SENTENZA N. 174
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso della Regione Piemonte, notificato il 21 aprile 1995, depositato in cancelleria il 28 successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della circolare del Ministro dei lavori pubblici del 12 gennaio 1995, n. TB/83, relativa alla legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche) ed iscritto al n. 12 del registro conflitti 1995.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 6 febbraio 1996 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;
udito l'avv. Gustavo Romanelli per la Regione Piemonte e l'Avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.-- Con ricorso notificato in data 21 aprile 1995, la Regione Piemonte ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in ordine alla circolare del Ministro dei lavori pubblici del 12 gennaio 1995, n. TB/83 -- comunicata alla ricorrente in data 23 febbraio 1995 -- la quale, in esito ad alcune richieste di chiarimenti circa la portata e le modalità di applicazione delle norme introdotte dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche), avrebbe affermato una interpretazione dell'art. 32 della citata legge, che ne differirebbe la operatività completa fino alla emanazione dei regolamenti governativi, cui il citato art. 32 demanda la individuazione delle disposizioni incompatibili con la legge stessa e la indicazione dei termini della relativa abrogazione.
Secondo la ricorrente, tale interpretazione sarebbe erronea, in quanto contrastante con il contenuto normativo della legge n. 36 del 1994, che, all'art. 32, differirebbe solo l'abrogazione delle disposizioni incompatibili relati-
ve alla riorganizzazione del servizio idrico integrato, e, in ogni caso, sarebbe in contrasto con i termini, decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge di cui si tratta, dettati dalla stessa legge per il riconoscimento di utenze preesistenti (all'art. 25, relativamente alla posizione degli utenti di captazioni idriche nelle aree naturali protette che non siano in possesso di titolo regolare; all'art. 34, relativamente al riconoscimento o alla concessione di acque che abbiano assunto natura pubblica in base all'art. 1 della citata legge).
Nel ricorso si rileva che, ove dovesse essere attribuita alla circolare una valenza tale da condizionare anche la potestà regionale di conoscenza di dette concessioni, si verificherebbe, in contrasto con gli artt. 117 e 118 della Costituzione, una compressione illegittima delle competenze regionali di cui all'art. 90 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 in materia di tutela, disciplina ed utilizzazione delle risorse idriche. Si darebbe luogo, inoltre, ad avviso della ricorrente, a gravi incertezze, oltre che ad una pericolosa incentivazione del contenzioso, in quanto i privati interessati sarebbero comunque tenuti, per evitare decadenze, ad inoltrare le istanze di concessione, in ordine alle quali la Regione si troverebbe nella impossibilità di provvedere. A meno di non voler ritenere la circolare in questione compatibile con le competenze regionali in materia, ammettendo, quindi, che la Regione possa conoscere delle domande presentate per ottenere la concessione delle acque che abbiano assunto natura pubblica in base alla legge n. 36 del 1994 anche prima della emanazione del regolamento cui la circolare impugnata condiziona in generale l'efficacia della legge stessa.
In ogni caso, poi, sarebbe illegittima la compressione delle competenze regionali affermate dalla legge n. 36 del 1994, condizionate dalla circolare di cui si tratta alla previa emanazione di decreti governativi, e, in particolare, delle competenze relative all'adozione dei programmi per il risparmio idrico (art. 6, comma 2); all'aggiornamento, nei bacini geografici di competenza, del piano regolatore generale degli acquedotti su scala di bacino ed alla programmazione degli interventi attuativi occorrenti in conformità alle procedure (art. 8, comma 4); alle norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi (art. 8, comma 5); alla determinazione delle modalità di cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale per la gestione del servizio idrico integrato (art. 9, comma 3); all'adozione della convenzione-tipo e del relativo disciplinare per regolare i rapporti tra enti locali e gestori dei servizi idrici integrati (art. 11); al procedimento di concessione di derivazioni idriche (artt. 23, 27 e 28).
2.-- Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha preliminarmente eccepito la inammissibilità del ricorso, osservando che l'atto impugnato è una circolare ministeriale meramente interpretativa e, come tale, inidonea ad incidere direttamente sul riparto delle competenze.
Nel merito, l'Avvocatura generale dello Stato ha sostenuto la infondatezza del ricorso, rilevando che la legge n. 36 del 1994 ha profondamente modificato il sistema giuridico preesistente in materia di acque, stabilendo che tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche. Tuttavia, il legislatore, consapevole che il regime giuridico di cui si tratta non si sarebbe potuto modificare con una mera dichiarazione di pubblicità di tutte le acque, ha ravvisato la opportunità di prevedere, per l'adattamento del sistema, la procedura della delegificazione, conferendo al Governo il compito di adottare appositi regolamenti per la piena attuazione della disciplina introdotta con la legge n. 36 del 1994.
