Corte di Giustizia delle Comunità europee (Grande
Sezione), 3 settembre 2008
C-402/05 P, C-415/05 P, Y.A. Kadi e a. – Consiglio e Commissione
Nei procedimenti riuniti C‑402/05 P e C‑415/05
P,
aventi ad oggetto due impugnazioni ai sensi dell’art. 56 dello Statuto
della Corte di giustizia, proposte rispettivamente il 17 e il 21 novembre 2005,
Yassin Abdullah Kadi,
residente in Gedda (Arabia Saudita), rappresentato dai sigg. I. Brownlie, QC, e
D. Anderson, QC, nonché dal sig. P. Saini, barrister, incaricati dal
sig. G. Martin, solicitor, con domicilio eletto in Lussemburgo,
Al Barakaat International
Foundation,
con
sede in Spånga (Svezia), rappresentata dagli avv.ti L. Silbersky
e T.
Olsson, advokater,
ricorrenti,
procedimenti in cui le altre parti sono:
Consiglio dell’Unione
europea,
rappresentato dal sig. M. Bishop
nonché dalle sig.re E. Finnegan e E. Karlsson, in qualità di agenti,
convenuto in primo grado,
sostenuto da
Regno di Spagna,
rappresentato dal sig. J. Rodríguez Cárcamo, in qualità di agente,
con
domicilio eletto in Lussemburgo,
Repubblica francese,
rappresentata dal sig. G. de Bergues
nonché dalle sig.re E. Belliard e S. Gasri, in qualità di agenti,
Regno dei Paesi Bassi,
rappresentato dalle sig.re H. G. Sevenster e M. de Mol,
in qualità di agenti,
intervenienti in sede
d’impugnazione,
Commissione delle Comunità
europee,
rappresentata dai sigg. C. Brown, J. Enegren e P. J. Kuijper, in qualità di
agenti,
con
domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta in primo grado,
sostenuta da:
Repubblica francese,
rappresentata dal sig. G. de Bergues
nonché dalle sig.re E. Belliard e S. Gasri, in qualità di agenti,
interveniente in sede
d’impugnazione,
Regno Unito di Gran
Bretagna e Irlanda del Nord,
rappresentato dalle sig.re R. Caudwell, E. Jenkinson
e S.
Behzadi-Spencer, in qualità di agenti,
assistite dai sigg. C. Greenwood, QC, e A. Dashwood, barrister,
con
domicilio eletto in Lussemburgo,
interveniente in primo
grado,
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. C. W. A. Timmermans
(relatore), A. Rosas e K. Lenaerts, presidenti di sezione, dal sig. J. N.
Cunha Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K.
Schiemann, J. Makarczyk, P. Kūris, dalla sig.ra P. Lindh, dai
sigg. J.-C. Bonichot, T. von Danwitz e A. Arabadjiev, giudici,
avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro
cancelliere: sig. J. Swedenborg, amministratore
vista
la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 ottobre 2007,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate alle udienze del 16 gennaio 2008 (C‑402/05 P) e del 23 gennaio
2008 (C‑415/05 P),
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con le loro impugnazioni il sig. Kadi (C‑402/05 P)
e
2 Con tali sentenze il Tribunale ha respinto i ricorsi
d’annullamento proposti dal sig. Kadi e dalla Al Barakaat avverso il
regolamento (CE) del Consiglio 27 maggio 2002, n. 881, che impone specifiche
misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a
Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani e abroga il regolamento (CE)
n. 467/2001 che vieta l’esportazione di talune merci e servizi in
Afghanistan, inasprisce il divieto dei voli ed estende il congelamento dei
capitali e delle altre risorse finanziarie nei confronti dei Talibani
dell’Afghanistan (GU L 139, pag. 9; in prosieguo: il
«regolamento controverso»), nella parte in cui tale atto li riguarda.
Contesto normativo
3 Ai sensi dell’art. 1, nn. 1 e 3, della
Carta delle Nazioni Unite, firmata a San Francisco (Stati Uniti) il 26 giugno
1945, i fini delle Nazioni Unite comprendono quello di «[m]antenere la pace e
la sicurezza internazionale» e quello di «[c]onseguire la cooperazione
internazionale nella soluzione dei problemi internazionali di carattere
economico, sociale, culturale od umanitario, promuovendo e incoraggiando il
rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzioni
di razza, di sesso, di lingua o di religione».
4 Ai sensi dell’art. 24, nn. 1 e 2, della
Carta delle Nazioni Unite:
«1. Al fine di assicurare un’azione pronta ed
efficace da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), i suoi membri
conferiscono al Consiglio di sicurezza [delle Nazioni Unite (in prosieguo: il
«Consiglio di sicurezza»)] la responsabilità principale del mantenimento della
pace e della sicurezza internazionali, e riconoscono
che il Consiglio di sicurezza, nell’adempiere i suoi compiti inerenti a tale
responsabilità, agisce in loro nome.
2. Nell’adempimento di questi compiti il Consiglio
di sicurezza agisce in conformità ai fini ed ai principi delle Nazioni Unite. I
poteri specifici attribuiti al Consiglio di sicurezza per l’adempimento di tali
compiti sono indicati nei capitoli VI, VII, VIII e XII».
5 Ai sensi dell’art. 25 della Carta delle Nazioni
Unite, «[i] membri dell’[ONU] convengono di accettare e di eseguire le
decisioni del Consiglio di sicurezza in conformità alle disposizioni della
presente Carta».
6 Gli artt. 39, 41 e 48 della Carta delle Nazioni
Unite fanno parte del capitolo VII di quest’ultima, dal titolo «Azione in caso
di minacce alla pace, alle violazioni della pace ed agli atti di aggressione».
7 Ai sensi dell’art. 39 della Carta delle Nazioni
Unite:
«Il Consiglio di sicurezza accerta l’esistenza di
una minaccia alla pace, di una violazione della pace, o di un atto di
aggressione e fa raccomandazioni o decide quali misure debbano essere prese in
conformità agli articoli 41 e 42 per mantenere o ristabilire la pace e la
sicurezza internazionali».
8 L’art. 41 della Carta delle Nazioni Unite
dispone quanto segue:
«Il
Consiglio di sicurezza può decidere quali misure, non implicanti l’impiego
della forza armata, debbano essere adottate per dare effetto alle proprie
decisioni, e può invitare i membri delle Nazioni Unite ad applicare tali
misure. Queste possono comprendere un’interruzione totale o parziale delle
relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree,
postali, telegrafiche, radioelettriche e di altro tipo, nonché la rottura delle
relazioni diplomatiche».
9 In forza dell’art. 48, n. 2, della Carta
delle Nazioni Unite, le decisioni del Consiglio di sicurezza per il
mantenimento della pace e della sicurezza internazionali «sono eseguite dai
membri delle Nazioni Unite direttamente o mediante la loro azione nelle
organizzazioni internazionali competenti di cui siano membri».
10 Secondo l’art. 103 della Carta delle Nazioni
Unite, «[i]n caso di contrasto tra gli obblighi contratti dai membri delle
Nazioni Unite in virtù della presente Carta e gli obblighi da essi assunti in
base a qualsiasi altro accordo internazionale, prevarranno gli obblighi
derivanti dalla presente Carta».
Fatti
11 I Fatti delle controversie sono stati esposti ai
punti 10-36 della sentenza impugnata Kadi e 10-41 della sentenza impugnata
Yusuf e Al Barakaat.
12 Ai fini della presente sentenza, essi possono essere
così riassunti.
13 Il 15 ottobre 1999 il Consiglio di sicurezza ha
adottato la risoluzione 1267 (1999), con cui esso ha, segnatamente, condannato
il fatto che continuino a essere ospitati e addestrati terroristi e che siano
preparati atti terroristici in territorio afgano, ha riaffermato la sua
convinzione che la repressione del terrorismo internazionale è essenziale al
mantenimento della pace e della sicurezza internazionali e deplorato che i
Talibani continuino a dare rifugio a Osama bin Laden e a consentire a
quest’ultimo nonché ai suoi associati di dirigere dal territorio da loro
occupato una rete di campi di addestramento di terroristi e di servirsi
dell’Afghanistan come base per condurre operazioni terroristiche
internazionali.
14 Al paragrafo 2 di tale risoluzione, il Consiglio di
sicurezza ha imposto ai Talibani di consegnare senza ritardo Osama bin Laden
direttamente o indirettamente alle autorità competenti di uno Stato in cui è
stato incriminato o alle autorità competenti di uno Stato in cui sarà arrestato
e consegnato alla giustizia. Al fine di garantire il rispetto di tale obbligo,
il paragrafo 4, lett. b), della risoluzione citata dispone che tutti gli
Stati dovranno «[c]ongelare i capitali e le altre risorse finanziarie specificamente
derivanti da beni appartenenti ai Talibani o da loro direttamente o
indirettamente controllati, ovvero appartenenti a, o
controllati da, qualsiasi impresa di proprietà dei Talibani o controllata dai
Talibani, quali definiti dal comitato costituito ai sensi del seguente
paragrafo 6, e provvedere affinché né i capitali e le altre risorse finanziarie
in questione, né qualsiasi altro capitale o risorsa finanziaria in tal modo
definiti siano messi a disposizione o stanziati a vantaggio dei Talibani, o di
qualsiasi impresa loro appartenente o da essi direttamente o indirettamente
controllata, da parte di loro connazionali o di ogni altro soggetto che si
trovi sul loro territorio, a meno che il comitato non abbia concesso una
diversa autorizzazione, caso per caso, per motivi umanitari».
15 Al paragrafo 6 della stessa risoluzione il Consiglio
di sicurezza ha deciso di istituire, in conformità all’art. 28 del suo
regolamento interno provvisorio, un comitato del Consiglio di sicurezza (in
prosieguo: il «comitato per le sanzioni»), composto di tutti i suoi membri,
incaricato specificamente di vegliare sull’attuazione, da parte degli Stati,
delle misure imposte dal paragrafo 4 di detta risoluzione, di individuare i
capitali o altre risorse finanziarie di cui al citato paragrafo 4 e di
esaminare le domande di deroga alle misure imposte dallo stesso paragrafo 4.
16 Ritenendo necessaria un’azione della Comunità
europea al fine di attuare la risoluzione del Consiglio di sicurezza 1267
(1999), il 15 novembre 1999 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la
posizione comune 1999/727/PESC, relativa a misure restrittive contro i Talibani
(GU L 294, pag. 1).
17 L’art. 2 di tale posizione comune prescrive il
congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie detenuti dai
Talibani all’estero, secondo quanto stabilito nella citata risoluzione.
18 Il 14 febbraio 2000 il Consiglio ha adottato, sulla
base degli artt. 60 CE e 301 CE, il regolamento (CE)
n. 337/2000, relativo al divieto dei voli e al congelamento dei capitali e
delle altre risorse finanziarie nei confronti dei Taliban dell’Afghanistan
(GU L 43, pag. 1).
19 Il 19 dicembre 2000 il Consiglio di sicurezza ha
adottato la risoluzione 1333 (2000), la quale esige specificamente che i
Talibani ottemperino alla risoluzione 1267 (1999), in particolare cessando di
offrire rifugio e addestramento ai terroristi internazionali e alle loro
organizzazioni e consegnando Osama bin Laden alle autorità competenti affinché
sia consegnato alla giustizia. Il Consiglio di sicurezza ha deciso in
particolare di inasprire il divieto dei voli e il congelamento dei capitali
imposti dalla risoluzione 1267 (1999).
20 Perciò, il paragrafo 8, lett. c), della
risoluzione 1333 (2000) dispone in particolare che tutti gli Stati debbano
«[c]ongelare senza indugio i capitali e le altre risorse finanziarie di Osama
bin Laden e delle persone ed entità a lui associate, quali definite dal
[comitato per le sanzioni], ivi compresa l’organizzazione Al-Qaeda, e i capitali
derivanti dai beni appartenenti a Osama bin Laden e alle persone ed entità a
lui associate o da loro direttamente o indirettamente controllati, e provvedere
affinché né i capitali e le altre risorse finanziarie in questione né altri
capitali o risorse finanziarie siano messi a disposizione o utilizzati
direttamente o indirettamente da parte di loro connazionali o di qualsiasi
altra persona che si trova sul loro territorio a beneficio di Osama bin Laden,
dei suoi associati o di qualsiasi altra entità loro appartenente o da essi
direttamente o indirettamente controllata, compresa l’organizzazione Al-Qaeda».
21 In questa stessa disposizione il Consiglio di
sicurezza ha incaricato il comitato per le sanzioni di tenere, sulla base delle
informazioni comunicate dagli Stati e dalle organizzazioni regionali, un elenco
aggiornato delle persone e delle entità che il detto comitato ha individuato
come associate a Osama bin Laden, ivi compresa l’organizzazione Al-Qaeda.
22 Al paragrafo 23 della risoluzione 1333 (2000) il
Consiglio di sicurezza ha deciso che le misure imposte sulla base, in
particolare, del paragrafo 8 di tale risoluzione sarebbero state applicate per
un periodo di dodici mesi e che, alla fine dello stesso, avrebbe valutato se
fossero da prorogarsi alle medesime condizioni.
23 Ritenendo necessaria un’azione della Comunità
europea al fine di attuare tale risoluzione, il 26 febbraio 2001 il Consiglio
ha adottato la posizione comune 2001/154/PESC, concernente ulteriori misure
restrittive nei confronti dei Taliban e che modifica la posizione comune
96/746/PESC (GU L 57, pag. 1).
24 L’art. 4 della posizione comune 2001/154 così
recita:
«I capitali e le altre risorse finanziarie
appartenenti a Usama Bin Laden e a persone e entità associate a quest’ultimo,
quali definite dal comitato [per le] sanzioni (...), sono congelati e sarà
vietato mettere a disposizione di Usama Bin Laden, delle persone o delle entità
associate a quest’ultimo, quali definite dal comitato [per le] sanzioni (...),
fondi o altre risorse finanziarie, alle condizioni di cui alla [risoluzione
1333 (2000)]».
25 Il 6 marzo 2001 il Consiglio ha adottato, sulla base
degli artt. 60 CE e 301 CE, il regolamento (CE)
n. 467/2001, che vieta l’esportazione di talune merci e servizi in
Afghanistan, inasprisce il divieto dei voli e estende il congelamento dei
capitali e delle altre risorse finanziarie nei confronti dei Talibani
dell’Afghanistan, e abroga il regolamento (CE) n. 337/2000
(GU L 67, pag. 1).
26 Ai termini del terzo ‘considerando’ di tale
regolamento, le misure della risoluzione 1333 (2000) «rientrano nell’ambito di
applicazione del Trattato e, pertanto, in particolare per evitare distorsioni
della concorrenza, occorre una normativa comunitaria per attuare le decisioni
pertinenti del Consiglio di sicurezza, nella misura in cui esse riguardano il
territorio della Comunità (...)».
27 L’art. 1 del regolamento n. 467/2001
definisce cosa si debba intendere per «capitali» e per «congelamento dei
capitali».
28 Ai termini dell’art. 2 di tale regolamento:
«1. Sono congelati tutti i capitali e le altre
risorse finanziarie, appartenenti a qualsiasi persona fisica o giuridica,
entità o organismo designati dal comitato per le sanzioni (...) ed indicati
nell’allegato I.
2. È
vietato mettere, direttamente o indirettamente, a disposizione dei Talibani,
delle persone, delle entità o degli organismi designati dal comitato per le
sanzioni (...) ed elencati nell’allegato I fondi o altre risorse finanziarie.
3. I
paragrafi 1 e 2 non si applicano ai fondi e alle risorse finanziarie per i
quali il comitato per le sanzioni (...) ha concesso una deroga. Tali deroghe
sono ottenute ricorrendo alle autorità competenti degli Stati membri elencate
nell’allegato II».
29 L’allegato I del regolamento n. 467/2001
contiene l’elenco delle persone, delle entità e degli organismi interessati dal
congelamento dei capitali imposto dall’art. 2 di questo stesso
regolamento. Ai sensi dell’art. 10, n. 1, di quest’ultimo,
30 L’8 marzo 2001 il comitato per le sanzioni ha
pubblicato un primo elenco consolidato delle persone e delle entità da
sottoporre al congelamento dei capitali ai sensi delle risoluzioni 1267 (1999)
e 1333 (2000) (v. comunicato AFG/131 SC/7028 del detto comitato 8 marzo
2001; in prosieguo: l’«elenco riassuntivo»). Questo elenco è stato modificato e
integrato a più riprese.
31 Il 17 ottobre e il 9 novembre 2001 il comitato per
le sanzioni ha pubblicato due nuovi addenda all’elenco riassuntivo, che
comprendono rispettivamente i nomi della persona e dell’entità seguenti:
– «Al-Qadi,
Yasin (A. K. A. Kadi, Shaykh Yassin Abdullah;
A. K. A. Kahdi, Yasin), Jeddah, Saudi Arabia» e
– «Barakaat
International Foundation,
32 Con il regolamento (CE) della Commissione 19 ottobre
2001, n. 2062, che modifica per la terza volta il regolamento
n. 467/2001 (GU L 277, pag. 25), il nome del sig. Kadi
è stato aggiunto, assieme ad altri, all’allegato I di quest’ultimo regolamento.
