Sentenza n.187 del 1984

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SENTENZA N. 187

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi promossi con ricorsi dei Presidenti delle Regioni Liguria, Piemonte, Veneto e Lombardia, notificati rispettivamente il 24 e 27 febbraio 1978, depositati in cancelleria il 27 febbraio, 15 e 17 marzo 1978 ed iscritti ai nn. 2, 3, 6 e 7 del registro 1978, per conflitti di attribuzione sorti a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 dicembre 1977 recante "Delimitazione dei bacini idrografici a carattere interregionale in attuazione degli artt. 89 e 91 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616".

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 15 giugno 1982 il Giudice relatore Bucciarelli Ducci;

Uditi gli avvocati Giuseppe Pericu per la Regione Liguria, Enrico Romanelli per la Regione Piemonte, Fabio Lorenzoni per la Regione Veneto e Lombardia e l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. Le Regioni Liguria, Piemonte, Lombardia e Veneto, in persona dei Presidenti delle rispettive Giunte Regionali, con ricorsi notificati il 24 e 27 febbraio 1978, sollevavano conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato, chiedendo le prime tre l'annullamento: a) dell'atto 3 ottobre 1977 del Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, preliminare e preparatorio rispetto al provvedimento di cui alla lettera c); b) della lettera 28 ottobre 1977, n. 1668, diretta dal Ministero dei Lavori Pubblici alle Regioni per "sentirle" a norma degli artt. 89 e 91 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; c) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 dicembre 1977, recante "deliberazione dei bacini idrografici a carattere interregionale" in attuazione degli artt. 89 e 91 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; d) della lettera 30 dicembre 1977, n. 1996, indirizzata dal Ministero dei Lavori Pubblici alle Regioni; e) della circolare 30 dicembre 1977, n. 1995, diramata dallo stesso Ministero agli uffici statali competenti; mentre la regione Veneto chiedeva l'annullamento soltanto del decreto del Presidente del Consiglio 22 dicembre 1977.

Si premette nei ricorsi che le opere idrauliche, comprese tra i "lavori pubblici" rientranti, se di interesse regionale, nella competenza regionale in virtù degli artt. 117 e 118 della Costituzione, sono tradizionalmente classificate in varie classi, secondo criteri riconducibili all'impegnatività della singola opera e quindi del suo costo (cfr. artt. 3 e ss. r.d. 25 luglio 1904, n. 523).

Un primo passaggio di funzioni, in questo settore, dallo Stato alle Regioni a statuto ordinario si ebbe con l'art. 2 d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, che trasferiva alle Regioni le opere idrauliche di quarta e quinta categoria e quelle non classificate.

Con il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, si é proceduto però ad un più ampio trasferimento: l'art. 88, n. 2, ha confermato la competenza statale per le opere idrauliche di prima categoria, nonché per quelle di seconda fino all'esperimento delle procedure di cui al successivo art. 89, cioé fino alla individuazione e delimitazione dei bacini idrografici; l'art. 89 ha disposto che tale procedura sia esaurita entro un anno dal decreto, trasferendo alle Regioni tutte le opere idrauliche relative ai bacini non interregionali e confermando il trasferimento alle stesse, già avvenuto con il d.P.R. n. 8 del 15 gennaio 1972, delle opere di quarta e quinta categoria, anche se relative a bacini interregionali; lo stesso art. 89 ha stabilito inoltre che per le altre opere nei bacini interregionali individuati dall'emanando decreto si sarebbe provveduto in sede di riforma dell'amministrazione dei lavori pubblici, e che nel frattempo, fino al 1 gennaio 1980, i programmi sarebbero stati predisposti dal Ministero LL.PP., di concerto con quello dell'Agricoltura e d'intesa con le Regioni.

Dopo la data predetta, in mancanza delle leggi di riforma, le funzioni per le opere dei bacini interregionali venivano "delegate" alle Regioni interessate, che avrebbero dovuto esercitarle sulla base di programmi fissati e coordinati dai competenti organi statali. L'ultimo comma dell'art. 89, infine, disponeva che dal 1 gennaio 1978 le opere idrauliche di terza categoria venivano "attribuite" alle Regioni.

