre 1992, n. 10425).

Ne consegue che si è verificata una ingiustificata disparità di trattamento, in ordine ai requisiti di eleggibilità per accedere alle cariche pubbliche, tra la disciplina vigente in Sicilia e quella vigente nelle restanti parti del territorio nazionale, non apparendo sussistere una giustificata peculiarità nella scelta legislativa regionale e non avendo, ancora, il legislatore regionale provveduto ad adeguare la propria legislazione ai nuovi principi che informano quella nazionale, la quale è insuscettibile di estendersi alla regione siciliana, godendo questa, in subiecta materia, di competenza primaria: con ciò determinandosi una violazione del principio generale di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione e del correlativo principio di uguaglianza di tutti i cittadini per l'accesso alle cariche pubbliche elettive, stabilito dall'art. 51 della Costituzione.

Considerato in diritto

1. -- La Corte di appello di Caltanissetta solleva questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione, dell'art. 9, primo comma, n. 9), e quarto comma, della legge della Regione siciliana 24 giugno 1986, n. 31, "nella parte in cui prevedono l'ineleggibilità a consigliere comunale del titolare di farmacia convenzionata con l'unità sanitaria locale che il Comune stesso concorre a costituire".

La censura è poi estesa anche all'art. 3, comma 2, della legge regionale 26 agosto 1992, n. 7, ai sensi del quale "restano ferme le cause di ineleggibilità e di incompatibilità previste dalle norme vigenti per la carica di consigliere comunale e per la carica di sindaco".

Ad avviso della Corte remittente, poichè la indicata causa di ineleggibilità, originariamente prevista nella legislazione nazionale, è stata in questa soppressa ad opera dell'art. 2 della legge 11 agosto 1991, n. 271 (il quale ha sostituito il quarto comma dell'art. 2 della legge 23 aprile 1981, n. 154), la normativa regionale impugnata risulta in contrasto con i sopra indicati parametri costituzionali, dettando una disciplina, in tema di elettorato passivo, ingiustificatamente differenziata rispetto a quella operante nel restante territorio nazionale.

2. -- Va, innanzitutto, rilevato che la causa di ineleggibilità in esame è configurata esclusivamente nelle menzionate norme della legge regionale n. 31 del 1986, mentre, come s'è detto, l'art. 3, comma 2, della legge regionale n. 7 del 1992 (recante: "Norme per l'elezione con suffragio popolare del sindaco. Nuove norme per l'elezione dei consigli comunali, per la composizione degli organi collegiali dei comuni, per il funzionamento degli organi provinciali e comunali e per l'introduzione della preferenza unica") si limita, evidentemente per mere esigenze di chiarezza, ad affermare -- per quanto qui interessa -- che le cause di ineleggibilità previste dalle norme vigenti per la carica di consigliere comunale "restano ferme", cioè non subiscono modifiche ad opera della legge medesima: ne consegue che la estensione dell'impugnativa a quest'ultima norma risulta sfornita del requisito della rilevanza e la relativa questione va, pertanto, dichiarata inammissibile.

3. -- La questione concernente l'art. 9, primo comma, n. 9), e quarto comma, della legge regionale n. 31 del 1986 è fondata.

Deve preliminarmente osservarsi che, al di là del caso specifico concernente l'elezione del consiglio di un comune il cui territorio concorre a costituire l'unità sanitaria locale (cosiddetta u.s.l. "pluricomunale"), la censura del remittente investe, evidentemente, in generale la causa di ineleggibilità a consigliere comunale dei titolari di farmacie convenzionate, quale che sia il rapporto intercorrente tra il territorio comunale e quello della unità sanitaria locale, per cui la questione deve intendersi riferita anche alle ipotesi in cui il primo coincide con il secondo o lo ricomprende.

Ciò posto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, discipline differenziate in tema di elettorato passivo, adottate dalla Regione siciliana nell'esercizio della propria potestà legislativa primaria in materia, non possono considerarsi legittime, salvo che sussistano situazioni concernenti categorie di soggetti che siano esclusive per quella regione, ovvero si presentino diverse in raffronto a quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale; e purchè, in ogni caso, tale diversità di disciplina sia sorretta da motivi adeguati e ragionevoli, finalizzati alla tutela di un interesse generale (cfr. sentenze nn. 84 del 1994, 463 del 1992, 539 del 1990, 571 del 1989).

Ora, appare evidente come nella specie non ricorra alcuna ragione che possa giustificare il permanere, nella Regione siciliana, della causa di ineleggibilità in esame, una volta che questa, nella legislazione nazionale -- cui la regione si era pienamente uniformata con la legge n. 31 del 1986 -- è stata soppressa: l'art. 2 della legge 11 agosto 1991, n. 271 ha, infatti, abrogato il quarto comma dell'art. 2 della legge 23 aprile 1981, n. 154 (comma che disciplinava la rimozione della causa di ineleggibilità da parte dei farmacisti), sostituendolo con una norma che, nello stabilire che le strutture convenzionate di cui al n. 9) del primo comma del medesimo art. 2 "sono quelle indicate negli artt. 43 e 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833", ha limitato l'ambito applicativo della causa di ineleggibilità sancita nella norma stessa, escludendone -- come è confermato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione -- i titolari di farmacie, alle quali i menzionati articoli della legge n. 833 del 1978 non fanno alcun riferimento.

Va, pertanto, dichiarata, da un lato, la illegittimità costituzionale dell'art. 9, primo comma, n. 9), della legge regionale n. 31 del 1986, nella parte in cui non prevede che le strutture convenzionate ivi richiamate sono quelle indicate negli artt. 43 e 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; dall'altro, la illegittimità costituzionale dell'art. 9, quarto comma, della medesima legge regionale n. 31 del 1986 (di contenuto identico a quello del soppresso quarto comma dell'art. 2 della legge n. 154 del 1981).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 9, primo comma, n. 9), della legge della Regione siciliana 24 giugno 1986, n. 31 (Norme per l'applicazione nella Regione siciliana della legge 27 dicembre 1985, n. 816, concernente aspettative, permessi e indennità degli amministratori locali. Determinazione delle misure dei compensi per i componenti delle commissioni provinciali di controllo. Norme in materia di ineleggibilità e incompatibilità per i consiglieri comunali, provinciali e di quartiere), nella parte in cui non prevede che le strutture convenzionate ivi richiamate sono quelle indicate negli artt. 43 e 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;

b) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 9, quarto comma, della legge della Regione siciliana 24 giugno 1986, n. 31; c) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 2, della legge della Regione siciliana 26 agosto 1992, n. 7 (Norme per l'elezione con suffragio popolare del sindaco. Nuove norme per l'elezione dei consigli comunali, per la composizione degli organi collegiali dei comuni, per il funzionamento degli organi provinciali e comunali e per l'introduzione della preferenza unica), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione, dalla Corte di appello di Caltanissetta con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 maggio 1995.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Mauro FERRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 16 maggio 1995.