33 Con il regolamento (CE) della Commissione 12
novembre 2001, n. 2199, che modifica per la quarta volta il regolamento
n. 467/2001 (GU L 295, pag. 16), il nome della Al Barakaat
è stato aggiunto, assieme ad altri, al detto allegato I.
34 Il 16 gennaio 2002 il Consiglio di sicurezza ha
adottato la risoluzione 1390 (2002), che stabilisce le misure da applicare
contro Osama bin Laden, i membri dell’organizzazione Al-Qaeda e i Talibani ed
altri individui, gruppi, imprese ed entità ad essi associati. Tale risoluzione
prevede in sostanza, ai suoi paragrafi 1 e 2, segnatamente, il mantenimento
delle misure di congelamento di capitali, imposte ai sensi dei paragrafi 4,
lett. b), della risoluzione 1267 (1999) e 8, lett. c), della
risoluzione 1333 (2000). A norma del paragrafo 3 della
risoluzione 1390 (2002), queste misure dovevano essere riesaminate dal
Consiglio di sicurezza dodici mesi dopo la loro adozione, periodo al termine
del quale esso avrebbe deciso se mantenerle o perfezionarle.
35 Ritenendo necessaria un’azione della Comunità al
fine di attuare quest’ultima risoluzione, il 27 maggio 2002 il Consiglio ha
adottato la posizione comune 2002/402/PESC, concernente misure restrittive nei
confronti di Osama bin Laden, dei membri dell’Organizzazione Al-Qaeda e dei
Talibani e di altri individui, gruppi, imprese ed entità ad essi associate e
che abroga le posizioni comuni 96/746/PESC, 1999/727/PESC, 2001/154/PESC e
2001/771/PESC (GU L 139, pag. 4). L’art. 3 della posizione
comune 2002/402 prescrive, tra l’altro, la prosecuzione del congelamento dei
capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche degli individui,
gruppi, imprese e entità quali figurano nell’elenco predisposto dal comitato
per le sanzioni secondo le risoluzioni 1267 (1999) e 1333 (2000).
36 Il 27 maggio 2002 il Consiglio ha adottato, sulla base
degli artt. 60 CE, 301 CE e 308 CE, il regolamento
controverso.
37 Secondo il quarto ‘considerando’ di tale
regolamento, poiché le misure previste, in particolare, dalla risoluzione 1390
(2002) del Consiglio di sicurezza «ricadono nell’ambito del trattato,
l’applicazione delle pertinenti decisioni del Consiglio di sicurezza richiede
una normativa comunitaria, nella misura in cui dette misure riguardano il
territorio della Comunità, in particolare per evitare distorsioni della
concorrenza».
38 L’art. 1 del regolamento controverso definisce
i «fondi» e il «congelamento dei fondi» in termini sostanzialmente identici a
quelli dell’art. 1 del regolamento n. 467/2001.
39 Ai termini dell’art. 2 del regolamento
controverso:
«1. Tutti i fondi
e le risorse economiche appartenenti a, o in possesso di, una persona fisica o
giuridica, gruppo o entità designat[i] dal comitato per le sanzioni ed
elencat[i] nell’allegato I sono congelati.
2. È
vietato mettere direttamente o indirettamente fondi a disposizione di una
persona fisica o giuridica, di un gruppo o di un’entità designati dal comitato
per le sanzioni ed elencati nell’allegato I, o stanziarli a loro vantaggio.
3. È
vietato mettere direttamente o indirettamente risorse economiche a disposizione
di una persona fisica o giuridica, [di] un gruppo o [di] un’entità designati
dal comitato per le sanzioni ed elencati nell’allegato I o destinarle a loro
vantaggio, per impedire così facendo che la persona, il gruppo o l’entità in
questione possa ottenere fondi, beni o servizi».
40 L’allegato I del regolamento controverso contiene
l’elenco delle persone, delle entità e dei gruppi per i quali l’art. 2 di
tale regolamento dispone il congelamento dei capitali. Tale elenco comprende in
particolare i nomi dell’entità e della persona seguenti:
– «Barakaat
International Foundation, Box 4036, Spanga, Stoccolma (Svezia); Rinkebytorget
1, 04, Spanga (Svezia)», e
– «Al-Qadi,
Yasin (alias KADI, Shaykh Yassin Abdullah; alias KAHDI, Yasin), Gedda (Arabia
Saudita)».
41 Il 20 dicembre 2002 il Consiglio di sicurezza delle
Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1452 (2002) allo scopo di agevolare il
rispetto degli obblighi in materia di lotta al terrorismo. Il paragrafo 1 di
tale risoluzione prevede un certo numero di deroghe ed eccezioni al
congelamento dei fondi e delle risorse economiche imposto dalle risoluzioni
1267 (1999) e 1390 (2002), che potranno essere applicate dagli Stati
per motivi umanitari, previa approvazione del comitato per le sanzioni.
42 Il 17 gennaio 2003 il Consiglio di sicurezza ha
adottato la risoluzione 1455 (2003), per il perfezionamento delle misure
imposte ai sensi dei paragrafi 4, lett. b), della risoluzione
1267 (1999), 8, lett. c), della risoluzione 1333 (2000) nonché 1
e 2 della risoluzione 1390 (2002). A norma del paragrafo 2 della
risoluzione 1455 (2003), tali misure sarebbero state nuovamente
perfezionate entro un termine di dodici mesi o anche prima, ove fosse risultato
necessario.
43 Ritenendo necessaria un’azione della Comunità al
fine di attuare la risoluzione 1452 (2002), il 27 febbraio 2003 il Consiglio ha
adottato la posizione comune 2003/140/PESC, concernente deroghe alle misure
restrittive imposte dalla posizione comune 2002/402/PESC (GU L 53,
pag. 62). L’art. 1 della posizione comune 2003/140 prevede che,
nell’attuare le misure di cui all’art. 3 della posizione comune 2002/402,
44 Il 27 marzo 2003 il Consiglio ha adottato il
regolamento (CE) n. 561/2003, che modifica, per quanto riguarda le deroghe
al congelamento dei capitali e delle risorse economiche, il regolamento
n. 881/2002 (GU L 82, pag. 1). Al quarto ‘considerando’ di
tale regolamento, il Consiglio fa presente che, alla luce della risoluzione
1452 (2002) del Consiglio di sicurezza, occorre modificare le misure
imposte dalla Comunità.
45 Ai termini dell’art. 1 del regolamento
n. 561/2003, il regolamento controverso è completato dal seguente articolo:
«Articolo
2 bis
1. L’articolo
2 non si applica ai capitali o alle risorse economiche quando:
a) una
qualsiasi delle autorità competenti degli Stati membri, elencate nell’allegato II,
ha deciso, su richiesta della persona fisica o giuridica interessata, che i
capitali o le risorse economiche in questione sono:
i) necessari
per coprire le spese di base, compresi i pagamenti relativi a generi alimentari,
affitti o ipoteche, medicinali e cure mediche, imposte, premi assicurativi e
servizi pubblici;
ii) destinati
esclusivamente al pagamento di onorari ragionevoli e al rimborso delle spese
sostenute per le prestazioni legali;
iii) destinati
esclusivamente al pagamento di diritti o di spese bancarie connessi alla
normale gestione dei fondi o delle risorse economiche congelati;
iv) necessari
per coprire spese straordinarie; e
b) tale
decisione è stata notificata al comitato per le sanzioni; e
c) i)
per le decisioni di cui alla lettera a), punti
i), ii) o iii), il comitato per le sanzioni non ha sollevato obiezioni al
riguardo entro 48 ore dalla notifica; oppure
ii) per
le decisioni di cui al norma della lettera a), punto iv), esse sono state
approvate dal comitato per le sanzioni.
2. Qualsiasi
persona che desideri beneficiare delle disposizioni di cui al paragrafo 1 ne fa
richiesta all’autorità competente dello Stato membro elencata nell’allegato II.
L’autorità competente elencata nell’allegato II
comunica senza indugio, per iscritto, alla persona che ha presentato la
richiesta e a tutte le altre persone, a tutti gli altri organismi e a tutte le altre entità direttamente interessati, se la
richiesta è stata accolta.
L’autorità competente comunica anche agli altri
Stati membri se la richiesta di deroga in questione è stata accolta.
3. I
fondi sbloccati e trasferiti all’interno della Comunità per il pagamento delle
spese o autorizzati a norma del presente articolo non sono soggetti ad
ulteriori misure restrittive a norma dell’articolo 2.
(…)».
Ricorsi dinanzi al Tribunale e sentenze impugnate
46 Con atti depositati presso la cancelleria del
Tribunale, il sig. Kadi e
47 Con ordinanze del presidente della Prima Sezione del
Tribunale, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è stato ammesso a
intervenire a sostegno delle conclusioni delle parti convenute in primo grado.
48 Nelle sentenze impugnate il Tribunale ha
preliminarmente deciso che si doveva ritenere che ciascuno dei ricorsi fosse,
da quel momento in poi, diretto unicamente contro il Consiglio, sostenuto dalla
Commissione e dal Regno Unito, e che avesse ad oggetto solo la domanda di
annullamento del regolamento controverso, nella parte in cui esso riguarda i
ricorrenti (sentenze impugnate Kadi, punto 58, nonché Yusuf e Al Barakaat,
punto 77).
49 A sostegno delle sue conclusioni il sig. Kadi
ha dedotto, nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, tre motivi di annullamento,
essenzialmente relativi alla violazione dei suoi diritti fondamentali. Il primo
motivo si riferiva alla violazione del diritto al contraddittorio, il secondo
alla violazione del diritto al rispetto della proprietà nonché del principio di
proporzionalità e il terzo alla violazione del diritto ad un controllo
giurisdizionale effettivo.
50 Da parte sua,
Sulla competenza del Consiglio in merito
all’adozione del regolamento controverso
51 Nelle sentenze impugnate il Tribunale ha anzitutto
esaminato la questione se il Consiglio fosse competente ad adottare il
regolamento controverso sul fondamento normativo degli artt. 60 CE,
301 CE e 308 CE, rilevando, al punto 61 della sentenza Kadi, che si
trattava di un motivo di ordine pubblico che poteva quindi essere esaminato
d’ufficio dal giudice comunitario.
52 Nella sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, il
Tribunale ha preliminarmente respinto la censura dei ricorrenti relativa alla
presunta mancanza di fondamento normativo del regolamento n. 467/2001.
53 Al punto 107 della citata sentenza, il Tribunale ha
infatti ritenuto opportuno chiarire tale aspetto, nonostante tale censura fosse
divenuta priva di oggetto per effetto dell’abrogazione di detto regolamento da
parte del regolamento controverso, ritendendo che i motivi su cui si fonda tale
rigetto costituissero una premessa al suo ragionamento in merito al fondamento
normativo di quest’ultimo regolamento, ormai l’unico ad essere oggetto del
ricorso d’annullamento.
54 A tal proposito, esso ha in primis respinto, ai
punti 112-116 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, l’argomento secondo
cui le misure controverse colpivano dei privati, per giunta cittadini di uno
Stato membro, mentre gli artt. 60 CE e 301 CE autorizzerebbero
il Consiglio unicamente a prendere misure nei confronti di paesi terzi.
55 Al punto 115 di tale sentenza il Tribunale ha
stabilito che, così come le sanzioni economiche o finanziarie possono
legittimamente colpire specificamente i dirigenti di un paese terzo, anziché il
paese in quanto tale, esse devono anche poter riguardare, in qualsiasi luogo si
trovino, le persone e le entità che sono associate a tali dirigenti o
direttamente o indirettamente da loro controllate.
56 Secondo il punto 116 della medesima sentenza, questa
interpretazione, non contraria alla lettera degli artt. 60 CE e
301 CE, è giustificata sia da considerazioni di efficacia sia da
preoccupazioni di ordine umanitario.
57 Il Tribunale ha quindi respinto, ai punti 117-121
della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, l’argomento secondo cui le misure
controverse avevano lo scopo non di interrompere o ridurre le relazioni
economiche con un paese terzo, bensì quello di combattere il terrorismo
internazionale e, in particolare, Osama bin Laden.
58 Infine, ai punti 122 e 123 di questa stessa
sentenza, esso ha respinto l’argomento secondo cui tali misure erano
sproporzionate rispetto all’obiettivo degli artt. 60 CE e
301 CE.
59 Quanto poi alle censure riguardanti il fondamento
normativo del regolamento controverso, il Tribunale ha stabilito in primo luogo
che, come sostenuto dal Consiglio e dalla Commissione, gli
artt. 60 CE e 301 CE non costituiscono, da soli, un fondamento
normativo sufficiente per il regolamento di cui trattasi (sentenze impugnate
Kadi, punti 92-97, nonché Yusuf e Al Barakaat, punti 128-133).
60 Esso ha in particolare rilevato che tale regolamento
mira ad attuare sanzioni cosiddette «intelligenti» («smart sanctions») di nuovo
tipo, caratterizzate dall’assenza di qualsiasi legame tra queste ultime e il
territorio o il regime dirigente di un paese terzo, poiché, dopo la caduta del
regime dei Talibani, le misure di cui trattasi, come previste dalla risoluzione
1390 (2002) sono state rivolte direttamente contro Osama bin Laden, la rete
Al-Qaeda e le persone ed entità loro associate.
61 Secondo il Tribunale, alla luce del tenore letterale
degli artt. 60 CE e 301 CE, specialmente delle espressioni «nei
confronti dei paesi terzi interessati» e «con uno o più paesi terzi» ivi
contenute, non è possibile ricorrere a detti articoli per applicare sanzioni di
questo nuovo tipo. Detti articoli consentirebbero infatti
solamente l’adozione di misure nei confronti di un paese terzo, che può
includere i dirigenti di un tale paese nonché persone ed entità associate a
detti dirigenti o da essi direttamente o indirettamente controllate. Tuttavia,
quando il regime interessato da queste misure non esiste più, non
sussisterebbero più sufficienti legami fra tali individui o entità e il paese
terzo interessato.
62 Il Tribunale ha stabilito, in secondo luogo, che il
Consiglio aveva correttamente ritenuto che l’art. 308 CE non
costituisse da solo un fondamento normativo adeguato per consentire l’adozione
del regolamento controverso (sentenze impugnate Kadi, punti 98-121, nonché
Yusuf e Al Barakaat, punti 134-157).
63 Esso ha deciso a tale proposito che la lotta al
terrorismo internazionale, in particolare mediante l’imposizione di sanzioni
economiche e finanziarie, quali il congelamento di capitali, nei confronti di
persone ed entità sospettate di contribuire al finanziamento del terrorismo
internazionale non può essere ricollegata ad alcun obiettivo esplicitamente
assegnato alla Comunità dagli artt. 2 CE e 3 CE (sentenze
impugnate Kadi, punto 116, nonché Yusuf e Al Barakaat, punto 152).
64 Secondo il Tribunale, le misure previste dal
regolamento controverso non possono infatti essere autorizzate chiamando in
causa l’obiettivo di instaurare una politica commerciale comune [art. 3,
n. 1, lett. b), CE], poiché le relazioni commerciali della Comunità
con un paese terzo non sono in discussione in un contesto come quello delle
cause di cui è investito. Non potrebbe neppure prendersi in considerazione l’obiettivo
di instaurare un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata
nel mercato interno [art. 3, n. 1, lett. g), CE], in quanto,
segnatamente, gli elementi di valutazione forniti al Tribunale non gli
consentivano di considerare che tale regolamento contribuisse effettivamente a
prevenire un rischio di ostacoli alla libera circolazione dei capitali o di
rilevanti distorsioni della concorrenza.
65 In terzo luogo, il Tribunale ha stabilito che il
Consiglio era comunque competente ad adottare il regolamento controverso, che
attua nella Comunità le sanzioni economiche e finanziarie previste dalla
posizione comune 2002/402, sul fondamento costituito dal combinato disposto
degli artt. 60 CE, 301 CE e 308 CE (sentenze impugnate
Kadi, punto 135, nonché Yusuf e Al Barakaat, punto 170).
66 In tale contesto, il Tribunale ha ritenuto
necessario tener conto del collegamento specificamente creato, in occasione
della revisione risultante dal Trattato di Maastricht, tra le azioni della
Comunità che comportano sanzioni economiche ai sensi degli
artt. 60 CE e 301 CE e gli obiettivi del Trattato UE in materia
di relazioni esterne (sentenze impugnate Kadi, punto 123, nonché Yusuf e
Al Barakaat, punto 159).
67 Secondo il Tribunale, gli artt. 60 CE e
301 CE sono disposizioni assolutamente particolari del Trattato CE
poiché prevedono espressamente che un’azione della Comunità possa risultare
necessaria per realizzare non uno degli obiettivi della Comunità, come definiti
dal Trattato CE, ma uno degli obiettivi specificamente assegnati
all’Unione europea dall’art. 2 UE, ossia l’attuazione di una politica
estera e di sicurezza comune (in prosieguo: la «PESC») (sentenze impugnate
Kadi, punto 124, nonché Yusuf e Al Barakaat, punto 160).
68 Nell’ambito degli artt. 60 CE e
301 CE, l’azione della Comunità è in realtà, secondo il Tribunale,
un’azione dell’Unione attuata sul fondamento del pilastro comunitario dopo che
il Consiglio ha adottato una posizione comune o un’azione comune a titolo della
PESC (sentenze impugnate Kadi, punto 125, nonché Yusuf e Al Barakaat,
punto 161).