In attuazione di tale normativa, il Governo - proseguono i ricorsi - sulla base di una relazione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici del 3 ottobre 1977, sottoponeva alle Regioni, con lettera 28 ottobre 1977, n. 1668, i criteri relativi alla delimitazione ed individuazione dei bacini idrografici aventi carattere interregionale, con le relative cartografie, assegnando per le osservazioni il termine del 30 novembre 1977, entro il quale rispondevano in vario modo dieci Regioni (comprese tre delle ricorrenti). Quindi il Presidente del Consiglio dei ministri con decreto del 22 dicembre 1977 (G.U. 29 dicembre 1977, n. 354) approvava l'elenco dei 27 bacini idrografici a carattere interregionale (Taglialmento, Lemene, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione, Tartaro-Canalbianco, Adige, Po, Reno, Marecchia, Conca, Tronto, Sangro, Trigno, Saccione, Fortore, Ofanto, Bradano, Sinni, Magra, Fiora, Tevere, Liri-Garigliano, Volturno, Sele, Noce, Lao) e l'annessa cartografia.

Seguivano l'informativa del Ministero dei Lavori Pubblici alle Regioni del 30 dicembre 1977, n. 1996, e la circolare illustrativa diretta agli organi statali competenti n. 1995 della stessa data.

Con la prima il Governo comunicava ai Presidenti delle Regioni a statuto ordinario l'individuazione e la delimitazione dei bacini idrografici interregionali; con la seconda il Governo stesso dava interpretazione alla situazione normativa che si sarebbe venuta a determinare dopo la delimitazione dei bacini, nel senso che la competenza in tema di opere idrauliche e di autorizzazione a estrarre ghiaia si doveva ritenere ripartita tra Stato e Regioni, trasferendo a queste ultime tutte le opere idrauliche e le autorizzazioni attinenti a bacini idrografici non interregionali, mentre quelle relative ai bacini interregionali sarebbero rimaste di competenza statale.

Con i ricorsi contro tali atti le Regioni rivendicano la propria competenza su tutte le opere idrauliche di terza categoria, nonché, in parte, su quelle di seconda categoria anche nei bacini idrografici interregionali. Si deduce, infatti:

a) che la delimitazione dei bacini é stata compiuta senza potere, perché mentre il decreto del Presidente del Consiglio é stato emanato il 22 dicembre 1977, il d.P.R. n. 616/1977 é entrato in vigore soltanto il 1 gennaio 1978 (art. 137);

b) che la competenza ad emanare il provvedimento di delimitazione spettava al Governo e non al Presidente del Consiglio;

c) che l'esiguità del termine assegnato alle Regioni per rispondere alle proposte del Governo non ha loro consentito di esprimere compiutamente il proprio avviso, cosicché non può dirsi che esse siano state "sentite" come voluto dagli artt. 89, comma primo, e 91, n. 5, d.P.R. n. 616;

d) che la pretesa dello Stato, di cui alla circolare n. 1995 del 30 dicembre 1977, di ricollegare alla delimitazione dei bacini la competenza - statale o regionale, secondo che il corso d'acqua vi sia o meno ricompreso - ad autorizzare l'escavazione di sabbia e ghiaia (art. 62, lett. a) d.P.R. n. 616) é destituita di fondamento, avendo tale delimitazione il solo effetto di determinare le opere idrauliche di seconda categoria che non passano alle Regioni;

e) che, anche entro il perimetro dei bacini interregionali, le opere idrauliche di terza categoria appartengono comunque alla competenza delle Regioni ed anche quelle di seconda possano rientrarvi, dopo l'espletamento delle procedure di cui all'art. 89, comma primo, qualora la natura delle opere non coinvolga interessi nazionali;

f) che la delimitazione dei ventisette bacini é stata effettuata con criteri tecnici assolutamente opinabili e insieme contraddittori, dilatando esageratamente i perimetri allo scopo di restringere correlativamente l'ambito delle funzioni trasferite alle Regioni in materia di opere idrauliche e violando così gli artt. 117 e 118 Cost., nonché 79 e 89 d.P.R. n. 616.

In particolare la Regione Veneto contesta il carattere interregionale di fiumi come il Piave, il Brenta - Bacchiglione, il Tartaro-Canalbianco e il Lemene, che appartengono per geografia ed economia alla Regione veneta, con incursioni irrilevanti nelle Regioni finitime, tali da non giustificare un interesse nazionale che ne sottragga le relative opere idrauliche alla competenza della Regione.

