SENTENZA N. 245
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso della Regione Lombardia notificato il 10 luglio 1995, depositato in cancelleria il 15 successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della circolare del Ministero dell'interno - Direzione generale per l' amministrazione generale e per gli affari del personale - del 28 marzo 1995, n. 37, prot. n. M/5501, avente ad oggetto "Legge 11 agosto 1991, n. 266, art. 5 - Acquisto di beni immobili e accettazione di eredità e legati da parte di associazioni di volontariato non riconosciute", ed iscritto al n. 21 del registro conflitti 1995.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'11 giugno 1996 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;
udito l'avvocato Gualtiero Rueca per la Regione Lombardia, e l'avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.-- Con ricorso regolarmente notificato e depositato la Regione Lombardia ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione alla circolare del 28 marzo 1995, n. 37, emessa dal Ministero dell'interno, Direzione generale per l'amministrazione generale e per gli affari del personale.
In tale circolare il Ministero dell'interno ha stabilito che gli acquisti immobiliari e le accettazioni di donazioni, eredità o lasciti da parte di organizzazioni di volontariato non aventi personalità giuridica siano soggetti al regime autorizzatorio di cui all'art. 17 cod. civ., e che le autorizzazioni siano di competenza regionale o statale a seconda dell'ambito territoriale di attività dell'associazione.
Premessi alcuni richiami sull'ammissibilità del conflitto di attribuzione nonché del conflitto in materia di competenze delegate, la Regione si duole della predetta circolare sotto due profili.
In primo luogo, osserva la ricorrente che i più recenti indirizzi della giurisprudenza e della dottrina hanno portato ad una decisa evoluzione in materia di capacità delle associazioni non riconosciute e dei comitati, ammettendo che gli enti privi di personalità possano essere titolari di beni immobili ed operare acquisti immobiliari; tale orientamento ha trovato indiretta conferma nella legge 27 febbraio 1985, n. 52, la quale, modificando l'art. 2659 cod. civ., ha previsto la possibilità di trascrivere nei registri immobiliari atti di acquisto anche in capo ad associazioni non riconosciute.
Per quanto riguarda l'art. 17 cod. civ., la Regione fa rilevare che l'art. 5 della legge n. 266 del 1991 ha stabilito che le organizzazioni di volontariato prive di personalità giuridica, purché iscritte nei registri di cui al successivo art. 6, possano acquistare beni immobili ed accettare donazioni e lasciti testamentari anche in deroga agli artt. 600 e 786 cod. civ., ossia senza avanzare entro l'anno l'istanza per il riconoscimento. Tale deroga, pur rendendo effettivo il problema dell'applicabilità o meno dell'art. 17 cod. civ., non consente di condividere la soluzione indicata nella circolare impugnata, sia perché tale norma non sarebbe suscettibile di interpretazione analogica, sia perché le finalità che il legislatore si è posto dettando il predetto articolo (ossia evitare la cosiddetta "manomorta") non avrebbero alcuna ragion d'essere in rapporto alle organizzazioni di volontariato.
La ricorrente, dopo aver sottolineato che l'accoglimento di questa impostazione verrebbe ad eliminare le ragioni stesse del conflitto di attribuzioni, osserva che comunque, ove si volesse ritenere che l'autorizzazione di cui all'art. 17 cod. civ. debba riguardare anche le organizzazioni di volontariato non riconosciute, tale autorizzazione non potrebbe essere di competenza regionale, poiché la delega di cui all'art. 15 del d.P.R. n. 616 del 1977 si riferisce solo agli enti di cui al precedente art. 14, ossia le persone giuridiche di cui all'art. 12 cod. civ. (con esclusione degli enti privi di personalità).
La ricorrente, quindi, ha chiesto alla Corte di annullare la circolare impugnata, dichiarando che non spetta alla Regione Lombardia provvedere in ordine alle predette autorizzazioni.
2.-- Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, eccependo in via pregiudiziale l'inammissibilità del ricorso per mancanza di un atto invasivo della competenza regionale.
Nel merito, la difesa erariale ha sostenuto l'infondatezza del ricorso, poiché le organizzazioni di volontariato, per ciò che riguarda gli atti di acquisto, sarebbero da equiparare alle associazioni riconosciute.
