Sentenza n. 282 del 1992

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SENTENZA N. 282

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

 

-        Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

-        Dott. Francesco GRECO

 

-        Prof. Gabriele PESCATORE

 

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

 

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

 

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

-        Avv. Mauro FERRI

 

-        Prof. Luigi MENGONI

 

-        Prof. Enzo CHELI

 

-        Dott. Renato GRANATA

 

-        Prof. Giuliano VASSALLI

 

-        Prof. Francesco GUIZZI

 

-        Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Veneto notificato il 6 febbraio 1992, depositato in Cancelleria l'11 febbraio 1992, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota n. 816 del 30 marzo 1991 del Ministero per i beni culturali ed ambientali, con la quale è stata autorizzata l'esecuzione di opere relative alla miniera per sali alcalini e magnesiaci denominata "Costa Alta", sita nel Comune di Valstagna (VI) ed iscritto al n. 3 del registro conflitti 1992.

Udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1992 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;

udito l'avv. Guido Viola per la Regione Veneto.

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso notificato il 6 febbraio 1992 e depositato l'11 successivo, la Regione Veneto ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, con riferimento al provvedimento del 30 marzo 1991, n. 816 del Ministro per i beni culturali e ambientali, con il quale è stata autorizzata l'esecuzione di opere di sistemazione ambientale relative alla miniera denominata "Costa Alta", sita nel comune di Valstagna (Vicenza).

La ricorrente chiede che l'atto succitato sia annullato, in quanto lesivo delle proprie competenze in materia paesaggistico-ambientale, determinate dall'art. 82, primo, secondo e terzo comma del d.P.R. 27 luglio 1977, n.616, come modificato dall'art.1, l. 8 agosto 1985, n. 431.

Rileva la ricorrente che in materia di beni ambientali le funzioni amministrative già esercitate dallo Stato, sono state delegate alle regioni dal suddetto art. 82.

L'atto che forma oggetto del conflitto costituirebbe esercizio della funzione concernente il rilascio dell'autorizzazione di cui all'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, delegata pur'essa alle regioni in virtù della disciplina surrichiamata.

Ciò premesso, la regione afferma: a) la propria competenza in ordine al rilascio della predetta autorizzazione; b) tale competenza è tutelabile con il conflitto di attribuzione, in quanto ad essa delegata per consentire l'esercizio organico delle funzioni trasferite.

Infine, si osserva che la richiesta di autorizzazione sarebbe stata trasmessa dall'ufficio minerario al Ministro dei beni ambientali nel dicembre 1987 e che la relativa autorizzazione sarebbe stata rilasciata solo in data 30 marzo 1991.

Del procedimento e del relativo atto conclusivo non sarebbe stata informata la regione.

Ne deriverebbe l'illegittimità dell'atto emanato dal Ministro dei beni ambientali, per violazione dell'art.82, primo, secondo e terzo comma del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, come integrato dall'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431.

In particolare la ricorrente sottolinea che il nono comma dell'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977 aggiunto dalla legge n. 431 del 1985 stabilisce che: 1) in base all'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 la regione deve provvedere sulla richiesta di autorizzazione entro il termine perentorio di sessanta giorni; 2) che le regioni sono tenute a comunicare immediatamente al Ministro per i beni culturali e ambientali il rilascio dell'autorizzazione stessa; 3) che, ove la regione non provveda entro il predetto termine, gli interessati possono, nei successivi trenta giorni, richiedere l'autorizzazione al Ministero per i beni culturali e ambientali.

A giudizio della regione, il potere di vigilanza sul rispetto del vincolo al quale nell'originaria versione del quarto comma dell'art. 82 del d.P.R. n.616 del 1977 era tenuto lo Stato, sarebbe attualmente regolato nel nono comma aggiunto dell'art. 82 cit., con riferimento all'autorizzazione.

Il Ministro per i beni ambientali avrebbe, quindi, "letteralmente trasgredito" la disciplina ora indicata ritenendosi investito in via immediata ed esclusiva della potestà di rilasciare l'autorizzazione.

Inoltre, la richiesta di autorizzazione (inviata il 19 dicembre 1987), sarebbe stata evasa dopo un quadriennio, nella totale inosservanza del termine perentorio di sessanta giorni imposto allo stesso ministro.

Sulla base delle suesposte censure la Regione Veneto chiede che sia annullato l'atto del Ministro per i beni culturali e ambientali del 30 marzo 1991 e che sia correlativamente affermata la propria competenza in ordine al rilascio della autorizzazione predetta.