La Regione Liguria, infine, lamenta in particolare l'inclusione del Magra tra i bacini interregionali, la quale rivela chiaramente come, non essendovi in tale bacino se non opere di terza categoria, il Governo abbia voluto sottrarre alla Regione proprio tali opere, in palese contrasto con il disposto dell'art. 89, ultimo comma, del d.P.R. 616/77.

2. Si é costituito nei quattro giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, eccependo innanzitutto l'inammissibilità dei ricorsi. Infatti le impugnative degli atti del 3 e 28 ottobre 1977 non solo sarebbero dirette contro atti meramente preparatori, ma sarebbero anche tardive, essendo trascorsi i sessanta giorni previsti dall'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Quanto alle due circolari del 30 dicembre 1977, una, la n. 1996, sarebbe una semplice lettera di comunicazione, di per sé inidonea ad invadere sfere di competenza; l'altra, la n. 1995, sarebbe un atto meramente interno, che per la sua natura non può ledere la competenza delle Regioni, le quali potrebbero eventualmente impugnare i singoli atti con i quali lo Stato esercita in concreto le proprie attribuzioni. Ma anche l'impugnativa del D.P.C.M. 22 dicembre 1977 non é ammissibile perché con essa non si contesta tanto il potere dello Stato di individuare e delimitare i bacini, quanto le modalità del suo esercizio e pertanto al riguardo potrà ipotizzarsi un ricorso alle giurisdizioni amministrative, ma non un conflitto di attribuzioni, che presuppone l'invasione della sfera di competenza di altro soggetto costituzionalmente rilevante.

Ugualmente inammissibile, oltre che infondata, é l'impugnativa avverso il D.P.C.M. del 22 dicembre 1977 per difetto di potere, essendo stato emanato prima dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 616/1977 che tale potere conferiva. Inammissibile, in quanto il conflitto di attribuzione presuppone che l'atto impugnato incida negativamente nella sfera di competenza regionale, mentre nella specie l'anticipata delimitazione dei bacini non avrebbe modificato in peggio la competenza regionale in materia di opere pubbliche, che alla luce della precedente normativa era più ridotta (d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, art. 2, n. 6, lett. c). Comunque infondata, in quanto basata su un'erronea identificazione tra vigenza ed efficacia della legge. Il d.P.R. n. 616, infatti, aveva effetto a far data dal 1 gennaio 1978 (art. 137), ma é entrato in vigore allo scadere della normale vacatio legis di quindici giorni (artt. 73, terzo comma, Cost. e 10 preleggi).

Infondato sarebbe anche il motivo della incompetenza del Presidente del Consiglio, in quanto il D.P.C.M. 22 dicembre 1977 é stato regolarmente deliberato dal Consiglio dei ministri.

Quanto alla pretesa insufficienza del termine concesso alle Regioni, l'impugnativa sarebbe inammissibile attenendo ad un vizio dell'atto che non é correlato con una situazione costituzionalmente garantita. Nel merito dunque il termine di circa un mese era del tutto congruo e rientrava entro i limiti della razionalità, consentendo alle Regioni di predisporre e comunicare le proprie osservazioni, come molte Regioni hanno fatto, tra le quali tre delle ricorrenti (Piemonte, Lombardia e Veneto).

Passando alla sostanza delle impugnative, l'Avvocatura dello Stato sostiene l'infondatezza della lagnanza delle Regioni in tema di escavazione di sabbia e ghiaia, in quanto l'art. 62, lett. a) d.P.R. n. 616/1977 ha sì trasferito alle Regioni l'autorizzazione per tale attività, ma lo ha fatto limitatamente ai corsi d'acqua e spiagge e fondali lacuali di competenza regionale, propria o delegata, escludendo quindi ogni potestà regionale nell'ambito dei bacini interregionali, posto che la tutela delle opere idrauliche in tali bacini é di competenza dello Stato (art. 89 d.P.R. n. 616).

Infondata sarebbe anche l'impugnativa diretta a rivendicare alle Regioni la competenza su tutte le opere idrauliche di terza categoria. Al contrario - secondo l'Avvocatura - tutte le opere idrauliche, di qualsiasi categoria, sarebbero di competenza dello Stato se rientranti in un bacino interregionale.