3.-- In prossimità dell'udienza la difesa della Regione Lombardia ha presentato memoria, insistendo per le già formulate conclusioni.
In particolare, la difesa si è soffermata sull'ammissibilità del conflitto di attribuzione, osservando che nel caso di specie esso trova origine non già in un'omissione, bensì in un atto statale di "declinazione di competenza". Si sarebbe, perciò, in presenza di un conflitto negativo di attribuzione che tuttavia trae origine da un atto "positivo", poiché un atto, sia pure di declinazione di competenza, esiste positivamente.
Con riguardo alla fondatezza del ricorso nel merito, la difesa si è riportata alle considerazioni già svolte.
4.-- Anche l'Avvocatura generale dello Stato ha presentato memoria concludendo per l'inammissibilità o per il rigetto del ricorso.
Ha osservato la difesa erariale che difetterebbero i presupposti del conflitto di attribuzione in quanto la circolare del Ministero dell'interno non contiene determinazioni imperative o vincolanti ma semplicemente un invito, rivolto peraltro ad organi statali, a seguire un determinato orientamento già espresso in un parere del Consiglio di Stato.
Ha inoltre rilevato l'Avvocatura che la tesi della Regione secondo cui le organizzazioni di volontariato non sono soggette all'autorizzazione ex art. 17 cod. civ. dovrebbe determinare l'inammissibilità del conflitto, discutendosi dell'attribuzione di una competenza in concreto inesistente.
Nel merito, il ricorso sarebbe infondato in quanto la Regione avrebbe omesso di considerare che la bipartizione del codice civile fra enti aventi personalità giuridica ed enti di fatto non può rimanere inalterata a fronte di enti che possono accettare donazioni ed eredità pur essendo privi di personalità giuridica; tali soggetti devono necessariamente essere assimilati ad una delle categorie previste nel codice.
Considerato in diritto
1.-- La Regione Lombardia ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione alla circolare del 28 marzo 1995, n. 37, emessa dal Ministero dell'interno, Direzione generale per l'amministrazione generale e per gli affari del personale.
Questa circolare, nello stabilire che gli acquisti immobiliari e le accettazioni di donazioni, eredità o lasciti, da parte di organizzazioni di volontariato non aventi personalità giuridica siano assoggettati al regime autorizzatorio di cui all'art. 17 cod. civ., ha precisato che tali autorizzazioni sono di competenza regionale o statale a seconda che l'associazione operi in ambito esclusivamente regionale o in ambito pluriregionale.
2.-- Il conflitto è inammissibile.
Occorre preliminarmente rilevare che è infondata l'eccezione di inammissibilità sotto il profilo dedotto dall'Avvocatura dello Stato nella memoria depositata in prossimità dell'udienza, secondo cui non sussisterebbe materia di conflitto perché la circolare impugnata, non contenendo "determinazioni imperative o vincolanti", si tradurrebbe in una sorta di "invito, rivolto peraltro ad organi statali", a seguire l'orientamento in precedenza manifestato dal Consiglio di Stato. La difesa erariale, in sostanza, richiamandosi a quanto affermato da questa Corte con la sentenza n. 174 del 1996, sostiene che la circolare in oggetto avrebbe natura meramente interpretativa, e come tale sarebbe inidonea a generare un conflitto di attribuzione.
La tesi non è accoglibile per due ordini di motivi. Innanzitutto, per il fatto che la circolare è diretta agli organi centrali e periferici preposti a curare che le Regioni si attengano a quanto nella stessa disposto, sicché non è esatto parlare di una semplice interpretazione con funzione di orientamento dell'attività degli enti territoriali.
In secondo luogo, avendo questa Corte più volte ammesso che anche una circolare è atto idoneo a determinare un conflitto di attribuzione (sentenze n. 120 del 1979, n. 187 del 1984 e n. 425 del 1993), occorre aggiungere che una circolare interpretativa, per essere denunciata in sede di conflitto, deve contenere "una manifestazione chiara di volontà dello Stato" che affermi o neghi la competenza statale o quella regionale (sentenza n. 174 del 1996). Nel caso specifico la circolare, lungi dal contenere affermazioni semplicemente orientative, si caratterizza per il contenuto vincolante nel senso di stabilire chiaramente che l'autorizzazione di cui all'art. 17 "dovrà" essere concessa dall'amministrazione statale o regionale a seconda della sfera di operatività dell'associazione di volontariato in concreto interessata.