Naturalmente, il differimento della operatività della legge citata non riguarderebbe quelle norme, contenute nella legge stessa, ad esecuzione immediata, per la cui applicazione non occorrerebbe procedere ad abrogazione di alcuna disposizione incompatibile (artt. 6, 8, 9, 11 e 23).
Né si verificherebbe alcuna illegittima compressione delle competenze regionali di cui all'art. 90 del d.P.R. n. 616 del 1977, in quanto, ai sensi dell'art. 91 dello stesso d.P.R., sono riservate allo Stato le dichiarazioni di pubblicità delle acque, nonché la determinazione e la disciplina degli usi delle acque pubbliche. Del resto, in base all'art. 33 della legge n. 36 del 1994, il regime giuridico da applicare alle acque costituisce principio fondamentale cui ogni Regione è tenuta ad attenersi nell'esercizio delle proprie competenze.
3.-- Nell'imminenza dell'udienza la difesa della Regione Piemonte ha prodotto una memoria con la quale insiste nelle conclusioni già rassegnate, in particolare soffermandosi, quanto all'ammissibilità del conflitto, sul carattere non meramente esplicativo della circolare impugnata e sulla sua idoneità ad interferire nella sfera regionale.
Nel merito, si osserva che il differimento della efficacia del principio, di cui all'art. 1 della legge n. 36 del 1994, di pubblicità di tutte le acque superficiali e sotterranee, renderebbe non operative le disposizioni della stessa legge che attribuiscono competenze alle Regioni e che quel principio presuppongono.
La difesa della Regione sottolinea, infine, che la competenza a conoscere delle concessioni non coincide con le funzioni riservate allo Stato dall'art. 91 del d.P.R. n. 616 del 1977.
Considerato in diritto
1.-- Il conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Piemonte ha per oggetto la circolare del Ministro dei lavori pubblici del 12 gennaio 1995, n. TB/83 (legge 5 gennaio 1994, n. 36 in materia di risorse idriche - attuale vigenza delle norme - t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775 - concessioni di derivazione di acqua pubblica), ed in particolare riguarda il potere dello Stato di differire con circolare, mediante una interpretazione dell'art. 32 della legge n. 36 del 1994 citata, la operatività della normativa anche per quanto attiene alle competenze regionali in materia di risorse idriche.
2.-- La difesa dello Stato ha eccepito la inammissibilità del conflitto sotto il profilo che esso riguarderebbe una circolare meramente interpretativa e, come tale, non idonea ad incidere direttamente sul riparto delle competenze tra Stato e Regione.
3. -- Il ricorso è inammissibile per un triplice ordine di considerazioni, solo in parte coincidenti con la tesi dello Stato: la prima di esse concerne il profilo del preteso contrasto tra circolare e contenuto normativo della legge n. 36 del 1994; la seconda attiene alla natura delle funzioni regionali in materia di acque pubbliche e, quindi, alla sfera di competenza suscettibile di tutela attraverso conflitto di attribuzione da parte della Regione; la terza, collegata alla precedente, è riferibile alla natura oggettivamente non innovativa della circolare rispetto alle competenze regionali costituzionalmente garantite.
3.1.-- Sono anzitutto inammissibili i profili del conflitto riguardanti il contrasto tra interpretazione contenuta nella circolare e disciplina dettata dalla legge n. 36 del 1994, in quanto l'erroneità dell'interpretazione o dell'applicazione data in un atto amministrativo ad una norma di legge non può, di per sé sola, essere denunciata da una Regione in sede di conflitto di attribuzioni, potendo formare motivo del conflitto solo le violazioni (invasione, compressione e disconoscimento) della sfera di competenza regionale costituzionalmente garantita. Perché una circolare interpretativa di una legge possa essere denunciata in sede di conflitto, occorre, quindi, che l'interpretazione da essa accolta si traduca in una illegittima interferenza nella sfera regionale (v., per quest'ultimo profilo, la sentenza n. 153 del 1986).
Nella specie, manca una manifestazione chiara di volontà dello Stato che affermi la propria competenza e neghi quella regionale ovvero sia intesa a sottrarre alle Regioni competenze ad esse costituzionalmente garantite, in quanto la circolare ha il dichiarato intento di offrire un orientamento e un chiarimento in una funzione di semplice collaborazione informativa, in una fase temporanea e transitoria (cfr., per riferimento solo in parte analogo, la sentenza n. 187 del 1988) e, per di più, limitato, sul piano logico, alle modifiche ampliative della competenza regionale delegata, collegata al nuovo procedimento di concessione (artt. 23, comma 3, 27 e 28).