La norma di cui all'ultimo comma dell'art. 89 d.P.R. n. 616 (che stabilisce al 1 gennaio 1978 la decorrenza per l'attribuzione alle Regioni delle opere idrauliche di terza categoria) deve essere interpretata alla luce del principio di conservazione, che impone di riconoscere alla norma stessa una qualche utilità per non doverla considerare come un doppione del precetto contenuto nel successivo art. 137 (che fissa alla stessa data del 1 gennaio 1978 l'efficacia dell'intero decreto). Tale utilità andrebbe ravvisata nell'opportunità che il procedimento di delimitazione dei bacini interregionali sia garantito da una qualche sanzione dell'eventuale inerzia dello Stato, cosicché il significato dell'ultimo comma dell'art. 89 sarebbe proprio quello di sanzionare la mancata delimitazione dei bacini interregionali con il trasferimento alle Regioni delle opere idrauliche di terza categoria. Ed essendo tale delimitazione intervenuta prima del 1 gennaio 1978 - conclude l'Avvocatura - il trasferimento sanzionatorio non si sarebbe verificato.

Quanto alle impugnative che contestano i criteri tecnici seguiti dal Governo nella individuazione e delimitazione dei bacini interregionali, l'Avvocatura oppone il concetto di "inscindibilità del bacino idrografico" elaborata dalla scienza contemporanea, che vede nel bacino il momento unitario per qualsiasi seria pianificazione degli interventi volti non solo alla conservazione e difesa del suolo, ma anche all'utilizzo delle risorse idriche. Ne consegue che nell'ambito di un bacino idrografico devono essere compresi oltre al corso principale, tutti gli affluenti e sub-affluenti di qualsiasi ordine. Giustificata appare quindi sia la delimitazione del bacino interregionale del Po come esteso a tutti i suoi sub-affluenti, sia la identificazione quali bacini interregionali di fiumi veneti che, per le loro connessioni con problemi di rilievo nazionale, assumono un'importanza che travalica l'ambito regionale.

Né risponde al vero - conclude la difesa dello Stato che l'impugnato decreto del Presidente del Consiglio non distingua tra bacini idrografici di interesse nazionale, gli unici ad essere qualificati come "interregionali" e bacini che, pur interessando più regioni, da tale qualificazione rimangono esclusi. Infatti, su 50 bacini geograficamente interregionali, il Governo ne ha individuati e delimitati soltanto 27, ritenendo che per gli altri 23, mancando ogni interesse nazionale, si possa provvedere attraverso le forme di coordinamento tra Regioni finitime previste dal d.P.R. n. 616.

Le Regioni Liguria, Lombardia e Veneto con successive memorie depositate nei termini hanno contestato analiticamente le tesi sostenute dall'Avvocatura dello Stato, ribadendo le ragioni esposte nell'atto introduttivo ed ulteriormente sviluppandole.

3. Con provvedimenti legislativi successivi alla proposizione dei ricorsi (D.L. 7 maggio 1980, n. 152, convertito nella legge 7 luglio 1980, n. 298; d.P.R. 28 febbraio 1981, n. 35, convertito nella legge 29 aprile 1981, n. 162; d.P.R. 22 dicembre 1981, n. 789, convertito nella legge 26 febbraio 1982, n. 53; Legge 28 dicembre 1982, n. 945) il termine di cui al secondo comma dell'impugnato art. 89 d.P.R. n. 616/1977 - che fissava al 1 gennaio 1980 la delega alle Regioni delle funzioni statali in materia di opere idrauliche relative ai bacini interregionali - é stato ripetutamente prorogato, finché, con il d.P.R. 12 agosto 1983, n. 372, convertito nella legge 11 ottobre 1985, n. 547, é stata disposta, all'art. 1, un'ulteriore proroga a tempo indeterminato, "fino alla data di entrata in vigore delle norme di ristrutturazione dell'Amministrazione dei lavori pubblici".

