Sentenza n. 156 del 1996

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SENTENZA N. 156

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi promossi con ricorsi della Regione Liguria e della Regione Lazio notificati il 20 febbraio 1995, depositati in cancelleria l'8 e il 9 marzo 1995, per conflitti di attribuzione sorti a seguito dell'art. 3, commi 1 e 5, del d.P.R. 21 settembre 1994, n. 698 (Regolamento recante norme sul riordinamento dei procedimenti in materia di riconoscimento delle minorazioni civili e sulla concessione dei benefici economici), ed iscritti ai nn. 7 e 8 del registro conflitti 1996.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 23 gennaio 1996 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;

uditi gli avvocati Carlo A. Pedemonte per la Regione Liguria, Franco G. Scoca per la Regione Lazio e l'Avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.-- Con ricorso notificato in data 20 febbraio 1995 e depositato in data 8 marzo 1995, la Regione Liguria ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in ordine al d.P.R. 21 settembre 1994, n. 698, avente ad oggetto: "Regolamento recante norme sul riordinamento dei procedimenti in materia di riconoscimento delle minorazioni civili e sulla concessione dei benefici economici", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 298 del 22 dicembre 1994.

Secondo la ricorrente, l'art. 3 del predetto regolamento prevederebbe pesanti compressioni dell'autonomia regionale, in contrasto con gli artt. 115, 117 e 118 della Costituzione. In particolare, il comma 1 del citato art. 3 costringerebbe le Regioni ad esercitare un potere sostitutivo nei confronti delle commissioni mediche operanti presso le unità sanitarie locali, inadempienti all'obbligo di fissazione della data della visita medica nei tre mesi decorrenti dall'istanza volta ad ottenere l'accertamento sanitario della invalidità. Potere sostitutivo che la ricorrente ritiene inammissibile.

Ad avviso della Regione Liguria gli accertamenti sanitari finalizzati al riconoscimento delle invalidità non rientrerebbero nella materia dell'"assistenza sanitaria ed ospedaliera" di cui all'art. 117 della Costituzione, trattandosi di attività di rilievo solo incidentalmente sanitario, ma diretta, in sostanza, ad acquisire, nell'interesse dello Stato, un qualche grado di certezza sulle condizioni fisiche dell'invalido tale da permettere la concessione in suo favore dei benefici statali spettantigli. Ma quand'anche non si aderisse a questa tesi, il potere sostitutivo regionale contestato sarebbe, comunque, secondo la ricorrente, privo di supporto legislativo. Esso troverebbe, infatti, fondamento in una norma di rango regolamentare, che avrebbe esorbitato dai limiti posti dalla legge n. 537 del 1993, in attuazione della quale è stato emanato il d.P.R. n. 698 del 1994. Né sarebbe in concreto possibile per le Regioni interferire nell'attività di accertamento della commissione medica, di tipo eminentemente diagnostico-specialistico.

Quanto al comma 5 dello stesso art. 3 del regolamento in questione, esso viene censurato nella parte in cui individua la legittimazione passiva regionale nei procedimenti giurisdizionali concernenti gli accertamenti sanitari. Anche con riferimento a tale previsione, il regolamento avrebbe travalicato gli ambiti ad esso riservati dalla legge n. 537 del 1993, e sarebbe privo della necessaria copertura legislativa. Del resto, l'attribuzione di tale legittimazione passiva processuale non corrisponderebbe alla titolarità di alcun rapporto giuridico sostanziale in capo alla Regione, dovendo, se mai, spettare alla unità sanitaria locale presso la quale la commissione medica opera, tenuto anche conto che il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche ed integrazioni, stabilisce che la unità sanitaria locale è azienda dotata di personalità giuridica pubblica (art. 3, comma 1), e che "tutti i poteri di gestione nonché la rappresentanza della unità sanitaria locale sono riservati al direttore generale" (art. 3, comma 6). Analogamente dispone, poi, la legge della Regione Liguria 8 agosto 1994, n. 42.

2.-- Anche la Regione Lazio, con ricorso notificato il 20 febbraio 1995, e depositato il 9 marzo 1995, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in ordine al medesimo art. 3, commi 1 e 5, del d.P.R. n. 698 del 1994.