Ne consegue, pertanto, che, in presenza di un'inequivoca manifestazione di volontà da parte dello Stato (v. anche la sentenza n. 26 del 1994), la prima eccezione di inammissibilità deve ritenersi infondata.
3.-- Parimenti infondata è la successiva eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura dello Stato.
Sostiene la difesa erariale che la stessa prospettazione contenuta nel ricorso della Regione Lombardia dovrebbe condurre ad una declaratoria di inammissibilità; ciò sulla base del rilievo per cui - negando la ricorrente non soltanto di poter essere destinataria dell'obbligo di autorizzazione previsto dall'art. 17 cod. civ., bensì addirittura l'esistenza del citato potere autorizzatorio - verrebbe meno la ragion d'essere di ogni conflitto, trattandosi di attribuire un potere in concreto inesistente.
In effetti la Regione Lombardia, dopo aver sinteticamente ripercorso le tappe della lunga e travagliata evoluzione normativa e giurisprudenziale sull'argomento, sostiene la tesi secondo cui, quanto meno per le associazioni di volontariato prive di personalità giuridica ma iscritte nei registri di cui all'art. 6 della legge n. 266 del 1991, non dovrebbe applicarsi il regime autorizzatorio previsto dall'art. 17 cod. civ. Rileva in proposito la Regione che la giurisprudenza della Corte di cassazione, attraverso una progressiva maturazione, è giunta a riconoscere agli enti di fatto una soggettività di diritto assimilabile a quella delle persone giuridiche. Ed il legislatore, modificando il testo dell'art. 2659 cod. civ. con l'art. 1 della legge 27 febbraio 1985, n. 52, ha recepito tale orientamento, già da tempo sostenuto dalla più attenta dottrina, ammettendo che anche gli enti privi di personalità possano essere titolari di beni immobili, superando così i precedenti schemi che vedevano un inscindibile nesso tra il riconoscimento della personalità giuridica e la soggettività di diritto.
Tuttavia l'inesistenza del citato potere autorizzatorio, tesi sostenuta dalla Regione soprattutto con riferimento alla giurisprudenza della Corte di cassazione e con particolare riguardo alle associazioni di volontariato prive di personalità - per le quali l'espressa deroga agli artt. 600 e 786 cod. civ., contenuta nell'art. 5 della legge n. 266 del 1991, appare finalizzata all'ulteriore conseguenza di negare applicazione all'art. 17 cod. civ. - non è di per sé sufficiente ad escludere il verificarsi di un conflitto di attribuzione.
Questa Corte, infatti, ha già riconosciuto l'ammissibilità di conflitti negativi di attribuzione tra enti (v. sentenze n. 60 del 1993, n. 425 del 1993 e n. 156 del 1996). Tali conflitti non si verificano soltanto quando entrambi gli enti negano la propria competenza affermando quella dell'altro, bensì anche quando si è in presenza di un atto dello Stato di attribuzione di competenza, al quale segue un atto della Regione di declinazione della stessa. Nel caso in esame, la circolare statale afferma con chiarezza la spettanza in capo alle Regioni di un determinato potere, mentre la Regione Lombardia, pur ritenendo che il potere autorizzatorio di cui all'art. 17 cod. civ. non sarebbe neppure di pertinenza dello Stato, nega comunque che tale attività possa ritenersi ad essa attribuita.
E' evidente, dunque, che sotto questo profilo la eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura va disattesa.
4.-- Il conflitto deve, tuttavia, essere dichiarato inammissibile per un altro ordine di motivi, che riguarda la natura della competenza in materia.
E' noto che gli artt. 13, 14 e 15 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, hanno introdotto una netta differenza circa la competenza delle Regioni, in tema di autorizzazione agli acquisti degli enti. Si distingue anzitutto fra persone giuridiche a carattere pubblico o privato; mentre per le prime, infatti, il legislatore ha stabilito (art. 13) il "trasferimento" alle Regioni delle relative funzioni, per le seconde ha previsto soltanto la "delega". Tale delega, inoltre, è stata ristretta alle persone giuridiche private "che operano esclusivamente nelle materie di cui al presente decreto e le cui finalità statutarie si esauriscono nell'ambito di una sola Regione" (art. 14). Nulla è stato disposto, invece, per gli enti privi di personalità, pur se una ricostruzione sistematica (v., tra l'altro, legge 5 giugno 1850, n. 1037, come modificata dall'art. 1 della legge 10 aprile 1991, n. 123) porterebbe a ricomprendere anche questi ultimi nel disposto dell'art. 14 citato, ove si ritenga illogico che lo Stato deleghi alle Regioni le funzioni amministrative riguardanti le persone giuridiche conservando, invece, quelle relative agli enti non riconosciuti.