Sull’osservanza dell’art. 249 CE
69 Nella sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, il
Tribunale ha poi esaminato un motivo sollevato esclusivamente nella causa che
ha dato origine a tale sentenza, secondo cui il regolamento controverso, in
quanto incide direttamente sui diritti dei privati e prescrive l’applicazione
di sanzioni individuali, non ha portata generale ed è quindi contrario
all’art. 249 CE. Detto regolamento non dovrebbe quindi essere
considerato come un regolamento, ma come un complesso di decisioni individuali.
70 Ai punti 184-188 di tale sentenza, il Tribunale ha
respinto detto motivo.
71 Al punto 186 della sentenza in esame, esso ha
stabilito che il regolamento controverso ha incontestabilmente portata generale
ai sensi dell’art. 249, secondo comma, CE, poiché vieta a chiunque di
mettere a disposizione di determinate persone capitali o risorse economiche.
72 Il Tribunale ha aggiunto che il fatto che tali persone
siano specificamente indicate nell’allegato I di tale regolamento, cosicché
sembra che quest’ultimo le riguardi direttamente e individualmente, ai sensi
dell’art. 230, quarto comma, CE, non pregiudica per niente la generalità
di tale divieto che vale erga omnes, come si evince in particolare
dall’art. 11 del regolamento stesso.
Sul rispetto di taluni diritti fondamentali
73 Per quanto concerne, infine, i motivi basati, in
entrambe le cause, sulla violazione dei diritti fondamentali dei ricorrenti, il
Tribunale ha ritenuto opportuno esaminare, in primo luogo, il legame tra
l’ordinamento giuridico internazionale creato dalle Nazioni Unite e gli
ordinamenti giuridici nazionali o l’ordinamento giuridico comunitario, nonché
in quale misura le competenze della Comunità e degli Stati membri siano
vincolate dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza adottate ai sensi del
capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite. Tale esame determinerebbe,
infatti, la portata del sindacato di legittimità, in particolare rispetto ai
diritti fondamentali, che il Tribunale ha il compito di esercitare su atti
comunitari che attuano siffatte risoluzioni. Solamente nei limiti in cui
venisse accertato che le presunte violazioni dei diritti fondamentali
rientravano effettivamente nel suo sindacato giurisdizionale e potevano
comportare l’annullamento del regolamento controverso, il Tribunale si sarebbe
pronunciato su tali asserite violazioni (sentenze impugnate Kadi,
punti 178-180, nonché Yusuf e Al Barakaat, punti 228-230).
74 Esaminando quindi, in un primo tempo, il legame tra
l’ordinamento giuridico internazionale creato dalle Nazioni Unite e gli
ordinamenti giuridici nazionali o l’ordinamento giuridico comunitario, il
Tribunale ha deciso che, sotto il profilo del diritto internazionale, gli Stati
membri, quali membri dell’ONU, sono tenuti a rispettare il principio della
prevalenza degli obblighi loro «derivanti dalla (...) Carta» delle Nazioni
Unite, sancito dall’art. 103 di quest’ultima, il che implica, segnatamente,
che l’obbligo previsto dall’art. 25 di detta Carta di eseguire le
decisioni del Consiglio di sicurezza, prevale su qualsiasi altro obbligo
convenzionale da essi assunto (sentenze impugnate Kadi, punti 181‑184,
nonché Yusuf e Al Barakaat, punti 231‑234).
75 Secondo il Tribunale, tale obbligo degli Stati
membri di rispettare il principio della preminenza degli obblighi assunti in
base alla Carta delle Nazioni Unite non è pregiudicato dal Trattato CE,
trattandosi di un obbligo risultante da una convenzione anteriore a
quest’ultimo e che rientra quindi nelle previsioni dell’art. 307 CE.
Oltretutto, l’art. 297 CE mirerebbe a garantire l’osservanza di tale
principio (sentenze impugnate Kadi, punti 185‑188, nonché Yusuf e Al
Barakaat, punti 235‑238).
76 Il Tribunale ne ha tratto la conclusione che le
risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza ai sensi del capitolo VII della
Carta delle Nazioni Unite hanno effetti vincolanti per gli Stati membri della
Comunità, che sono tenuti, in tale qualità, a prendere tutte le misure
necessarie ad assicurare la loro esecuzione e hanno la facoltà, e anche
l’obbligo, di disapplicare qualsiasi norma di diritto comunitario, seppur di
diritto primario o un principio generale del diritto comunitario, che ostacoli
la buona esecuzione degli obblighi assunti in base a tale Carta (sentenze
impugnate Kadi, punti 189 e 190, nonché Yusuf e Al Barakaat,
punti 239 e 240).
77 Tuttavia, secondo il Tribunale, tale effetto
obbligatorio delle risoluzioni in parola, derivante da un obbligo di diritto
internazionale, non si impone alla Comunità, poiché essa, in quanto tale, non è
direttamente vincolata alla Carta delle Nazioni Unite, non essendo né membro
dell’ONU, né destinataria delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza, né subentra
nei diritti e negli obblighi dei suoi Stati membri ai sensi del diritto
internazionale pubblico (sentenze impugnate Kadi, punto 192, nonché Yusuf
e Al Barakaat, punto 242).
78 Per contro, un siffatto effetto obbligatorio si
imporrebbe alla Comunità in forza del diritto comunitario (sentenze impugnate
Kadi, punto 193, nonché Yusuf e Al Barakaat, punto 243).
79 A tal proposito il Tribunale, riferendosi per
analogia, in particolare, al punto 18 della sentenza 12 settembre 1972, cause
riunite 21/72‑24/72, International Fruit Company e a.
(Racc. pag. 1219), ha stabilito che in tutti i casi in cui, in forza
del Trattato CE,
80 Al punto successivo di queste ultime sentenze il
Tribunale ha concluso, da un lato, che
81 Giunto così, in una fase successiva, a determinare la
portata del controllo di legittimità, segnatamente riguardo ai diritti
fondamentali che egli è tenuto ad esercitare su atti comunitari esecutivi di
risoluzioni delle Nazioni Unite, quale è il regolamento controverso, il
Tribunale ha in primis ricordato, ai punti 209 della sentenza impugnata Kadi e
260 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, che, secondo la
giurisprudenza,
82 Ai punti 212 della sentenza impugnata Kadi e 263
della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, il Tribunale ha tuttavia ritenuto
che nelle cause di cui era investito si ponesse la questione dell’esistenza di
limiti strutturali, imposti dal diritto internazionale generale o dal
Trattato CE stesso, al detto sindacato giurisdizionale.
83 A tal proposito, il Tribunale ha ricordato, ai punti
213 della sentenza impugnata Kadi e 264 della sentenza impugnata Yusuf e Al
Barakaat, che il regolamento controverso, adottato alla luce della posizione
comune 2002/402, costituisce l’attuazione a livello comunitario dell’obbligo
che incombe agli Stati membri, in quanto membri dell’ONU, di dare esecuzione,
eventualmente mediante un atto comunitario, alle sanzioni adottate contro Osama
bin Laden, la rete Al-Qaeda, i Talibani e altre persone, gruppi, imprese ed
entità associate, che sono state decise e successivamente inasprite da varie
risoluzioni del Consiglio di sicurezza adottate in base al capitolo VII della
Carta delle Nazioni Unite.
84 Ciò premesso, a parere del Tribunale,
85 Il Tribunale ne ha dedotto che la contestazione, ad
opera dei ricorrenti, della legittimità interna del regolamento controverso
significa chiedere al Tribunale di effettuare un controllo indiretto o
incidentale della legittimità delle risoluzioni attuate dal regolamento di cui
trattasi, alla luce dei diritti fondamentali, come tutelati nell’ordinamento
giuridico comunitario (sentenze impugnate Kadi, punti 215 e 216, nonché
Yusuf e Al Barakaat, punti 266 e 267).
86 Ai punti 217-225 della sentenza impugnata Kadi,
redatti in termini identici a quelli dei punti 268-276 della sentenza impugnata
Yusuf e Al Barakaat, il Tribunale ha stabilito quanto segue:
«217 Le
istituzioni e il Regno Unito invitano il Tribunale a declinare per principio
qualunque competenza a procedere a un siffatto controllo indiretto della
legittimità di tali risoluzioni che, in quanto norme di diritto internazionale
vincolanti per gli Stati membri della Comunità, s’imporrebbero nei suoi
confronti come nei confronti di tutte le istituzioni della Comunità. Tali parti
ritengono, in sostanza, che il controllo del Tribunale dovrebbe limitarsi, da
un lato, alla verifica del rispetto delle regole di forma, di procedura e di
competenza che s’imponevano, nella fattispecie, alle istituzioni comunitarie e,
dall’altro, alla verifica dell’adeguatezza e della proporzionalità dei provvedimenti
comunitari controversi rispetto alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che
essi attuano.
218 Si
deve riconoscere che una siffatta limitazione di competenze s’impone come
corollario dei principi sopra esposti, nell’ambito dell’esame dei rapporti tra
l’ordinamento giuridico internazionale creato dalle Nazioni Unite e
l’ordinamento giuridico comunitario.
219 Come
già esposto, le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza controverse sono state
adottate in base al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite. In tale
contesto, la determinazione di ciò che costituisce una minaccia contro la pace
e la sicurezza internazionale, nonché dei provvedimenti necessari a mantenerle
o a ristabilirle, rientra nell’esclusiva responsabilità del Consiglio di
Sicurezza e sfugge, in quanto tale, alla competenza delle autorità e dei
giudici nazionali comunitari, fatto salvo unicamente il diritto naturale di
legittima difesa, individuale o collettiva, di cui all’art. 51 della detta
Carta.
220 Dal
momento che, agendo in base al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, il
Consiglio di Sicurezza, tramite il suo comitato per le sanzioni, decide che i
capitali di determinate persone o entità devono essere congelati, la sua
decisione s’impone a tutti i membri delle Nazioni Unite, a norma
dell’art. 48 della Carta.
221 Alla
luce di quanto esposto ai precedenti punti 193‑204, l’affermazione di una
competenza del Tribunale a controllare in via incidentale la legittimità di una
decisione del genere in base allo standard di tutela dei diritti fondamentali
riconosciuti nell’ordinamento giuridico comunitario non può quindi
giustificarsi né sulla base del diritto internazionale né sulla base del
diritto comunitario.
222 Da
un lato, una tale competenza sarebbe incompatibile con gli impegni assunti
dagli Stati membri in base alla Carta delle Nazioni Unite, in particolare ai
suoi artt. 25, 48 e 103, nonché con l’art. 27 della Convenzione di
Vienna sul diritto dei trattati [sottoscritta a Vienna il 23 maggio 1969].
223 Dall’altro,
una tale competenza sarebbe contraria sia alle disposizioni del
Trattato CE, in particolare agli artt. 5 CE, 10 CE,
297 CE e 307, primo comma, CE, sia a quelle del Trattato UE, in
particolare all’art. 5 UE, ai sensi del quale il giudice comunitario
esercita le proprie attribuzioni alle condizioni e ai fini previsti dalle
disposizioni dei Trattati CE e UE. Essa sarebbe, inoltre, incompatibile
con il principio secondo il quale le competenze della Comunità e, pertanto,
quelle del Tribunale devono venir esercitate nel rispetto del diritto
internazionale (sentenze [24 novembre 1992, causa C‑286/90,] Poulsen e Diva Navigation, [Racc. pag. I‑6019],
punto 9, e [16 giugno 1998, causa C‑162/96,] Racke
[Racc. pag. I‑3655], punto 45).
224 Occorre
aggiungere che, alla luce in particolare dell’art. 307 CE e
dell’art. 103 della Carta delle Nazioni Unite, il fatto che siano menomati
i diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico comunitario, o i
principi di tale ordinamento, non può sminuire la validità di una risoluzione
del Consiglio di Sicurezza né la sua efficacia nel territorio della Comunità
(v., per analogia, sentenze della Corte 17 dicembre 1970,
causa 11/70, Internationale Handelsgesellschaft, Racc. pag. 1125,
punto 3; 8 ottobre 1986, causa 234/85, Keller, Racc. pag. 2897,
punto 7, e 17
ottobre 1989, cause riunite 97/87‑99/87, Dow Chemical Ibérica
e a./Commissione, Racc. pag. 3165, punto 38).
225 Si
deve dunque considerare che le controverse risoluzioni del Consiglio di
Sicurezza si sottraggono in via di principio al sindacato giurisdizionale del
Tribunale e che quest’ultimo non ha il potere di rimettere in causa, seppur in
via incidentale, la loro legittimità alla luce del diritto comunitario. Al
contrario, il Tribunale è tenuto, per quanto possibile, ad interpretare e
applicare tale diritto in modo che sia compatibile con gli obblighi degli Stati
membri derivanti dalla Carta delle Nazioni Unite».
87 Ai punti 226 della sentenza impugnata Kadi e 277
della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, il Tribunale ha dichiarato
tuttavia di essere competente a controllare, in via incidentale, la legittimità
delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza controverse alla luce dello ius cogens, inteso come un ordinamento
pubblico internazionale che s’impone nei confronti di tutti i soggetti del
diritto internazionale, compresi gli organi dell’ONU, e al quale non è
possibile derogare.
88 A tale proposito il Tribunale ha stabilito, ai punti
227-231 della sentenza impugnata Kadi, redatti in termini identici a quelli dei
punti 278-282 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, quanto segue:
«227 Bisogna rilevare, al riguardo, che
228
229 Tali
principi s’impongono sia ai membri dell’ONU sia ai suoi organi. Infatti, a
termini dell’art. 24, n. 2, della Carta delle Nazioni Unite, il
Consiglio di Sicurezza deve, nell’adempiere i suoi compiti inerenti alla
responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza
internazionale, agire “in conformità ai fini ed ai principi delle Nazioni
Unite”. I poteri sanzionatori che il Consiglio di Sicurezza possiede
nell’esercizio di tale responsabilità devono quindi essere usati nel rispetto
del diritto internazionale e, in particolare, dei fini e dei principi delle
Nazioni Unite.
230 Il
diritto internazionale consente così di considerare che esiste un limite al
principio dell’effetto vincolante delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza:
esse devono rispettare le norme imperative fondamentali dello ius cogens. In caso contrario, per
quanto improbabile, esse non vincolerebbero gli Stati membri dell’ONU né,
pertanto,
231 Il
sindacato giurisdizionale incidentale esercitato dal Tribunale nell’ambito di
un ricorso di annullamento di un atto comunitario adottato, senza esercizio di
alcun margine discrezionale, allo scopo di attuare una risoluzione del
Consiglio di Sicurezza può dunque, in via del tutto eccezionale, estendersi alla
verifica del rispetto delle norme superiori del diritto internazionale
appartenenti allo ius cogens e, in
particolare, delle norme imperative che riguardano la tutela universale dei
diritti dell’uomo, cui né gli Stati membri né le organizzazioni dell’ONU possono
derogare, poiché esse costituiscono “principi inderogabili del diritto
internazionale consuetudinario” (parere consultivo della Corte internazionale
di giustizia 8 luglio 1996, Liceità della minaccia o dell’impiego di armi
nucleari, Racc. 1996, pag. 226, punto 79; v. altresì, in tal senso,
[paragrafo 65 delle] conclusioni dell’avvocato generale Jacobs [nella causa che
ha dato luogo alla sentenza 30 luglio
1996, causa C‑84/95,] Bosphorus [Racc. pag. I‑3953])».
89 In particolare, per quanto concerne, in primo luogo,
l’asserita violazione del diritto fondamentale al rispetto della proprietà, il
Tribunale ha osservato, ai punti 237 della sentenza impugnata Kadi e 288 della
sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, che occorreva valutare se il congelamento
dei capitali previsto dal regolamento controverso, come modificato dal
regolamento n. 561/2003 e, indirettamente, dalle risoluzioni del Consiglio
di sicurezza attuate da tali regolamenti, violi i diritti fondamentali del
ricorrente.
90 Ai punti 238 della sentenza impugnata Kadi e 289
della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, il Tribunale ha deciso che non è
questo il caso della presente fattispecie alla luce dello standard di tutela
universale dei diritti fondamentali della persona umana appartenenti allo ius cogens.
91 A tale proposito, ai punti 239 e 240 della sentenza
impugnata Kadi nonché 290 e 291 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat il
Tribunale ha stabilito che le deroghe e le esenzioni all’obbligo di
congelamento dei capitali previste dal regolamento controverso, a seguito della
sua modifica ad opera del regolamento n. 561/2003, a sua volta in
esecuzione della risoluzione del Consiglio di sicurezza 1452 (2002), dimostrano
che tale misura non ha né lo scopo né l’effetto di assoggettare le persone
iscritte nell’elenco riassuntivo ad un trattamento disumano o degradante.