Rileva la ricorrente che le disposizioni citate, che determinerebbero un preoccupante aumento del lavoro delle Regioni, configurando una ulteriore ipotesi di responsabilità a carico delle stesse, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, violerebbero la riserva di legge prevista per la delega alle Regioni dell'esercizio di funzioni amministrative diverse da quelle elencate nell'art. 117 della Costituzione.

Sarebbero state, infatti, attribuite alle Regioni nuove funzioni con un mero atto regolamentare, emanato a seguito di una previsione legislativa che, pur circoscrivendo la discrezionalità dell'esecutivo nella disciplina della materia, non fa alcun cenno a nuove competenze regionali.

Sarebbe, inoltre, violata la riserva di legge contenuta nell'art. 97 della Costituzione, relativa alla organizzazione dei pubblici uffici.

Le contestate violazioni inciderebbero sulla ripartizione di competenze tra Stato e Regioni, comportando un abusivo ampliamento delle attribuzioni regionali come delineate dalla Costituzione.

3.-- In entrambi i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità o la infondatezza dei ricorsi.

Nelle memorie depositate successivamente, l'Avvocatura ha, in particolare, escluso che nella specie sia disciplinata un'attività amministrativa originariamente spettante allo Stato, sicché non potrebbe parlarsi di una delega di funzioni statali alle Regioni in assenza di copertura legislativa, in violazione dell'art. 118, secondo comma, della Costituzione (adombrandosi, in tal modo, anche la inammissibilità del ricorso).

L'attività relativa agli accertamenti sanitari delle minorazioni rientrerebbe nella materia dell'assistenza sanitaria e ospedaliera, assegnata alla competenza regionale dall'art. 117 della Costituzione. Al riguardo, l'Avvocatura ha sottolineato l'evoluzione normativa, a partire dalla riforma sanitaria del 1978, nel senso di una progressiva "regionalizzazione" delle unità sanitarie locali, in cui si inquadrerebbe anche l'attività di sostituzione da parte delle Regioni alle commissioni mediche nella fissazione della data della visita medica per l'accertamento delle minorazioni civili. Ed anche la legittimazione passiva della Regione nei procedimenti giurisdizionali conseguirebbe alle competenze regionali in materia, collegandosi sia alla responsabilità per la disciplina, vigilanza e controlli, sia ad una specifica responsabilità finanziaria della Regione per spese di giudizio, interessi etc., avuto anche riguardo alla rilevanza del contenzioso sviluppatosi in materia.

In conseguenza, non vi sarebbe alcuna violazione della riserva di legge di cui all'art. 118, secondo comma, della Costituzione, in quanto il regolamento impugnato non attribuirebbe alcuna nuova competenza alle Regioni, muovendosi, invece, nell'ottica della semplificazione dei procedimenti nel quadro delle competenze preesistenti.

Considerato in diritto

1.-- Preliminarmente va disposta la riunione dei giudizi per identità di oggetto.

2.-- Le Regioni Liguria e Lazio hanno sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al d.P.R. 21 settembre 1994, n. 698 (Regolamento recante norme sul riordinamento dei procedimenti in materia di riconoscimento delle minorazioni civili e sulla concessione dei benefici economici), ritenuto lesivo della sfera di competenze regionali costituzionalmente definita (artt. 115, 117 e 118 della Costituzione), sotto il profilo di una illegittima espansione di essa.

In particolare, le censure delle ricorrenti sono rivolte all'art. 3 del citato d.P.R. n. 698 del 1994, nella parte in cui attribuisce alle Regioni un potere sostitutivo in caso di ritardo da parte delle commissioni mediche operanti presso le unità sanitarie locali ad adempiere l'obbligo di fissazione della data della visita medica per l'accertamento sanitario dell'invalidità (comma 1); nonché nella parte in cui afferma la spettanza in capo alle Regioni della legittimazione passiva nei procedimenti giurisdizionali concernenti gli accertamenti sanitari, allorché l'atto impugnato sia stato emanato dalle commissioni mediche operanti presso le unità sanitarie locali (comma 5).