3.2.-- Sotto il secondo aspetto, deve essere sottolineato che, pur dopo il trasferimento alle Regioni, operato con il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, in attuazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, delle funzioni amministrative statali in materia di acquedotti, la competenza degli organi statali in ordine alla tutela, disciplina e utilizzazione delle acque pubbliche è rimasta immutata (art. 9 del citato d.P.R. n. 8 del 1972); è stata, inoltre, confermata la riserva allo Stato, oltre che delle funzioni concernenti la programmazione nazionale generale o di settore della destinazione delle risorse idriche, di quelle relative alla dichiarazione di pubblicità delle acque, alla determinazione e disciplina degli usi delle acque pubbliche, anche sotterranee, ivi comprese le funzioni relative all'istruttoria e al rilascio delle concessioni di grandi derivazioni... (art. 91 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616); è stata, da ultimo, ribadita la competenza statale in ordine alla regolamen-tazione dei procedimenti amministrativi di concessione per l'approvvigionamento di acqua pubblica da corpo idrico superficiale naturale o artificiale, o da acque sotterranee riconosciute pubbliche (art. 2, comma 7, elenco n. 4 allegato, della legge 24 dicembre 1993, n. 537).
Le competenze regionali nella materia in esame sono quindi meramente delegate (art. 90 del d.P.R. n. 616 del 1977) e tali (in relazione alla entità e rilevanza delle attribuzioni statali e al modo e alle finalità di conferimento delle competenze stesse, non costituenti integrazione necessaria di quelle "proprie" della Regione: v. sentenze n. 282 del 1992, n. 278 del 1991 e n. 1112 del 1988) da non essere suscettibili di tutela attraverso il conflitto di attribuzione, difettando il presupposto della esistenza di una sfera di competenze costituzionalmente garantita alle Regioni (sentenza n. 559 del 1988).
3.3.-- Quanto al terzo profilo, la circolare in questione non ha operato alcuna innovazione del sistema delle preesistenti competenze regionali in materia. Non risulta, invero, esatto quanto affermato dalla ricorrente in ordine alla circostanza che la circolare di cui si tratta avrebbe compresso le competenze riconosciute alle Regioni dalla legge n. 36 del 1994, condizionandole alla previa emanazione di decreti governativi.
Al riguardo, va rilevato che la legge stessa prevede il differimento dell'effetto abrogativo delle sole disposizioni normative preesistenti incompatibili (da individuarsi ad opera di decreti governativi, emanati ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400). Secondo il testo orginario dell'art. 32, comma 3, della legge n. 36 del 1994, l'abrogazione sarebbe dovuta decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreti; mentre, in base al testo vigente del citato art. 32, comma 3, introdotto dall'art. 17 del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, convertito, con modificazioni, nella legge 21 ottobre 1994, n. 584, l'effetto abrogativo di cui si tratta è rimesso, quanto al tempo di decorrenza, agli stessi decreti, che dovranno indicarne anche i termini, implicitamente differenziabili per necessità di attuazione e di adeguamento di strutture e di procedure nei diversi ambiti territoriali.
Appare, dunque, chiara la volontà del legislatore di differire l'efficacia di quelle sole norme la cui applicazione deve essere preceduta dalla individuazione e sostituzione della precedente disciplina specificamente incompatibile.
In tale contesto normativo, la circolare impugnata non comporta la esclusione in via generale della immediata applicabilità delle nuove disposizioni, da ritenere, invece, operative quando non vi siano preesistenti atti normativi incompatibili e che debbano essere individuati dai previsti decreti di cui all'art. 32, come, del resto, non disconosciuto dalla difesa dello Stato; ovvero quando l'abrogazione sia stata disposta espressamente dalle stesse nuove norme; o quando siano fissati termini certi di operatività.
Né va sottaciuto che l'attuazione della legge n. 36 del 1994, nelle parti che non necessitavano di abrogazione della normativa preesistente, è già intervenuta ad opera di alcune Regioni, come risulta da una serie di interventi legislativi regionali conseguenziali e di dettaglio (v., tra le altre, la legge della Regione Toscana 21 luglio 1995, n. 81).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla circolare del Ministro dei lavori pubblici del 12 gennaio 1995, n. TB/83, sollevato dalla Regione Piemonte con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 maggio 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Riccardo CHIEPPA, Redattore
Depositata in cancelleria il 31 maggio 1996.