92 Ai punti 243-251 della sentenza impugnata Kadi
nonché 294-302 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat il Tribunale ha
inoltre dichiarato che il congelamento dei capitali non rappresenta una lesione
arbitraria, inadeguata o sproporzionata del diritto alla proprietà privata
degli interessati e, pertanto, non può essere ritenuto contrario allo ius cogens, considerate le seguenti
circostanze:
– le
misure di cui trattasi perseguono un obiettivo d’interesse generale
fondamentale per la comunità internazionale, vale a dire la lotta al terrorismo
internazionale, e l’ONU è legittimato a intraprendere un’azione di tutela
contro gli intrighi di organizzazioni terroristiche;
– il
congelamento dei capitali è una misura cautelare che, a differenza di una
confisca, non lede la sostanza stessa del diritto di proprietà degli
interessati sulle loro disponibilità finanziarie, ma soltanto l’utilizzo di
queste ultime;
– le
risoluzioni del Consiglio di sicurezza di cui trattasi prevedono un meccanismo
di riesame periodico del regime generale delle sanzioni;
– dette
risoluzioni predispongono una procedura che consente agli interessati di sottoporre
in qualsiasi momento il loro caso al comitato per le sanzioni ai fini di un
riesame, attraverso l’intermediazione dello Stato membro di cui sono cittadini
o residenti.
93 In secondo luogo, quanto all’asserita violazione del
diritto al contraddittorio, in particolare, per un verso, del preteso diritto
dei ricorrenti ad essere ascoltati dalle istituzioni comunitarie prima
dell’adozione del regolamento controverso, al punto 258 della sentenza
impugnata Kadi, cui corrisponde mutatis mutandis il punto 328 della sentenza
impugnata Yusuf e Al Barakaat, il Tribunale ha stabilito quanto segue:
«Orbene,
nella fattispecie, come si evince dalle osservazioni preliminari sul legame tra
l’ordinamento giuridico internazionale creato dalle Nazioni Unite e l’ordinamento
giuridico comunitario precedentemente formulate, le istituzioni comunitarie
erano tenute a recepire nell’ordinamento giuridico comunitario risoluzioni del
Consiglio di Sicurezza e decisioni del comitato per le sanzioni che non le
autorizzavano in nessun modo, in fase di concreta attuazione, a prevedere un
qualunque meccanismo comunitario di esame o di riesame delle sanzioni
individuali, giacché sia la sostanza delle misure controverse sia i meccanismi
di riesame (v. (...) punti 262 e seguenti) erano interamente di competenza del
Consiglio di Sicurezza e del suo comitato per le sanzioni. Di conseguenza, le
istituzioni comunitarie non disponevano di alcun potere d’indagine, di alcuna
possibilità di controllo dei fatti considerati dal Consiglio di Sicurezza e dal
comitato per le sanzioni, di alcun margine di discrezionalità in relazione a
tali fatti né di alcuna libertà discrezionale quanto all’opportunità di
adottare sanzioni nei confronti del ricorrente. Il principio di diritto
comunitario relativo al diritto al contraddittorio non si può applicare in
circostanze del genere in cui un’audizione dell’interessato non potrebbe in
nessun caso portare l’istituzione a rivedere la propria posizione».
94 Il Tribunale ne ha concluso, al punto 259 della sentenza
impugnata Kadi, che il Consiglio non era tenuto ad ascoltare il ricorrente
circa il fatto che il suo nome continuava a figurare nell’elenco delle persone
ed entità colpite dalle sanzioni, nel contesto dell’adozione e attuazione del
regolamento controverso, e, al punto 329 della sentenza impugnata Yusuf e Al
Barakaat, che il Consiglio non era tenuto ad ascoltare i ricorrenti in primo
grado prima dell’adozione del regolamento controverso.
95 Per quanto riguarda, per altro verso, la violazione
del preteso diritto dei ricorrenti di essere ascoltati dal comitato per le
sanzioni nell’ambito della loro inclusione nell’elenco riassuntivo, il
Tribunale ha osservato, ai punti 261 della sentenza impugnata Kadi e 306 della
sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, che un siffatto diritto non è previsto
dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza di cui trattasi.
96 Al punto 307 della sentenza impugnata Yusuf e Al
Barakaat esso ha inoltre stabilito che nessuna norma imperativa appartenente
all’ordinamento pubblico internazionale impone una preventiva audizione degli
interessati in circostanze analoghe a quelle di cui alla fattispecie.
97 Il Tribunale ha peraltro rilevato che le risoluzioni
del Consiglio di sicurezza controverse e i successivi regolamenti che hanno
dato loro attuazione all’interno della Comunità, sebbene non prevedano un
diritto di audizione individuale, instaurano tuttavia un meccanismo di riesame
delle situazioni individuali, prevedendo che gli interessati possano rivolgersi
al comitato per le sanzioni, ricorrendo alle loro autorità nazionali, allo
scopo di ottenere la propria cancellazione dall’elenco riassuntivo, oppure una
deroga al congelamento dei capitali (sentenze impugnate Kadi, punto 262,
nonché Yusuf e Al Barakaat, punto 309).
98 Facendo riferimento, ai punti 264 della sentenza
impugnata Kadi nonché 311 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, alle
«direttive per la condotta dei lavori del [comitato per le sanzioni]», come
adottate da detto comitato il 7 novembre 2002 ed emendate il 10 aprile 2003 (in
prosieguo: le «direttive del comitato per le sanzioni»), e, ai punti 266 della
sentenza impugnata Kadi e 313 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, a
varie risoluzioni del Consiglio di sicurezza, il Tribunale ha sottolineato, ai
punti citati, l’importanza che il Consiglio di sicurezza attribuisce, per
quanto possibile, ai diritti fondamentali delle persone incluse nell’elenco
riassuntivo e in particolare ai diritti della difesa.
99 Ai punti 268 della sentenza impugnata Kadi nonché
315 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, esso ha dichiarato che non
può essere ritenuto inammissibile alla luce delle norme imperative dell’ordine
pubblico internazionale il fatto, rilevato al punto precedente di ciascuna di
tali sentenze, che la procedura di riesame non conferisca direttamente agli
interessati stessi il diritto di farsi ascoltare dal comitato per le sanzioni,
unica autorità competente a pronunciarsi, su richiesta di uno Stato, circa il
riesame della loro situazione, cosicché essi dipendono, essenzialmente, dalla
tutela diplomatica che gli Stati accordano ai propri cittadini.
100 Il Tribunale ha aggiunto che gli interessati hanno
la possibilità di proporre un ricorso giurisdizionale fondato sul diritto
interno, persino direttamente sul regolamento controverso e sulle risoluzioni
pertinenti del Consiglio di sicurezza da esso attuate, contro un eventuale
rifiuto abusivo dell’autorità nazionale competente di sottoporre il loro caso
al comitato per le sanzioni al fine di un riesame (sentenze impugnate Kadi,
punto 270, nonché Yusuf e Al Barakaat, punto 317).
101 Il Tribunale ha inoltre stabilito che in circostanze
come quelle delle cause di cui è stato investito, ove si controverte di misure
cautelari che limitano la disponibilità dei beni degli interessati, il rispetto
dei diritti fondamentali degli stessi non esige che i fatti e gli elementi di
prova ritenuti a loro carico siano loro comunicati, dal momento che il
Consiglio di sicurezza o il comitato per le sanzioni ritengono che vi ostino
motivi riguardanti la sicurezza della comunità internazionale (sentenze
impugnate Kadi, punto 274, nonché Yusuf e Al Barakaat, punto 320).
102 Da quanto precede il Tribunale ha concluso, ai punti
276 della sentenza impugnata Kadi e 330 della sentenza impugnata Yusuf e Al
Barakaat, che il motivo dei ricorrenti relativo alla violazione del diritto al
contraddittorio doveva essere respinto.
103 Per quanto riguarda, infine, il motivo relativo alla
violazione del diritto ad un controllo giurisdizionale effettivo, il Tribunale
ha stabilito, ai punti 278-285 della sentenza impugnata Kadi, redatti in
termini sostanzialmente identici a quelli dei punti 333-340 della sentenza
impugnata Yusuf e Al Barakaat, quanto di seguito riportato:
«278 Nella
fattispecie, il ricorrente ha potuto proporre un ricorso di annullamento
dinanzi al Tribunale ai sensi dell’art. 230 CE.
279 Nell’ambito
di tale ricorso, il Tribunale esercita un controllo completo sulla legittimità
del regolamento [controverso] per quanto attiene al rispetto, da parte delle
istituzioni comunitarie, delle norme di competenza nonché delle norme di
legittimità esterna e delle forme sostanziali imposte al loro operato.
280 Il
Tribunale controlla parimenti la legittimità del regolamento [controverso] alla
luce delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che tale regolamento deve
attuare, segnatamente sotto il profilo dell’adeguatezza formale e sostanziale,
della coerenza interna e della proporzionalità del primo rispetto alle seconde.
281 Pronunciandosi
a titolo di tale controllo, il Tribunale constata che non è messo in dubbio che
il ricorrente sia effettivamente una delle persone fisiche incluse il 19
ottobre 2001 nell’elenco [riassuntivo].
282 Nell’ambito
del ricorso di annullamento in esame, il Tribunale si è inoltre riconosciuto
competente a controllare la legittimità del regolamento [controverso] e,
indirettamente, la legittimità delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza
controverse, alla luce delle norme superiori del diritto internazionale
appartenenti allo ius cogens,
segnatamente delle norme imperative sulla tutela universale dei diritti della
persona umana.
283 Per
contro, come già fatto presente al precedente punto 225, non spetta al
Tribunale controllare indirettamente la conformità delle stesse controverse
risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ai diritti fondamentali tutelati
dall’ordinamento giuridico comunitario.
284 Al
Tribunale non spetta neanche verificare l’assenza di errori di valutazione dei
fatti e degli elementi di prova che il Consiglio di Sicurezza ha considerato a
sostegno delle misure adottate né, fatto salvo l’ambito limitato definito al
precedente punto 282, controllare indirettamente l’opportunità e la
proporzionalità di tali misure. Un siffatto controllo non potrebbe essere
esercitato senza sconfinare nelle prerogative del Consiglio di Sicurezza ai
sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite in materia di
determinazione, in primo luogo, di una minaccia per la pace e la sicurezza
internazionale e, in secondo luogo, delle misure adeguate per farvi fronte o
rimediarvi. Del resto, sapere se un individuo o un’organizzazione rappresenti
una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale, così come sapere quali
misure vadano prese nei confronti degli interessati per bloccare tale minaccia,
implica una valutazione politica e giudizi di valore che, in via di principio,
attengono alla competenza dell’autorità cui la comunità internazionale ha
affidato la responsabilità principale del mantenimento della pace e della
sicurezza internazionale.
285 Si
deve quindi constatare che, nei limiti appena esposti al precedente punto 284,
il ricorrente non dispone di alcun rimedio giurisdizionale, poiché il Consiglio
di Sicurezza non ha ritenuto opportuno individuare un giudice internazionale
indipendente con il compito di decidere, in diritto e in fatto, dei ricorsi
diretti contro le decisioni individuali adottate dal comitato per le sanzioni».
104 Ai punti 286 della sentenza impugnata Kadi e 341
della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, il Tribunale ha stabilito che una
lacuna del genere nella tutela giurisdizionale dei ricorrenti non è tuttavia di
per sé contraria allo ius cogens.
105 A tale proposito, ai punti 288-290 della sentenza
impugnata Kadi, redatti in termini sostanzialmente identici a quelli dei punti
343-345 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, il Tribunale ha rilevato
quanto segue:
«288 Nella
fattispecie, il Tribunale considera che la limitazione del diritto del
ricorrente di adire un giudice, derivante dall’immunità di giurisdizione di cui
godono in via di principio, nell’ordinamento giuridico interno degli Stati
membri delle Nazioni Unite, le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza adottate
ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite secondo i principi
pertinenti del diritto internazionale (in particolare gli artt. 25 e 103
[di tale] Carta), è inerente a tale diritto, garantito dallo ius cogens.
289 Una
siffatta limitazione è giustificata sia in base alla natura delle decisioni che
il Consiglio di Sicurezza è portato ad adottare ai sensi del capitolo VII della
Carta delle Nazioni Unite sia in base allo scopo legittimo perseguito. Nelle
circostanze del caso di specie, l’interesse del ricorrente a ottenere che un
giudice esamini nel merito la sua causa non è sufficiente a prevalere
sull’interesse generale fondamentale a che la pace e la sicurezza
internazionali siano mantenute a fronte di una minaccia chiaramente
identificata dal Consiglio di Sicurezza, conformemente alle disposizioni della
Carta delle Nazioni Unite. A questo proposito bisogna attribuire un’importanza
significativa al fatto che, lungi dal prevedere misure [di] applicazione di
durata illimitata o indeterminata, le risoluzioni via via adottate dal
Consiglio di Sicurezza hanno sempre previsto un meccanismo di riesame
dell’opportunità di mantenere tali misure dopo un lasso di tempo di 12 o 18
mesi al massimo (…).
290 Infine,
il Tribunale rileva che, in mancanza di un giudice internazionale competente a
controllare la legittimità degli atti del Consiglio di Sicurezza, la
costituzione di un organo quale il comitato per le sanzioni e la possibilità,
prevista dai testi, di rivolgervisi in qualsiasi momento per riesaminare ogni
caso individuale, attraverso un meccanismo formalizzato che coinvolge sia il
“governo interpellato” sia il “governo proponente” (...), rappresentano un
altro ragionevole rimedio per tutelare adeguatamente i diritti fondamentali del
ricorrente riconosciuti dallo ius cogens».
106 Di conseguenza, il Tribunale ha respinto i motivi
basati su un’asserita violazione del diritto ad un controllo giurisdizionale
effettivo ed ha pertanto respinto integralmente i ricorsi.
Conclusioni delle parti in sede di impugnazione
107 Con il suo ricorso d’impugnazione il sig. Kadi
chiede alla Corte di:
– annullare
integralmente la sentenza impugnata Kadi;
– dichiarare
nullo il regolamento controverso, e
– condannare
il Consiglio e/o
108 Con il suo ricorso d’impugnazione
– annullare
la sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat;
– dichiarare
nullo il regolamento controverso, e
– condannare
il Consiglio e
109 Nei due procedimenti il Consiglio chiede alla Corte
di respingere l’impugnazione e di condannare i ricorrenti alle spese.
110 Nel procedimento C‑402/05 P
– dichiarare
che nessuno dei motivi sollevati dal ricorrente è tale da inficiare il
dispositivo della sentenza impugnata Kadi, pur sostituendo i motivi di
quest’ultima, come proposto nel suo controricorso;
– di
conseguenza, respingere l’impugnazione, e
– condannare
il ricorrente alle spese.
111 Nel procedimento C‑415/05 P
– respingere
l’impugnazione nella sua totalità, e
– condannare
la ricorrente alle spese.
112 Il Regno Unito propone un’impugnazione incidentale e
chiede alla Corte di:
– respingere
le impugnazioni, e
– annullare
la parte delle sentenze impugnate che tratta la questione dello ius cogens, vale a dire i punti 226-231
della sentenza impugnata Kadi nonché 277-281 della sentenza impugnata Yusuf e
Al Barakaat.
113 Il Regno di Spagna, autorizzato ad intervenire a
sostegno delle conclusioni del Consiglio con ordinanze del presidente della
Corte 27 aprile 2006 (procedimento C‑402/05 P) e 15 maggio 2006
(procedimento C‑415/05 P), chiede alla Corte di:
– respingere
in toto le impugnazioni dei ricorrenti e confermare integralmente le sentenze
impugnate;
– condannare
i ricorrenti alle spese;
– respingere
le richieste della Commissione con riferimento al primo motivo di ciascuna
impugnazione e confermare le sentenze impugnate, e
– condannare
– in
subordine, qualora
114
– respingere
le impugnazioni dei ricorrenti, accogliere le impugnazioni incidentali del
Regno Unito e procedere a una sostituzione dei motivi per quanto riguarda la
parte delle sentenze impugnate riguardante lo ius cogens, e
– condannare
i ricorrenti alle spese.
115 Il Regno dei Paesi Bassi, autorizzato ad intervenire
a sostegno delle conclusioni del Consiglio con ordinanze del presidente della
Corte 27 aprile 2006 (procedimento C 402/05 P) e 15 maggio 2006
(procedimento C 415/05 P), conclude, in entrambi i procedimenti, nel senso
del rigetto dell’impugnazione, purché
I motivi d’annullamento delle sentenze impugnate
116 Il sig. Kadi solleva due motivi basati, il
primo, sulla carenza di fondamento normativo del regolamento controverso e, il
secondo, sulla violazione di varie norme di diritto internazionale che sarebbe
stata commessa dal Tribunale e sulle conseguenze derivanti da tale violazione
in merito alla valutazione dei motivi relativi alla violazione di taluni
diritti fondamentali da esso invocati dinanzi al Tribunale.
117
118 Nell’ambito della propria impugnazione incidentale
il Regno Unito solleva un unico motivo relativo all’errore di diritto in cui
sarebbe incorso il Tribunale concludendo nelle sentenze impugnate di essere
competente ad esaminare la compatibilità delle risoluzioni del Consiglio di
sicurezza di cui trattasi con le norme dello ius cogens.
Sulle impugnazioni
119 Con ordinanza 13 novembre 2007 il presidente della
Corte ha disposto la radiazione del nome di Ahmed Ali Yusuf dal registro della
Corte a seguito del ritiro dell’impugnazione da esso introdotta, unitamente
alla Al Barakaat, nel procedimento C‑415/05 P.