Ciò posto, va ricordato che questa Corte è andata maturando alcuni criteri per stabilire se sia ammissibile un conflitto di attribuzione in materia di competenze delegate. A partire dalla sentenza n. 559 del 1988, si è ritenuto infatti che le Regioni sono legittimate a sollevare conflitti di attribuzione in materie delegate a condizione:
a) che dette competenze siano state assegnate alle Regioni mediante una delega "devolutiva" o "traslativa", ossia attraverso un conferimento delle potestà alla sfera di competenza regionale caratterizzato da una relativa stabilità, senza che permangano in capo allo Stato poteri "concorrenti" sui medesimi oggetti della delega;
b) che tali competenze costituiscano un'integrazione necessaria di funzioni "proprie" delle Regioni, nel senso che tra le competenze trasferite e quelle delegate sussista una saldatura funzionale, di modo che la lesione delle competenze delegate comporti una violazione, costituzionalmente rilevante, delle attribuzioni proprie delle Regioni (sentenze n. 1034 del 1988, n. 278 del 1991, n. 282 del 1992, n. 174 del 1996).
Il conflitto non è ammissibile, invece, nel caso della cosiddetta delega "libera", ossia rimessa al potere discrezionale dello Stato, nonché quando "nella medesima materia concorrono poteri statali e poteri regionali, sia pure giuridicamente ordinati in maniera diversa, in quanto la presenza di poteri statali fa sì che non sia configurabile una sfera di attribuzioni esclusive costituzionalmente assegnata alle regioni" (sentenza n. 1112 del 1988).
La Corte, in conclusione, ha chiarito che, per poter sussistere un conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni, è necessario che la contestazione abbia per oggetto "una competenza costituzionalmente garantita delle regioni nella materia su cui verte la controversia"; qualora ciò non si verifichi e si lamenti ugualmente l'illegittimo uso di un potere statale con conseguenze invasive nella sfera regionale (sia che la regione rivendichi una sua competenza, sia che la contesti), "i rimedi dovranno eventualmente essere ricercati dagli interessati presso istanze giurisdizionali diverse da quella costituzionale" (sentenza n. 27 del 1996).
Non sempre è agevole stabilire se si versi in un caso di delega traslativa oppure di delega libera; tuttavia, uno degli indici significativi della seconda ipotesi è rappresentato dal fatto che lo Stato, nel delegare la funzione alla Regione, abbia continuato a riservarsi una parte delle competenze stesse, sicché non è possibile affermare che la funzione delegata assurga al livello di funzione "propria" della Regione. Nel caso in esame, proprio per la diversa ripartizione operata dal d.P.R. n. 616 del 1977 tra persone giuridiche pubbliche e private, non si può ritenere che la delega conferita alle Regioni integri i requisiti sopra indicati per l'ammissibilità del conflitto. La delega, infatti, non è traslativa, perché nella materia delle persone giuridiche private continuano a concorrere, come dimostra il testo dell'art. 14 del d.P.R. n. 616 del 1977, i relativi poteri statali. Ne consegue, pertanto, che l'oggetto del presente giudizio, non attingendo la sfera delle competenze regionali costituzionalmente protette, non può dare luogo ad un conflitto di attribuzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla circolare del Ministero dell'interno - Direzione generale per l'amministrazione generale e per gli affari del personale - del 28 marzo 1995, n. 37, prot. n. M/5501, avente ad oggetto "Legge 11 agosto 1991, n. 266, art. 5 - Acquisto di beni immobili e accettazione di eredità e legati da parte di associazioni di volontariato non riconosciute", sollevato dalla Regione Lombardia con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Fernando SANTOSUOSSO, Redattore
Depositata in cancelleria il 12 giugno 1996.