Considerato in diritto

1. La Corte é chiamata a decidere se siano o meno lesivi della sfera di competenza delle Regioni a statuto ordinario (artt. 117 e 118 Cost.) l'atto 3 ottobre 1977 del Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, la lettera 28 ottobre 1977, n. 1668, del Ministro dei Lavori Pubblici, il decreto del Presidente del Consiglio 22 dicembre 1977 e le due lettere circolari 30 dicembre 1977, nn. 1995 e 1996, del Ministro dei Lavori Pubblici. Con tali atti infatti: a) sarebbe stata conservata allo Stato la competenza in tema di opere idrauliche di terza categoria se relative a bacini idrografici interregionali, in violazione del disposto dell'art. 89, ultimo comma, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; b) lo Stato si sarebbe trattenuta la competenza in tema di opere idrauliche di seconda categoria sulla base della appartenenza a bacini interregionali, anche se la natura delle opere non coinvolga interessi nazionali; c) sarebbe stata trattenuta dallo Stato la competenza in tema di autorizzazioni all'escavazione di sabbia e ghiaia dall'alveo dei fiumi, qualora appartenenti a bacini interregionali, in violazione dell'art. 62, lett. a) d.P.R. n. 616/1977; d) sarebbe stata deliberata dal Governo una individuazione e delimitazione dei bacini idrografici interregionali basata su criteri tecnici del tutto opinabili, che ne avrebbero dilatato esageratamente i perimetri allo scopo di restringere l'ambito delle funzioni attribuite alle Regioni in materia di opere idrauliche, violando, oltre agli artt. 117 e 118 Cost., anche gli artt. 79 e 89 d.P.R.. 616/1977.

In particolare tutte le Regioni ricorrenti hanno chiesto lo annullamento del decreto del Presidente del Consiglio del 22 dicembre 1977 (individuazione e delimitazione dei bacini di interesse interregionale). Le Regioni Liguria, Piemonte e Lombardia hanno impugnato, inoltre, anche la circolare del Ministro dei Lavori Pubblici n. 1995 del 30 dicembre 1977 ed il Piemonte e la Lombardia l'atto del 3 ottobre 1977 del Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

La Regione Lombardia, infine, ha esteso l'impugnazione alla lettera del Ministro dei Lavori Pubblici n. 1668 del 28 ottobre 1977 ed alla circolare dello stesso Ministro n. 1996 del 30 dicembre successivo.

2. Atteso il contenuto dei ricorsi, si deve affrontare in via preliminare il problema dell'ammissibilità dei ricorsi stessi.

Questa Corte si é posta ripetutamente il quesito di quali siano gli atti idonei a produrre un conflitto attuale di attribuzione tra Stato e Regioni ed ha riconosciuto tale idoneità a "qualsiasi comportamento effettivamente significante dello Stato o di una Regione che possa configurare un atto invasivo dell'altrui sfera di competenza o tale da menomare le possibilità di esercizio di altrui potestà" (ved. da ultimo sent. n. 120 del 2 ottobre 1979). Ed é stato anche ritenuto dalla giurisprudenza della Corte che affinché un atto possa considerarsi invasivo o lesivo dell'altrui competenza deve essere pur sempre "idoneo a produrre un'immediata violazione o menomazione di attribuzioni, come, ad esempio, l'indebito rifiuto di adottare un provvedimento necessario affinché una Regione sia posta in grado di esplicare un'attribuzione costituzionalmente ad essa spettante" (ved. sent. n. 111 del 23 aprile 1976).

Anche un atto non definitivo che non invada direttamente la sfera del ricorrente, come ad esempio una circolare ministeriale, può essere oggetto - ha affermato la Corte - di regolamento di competenza, purché l'atto impugnato "consista in una chiara manifestazione di volontà in ordine all'affermazione della propria competenza" (ved. citata sent. n. 120/1979 e sent. n. 123 del 17 luglio 1980).

3. In relazione al ricorso della Regione Liguria la Corte osserva che degli atti impugnati soltanto due sono suscettibili di produrre conflitto di attribuzione alla luce dei principi giurisprudenziali ora esposti: il decreto del Presidente del Consiglio del 22 dicembre 1977 e la conseguente circolare n. 1996/1977 del Ministro dei Lavori Pubblici.

Invece l'atto del 3 ottobre 1977, con il quale il Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici individua e delimita cinquanta bacini idrografici che avrebbero carattere interregionale, é dichiaratamente un atto tecnico - amministrativo interno e meramente preparatorio.

Esso non solo non contiene alcuna manifestazione di volontà rivolta all'esterno dell'Amministrazione dei lavori pubblici, ma non comporta nemmeno una decisione, costituendo esplicitamente una proposta di carattere tecnico rivolta agli organi amministrativi che dovranno decidere. Tanto é vero che successivamente i cinquanta bacini indicati dal Consiglio Superiore LL.PP. verranno ridotti a ventisette dal decreto del Presidente del Consiglio del 22 dicembre 1977.