120 Dopo aver sentito le parti e l’avvocato generale in
merito, i procedimenti in esame vanno riuniti ai fini della sentenza per
ragioni di connessione, a norma dell’art. 43 del regolamento di procedura
della Corte.
Sui motivi riguardanti il fondamento normativo
del regolamento controverso
Argomenti delle parti
121 Con il suo primo motivo il sig. Kadi sostiene
che il Tribunale è incorso in un errore di diritto stabilendo, al punto 135
della sentenza impugnata Kadi, che il regolamento controverso poteva essere
adottato sul fondamento combinato degli artt. 60 CE, 301 CE e
308 CE.
122 Tale
motivo è suddiviso in tre parti.
123 Con la prima parte il sig. Kadi afferma che il
Tribunale è incorso in un errore di diritto stabilendo che gli
artt. 60 CE e 301 CE possono essere considerati come costitutivi
di un fondamento normativo parziale per il regolamento controverso. Il
Tribunale non spiegherebbe peraltro in che modo tali disposizioni, che possono
fondare esclusivamente misure contro paesi terzi, possano essere considerate,
in combinato disposto con l’art. 308 CE, quale fondamento normativo
del detto regolamento, allorquando questo prevede esclusivamente misure dirette
contro persone ed entità non statali.
124 Con la seconda parte il sig. Kadi afferma che,
se gli artt. 60 CE e 301 CE dovessero essere considerati quale
fondamento normativo parziale del regolamento controverso, il Tribunale sarebbe
incorso in un errore di diritto interpretando erroneamente
l’art. 301 CE e la funzione di «collegamento» prevista da quest’ultimo,
poiché detto articolo non contempla in alcun caso il potere di assumere misure
intese a realizzare un obiettivo del Trattato UE.
125 Con la terza parte il sig. Kadi contesta al
Tribunale di aver commesso un errore di diritto interpretando l’art. 308 CE
quale fondamento normativo di una disciplina per la quale i poteri d’azione
necessari non sono previsti dal Trattato e che non era necessaria per
realizzare uno degli scopi della Comunità. Ai punti 122-134 della sentenza
impugnata Kadi, il Tribunale avrebbe erroneamente assimilato gli obiettivi dei
due ordinamenti giuridici, integrati ma distinti, costituiti dall’Unione e
dalla Comunità, disconoscendo in tal modo i limiti dell’art. 308 CE.
126 Una simile concezione sarebbe inoltre incompatibile
con il principio d’attribuzione previsto dall’art. 5 CE. A tal
proposito, dai punti 28-35 del parere 28 marzo 1996, 2/94
(Racc. pag. I‑1759), emergerebbe che la menzione di un
obiettivo nel Trattato UE non può rimediare all’assenza di tale obiettivo nell’elencazione
degli scopi del Trattato CE.
127 Il Consiglio e
128 Il Regno Unito sostiene, da parte sua, che
l’art. 308 CE è stato utilizzato quale meccanismo di completamento
delle competenze strumentali previste dagli artt. 60 CE e 301 CE
e che questi ultimi non costituiscono, quindi, il fondamento normativo parziale
del regolamento controverso. Il Regno di Spagna sviluppa in sostanza la
medesima argomentazione.
129 Per quanto concerne la seconda parte del citato
motivo, il Consiglio osserva che la ragione d’essere del collegamento previsto
dall’art. 301 CE è proprio quella di conferirgli il potere di
assumere misure intese a realizzare un obiettivo del Trattato UE.
130 Il Regno di Spagna,
131 Per quanto riguarda la terza parte del primo motivo
del sig. Kadi, il Consiglio rileva che la ragione d’essere del
collegamento previsto dall’art. 301 CE è proprio quella di
utilizzare, a titolo eccezionale, i poteri conferiti alla Comunità di imporre
sanzioni economiche e finanziarie per realizzare un obiettivo della PESC, e
quindi dell’Unione, anziché uno scopo della Comunità.
132 Il Regno Unito e gli Stati membri intervenienti in
sede di impugnazione condividono sostanzialmente questa posizione.
133 Il Regno Unito precisa la propria posizione
sottolineando che, a suo parere, l’azione prevista dal regolamento controverso
può essere considerata come un contributo per realizzare non un obiettivo
dell’Unione, ma uno scopo della Comunità, vale a dire quello, implicito,
puramente strumentale e soggiacente agli artt. 60 CE e 301 CE,
di fornire, ricorrendo esclusivamente a misure economiche coercitive, efficaci
strumenti di attuazione di atti adottati in base alla competenza attribuita
all’Unione dal titolo V del Trattato UE.
134 Secondo tale Stato membro, qualora la realizzazione di
questo obiettivo strumentale necessiti di forme di coercizione economica
eccedenti i poteri specificamente conferiti al Consiglio dagli
artt. 60 CE e 301 CE, risulta congruo ricorrere
all’art. 308 CE al fine di completare detti poteri.
135
136 A tale proposito,
– il
tenore letterale dell’art. 301 CE sarebbe sufficientemente ampio da ricomprendere
le sanzioni economiche assunte nei confronti di singoli laddove questi ultimi
si trovino in un paese terzo o vi siano associati ad altro titolo. I termini
«relazioni economiche» comprenderebbero un ampio ventaglio di attività.
Qualsiasi sanzione economica, ancorché avente ad oggetto un paese terzo, quale
un embargo, inciderebbe direttamente sui singoli interessati e solo
indirettamente sul paese stesso. Il testo dell’art. 301 CE, in
particolare il termine «parzialmente», non richiederebbe che una misura
parziale riguardi un segmento specifico dei paesi interessati, quale il governo
degli stessi. Consentendo alla Comunità di interrompere totalmente le relazioni
economiche con tutti i paesi, la disposizione in esame dovrebbe del pari
autorizzarla ad interrompere le relazioni economiche con un numero limitato di
individui in un numero limitato di paesi;
– la
coincidenza terminologica tra l’art. 41 della Carta delle Nazioni Unite e
l’art. 301 CE sottolineerebbe il chiaro intento dei redattori di
quest’ultima disposizione di prevedere una piattaforma per l’attuazione, ad
opera della Comunità, di qualsiasi misura assunta dal Consiglio di sicurezza
che richieda un’azione comunitaria;
– l’art. 301 CE
realizzerebbe un collegamento procedurale tra
137
138
139
140 In subordine,
141 In via di estremo subordine, essa sostiene che, se
l’art. 308 CE dovesse essere riconosciuto come fondamento normativo
del regolamento controverso, lo sarebbe a titolo di fondamento normativo unico,
in quanto il ricorso a tale disposizione si deve basare sulla considerazione che
l’azione della Comunità è necessaria per raggiungere uno degli scopi di
quest’ultima, e non, come stabilito dal Tribunale, per realizzare gli obiettivi
del Trattato UE, nella fattispecie quelli della PESC.
142 Si tratterebbe, nella fattispecie, dello scopo comunitario
rappresentato dalla politica commerciale comune, di cui all’art. 3,
n. 1, lett. b), CE, e di quello relativo alla libera circolazione dei
capitali, considerato implicitamente dall’art. 3, n. 1,
lett. c), CE, in combinato disposto con le norme rilevanti del
Trattato CE, vale a dire quelle dell’art. 56 CE, relativo alla
libera circolazione dei capitali con i paesi terzi. Le misure di cui trattasi,
in quanto produrrebbero effetti sugli scambi, indipendentemente dal fatto di
essere state adottate nell’ambito del perseguimento di obiettivi di politica
estera, rientrerebbero tra i citati scopi comunitari.
143 Il sig. Kadi, il Regno di Spagna,
– si
tratterebbe di un’interpretazione estensiva degli artt. 60 CE e
301 CE che traviserebbe la natura radicalmente diversa e nuova delle
sanzioni cosiddette «intelligenti» di cui trattasi, poiché queste ultime non
presentano più alcun legame con un paese terzo, interpretazione che sarebbe
azzardata in quanto tali articoli sono stati introdotti in un’epoca in cui le
sanzioni erano caratterizzate da un legame di tal genere;
– a
differenza delle sanzioni intelligenti di cui trattasi, un embargo totale
riguarda essenzialmente i dirigenti di un paese terzo, sui quali una misura
siffatta mira ad esercitare una pressione, e solo indirettamente gli operatori
economici del paese interessato, così che non si può sostenere che qualsiasi
sanzione, ivi compreso l’embargo, riguardi in primo luogo gli individui;
– a
differenza dell’art. 41 della Carta delle Nazioni Unite,
l’art. 301 CE avrebbe specificamente ad oggetto l’interruzione delle
relazioni economiche «con uno o più paesi terzi», di modo che non sarebbe
possibile trarre alcun argomento dalla somiglianza del tenore letterale di tali
due disposizioni;
– l’art. 301 CE
non sarebbe una semplice disposizione procedurale. Essa istituirebbe un
fondamento normativo nonché un procedimento specifico e conferirebbe alla
Comunità, all’evidenza, una competenza materiale;
– le
misure imposte dal regolamento controverso non riguarderebbero le relazioni
commerciali tra
– il
Tribunale avrebbe a giusto titolo stabilito che tali misure non contribuiscono
a prevenire un rischio di ostacoli alla libera circolazione dei capitali e che
l’art. 60, n. 2, CE non può valere quale fondamento di misure
restrittive adottate nei confronti di individui o entità. Poiché tale
disposizione ha esclusivamente ad oggetto misure nei confronti di paesi terzi,
le misure di cui trattasi avrebbero potuto essere
adottate solamente nell’ambito dell’art. 58, n. 1, lett. b), CE.
144 Anche la tesi sostenuta in subordine dalla
Commissione viene contestata dal sig. Kadi, nonché dal Regno di Spagna e
dalla Repubblica francese.
145 Non sarebbe consentito ricorrere
all’art. 133 CE o all’art. 57, n. 2, CE, in quanto le
misure previste dal regolamento controverso non riguardano le relazioni
commerciali con paesi terzi e non rientrano nella categoria dei movimenti di
capitali di cui all’art. 57, n. 2, CE.
146 Oltretutto, non potrebbe neppure sostenersi che il
regolamento controverso miri a realizzare uno degli scopi della Comunità ai
sensi dell’art. 308 CE. Infatti, lo scopo della libera circolazione
dei capitali sarebbe escluso, dal momento che l’applicazione della misura di
congelamento di capitali prevista da detto regolamento non potrebbe produrre
alcun rischio plausibile e serio di divergenze tra gli Stati membri. Neppure lo
scopo della politica commerciale comune sarebbe pertinente, in quanto il
congelamento dei beni di un individuo che non ha collegamenti con il governo di
un paese terzo non riguarderebbe gli scambi con tale paese e non perseguirebbe
un obiettivo di politica commerciale.
147 Nell’ipotesi in cui sia accolta la tesi da essa
sostenuta in via principale,
148 Nella stessa ipotesi, anche il Regno di Spagna e
149 Il sig. Kadi invece si oppone a tali domande,
affermando che il regolamento controverso costituisce una grave violazione di
diritti fondamentali. In ogni caso, dovrebbe prevedersi un’eccezione per
persone che, come il ricorrente, hanno già proposto un ricorso avverso tale
regolamento.
150 Con il suo primo motivo
151 Il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto
dichiarando, ai punti 160 e 164 di detta sentenza, che gli
artt. 60 CE e 301 CE non hanno esclusivamente ad oggetto la
realizzazione di un’azione della Comunità, ma possono altresì riguardare uno
degli obiettivi specificamente assegnati all’Unione dall’art. 2 UE, ossia
l’attuazione della PESC.
152 In secondo luogo,
153 Il Consiglio replica che il Tribunale ha
correttamente stabilito, al punto 161 della sentenza impugnata Yusuf e Al
Barakaat, che, considerato il collegamento di cui agli artt. 60 CE e
301 CE, le sanzioni imposte in base a tali disposizioni a seguito
dell’adozione di una posizione comune o di un’azione comune ai sensi della
PESC, che preveda l’interruzione o la riduzione delle relazioni economiche
della Comunità con uno o più paesi terzi, mirano a realizzare l’obiettivo della
PESC perseguito da tali atti dell’Unione.
154 Il Consiglio afferma inoltre che il Tribunale ha
giustamente ritenuto giustificato il ricorso all’art. 308 CE quale
fondamento normativo complementare del regolamento controverso, posto che tale
articolo serve esclusivamente a consentire l’estensione di sanzioni economiche
e finanziarie già previste dagli artt. 60 CE e 301 CE nei
confronti di individui o entità che non hanno legami sufficienti con un paese
terzo determinato.
155 Infine, il Consiglio ritiene che la critica della
ricorrente riguardo all’effettività e alla proporzionalità delle sanzioni
previste da tale regolamento sia irrilevante per quanto concerne l’adeguatezza
del fondamento normativo del regolamento stesso.
156 Relativamente a questa seconda censura, il Regno
Unito ritiene, del pari, che essa sia priva di rilevanza nell’ambito
dell’impugnazione proposta dalla Al Barakaat, dal momento che, conformemente al
punto 1 del dispositivo della sentenza impugnata, il Tribunale ha stabilito che
non era più necessario decidere in ordine alla legittimità del regolamento
n. 467/2001.
157 Quanto al resto, gli argomenti formulati dal Regno
di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Regno Unito nonché dalla Commissione
corrispondono, in sostanza, a quelli formulati da dette parti nell’ambito
dell’impugnazione del sig. Kadi.
Giudizio della Corte
158 Per quanto concerne, in primo luogo, le censure
sollevate dalla Al Barakaat contro i punti 112, 113, 115 e 116 della sentenza
impugnata Yusuf e Al Barakaat, occorre rilevare che detti punti hanno ad
oggetto il fondamento normativo del regolamento n. 467/2001.
159 Orbene, tale regolamento è stato abrogato dal
regolamento controverso e sostituito da quest’ultimo. Inoltre, come precisato
dal Tribunale al punto 77 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat senza
essere contraddetto dalla Al Barakaat in sede di
impugnazione, il ricorso da questa proposto dinanzi al Tribunale, dopo che essa
aveva adattato le proprie conclusioni e i propri motivi al regolamento
controverso, aveva esclusivamente ad oggetto la domanda di annullamento del
regolamento stesso, nella parte in cui esso la riguarda.
160 Di conseguenza, le censure di cui trattasi non
possono in alcun caso comportare l’annullamento della sentenza citata e devono
quindi essere considerate inoperanti.
161 In ogni caso, le considerazioni della sentenza
impugnata Yusuf e Al Barakaat cui tali censure fanno riferimento, qualificate
dal Tribunale come premesse del proprio ragionamento relativo al fondamento
normativo del regolamento controverso, sono riprese in punti successivi della
sentenza citata, nonché nella sentenza impugnata Kadi, e saranno esaminate
nell’ambito della valutazione dei motivi sollevati avverso tali punti.
162 Pertanto, non è necessario esaminare tali censure
nella parte in cui esse hanno ad oggetto il fondamento normativo del
regolamento n. 467/2001.
163 Occorre in secondo luogo pronunciarsi sulla
fondatezza della tesi sostenuta in via principale dalla Commissione, secondo
cui gli artt. 60 CE e 301 CE, considerato il loro tenore
letterale e il loro contesto, costituiscono da soli un fondamento normativo
appropriato e sufficiente per il regolamento controverso.
164 Questa
tesi è diretta contro i punti 92-97
della sentenza impugnata Kadi nonché 128-133 della sentenza impugnata Yusuf e
Al Barakaat, in cui il Tribunale si è pronunciato in senso contrario.
165 Detta
tesi dev’essere respinta.
166 Il Tribunale ha infatti giustamente stabilito che,
considerato il tenore letterale degli artt. 60 CE e 301 CE, in
particolare delle espressioni «nei confronti dei paesi terzi interessati» e
«con uno o più paesi terzi» ivi contenuti, tali disposizioni hanno ad oggetto
l’adozione di misure nei confronti di paesi terzi, laddove quest’ultima nozione
può includere i dirigenti di un tale paese e le persone ed entità associate a
tali dirigenti o da essi direttamente o indirettamente controllate.
167 Orbene, le misure restrittive previste dalla
risoluzione 1390 (2002), che il regolamento controverso intende attuare,
rappresentano misure caratterizzate dall’assenza di qualsiasi legame con il
regime dirigente di un paese terzo. Infatti, a seguito del crollo del regime
dei Talibani, tali misure sono rivolte direttamente contro Osama bin Laden, la
rete Al-Qaida nonché le persone ed entità ad essi associate, quali figurano
nell’elenco riassuntivo. Pertanto, esse non rientrano, in quanto tali,
nell’ambito d’applicazione degli artt. 60 CE e 301 CE.
168 Accogliere l’interpretazione degli
artt. 60 CE e 301 CE prospettata dalla Commissione, secondo cui
sarebbe sufficiente che le misure restrittive di cui trattasi riguardino
persone o entità che si trovano in un paese terzo o che vi sono associate ad
altro titolo, attribuirebbe a tali disposizioni una portata eccessivamente
ampia e non terrebbe assolutamente conto del requisito, derivante dai termini
stessi di queste ultime, secondo cui le misure decise sulla base delle citate
disposizioni devono essere assunte nei confronti di paesi terzi.