I profili di illegittimità sono articolati in modo parzialmente diverso nei due ricorsi, in quanto la Regione Liguria fa anzitutto valere la spettanza allo Stato delle attività relative agli accertamenti sanitari finalizzati al riconoscimento delle invalidità, e, solo in via subordinata, il carattere meramente regolamentare della norma che disciplina l'attribuzione del contestato potere sostitutivo regionale. Nel ricorso della Regione Lazio si lamenta, invece, senz'altro la introduzione nell'ordinamento di nuove funzioni amministrative regionali attraverso un atto regolamentare, emanato in assenza di una disposizione legislativa che, anche indirettamente, ne costituisca il supporto necessario.

Sempre sotto il profilo della carenza di idonea copertura legislativa, la Regione Lazio sospetta, altresí, il contrasto con l'art. 97 della Costituzione, che fissa il principio della riserva (relativa) di legge nella organizzazione dei pubblici uffici.

3.-- Deve, anzitutto, essere disattesa l'eccezione di inammissibilità formulata dall'Avvocatura generale dello Stato sulla base del rilievo che il regolamento in questione non avrebbe la funzione di delegare alle Regioni un'attività amministrativa originariamente attribuita allo Stato, in quanto gli accertamenti sanitari delle minorazioni rientrerebbero nella materia dell'assistenza sanitaria e ospedaliera, assegnata alla competenza regionale dall'art. 117 della Costituzione.

I conflitti vertono, infatti, proprio sulla spettanza di tali attribuzioni, che, pertanto, costituisce l'oggetto dell'esame nel merito dei due ricorsi.

4.-- Questi, sotto il profilo dell'impugnativa dell'art. 3, comma 1, del d.P.R. n. 698 del 1994, sono infondati.

L'affidamento alle commissioni mediche operanti presso le unità sanitarie locali delle funzioni di cui si tratta trae origine dalla competenza riconosciuta in via generale a queste ultime nella materia degli accertamenti, delle certificazioni e delle altre prestazioni medico-legali spettanti al servizio sanitario nazionale già dall'art. 14, terzo comma, lettera q), della legge di riforma sanitaria 23 dicembre 1978, n. 833, e dalla conseguente esistenza di un apparato ad hoc del quale le stesse unità sanitarie locali si valgono normalmente nell'espletamento di detti compiti.

Di ciò ha tenuto conto la legge 24 dicembre 1993, n. 537, recante interventi correttivi di finanza pubblica, che, all'art. 11, ha previsto l'emanazione di un regolamento, ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per disciplinare il riordinamento dei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo, sulla base di una serie di criteri, tra i quali la semplificazione dei procedimenti e la distinzione del procedimento di accertamento sanitario da quello per la concessione delle provvidenze, con attribuzione della rispettiva competenza alle commissioni mediche, di cui alla legge 15 ottobre 1990, n. 295, ed ai prefetti. Distinzione resa, evidentemente, necessaria proprio da quelle esigenze di snellezza, rapidità ed efficienza, che sono alla base della previsione del riordinamento della materia. Pertanto, alla stregua di tali criteri regolatori, contenuti nella citata legge n. 537 del 1993, il regolamento in questione ha individuato, all'interno di una complessa procedura intesa al riconoscimento delle invalidità, di sicura spettanza statuale, i compiti tecnici demandati alle unità sanitarie locali.

Va, a questo punto, rilevato che la potestà di emanare le norme per la organizzazione, la gestione ed il funzionamento delle unità sanitarie locali e dei loro servizi (art. 15 della legge n. 833 del 1978) rientra nella materia dell'"assistenza sanitaria e ospedaliera", di competenza regionale, ex art. 117 della Costituzione. La struttura organizzativa, intesa come articolazione degli uffici e dei compiti delle citate unità sanitarie, deve, pertanto, ritenersi ricompresa tra quelle competenze che fanno capo alla Regione (sentenza n. 174 del 1991), come anche il generale potere di vigilanza sulle stesse strutture.

In siffatto quadro, correttamente la norma impugnata ha disposto un controllo sostitutivo da parte della Regione relativamente all'ipotesi di mancata osservanza dell'obbligo, posto a carico delle commissioni mediche, di fissare la data della visita medica per l'accertamento dell'invalidità.