Carattere preparatorio, interno all'iter amministrativo previsto dall'art. 89 del d.P.R. n. 616/1977, ha anche la lettera del Ministro dei Lavori Pubblici del 28 ottobre 1977, n. 1668. Con essa infatti non si fa che trasmettere alle Regioni interessate la cartografia dei cinquanta bacini idrografici proposti dal Consiglio Superiore dei LL.PP., con la richiesta alle Regioni di esprimere sul punto il parere previsto dallo stesso art. 89 e dall'art. 91, n. 5, citati. Anche questa lettera, quindi, non ha alcun contenuto decisorio e non comunica alle Regioni alcuna manifestazione di volontà.

Infine quanto ai ricorsi delle Regioni Piemonte e Lombardia contro i due atti ora illustrati risultano entrambi tardivi perché proposti oltre il termine di sessanta giorni previsto dall'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

4. Neppure la circolare del Ministro dei Lavori Pubblici n. 1995 del 30 dicembre 1977 é invasiva della sfera di competenza costituzionale spettante alle Regioni. Essa, infatti, é diretta unicamente agli organi periferici dello Stato e sottolinea, in via chiaramente interpretativa, che devono ritenersi tuttora comprese "nella competenza dello Stato sia le funzioni amministrative afferenti all'estrazione di inerti da corsi di acqua... sia quelle concernenti le opere idrauliche di seconda e terza categoria".

Malgrado la inequivocabilità di tale affermazione, essa non va al di là del suo dichiarato intento orientativo ed interpretativo - in una fase normativa di carattere esplicitamente temporaneo e transitorio, in attesa (come afferma lo stesso legislatore nel d.P.R. n. 616/1977) di una disciplina organica definitiva per le opere pubbliche - tanto che essa é destinata soltanto agli organi della stessa Amministrazione dei Lavori Pubblici, operanti nell'ambito dello Stato-apparato, senza assumere alcun rilievo come chiara manifestazione esterna di volontà dello Stato stesso intesa a sottrarre alle Regioni sfere di competenza costituzionalmente riconosciute.

Pertanto i ricorsi proposti dalle Regioni Liguria, Piemonte e Lombardia avverso tali atti vanno dichiarati inammissibili per inidoneità degli atti stessi ad integrare la denunciata situazione di conflitto.

5. Quanto al decreto del Presidente del Consiglio del 22 dicembre 1977, esso é certamente un atto definitivo rivolto all'esterno dell'Amministrazione statale, come tale idoneo a determinare un conflitto di attribuzioni. Ed é indubitabile che esso incida nella sfera di competenza regionale, in quanto attraverso l'identificazione e la delimitazione dei bacini idrografici interregionali operata con il decreto si vengono in sostanza a ripartire le competenze tra Stato e Regioni in ordine alle opere idrauliche che a tali bacini appartengono, secondo le attribuzioni previste dal citato art. 89.

La prima censura che viene mossa a tale provvedimento concerne il difetto di potere del Presidente del Consiglio dei ministri nel momento in cui lo ha emanato, e cioé - secondo le Regioni - prima ancora dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 616/1977 che tale potere conferiva. La censura presuppone però una infondata identificazione tra l'efficacia del testo normativo, fissata dall'art. 137 al 1 gennaio 1978, e la sua entrata in vigore, che rimane determinata a seguito della normale vacatio dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (artt. 73, terzo comma Cost. e 10 preleggi) e cioé a partire dal 13 settembre 1977, essendo stato il d.P.R. n. 616 pubblicato il 29 agosto 1977 (G. U. n. 234). Il termine di un anno, per l'emanazione da parte del Governo dell'atto previsto dagli artt. 89 e 91 citati, decorreva quindi da tale data e nessun rilievo può essere mosso al Governo stesso per avervi provveduto il 22 dicembre 1977.

Né appare fondata la censura relativa all'incompetenza del Presidente del Consiglio ad emanare il provvedimento, che si assume invece di spettanza del Consiglio dei ministri. In effetti il decreto é stato emanato a seguito di deliberazione del Consiglio dei ministri, cosicché é stata rispettata l'attribuzione di competenza al Governo contenuta nel citato art. 89.