169 Inoltre, lo scopo essenziale e il contenuto del
regolamento controverso è quello di combattere il terrorismo internazionale, in
particolare di privarlo delle sue risorse finanziarie congelando i capitali e
le risorse economiche delle persone o entità che si sospetta siano implicate in
attività a questo connesse, e non quello di incidere sulle relazioni economiche
tra
170 Le misure restrittive previste dalla risoluzione
1390 (2002) e poste in essere dal regolamento controverso non possono infatti
essere considerate come misure intese a ridurre le relazioni economiche con
ciascuno di detti paesi terzi, né peraltro con taluni Stati membri della
Comunità, in cui si trovano persone o entità il cui nome sia incluso
nell’elenco riassuntivo riportato nell’allegato I di tale regolamento.
171 La tesi sostenuta dalla Commissione non può neppure essere
giustificata dall’espressione «parzialmente», di cui all’art. 301 CE.
172 Tale
espressione si riferisce,
infatti, all’eventuale limitazione della portata materiale o soggettiva delle
misure che possono eventualmente essere assunte nell’ambito di tale
disposizione. Essa non ha tuttavia alcuna incidenza sulla richiesta qualità dei
potenziali destinatari di tali misure e non può quindi giustificare
un’estensione dell’applicazione di queste ultime a destinatari non aventi alcun
legame con il regime dirigente di un paese terzo e che, pertanto, non rientrano
nell’ambito d’applicazione della disposizione stessa.
173 Né può essere accolto l’argomento della Commissione
relativo alla coincidenza terminologica tra l’art. 41 della Carta delle
Nazioni Unite e l’art. 301 CE, da cui essa deduce che quest’ultima
disposizione rappresenta una piattaforma per l’attuazione, da parte della
Comunità, di qualsiasi misura assunta dal Consiglio di sicurezza che richieda
un’azione comunitaria.
174 Infatti, l’art. 301 CE ha specificamente
ad oggetto l’interruzione delle relazioni economiche «con uno o più
paesi terzi», mentre una simile espressione non ricorre nell’art. 41 della
Carta delle Nazioni Unite.
175 Oltretutto, sotto altro profilo, neppure
l’ambito d’applicazione dell’art. 41 della Carta delle Nazioni Unite
coincide con quello dell’art. 301 CE, dal momento che la prima
disposizione consente l’adozione di una serie di misure diverse da quelle
oggetto della seconda, ivi comprese misure di natura sostanzialmente diversa da
quelle volte ad interrompere o ridurre relazioni economiche con paesi terzi,
quale la rottura delle relazioni diplomatiche.
176 Dev’essere respinto anche l’argomento della
Commissione secondo cui l’art. 301 CE realizzerebbe un collegamento
procedurale tra
177 Detta
interpretazione
dell’art. 301 CE è infatti idonea a ridurre l’ambito d’applicazione e
pertanto l’effetto utile di tale disposizione, dato che, alla luce del suo
stesso tenore letterale, essa ha ad oggetto l’adozione di misure riguardanti le
relazioni economiche con paesi terzi potenzialmente molto diverse, che quindi,
a priori, non devono essere limitate ai settori riconducibili ad altre
competenze materiali comunitarie come quelle in materia di politica commerciale
comune o di libera circolazione dei capitali.
178 L’interpretazione di cui trattasi non trova, del
resto, alcun supporto nel tenore letterale dell’art. 301 CE, dato che
questo attribuisce alla Comunità una competenza materiale la cui portata è, in
linea di principio, autonoma rispetto a quella di altre competenze comunitarie.
179 Occorre in terzo luogo esaminare la tesi esposta in
subordine dalla Commissione, secondo cui, se il regolamento controverso non
poteva essere adottato sulla base del solo fondamento normativo degli
artt. 60 CE e 301 CE, non sarebbe giustificato un ricorso
all’art. 308 CE poiché quest’ultima disposizione è applicabile,
segnatamente, solo qualora nessun’altra disposizione del Trattato CE
conferisca la competenza necessaria ai fini dell’adozione dell’atto di cui
trattasi. Orbene, le misure restrittive imposte dal regolamento stesso
sarebbero riconducibili ai poteri d’azione della Comunità, in particolare alle
competenze di quest’ultima in materia di politica commerciale comune e di
movimenti di capitali e di pagamenti.
180 A tal proposito, ai punti 100 della sentenza
impugnata Kadi e 136 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat il Tribunale
ha stabilito che nessuna disposizione del Trattato CE prevede l’adozione
di misure comparabili a quelle disposte dal regolamento controverso che
riguardino la lotta al terrorismo internazionale e, in particolare,
l’imposizione di sanzioni economiche e finanziarie, quali il congelamento di
capitali, nei confronti di persone ed entità sospettate di contribuire al
finanziamento del terrorismo internazionale, prive di qualsiasi legame con il
regime dirigente di un paese terzo, sicché il primo presupposto per
l’applicabilità dell’art. 308 CE risulta soddisfatto nella fattispecie.
181 Tale
conclusione dev’essere
approvata.
182 Infatti, secondo una giurisprudenza costante della
Corte, la scelta del fondamento normativo di un atto deve basarsi su elementi
oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano, in
particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto (v., in particolare, sentenza 23
ottobre 2007, causa C‑440/05, Commissione/Consiglio,
Racc. pag. I‑9097, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).
183 Orbene, un atto comunitario rientra nella competenza
in materia di politica commerciale comune prevista dall’art. 133 CE
solo se verte specificamente sugli scambi internazionali in quanto sia
sostanzialmente destinato a promuovere, facilitare o disciplinare gli scambi
commerciali ed abbia effetti diretti ed immediati sul commercio o gli scambi
dei prodotti interessati (v., in particolare, sentenza 12 maggio 2005, causa C‑347/03,
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e ERSA, Racc. pag. I‑3785,
punto 75 e giurisprudenza ivi citata).
184 Quanto allo scopo essenziale e al contenuto del
regolamento controverso, come esposto al punto 169 di questa sentenza, esso
mira a combattere il terrorismo internazionale e prevede a tal fine
l’applicazione di una serie di misure restrittive di natura economica e finanziaria
quale il congelamento dei capitali e delle risorse economiche nei confronti di
individui ed entità che si sospetta contribuiscano al finanziamento del
terrorismo internazionale.
185 Alla luce di tale scopo e di tale contenuto, non è
possibile ritenere che detto regolamento verta specificamente sugli scambi
internazionali, in quanto sarebbe sostanzialmente destinato a promuovere,
facilitare o disciplinare gli scambi commerciali.
186 Inoltre, se il regolamento in esame può certamente
produrre effetti sul commercio o sugli scambi internazionali, il suo scopo non
è chiaramente quello di produrre effetti diretti ed immediati di questo genere.
187 Il regolamento controverso non poteva quindi essere
fondato sulla competenza comunitaria in materia di politica commerciale comune.
188 Secondo
189 Anche quest’affermazione deve essere respinta.
190 Per quanto concerne, anzitutto, l’art. 57,
n. 2, CE, occorre rilevare che le misure restrittive imposte dal
regolamento controverso non rientrano in alcuna delle categorie elencate da
tale disposizione.
191 Quanto poi all’art. 60, n. 1, CE, neppure
tale disposizione può fondare il regolamento controverso, dal momento che il
suo ambito d’applicazione è determinato da quello dell’art. 301 CE.
192 Orbene, come già stabilito al punto 167 di questa
sentenza, quest’ultima disposizione non ha ad oggetto l’adozione di misure
restrittive quali quelle in questione, caratterizzate dall’assenza di qualsiasi
legame con il regime dirigente di un paese terzo.
193 Per quanto concerne, infine, l’art. 60,
n. 2, CE, si deve rilevare che quest’ultimo non prevede alcuna competenza
comunitaria in tal senso, dato che si limita a consentire agli Stati membri di
adottare, per taluni motivi eccezionali, misure unilaterali nei confronti di un
paese terzo per quanto concerne i movimenti di capitali e i pagamenti, fatto
salvo il potere del Consiglio di imporre allo Stato membro di modificare o
revocare tali misure.
194 Occorre, in quarto luogo, esaminare le censure
sollevate dal sig. Kadi, nell’ambito della seconda e della terza parte del
suo primo motivo, avverso i punti 122-135 della sentenza impugnata Kadi, dalla
Al Barakaat avverso i punti 158-170 della sentenza impugnata Yusuf e Al
Barakaat, nonché la critica formulata dalla Commissione avverso questi stessi
punti delle sentenze impugnate.
195 In detti punti, il Tribunale ha stabilito che il
regolamento controverso aveva potuto essere adottato in base al combinato
disposto degli artt. 60 CE, 301 CE e 308 CE, dal momento
che, considerato il collegamento specificamente creato tra le azioni della
Comunità che comportano sanzioni economiche ai sensi degli
artt. 60 CE e 301 CE, da un lato, e gli obiettivi del Trattato
UE in materia di relazioni esterne, dall’altro, il ricorso
all’art. 308 CE, nel contesto specifico considerato dai due primi
articoli, è giustificato per raggiungere simili obiettivi, nella fattispecie
l’obiettivo della PESC considerato dal regolamento controverso, vale a dire la
lotta al terrorismo internazionale e il finanziamento dello stesso.
196 A tal proposito, occorre rilevare che le sentenze
impugnate sono effettivamente viziate da un errore di diritto.
197 Infatti, se è corretto ritenere, come ha fatto il
Tribunale, che sia stato creato un collegamento tra le azioni della Comunità
che comportano sanzioni economiche ai sensi degli artt. 60 CE e
301 CE e gli obiettivi del Trattato UE in materia di relazioni esterne,
tra cui
198 Per quanto concerne specificamente
l’art. 308 CE, se si dovesse accogliere la posizione del Tribunale,
tale disposizione consentirebbe, nel contesto specifico degli
artt. 60 CE e 301 CE, l’adozione di atti comunitari aventi ad
oggetto non uno degli scopi della Comunità, bensì uno degli obiettivi propri del
Trattato UE in materia di relazioni esterne, tra cui vi è
199 Tuttavia, si deve necessariamente rilevare che una
siffatta concezione contrasta con il tenore letterale stesso
dell’art. 308 CE.
200 Infatti, per far ricorso a tale disposizione è
necessario che l’azione prevista, per un verso, si riferisca al «funzionamento
del mercato comune» e, per altro verso, miri a realizzare «uno degli scopi
della Comunità».
201 Orbene, quest’ultima nozione, alla luce della sua
formulazione chiara e precisa, non può in alcun caso essere intesa nel senso
che include gli obiettivi della PESC.
202 La coesistenza dell’Unione e della Comunità come
ordinamenti giuridici integrati ma distinti, nonché l’architettura
costituzionale dei pilastri, volute dagli autori dei trattati attualmente in
vigore, giustamente rilevate dal Tribunale ai punti 120 della sentenza
impugnata Kadi e 156 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat,
rappresentano inoltre considerazioni di natura istituzionale che depongono in senso
sfavorevole ad un’estensione del citato collegamento ad articoli del
Trattato CE diversi da quelli con cui esso introduce espressamente un
collegamento.
203 Peraltro, l’art. 308 CE, essendo parte integrante
di un ordinamento istituzionale basato sul principio delle competenze di
attribuzione, non può costituire il fondamento per ampliare la sfera dei poteri
della Comunità al di là dell’ambito generale risultante dal complesso delle
disposizioni del detto Trattato, in particolare di quelle che definiscono i
compiti e le azioni della Comunità (parere 2/94, cit., punto 30).
204 Del pari l’art. 3 UE, cui il Tribunale fa
riferimento ai punti 126-128 della sentenza impugnata Kadi nonché 162-164 della
sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, in particolare il secondo comma del
suddetto articolo, non può fungere da base per un ampliamento delle competenze
della Comunità al di là degli scopi comunitari.
205 L’incidenza di tale errore di diritto sulla validità
delle sentenze impugnate sarà esaminata successivamente, al termine della
valutazione delle altre censure sollevate avverso gli sviluppi di tali sentenze
relativi alla possibilità di includere l’art. 308 CE nel fondamento
normativo del regolamento controverso, in combinato disposto con gli
artt. 60 CE e 301 CE.
206 Tali altre censure possono essere suddivise in due
categorie.
207 La prima categoria comprende, segnatamente, la prima
parte del primo motivo del sig. Kadi, in cui si contesta al Tribunale di
essere incorso in un errore di diritto ammettendo che l’art. 308 CE
aveva potuto completare il fondamento normativo del regolamento controverso,
costituito dagli artt. 60 CE e 301 CE. Orbene, questi ultimi due
articoli non potrebbero rappresentare il fondamento normativo, ancorché
parziale, del regolamento controverso, in quanto, secondo l’interpretazione
fornita dal Tribunale stesso, non ricadono nell’ambito d’applicazione degli
articoli in esame quelle misure che riguardano persone o entità prive di
qualsiasi legame con il regime dirigente di un paese terzo, uniche destinatarie
del regolamento controverso.
208 Tale
critica può essere assimilata a
quella mossa dalla Commissione, secondo cui, se si doveva dichiarare
ammissibile il ricorso all’art. 308 CE, questo doveva essere
considerato come fondamento normativo unico, e non in combinato disposto con
gli artt. 60 CE e 301 CE.
209 La seconda categoria comprende le critiche della
Commissione nei confronti della decisione del Tribunale contenute ai punti 116
e 121 della sentenza impugnata Kadi nonché ai punti 152 e 157 della sentenza
impugnata Yusuf e Al Barakaat, secondo cui, ai fini dell’applicazione
dell’art. 308 CE, l’obiettivo del regolamento controverso, vale a
dire, a parere del Tribunale, la lotta al terrorismo internazionale e, in
particolare, l’imposizione di sanzioni economiche e finanziarie, quali misure
di congelamento di capitali, nei confronti di individui ed entità sospettati di
contribuire al suo finanziamento, non può ricollegarsi a uno degli scopi
assegnati dal Trattato alla Comunità.
210
211 Quanto alla prima categoria delle dette censure, è
necessario rammentare che l’art. 308 CE ha lo scopo di supplire
all’assenza di poteri di azione attribuiti espressamente o implicitamente alle
istituzioni comunitarie da specifiche disposizioni del Trattato CE, quando
poteri di tale genere dovessero apparire non di meno necessari affinché
212 Orbene, a giusto titolo il Tribunale ha stabilito
che l’art. 308 CE poteva essere incluso, unitamente agli
artt. 60 CE e 301 CE, nel fondamento normativo del regolamento
controverso.
213 Infatti, quest’ultimo, imponendo misure restrittive
di natura economica e finanziaria, rientra evidentemente nell’ambito
d’applicazione ratione materiae degli artt. 60 CE e 301 CE.
214 In tal senso, l’inclusione degli articoli citati nel
fondamento normativo del regolamento controverso era quindi giustificata.
215 Peraltro, dette disposizioni sono ascrivibili alla
prosecuzione di una prassi basata, prima dell’introduzione degli
artt. 60 CE e 301 CE ad opera del Trattato di Maastricht,
sull’art. 113 del Trattato CE (divenuto, a seguito di modifica,
art. 133 CE) (v., in tal senso, sentenze 17 ottobre 1995, causa C‑70/94,
Werner, Racc. pag. I‑3189, punti 8-10, e 14 gennaio 1997,
causa C‑124/95, Centro-Com, Racc. pag. I‑81,
punti 28 e 29), consistente nell’attribuire alla Comunità l’attuazione di
azioni decise nell’ambito della cooperazione politica europea e che implicavano
l’imposizione di misure restrittive di natura economica nei confronti di paesi
terzi.
216 Tuttavia, poiché gli artt. 60 CE e
301 CE non prevedono poteri d’azione espressi o impliciti per imporre
siffatte misure a destinatari non aventi alcun legame con il regime dirigente
di un paese terzo come quelle di cui al regolamento controverso, si poteva
supplire a tale assenza di potere, dovuta alle limitazioni nell’applicazione ratione personae delle disposizioni in
questione, facendo ricorso all’art. 308 CE quale fondamento normativo
del regolamento di cui trattasi, oltre ai due primi articoli, che fondano tale
atto dal punto di vista della sua portata materiale, purché, tuttavia,
risultassero soddisfatte tutte le altre condizioni richieste per
l’applicabilità dell’art. 308 CE.
217 Devono pertanto essere respinte, in quanto
infondate, le censure di cui alla prima categoria sopra citata.
218 Per quanto riguarda le altre condizioni di
applicabilità dell’art. 308 CE, occorre poi esaminare la seconda
categoria di censure, sopra citata.
219
220 Orbene, tale obiettivo rientrerebbe tra gli scopi
della Comunità ai sensi dell’art. 308 CE, in particolare quelli
relativi alla politica commerciale comune e alla libera circolazione dei
capitali.
221 Il Regno Unito afferma che l’obiettivo specifico del
regolamento controverso, puramente strumentale, vale a dire l’introduzione di
misure economiche coercitive, deve essere distinto dall’obiettivo sotteso al
medesimo, riconducibile alla PESC, relativo al mantenimento della pace e della
sicurezza internazionali. Orbene, tale obiettivo contribuirebbe a realizzare lo
scopo comunitario implicito sotteso agli artt. 60 CE e 301 CE
che è quello di fornire, ricorrendo esclusivamente a misure economiche
coercitive, efficaci strumenti di attuazione, di atti adottati nell’ambito
della PESC.