L'art. 3, comma 1, del d.P.R. n. 698 del 1994 ha, infatti, previsto la facoltà per l'interessato, decorso inutilmente il termine di tre mesi dalla presentazione dell'istanza volta ad ottenere l'accertamento sanitario dell'invalidità civile, di presentare una diffida a provvedere all'assessorato alla sanità della Regione territorialmente competente, che fissa la data della visita, da effettuarsi da parte della commissione operante presso la unità sanitaria locale di appartenenza entro il termine complessivo di nove mesi dalla data di presentazione della domanda (ovvero, se la diffida sia presentata oltre il sesto mese dalla data della domanda, non oltre novanta giorni dalla sua presentazione).

Appare, pertanto, evidente, per quanto sopra detto in ordine alla organizzazione e ai controlli in materia di unità sanitarie locali, che il potere sostitutivo in ordine alla fissazione della data degli accertamenti sanitari, attribuito dalla norma in questione alle Regioni, è coerente con il riparto di competenze tra Stato e Regione quale risulta nell'ordinamento vigente, e trova sicuro fondamento legislativo nel citato art. 11 della legge n. 537 del 1993. Del resto, un intervento statale sostitutivo, da parte di organo estraneo all'apparato sanitario locale, in caso di inerzia, sarebbe stato certamente invasivo della sfera di competenza della Regione in materia di organizzazione attuativa degli accertamenti sanitari, delle certificazioni relative e delle altre prestazioni medico- legali svolte dall'apparato sanitario ad hoc esistente presso le unità sanitarie locali.

5.-- A conclusioni di segno opposto deve pervenirsi con riferimento all'impugnativa del comma 5 dell'art. 3 del d.P.R. n. 698 del 1994, nella parte in cui dispone la spettanza in capo alla Regione della legittimazione passiva nei procedimenti giurisdizionali concernenti gli accertamenti sanitari relativi all'invalidità civile, alla cecità civile e al sordomutismo, ove l'atto impugnato sia stato emanato dalle commissioni mediche operanti presso le unità sanitarie locali.

Tale disposizione, che non trova alcun fondamento in una previsione legislativa, pone a carico della Regione una responsabilità che non le compete, in quanto non conseguente ad una funzione che ad essa faccia direttamente capo, ma ad una attività rispetto alla quale la Regione stessa ha un limitato controllo sostitutivo (e previa denuncia dell'inerzia) sulla fissazione della data degli accertamenti.

Per quanto sopra osservato, infatti, lo Stato, al fine di portare a compimento la procedura diretta alla concessione delle previste provvidenze statali in favore degli invalidi, affida solo gli accertamenti sanitari strumentali (istruttoria e valutazione delle infermità invalidanti e delle menomazioni), rientranti nelle prestazioni medico-legali del servizio sanitario, alle commissioni mediche operanti presso le unità sanitarie locali.

Del resto, anche a voler ammettere la possibilità per lo Stato di porre una legittimazione a gestire le liti a carico di una struttura a livello regionale per esigenze unitarie e di coordinamento ed economia di spesa (tenuto conto della prevalente mancanza di ufficio legale nelle unità sanitarie locali), ciò comporterebbe per essa struttura anche oneri rilevanti (dissociati dalla gestione delle provvidenze) in relazione alle spese processuali e alle eventuali condanne per la soccombenza. E questo non potrebbe avvenire se non ad opera di una legge che contestualmente indichi anche i mezzi finanziari per far fronte a tali nuovi oneri.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, dichiara che spetta allo Stato affidare alle Regioni il potere di fissare la data della visita medica di accertamento sanitario dell'invalidità civile, della cecità civile e del sordomutismo da parte delle commissioni mediche operanti presso le unità sanitarie locali, nel caso in cui queste non vi abbiano provveduto entro tre mesi dalla data di presentazione della relativa istanza;

dichiara che non spetta allo Stato attribuire, con norma regolamentare, alle Regioni la legittimazione passiva in procedimenti giurisdizionali concernenti gli accertamenti sanitari relativi all'invalidità civile, alla cecità civile e al sordomutismo quando l'atto impugnato sia stato emanato dalle commissioni mediche operanti presso le unità sanitarie locali, e, conseguentemente, annulla, in parte qua, la disposizione di cui all'art. 3, comma 5, del d.P.R. 21 settembre 1994, n. 698 (Regolamento recante norme sul riordinamento dei procedimenti in materia di riconoscimento delle minorazioni civili e sulla concessione dei benefici economici).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 maggio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 20 maggio 1996.