Il Presidente del Consiglio dei ministri non si è costituito.

Con memoria in data 21 aprile 1992, la regione ribadisce la sua competenza nella materia anche nel caso di presentazione diretta al ministero della domanda di autorizzazione, salvo l'intervento sostitutivo in caso di mancata illegittima pronuncia, come precisato con la circolare ministeriale n. 8 del 1985. Si conferma, in ogni caso, l'esigenza dell'"intesa" tra le diverse autorità competenti nelle materie.

Considerato in diritto

 

Il ricorso per conflitto di attribuzione della Regione Veneto propone alla Corte la questione se il provvedimento n. 816 del Ministro per i beni culturali e ambientali del 30 marzo 1991, autorizzando la esecuzione di opere di sistemazione ambientale relative alla miniera denominata "Costa Alta", sita in Valstagna (Vicenza), violi la competenza della Regione Veneto in ordine al rilascio della autorizzazione ex art. 7, l. 29 giugno 1939, n. 1497, delegata alle regioni dall'art. 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, come modificato all'art 1 del d.l. 27 giugno 1985, n. 431, convertito con legge 8 agosto 1985, n. 431.

Il tema, così indicato, si risolve in base ai principi già affermati da questa Corte, a partire dalla sentenza n. 559 del 1988, in base ai quali le Regioni sono legittimate a sollevare conflitto di attribuzione a tutela di competenze ad esse delegate dallo Stato ove ricorrano due condizioni, che:

a) dette competenze siano state conferite alle Regioni mediante delega "devolutiva" o "traslativa", vale a dire attraverso l'assegnazione delle potestà delegate alla sfera di attribuzioni regionali, che sia caratterizzata da una relativa stabilità e non sia accompagnata dal permanere allo Stato di poteri "concorrenti" sui medesimi oggetti della delega;

b) le stesse competenze costituiscano un'integrazione necessaria di funzioni "proprie" delle Regioni, nel senso che tra le competenze trasferite e quelle delegate deve sussistere una saldatura funzionale tale che, in considerazione della conformazione risultante dalla disciplina e dalle finalità contenute nelle leggi di attuazione della ripartizione costituzionale delle competenze fra Stato e Regioni, la revoca o la lesione delle funzioni delegate comporti un'incisione costituzionalmente rilevante sulle competenze "proprie" delle Regioni (v. anche sentt. nn. 579, 977, 1034 e 1112 del 1988 e n. 278 del 1991).

Con la sentenza n. 1112 del 1988, la Corte applicò i princi'pi ora ricordati ad una fattispecie attinente alla stessa materia di quella che ha dato luogo alla questione proposta ora dalla Regione Veneto, concernente autorizzazione ex art. 7 della l. n. 1497 del 1939 (tutela dei beni ambientali, in correlazione all'esercizio di poteri statali per l'annullamento di autorizzazione all'esecuzione di opere pubbliche).

Al riguardo la Corte precisò che, nonostante l'ampia delega alle regioni in siffatta materia, permangono in capo allo Stato e, per esso, al ministero dei beni culturali e ambientali, numerose competenze, tra le quali vanno ricordate il potere di integrare gli elenchi delle bellezze naturali, approvati dalle regioni (art. 82 cit., secondo comma, lettera a), del d.P.R. n. 616 del 1977); il potere di inibire i lavori o sospenderne l'esecuzione, quando essi siano suscettibili di arrecare pregiudizio alle bellezze naturali (quarto comma); il potere di rilasciare le autorizzazioni di cui all'art. 7 della legge n. 1497 del 1939 nel caso in cui la regione non vi provveda entro sessanta giorni dalla richiesta (nono comma).

L'entità e la rilevanza delle ora indicate attribuzioni, che la disciplina dei beni ambientali, contenuta nell'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977 e nelle successive modificazioni e integrazioni, devolvono al ministero dei beni culturali e ambientali, inducono ad affermare che le funzioni delegate alle regioni dal primo comma della predetta disposizione, ed in particolare quella concernente l'autorizzazione prevista dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939 (della quale nel presente giudizio è questione) non sono suscettibili di tutela attraverso il conflitto di

 PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 22, terzo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 25, 3, 101 e 111 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Verona con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/06/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Gabriele PESCATORE, Redattore

Depositata in cancelleria il 17/06/92.