222 Occorre in proposito rilevare che l’obiettivo
perseguito dal regolamento controverso è di impedire immediatamente ai soggetti
associati ad Osama bin Laden, alla rete Al‑Qaeda e ai Talibani di
disporre di qualsiasi risorsa finanziaria ed economica, al fine di impedire il
finanziamento di attività terroristiche (sentenza 11
ottobre 2007, causa C‑117/06, Möllendorf e Möllendorf-Niehuus,
Racc. pag. I‑8361, punto 63).
223 Contrariamente a quanto stabilito dal Tribunale ai
punti 116 della sentenza impugnata Kadi nonché 152 della sentenza impugnata
Yusuf e Al Barakaat, tale obiettivo può essere ricollegato ad uno degli scopi
assegnati alla Comunità dal Trattato CE. Pertanto, le sentenze impugnate
sono altresì viziate da un errore di diritto su tale punto.
224 Occorre in proposito rammentare che, come chiarito
al punto 203 della presente sentenza, l’art. 308 CE, essendo parte
integrante di un ordinamento istituzionale basato sul principio dei poteri attribuiti,
non può costituire il fondamento per ampliare la sfera dei poteri della
Comunità al di là dell’ambito generale risultante dall’isieme delle
disposizioni del Trattato CE.
225 Orbene, l’obiettivo perseguito dal regolamento
controverso può essere ricollegato a uno degli scopi della Comunità ai sensi
dell’art. 308 CE, per cui l’adozione di tale regolamento non ha
rappresentato una violazione dell’ambito delle competenze comunitarie, come
risulta dal quadro generale costituito dall’insieme delle disposizioni del
Trattato CE.
226 Infatti, gli artt. 60 CE e 301 CE,
prevedendo una competenza comunitaria ad imporre misure restrittive di natura
economica allo scopo di porre in essere azioni decise nell’ambito della PESC,
sono l’espressione di un obiettivo implicito e soggiacente, vale a dire quello
di rendere possibile l’adozione di misure di tal genere mediante l’efficace
utilizzo di uno strumento comunitario.
227 Tale
obiettivo può essere considerato
costitutivo di uno scopo della Comunità ai sensi dell’art. 308 CE.
228 Detta
interpretazione è avvalorata
dall’art. 60, n. 2, CE. Infatti, se il primo comma di tale numero
prevede una competenza rigidamente circoscritta degli Stati membri ad assumere
misure unilaterali contro un paese terzo riguardanti i movimenti di capitali e
i pagamenti, tale competenza, ai termini di questo stesso comma, può essere
esercitata esclusivamente fintantoché non siano state adottate misure
comunitarie secondo quanto disposto dal n. 1 dell’articolo in questione.
229 L’attuazione di misure restrittive di natura
economica decise nell’ambito della PESC mediante uno strumento comunitario non
travalica il quadro generale risultante dall’insieme delle disposizioni del
Trattato CE, dal momento che misure siffatte, per loro natura, presentano
altresì un legame con il funzionamento del mercato comune, legame che, come
esposto al punto 200 della presente sentenza, rappresenta un ulteriore
requisito d’applicazione dell’art. 308 CE.
230 Infatti, se misure economiche e finanziarie quali
quelle imposte dal regolamento controverso, consistenti nel congelamento, in
linea di principio generalizzato, di tutti i capitali e le altre risorse
economiche delle persone e delle entità considerate, venissero applicate
unilateralmente da ciascuno Stato membro, una proliferazione di misure
nazionali siffatte sarebbe idonea a compromettere il funzionamento del mercato
comune. Misure di tal genere potrebbero in particolare avere un’incidenza sugli
scambi tra gli Stati membri, segnatamente per quanto riguarda il movimento dei
capitali e dei pagamenti, nonché sull’esercizio da parte degli operatori
economici del loro diritto di stabilimento. Potrebbero inoltre derivarne
distorsioni concorrenziali, posto che eventuali
divergenze tra le misure assunte unilateralmente dagli Stati membri potrebbero
favorire la posizione concorrenziale di taluni operatori economici o
pregiudicarla, senza che tali vantaggi o svantaggi siano basati su ragioni
economiche.
231 L’affermazione del Consiglio, al quarto
‘considerando’ del regolamento controverso, secondo cui è necessario adottare
una normativa comunitaria «in particolare per evitare distorsioni della
concorrenza» si rivela quindi, a tale proposito, pertinente.
232 È necessario, a questo punto, pronunciarsi
sull’incidenza che gli errori di diritto rilevati ai punti 196 e 223 della
presente sentenza hanno sulla validità delle sentenze impugnate.
233 Occorre ricordare che, ai sensi della
giurisprudenza, anche se dalla motivazione di una sentenza del Tribunale
risulta una violazione del diritto comunitario, mentre il dispositivo della
medesima sentenza appare tuttavia fondato per altri motivi di diritto, il
ricorso avverso tale sentenza dev’essere respinto (v., in particolare, sentenza
21 settembre 2006, causa C‑167/04 P, JCB Service/Commissione,
Racc. pag. I‑8935, punto 186 e giurisprudenza ivi citata).
234 Orbene, si deve necessariamente constatare che la
conclusione cui è giunto il Tribunale ai punti 135 della sentenza impugnata
Kadi nonché 158 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, quanto al
fondamento normativo del regolamento controverso, vale a dire che il Consiglio
era competente ad adottare tale regolamento sul fondamento costituito dal
combinato disposto degli artt. 60 CE, 301 CE e 308 CE,
risulta fondata per altri motivi di diritto.
235 Infatti, anche se, come stabilito ai punti 196-204
della presente sentenza, l’inclusione dell’art. 308 CE nel fondamento
normativo del regolamento controverso non può giustificarsi per il fatto che
tale atto perseguirebbe un obiettivo riconducibile alla PESC, detta
disposizione poteva ciononostante essere considerata fondamento di detto
regolamento dal momento che, come emerge dai punti 225-231 della presente sentenza,
è legittimo considerare che tale regolamento mira a realizzare uno scopo della
Comunità ed è inoltre collegato al funzionamento del mercato comune ai sensi
dell’art. 308 CE. Peraltro, l’aggiunta di tale articolo al fondamento
normativo del regolamento controverso ha consentito al Parlamento europeo di
partecipare al processo decisionale relativo alle misure in parola, che
riguardano specificamente individui, mentre nell’ambito degli
artt. 60 CE e 301 CE non è previsto alcun ruolo per la suddetta
istituzione.
236 Pertanto, i motivi sollevati avverso le sentenze
impugnate, nella parte in cui, con queste ultime, il Tribunale ha deciso che
gli artt. 60 CE, 301 CE e 308 CE rappresentano il legittimo
fondamento normativo del regolamento controverso, devono essere respinti, nel
loro complesso, in quanto infondati.
Sul motivo relativo alla violazione
dell’art. 249 CE
Argomenti delle parti
237 Con il suo secondo motivo,
238
239 Peraltro, sarebbe contraddittorio affermare, per un
verso, al punto 112 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, che si tratta
di misure restrittive che colpiscono direttamente individui od organizzazioni
e, per altro verso, al punto 188 della stessa sentenza, che tali misure non
hanno ad oggetto tali individui o organizzazioni, ma costituiscono una forma di
disposizioni d’esecuzione indirizzate ad altre persone.
240 Il Regno di Spagna e il Regno Unito, nonché il
Consiglio e
Giudizio della Corte
241 Il Tribunale ha correttamente stabilito, ai punti 184-188
della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, che il fatto che le persone e le
entità oggetto delle misure restrittive imposte dal regolamento controverso
siano specificamente indicate nell’allegato I di tale regolamento, cosicché
sembra che quest’ultimo le riguardi direttamente e individualmente, ai sensi
dell’art. 230, quarto comma, CE, non implica che l’atto in parola non
abbia una portata generale ai sensi dell’art. 249, secondo comma, CE, e
che esso non debba essere qualificato come regolamento.
242 Se è vero, infatti, che il regolamento controverso
impone misure restrittive alle persone e alle entità i cui nomi figurano
nell’elenco esaustivo costituito dal suo allegato I, elenco peraltro
regolarmente modificato mediante la soppressione o l’aggiunta di nomi, in modo
tale da mantenerne la conformità all’elenco riassuntivo, è necessario rilevare
che i destinatari di tale regolamento sono determinati in maniera generale ed
astratta.
243 Il regolamento controverso, al pari della
risoluzione 1390 (2002) che esso mira ad attuare, contiene un divieto, espresso
in termini di particolare ampiezza, di mettere a disposizione di tali persone o
entità capitali e risorse economiche (v., in tal senso, sentenza
Möllendorf e Möllendorf-Niehuus, cit., punti 50-55).
244 Orbene, come giustamente stabilito dal Tribunale ai
punti 186 e 188 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, tale divieto è
rivolto a chiunque possa materialmente detenere i capitali o le risorse
economiche in questione.
245 Quindi, il divieto di cui trattasi è applicabile in
circostanze come quelle della causa da cui è scaturita la citata sentenza
Möllendorf e Möllendorf-Niehuus, in cui si poneva la questione se il
regolamento controverso vieti la trascrizione definitiva del trasferimento di
proprietà di un bene immobile in un registro fondiario, a seguito della stipula
di un contratto di vendita, nel caso in cui uno degli acquirenti sia una
persona fisica iscritta nell’elenco di cui all’allegato I del detto
regolamento.
246 Infatti, al punto 60 della citata sentenza,
247 Alla luce di quanto precede, anche il motivo
sollevato dalla Al Barakaat con riferimento alla violazione
dell’art. 249 CE deve essere respinto in quanto infondato.
Sui motivi relativi alla violazione di taluni
diritti fondamentali
Sulle censure riguardanti la parte delle
sentenze impugnate, relativa ai limiti del controllo del giudice comunitario
della legittimità interna del regolamento controverso sotto il profilo dei
diritti fondamentali
248 Con la prima parte del suo secondo motivo il
sig. Kadi sostiene che la sentenza impugnata Kadi, laddove si pronuncia,
per un verso, sui rapporti tra l’ONU e i membri di tale organizzazione e, per
altro verso, sulle modalità di applicazione delle risoluzioni del Consiglio di
sicurezza, è viziata da errori di diritto quanto all’interpretazione dei
principi di diritto internazionale in questione, il che avrebbe generato altri
errori di diritto nel valutare i motivi relativi alla violazione di taluni
diritti fondamentali specifici del ricorrente.
249 Tale
parte contiene cinque censure.
250 Con la prima censura il sig. Kadi afferma che,
ai punti 183 e 184 della medesima sentenza, il Tribunale è incorso in un errore
di diritto confondendo la questione della prevalenza degli obblighi degli Stati
derivanti dalla Carta delle Nazioni Unite, sancita dall’art. 103 di
quest’ultima, con quella, analoga ma distinta, dell’effetto vincolante delle
decisioni del Consiglio di sicurezza di cui all’art. 25 della medesima
Carta.
251 Con la seconda censura il sig. Kadi rimprovera
al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto muovendo dalla premessa,
ai punti 217-225 della sentenza impugnata Kadi, secondo cui, al pari degli
obblighi di origine convenzionale, le risoluzioni adottate in base al capitolo
VII della Carta delle Nazioni Unite debbano essere automaticamente inserite
nella sfera di diritto e di competenza dei membri dell’ONU.
252 Con la terza censura il sig. Kadi sostiene che
il Tribunale è incorso in un errore di diritto nello stabilire, ai punti
212-225 nonché 283 e 284 della sentenza impugnata Kadi, di non avere alcun
potere che gli consenta di controllare la legittimità delle risoluzioni del
Consiglio di sicurezza adottate in base al capitolo VII della Carta delle
Nazioni Unite.
253 Con la quarta censura il sig. Kadi sostiene che
il ragionamento svolto dal Tribunale ai punti 225-232 di tale sentenza in
merito allo ius cogens presenta una
sostanziale incoerenza, in quanto, se dovesse essere accolto, il principio
secondo cui le risoluzioni del Consiglio di sicurezza non possono essere
oggetto di alcun controllo giurisdizionale e beneficiano in tal senso di
un’immunità giurisdizionale dovrebbe applicarsi in maniera generale, senza che
le questioni riconducibili allo ius cogens costituiscano un’eccezione a tale
principio.
254 Con la quinta censura il sig. Kadi osserva che
la circostanza che il Consiglio di sicurezza non abbia individuato un giudice
internazionale indipendente con il compito di decidere, in diritto e in fatto,
dei ricorsi diretti contro le decisioni individuali adottate dal comitato per
le sanzioni non implica né che gli Stati membri non abbiano alcun legittimo
potere, adottando misure ragionevoli, di migliorare la constatazione dei fatti
soggiacente all’imposizione delle sanzioni e l’identificazione delle persone
cui esse sono dirette, né che sia loro vietato istituire un ricorso
appropriato, in forza del margine di tolleranza di cui dispongono
nell’esecuzione dei loro obblighi.
255 Nella replica il sig. Kadi, facendo riferimento
alla citata sentenza
Bosphorus, sostiene inoltre che il diritto comunitario esige che tutte le
misure legislative comunitarie siano assoggettate al controllo giurisdizionale
esercitato dalla Corte, il quale ha altresì ad oggetto il rispetto dei diritti
fondamentali, anche se all’origine della misura di cui trattasi vi sia un atto
di diritto internazionale quale una risoluzione del Consiglio di sicurezza.
256 Fintantoché il diritto delle Nazioni Unite non offra
un’adeguata tutela a coloro che dichiarano di essere stati lesi nei loro
diritti fondamentali, dovrebbe esservi un controllo degli atti adottati dalla
Comunità allo scopo di attuare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza.
Orbene, secondo il sig. Kadi, la procedura di riesame dinanzi al comitato
per le sanzioni, basata sulla tutela diplomatica, non offre una protezione dei
diritti dell’uomo equivalente a quella garantita dalla Convenzione europea
sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata
a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), come richiesta dalla Corte
europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Hava Yolları Turizm ve
Ticaret Anonim Şirketi (Bosphorus Airways) c. Irlanda del 30 giugno 2005 (Recueil
des arrêts et décisions 2005-VI,& 155).
257 Il sig. Kadi afferma che tale argomentazione,
subordinata rispetto agli argomenti basati sul diritto internazionale, viene
sollevata per il caso in cui
258 Del resto, tale censura rappresenterebbe non un
motivo nuovo, bensì uno sviluppo dell’affermazione fondamentale, formulata nel
ricorso d’impugnazione, secondo cui
259 Con la prima parte del suo terzo motivo,
260 Una risoluzione del Consiglio di sicurezza, di per
sé stessa vincolante nell’ambito del diritto internazionale pubblico, potrebbe
produrre un effetto giuridico nei confronti di singoli all’interno di uno Stato
solo se attuata in conformità della legge vigente.
261 Orbene, non sussisterebbe alcun fondamento giuridico
che consenta di sostenere l’esistenza di un trattamento particolare o di
un’eccezione per l’attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza,
secondo cui un regolamento comunitario volto a una siffatta attuazione non
dovrebbe essere conforme alle norme comunitarie relative all’adozione di
regolamenti.
262 Al contrario,
263 Tuttavia, contrariamente al Tribunale, le parti
citate ritengono che il giudice comunitario non possa esercitare alcun
controllo della legittimità interna delle risoluzioni del Consiglio di
sicurezza. Esse criticano quindi il Tribunale per aver deciso che un siffatto
controllo è possibile con riferimento allo ius
cogens.
264 Le sentenze impugnate, nella parte in cui ammettono
un’eccezione in tal senso, senza tuttavia individuarne il fondamento normativo,
segnatamente sulla base delle disposizioni del Trattato, sarebbero incoerenti,
dal momento che gli argomenti che escludono, in maniera generale, l’esercizio
di un controllo giurisdizionale da parte del giudice comunitario delle
risoluzioni del Consiglio di sicurezza deporrebbero altresì contro il
riconoscimento di una competenza in tal senso con riferimento al solo ius cogens.
265 Inoltre,
266 Una norma dovrebbe essere qualificata come ius cogens solo qualora non ammetta
alcuna deroga. Orbene, i diritti fatti valere nella fattispecie – il diritto a
un equo processo e il diritto al rispetto della proprietà – sarebbero oggetto
di limiti e di eccezioni.
267 Il Regno Unito propone a tale proposito
un’impugnazione incidentale, chiedendo l’annullamento della parte delle
sentenze impugnate riguardante lo ius
cogens, vale a dire i punti 226-231 della sentenza impugnata Kadi nonché
277-281 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat.
268
269 Da parte sua,
270 Infatti, dal momento che, ai sensi
dell’art. 24, n. 2, della Carta delle Nazioni Unite, il Consiglio di
sicurezza è vincolato dagli scopi e dai principi delle Nazioni Unite, tra cui
vi è, ai sensi dell’art. 1, n. 3, di detta Carta, lo sviluppo e la
promozione dei diritti dell’uomo, un atto adottato da tale organo in violazione
di questi ultimi, ivi inclusi i diritti fondamentali dei soggetti coinvolti,
potrebbe essere considerato come adottato ultra
vires e, pertanto, come non vincolante per
271
272 Nell’ipotesi in cui dovesse comunque ammettersi
l’esercizio di un controllo siffatto,
273 Orbene, ciò non avverrebbe nella fattispecie, data
l’esistenza della procedura di riesame dinanzi al comitato per le sanzioni e
posto che deve presumersi che il Consiglio di sicurezza abbia ponderato le
esigenze imperative della sicurezza internazionale in questione e i diritti
fondamentali di cui trattasi.