Altro motivo di impugnativa é la brevità del termine concesso alle Regioni per formulare il loro parere circa la delimitazione dei bacini. Non vi é tuttavia alcuna norma costituzionale che statuisca circa la durata dei termini nelle ipotesi in cui sia richiesto, per l'adozione di un provvedimento dello Stato, il parere delle Regioni. In ogni caso non può ritenersi incongruo o irrazionale il termine di un mese circa, che consentiva alle Regioni di comunicare le proprie osservazioni, come molte di esse - in effetti - hanno potuto fare. La congruità del termine va, peraltro, rapportata ai tempi complessivi concessi allo stesso Governo dall'art. 89, cosicché, se ad esso era stato possibile procedere all'individuazione dei bacini in un mese e mezzo dall'entrata in vigore della normativa (dal 13 settembre al 28 ottobre 1977), non si vede razionalmente perché non fosse sufficiente alle Regioni il termine di oltre un mese (dal 28 ottobre al 30 novembre) per le loro osservazioni.

Comunque nel merito del provvedimento, il Governo, individuando e delimitando i ventisette bacini indicati nell'elenco e nella cartografia allegati al decreto, non ha fatto che esercitare un potere-dovere ad esso conferito dallo stesso d.P.R. n. 616/1977 (art. 89 citato) e non si é attribuita alcuna funzione rientrante in una sfera di competenza delle Regioni protetta da garanzie costituzionali.

Le Regioni Lombardia, Veneto e Liguria contestano, infatti, i criteri tecnici di individuazione e delimitazione dei bacini, assumendo che dall'eccessiva estensione degli stessi verrebbe menomata la competenza ad esse riconosciuta dalla Costituzione e sostenendo inoltre che l'adozione di un criterio meramente geografico non sarebbe sufficiente a qualificare il carattere regionale o interregionale di un bacino. La censura non può essere condivisa perché: da un lato non rientra certamente nel potere di sindacato di questa Corte esaminare il merito dei criteri tecnici posti dal Governo a fondamento della propria decisione; dall'altro lato non si può considerare in contrasto con la nozione di bacino interregionale - di cui all'art. 89 del d.P.R. n. 616/1977 - l'identificazione dei bacini stessi quando essi coinvolgano i territori di due o più regioni e si ravvisi nel contempo, da parte del Governo, l'esigenza di soddisfare interessi di natura nazionale. Una volta che il legislatore ha ritenuto di introdurre la distinzione tra bacini di carattere regionale e interregionale, attribuendo a questi ultimi prevalente interesse nazionale, tale da non poter essere sacrificato all'autonomia delle Regioni - come non é contestato-rientra nella discrezionalità del Governo, cui é affidata la tutela degli interessi nazionali in esame, adottare i criteri tecnico-amministrativi che ritiene rispondenti alla logica della distinzione voluta dal legislatore, quando questi non si manifestino chiaramente contrari ai canoni della ragionevolezza. Ciò che certamente non si verifica nel caso di specie, essendo la identificazione e la delimitazione dei bacini interregionali sorrette da adeguate motivazioni tecniche ed essendo comunque tale identificazione modificabile attraverso la stessa procedura (cfr. art. 89 citato, primo comma).

In ordine a tale provvedimento il ricorso va, quindi, respinto.

6. Lo stesso ordine di considerazioni va svolto per quanto riguarda la circolare del Ministro dei Lavori Pubblici n. 1996 del 30 dicembre 1977. Con essa, infatti, il Ministro si limita a comunicare alle Regioni l'adempimento da parte del Governo del disposto degli artt. 89 e 91 del d.P.R. n. 616/1977, attraverso l'emanazione, appunto, del citato decreto del Presidente del Consiglio del 22 dicembre 1977.

Non avendo tale decreto invaso una sfera di competenza regionale costituzionalmente garantita, ne consegue che nemmeno la lettera che porta tale decreto a conoscenza delle Regioni - senza alcuna ulteriore manifestazione di volontà - può essere lesiva di attribuzioni regionali tutelate da precetti costituzionali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1. - dichiara inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione proposti dalle regioni Liguria, Piemonte e Lombardia nei confronti dello Stato avverso l'atto 3 ottobre 1977 del Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, la lettera 28 ottobre 1977, n. 1668, del Ministro dei Lavori Pubblici e la circolare del Ministro dei Lavori Pubblici n. 1995 del 30 dicembre 1977;

2. - respinge i ricorsi per conflitto di attribuzione proposti dalle stesse Regioni e dalla Regione Veneto nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 dicembre 1977 (individuazione e delimitazione dei bacini idrografici interregionali) ed alla circolare del Ministro dei Lavori Pubblici n. 1996 del 30 dicembre 1977.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1984.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  - Giovanni CONSO

 

Depositata in cancelleria l'11 luglio 1984.