274 Per quanto concerne i principi affermati nella citata sentenza Bosphorus,
275 Peraltro, il Regno Unito ritiene che l’argomento del
sig. Kadi secondo cui la legittimità di qualsiasi normativa adottata dalle
istituzioni comunitarie allo scopo di attuare una risoluzione del Consiglio di
sicurezza rimane assoggettata, in forza del diritto comunitario, all’integrale
controllo della Corte indipendentemente dalla sua origine, essendo stato
formulato per la prima volta nella replica del ricorrente, costituisca un
motivo nuovo. Pertanto, in conformità agli artt. 42, n. 2, e 118 del
regolamento di procedura della Corte, tale argomento dovrebbe essere respinto.
276 In subordine, il suddetto Stato membro sostiene che
lo speciale statuto delle risoluzioni adottate ai sensi del capitolo VII della
Carta delle Nazioni Unite, risultante dal combinato disposto degli
artt. 25, 48 e 103 di tale Carta e riconosciuto
dall’art. 297 CE, implica che l’azione condotta da uno Stato membro
per eseguire i propri obblighi ai fini del mantenimento della pace e della
sicurezza internazionali sia esente da qualsiasi ricorso basato sul diritto
comunitario. La prevalenza di obblighi siffatti si estenderebbe, evidentemente,
ai principi del diritto comunitario di natura costituzionale.
277 Questo stesso Stato membro sostiene che, nella citata sentenza Bosphorus,
Giudizio della Corte
278 Occorre preliminarmente respingere l’eccezione di
irricevibilità sollevata dal Regno Unito in merito all’argomento addotto dal
sig. Kadi nella sua replica, secondo cui la legittimità di qualsiasi
normativa adottata dalle istituzioni comunitarie, compresa quella mirante ad
attuare una risoluzione del Consiglio di sicurezza, rimane assoggettata, in
forza del diritto comunitario, all’integrale controllo della Corte,
indipendentemente dalla sua origine.
279 Infatti, come sostenuto dal sig. Kadi, si
tratta di un argomento aggiuntivo che rappresenta l’ampliamento del motivo
enunciato, quantomeno implicitamente, in precedenza nell’ambito del ricorso
d’impugnazione e che presenta uno stretto legame con tale motivo, secondo cui
280 Si devono esaminare le censure con le quali i
ricorrenti contestano al Tribunale di avere stabilito, in sostanza, che dai
principi che disciplinano il concatenarsi dei rapporti tra l’ordinamento
giuridico internazionale creato dalle Nazioni Unite e l’ordinamento giuridico
comunitario discende che il regolamento controverso, poiché mira ad attuare una
risoluzione adottata dal Consiglio di sicurezza in base al capitolo VII della
Carta delle Nazioni Unite che non lascia alcun margine a tal fine, non può
essere oggetto di un controllo giurisdizionale quanto alla sua legittimità
interna, salvo per quanto concerne la sua compatibilità con le norme
riconducibili allo ius cogens, e beneficia dunque in tal senso di un’immunità
giurisdizionale.
281 Occorre rammentare in proposito che
282 Si deve del pari ricordare che un accordo
internazionale non può pregiudicare il sistema delle competenze definito dai
Trattati e, di conseguenza, l’autonomia dell’ordinamento giuridico comunitario
di cui
283 Inoltre, secondo una costante giurisprudenza, i
diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto
di cui
284 Emerge altresì dalla giurisprudenza della Corte che
il rispetto dei diritti dell’uomo rappresenta una condizione di legittimità
degli atti comunitari (parere 2/94, cit., punto 34) e che nella Comunità
non possono essere consentite misure incompatibili con il rispetto di questi
ultimi (sentenza
12 giugno 2003, causa C‑112/00, Schmidberger, Racc. pag. I‑5659,
punto 73 e giurisprudenza ivi citata).
285 Da tutti gli elementi citati emerge che gli obblighi
imposti da un accordo internazionale non possono avere l’effetto di
compromettere i principi costituzionali del Trattato CE, tra i quali vi è
il principio secondo cui tutti gli atti comunitari devono rispettare i diritti
fondamentali, atteso che tale rispetto costituisce il presupposto della loro
legittimità, che spetta alla Corte controllare nell’ambito del sistema completo
di mezzi di ricorso istituito dal Trattato stesso.
286 In proposito è necessario sottolineare come, in un
contesto quale quello della fattispecie, il controllo di legittimità che deve
essere in tal modo garantito dal giudice comunitario abbia ad oggetto l’atto
comunitario volto ad attuare l’accordo internazionale in questione, e non
quest’ultimo in quanto tale.
287 Per quanto riguarda, in particolare, un atto
comunitario che, come il regolamento controverso, mira ad attuare una
risoluzione del Consiglio di sicurezza adottata in base al capitolo VII della
Carta delle Nazioni Unite, non spetta quindi al giudice comunitario,
nell’ambito della competenza esclusiva prevista dall’art. 220 CE,
controllare la legittimità di una tale risoluzione adottata dal citato organo
internazionale, quand’anche tale controllo si limitasse all’esame della
compatibilità di tale risoluzione con lo ius
cogens.
288 Peraltro,l’eventuale sentenza di un giudice
comunitario con cui si stabilisse che un atto comunitario volto ad attuare una
risoluzione siffatta è contrario a una norma superiore facente parte
dell’ordinamento giuridico comunitario non rimetterebbe in discussione la
prevalenza di tale risoluzione sul piano del diritto internazionale.
289 Infatti,
290 Si deve pertanto verificare se, come stabilito dal
Tribunale, i principi che disciplinano il concatenarsi dei rapporti tra
l’ordinamento giuridico internazionale creato dalle Nazioni Unite e
l’ordinamento giuridico comunitario implichino che un controllo giurisdizionale
della legittimità interna del regolamento controverso sotto il profilo dei
diritti fondamentali sia in linea di principio escluso, nonostante il fatto
che, come emerge dalla giurisprudenza richiamata ai punti 281-284 della
presente sentenza, un tale controllo costituisca una garanzia costituzionale
che fa parte dei fondamenti stessi della Comunità.
291 A tale proposito, occorre anzitutto rammentare che
le competenze della Comunità devono essere esercitate nel rispetto del diritto
internazionale (citate sentenze Poulsen e Diva Navigation, punto 9, nonché
Racke, punto 45), e che
292 Oltretutto,
293 Il rispetto degli impegni assunti nell’ambito delle
Nazioni Unite si impone anche nel settore del mantenimento della pace e della
sicurezza internazionali, in sede di attuazione ad opera della Comunità,
mediante l’adozione di atti comunitari ai sensi degli artt. 60 CE e
301 CE, di risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza in base al
capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite.
294 Nell’esercizio di quest’ultima competenza,
295 È necessario poi rilevare che le competenze previste
dagli artt. 60 CE e 301 CE possono essere esercitate
esclusivamente a seguito dell’adozione di una posizione comune o di un’azione
comune in forza delle disposizioni del Trattato UE relative alla PESC che
preveda un’azione della Comunità.
296 Orbene, qualora, in conseguenza dell’adozione di un
atto del genere,
297
298 Occorre tuttavia rilevare che
299 Da tutte le considerazioni svolte emerge che i
principi che disciplinano l’ordinamento giuridico internazionale creato dalle
Nazioni Unite non implicano che un controllo giurisdizionale della legittimità
interna del regolamento controverso sotto il profilo dei diritti fondamentali
sia escluso per il fatto che l’atto in questione mira ad attuare una
risoluzione del Consiglio di sicurezza adottata in base al capitolo VII della
Carta delle Nazioni Unite.
300 Una simile immunità giurisdizionale di un atto
comunitario, quale il regolamento controverso, come corollario del principio di
prevalenza sul piano del diritto internazionale degli obblighi derivanti dalla
Carta delle Nazioni Unite, in particolare di quelli relativi all’attuazione
delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza adottate in base al capitolo VII
di tale Carta, non trova del resto alcun fondamento nell’ambito del
Trattato CE.
301 È certamente vero che
302 È altresì vero che l’art. 297 CE consente
implicitamente che si pongano ostacoli al funzionamento del mercato comune
conseguenti a misure adottate da uno Stato membro allo scopo di attuare impegni
internazionali da esso assunti per mantenere la pace e la sicurezza
internazionali.
303 Tuttavia, tali disposizioni non possono essere
intese nel senso che autorizzano una deroga ai principi di libertà, di
democrazia nonché di rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali sanciti dall’art. 6, n. 1, UE quale fondamento
dell’Unione.
304 L’art. 307 CE non potrebbe infatti in
alcun caso consentire di mettere in discussione i principi che fanno parte dei
fondamenti stessi dell’ordinamento giuridico comunitario, tra i quali quello
della tutela dei diritti fondamentali, che include il controllo, ad opera del
giudice comunitario, della legittimità degli atti comunitari quanto alla loro
conformità a tali diritti fondamentali.
305 Un’immunità giurisdizionale del regolamento
controverso relativamente al controllo della sua compatibilità con i diritti
fondamentali, che trovi origine in un’asserita prevalenza assoluta delle
risoluzioni del Consiglio di sicurezza che tale atto intende attuare, non
potrebbe neppure basarsi sulla posizione assunta dagli obblighi derivanti dalla
Carta delle Nazioni Unite nella gerarchia delle norme dell’ordinamento
giuridico comunitario, qualora tali obblighi fossero classificati in tale
gerarchia.
306 Infatti, l’art. 300, n. 7, CE dispone che
gli accordi conclusi alle condizioni indicate in detto articolo siano
vincolanti per le istituzioni della Comunità e per gli Stati membri.
307 Quindi, in base a tale disposizione, se essa fosse
applicabile alla Carta delle Nazioni Unite, quest’ultima prevarrebbe sugli atti
di diritto comunitario derivato (v., in tal senso, sentenza 3 giugno 2008,
causa C‑308/06, Intertanko e a., non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).
308 Tuttavia, tale prevalenza sul piano del diritto
comunitario non si estenderebbe al diritto primario e, in particolare, ai
principi generali nel cui novero vi sono i diritti fondamentali.
309 Questa
interpretazione è confortata dal
n. 6 dello stesso art. 300 CE, secondo cui un accordo
internazionale non può entrare in vigore se
310 Si è tuttavia sostenuto dinanzi alla Corte,
segnatamente in sede di udienza, che, al pari della Corte europea dei diritti
dell’uomo, la quale in numerose decisioni recenti si è dichiarata incompetente
a controllare la conformità di taluni atti intervenuti nell’ambito
dell’attuazione di risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza in base al capitolo
VII della Carta delle Nazioni Unite, i giudici comunitari dovrebbero astenersi
dal controllare la legittimità del regolamento controverso con riferimento ai
diritti fondamentali, dal momento che tale atto mira, del pari, ad attuare
risoluzioni di tal genere.
311 A tale proposito, occorre dichiarare che, come
peraltro rilevato dalla stessa Corte europea dei diritti dell’uomo, vi è una
differenza fondamentale tra la natura degli atti interessati dalle decisioni
citate, nei confronti dei quali tale giudice si è dichiarato incompetente ad
esercitare un controllo di conformità rispetto alla CEDU, e quella di
altri atti per i quali la sua competenza appare incontestabile (v. Corte eur.
D.U., decisione Behrami e Behrami c. Francia e Saramati c. Francia, Germania e
Norvegia del 2 maggio 2007, non ancora pubblicata nel Recueil des arrêts et
décisions, § 151).
312 Infatti, se
313 Al contrario, al paragrafo 151 della citata
decisione Behrami e Behrami c. Francia e Saramati c. Francia, Germania e
Norvegia,
314 Nella fattispecie, occorre rilevare che il
regolamento controverso non può essere considerato come un atto direttamente
imputabile all’ONU, quale azione riconducibile ad uno dei suoi organi ausiliari
istituito nell’ambito del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, ovvero
che si inserisce nell’ambito dell’esercizio di poteri validamente delegati dal
Consiglio di sicurezza in applicazione di questo stesso capitolo.
315 Oltre a ciò, in ogni caso, la questione della
competenza della Corte a pronunciarsi sulla validità del regolamento
controverso si pone in un contesto radicalmente diverso.
316 Infatti, come già rammentato ai punti 281-284 della
presente sentenza, il controllo da parte della Corte della validità di
qualsiasi atto comunitario sotto il profilo dei diritti fondamentali deve
essere considerato come l’espressione, in una comunità di diritto, di una
garanzia costituzionale derivante dal Trattato CE, quale sistema giuridico
autonomo, che non può essere compromessa da un accordo internazionale.
317 La questione della competenza della Corte si pone
infatti nel contesto dell’ordinamento giuridico interno ed autonomo della
Comunità, di cui fa parte il regolamento controverso e nel cui ambito
318 È stato inoltre sostenuto che, considerata la
deferenza cui sono tenute le istituzioni comunitarie nei confronti delle
istituzioni delle Nazioni Unite,
319 Secondo
320 A tale proposito occorre anzitutto rilevare che, se,
effettivamente, a seguito dell’adozione da parte del Consiglio di sicurezza di
varie risoluzioni, sono state apportate modifiche al regime delle misure
restrittive instaurato dalle Nazioni Unite per quanto riguarda sia l’iscrizione
nell’elenco riassuntivo, sia la radiazione da quest’ultimo [v. in particolar
modo le risoluzioni 19 dicembre 2006, 1730 (2006), e 22 dicembre 2006, 1735
(2006)], tali modifiche sono intervenute successivamente all’adozione del
regolamento controverso, di modo che, in linea di principio, esse non possono
essere prese in considerazione nell’ambito delle presenti impugnazioni.
321 In ogni caso, l’esistenza nell’ambito di tale regime
delle Nazioni Unite della procedura di riesame dinanzi al comitato per le
sanzioni, anche tenendo conto delle recenti modifiche che vi sono state
apportate, non può comportare un’immunità giurisdizionale generalizzata
nell’ambito dell’ordinamento giuridico interno della Comunità.
322 Infatti, una tale immunità, che rappresenterebbe una
deroga rilevante al regime di tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali
previsto dal Trattato CE, non appare giustificata, poiché detta procedura
di riesame non offre manifestamente le garanzie di una tutela giurisdizionale.
323 A tale proposito, se è ormai possibile per ogni
persona o entità rivolgersi direttamente al comitato per le sanzioni
presentando la propria domanda di radiazione dall’elenco riassuntivo al punto
detto «focale», è giocoforza rilevare che la procedura dinanzi a detto comitato
rimane essenzialmente di natura diplomatica e interstatale, posto che le
persone o entità interessate non hanno alcuna possibilità effettiva di
difendere i loro diritti e il comitato stesso assume le proprie decisioni per
approvazione, laddove ciascuno dei suoi membri dispone di un diritto di veto.
324 Emerge a tale proposito dalle direttive del comitato
per le sanzioni, come modificate da ultimo il 12 febbraio 2007, che il
ricorrente che ha presentato istanza di radiazione non può in alcun modo far
valere esso stesso i propri diritti nel corso della procedura dinanzi al
comitato per le sanzioni, né può farsi rappresentare a tal fine, dal momento
che solo il governo dello Stato in cui egli ha la residenza o di cui ha la
cittadinanza ha la facoltà di trasmettere, eventualmente, osservazioni
sull’istanza stessa.
325 Inoltre, tali direttive non obbligano il comitato
per le sanzioni a comunicare al detto ricorrente le ragioni e gli elementi di
prova che giustificano la sua iscrizione nell’elenco riassuntivo, né a fornirgli
un accesso, ancorché limitato, a tali dati. Infine, in caso di rigetto
dell’istanza di radiazione da parte del comitato in questione, non sussiste in
capo a quest’ultimo alcun obbligo di motivazione.
326 Deriva da quanto precede che i giudici comunitari
devono, in conformità alle competenze di cui sono investiti in forza del
Trattato CE, garantire un controllo, in linea di principio completo, della
legittimità di tutti gli atti comunitari con riferimento ai diritti
fondamentali che costituiscono parte integrante dei principi generali del
diritto comunitario, ivi inclusi gli atti comunitari che, come il regolamento
controverso, mirano ad attuare risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza
in base al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite.
327 Pertanto, il Tribunale è incorso in un errore di
diritto stabilendo, ai punti 212-231 della sentenza impugnata Kadi nonché 263 -
282 della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, che dai principi che
disciplinano il concatenarsi dei rapporti tra l’ordinamento giuridico
internazionale creato dalle Nazioni Unite e l’ordinamento giuridico comunitario
discende che il regolamento controverso, in quanto mira ad attuare una
risoluzione adottata dal Consiglio di sicurezza in base al capitolo VII della Carta
delle Nazioni Unite che non lascia alcun margine a tal fine, deve beneficiare
di un’immunità giurisdizionale quanto alla sua legittimità interna, salvo per
quanto concerne la sua compatibilità con le norme riconducibili allo ius cogens.
328 I motivi dei ricorrenti risultano quindi fondati su
tale punto, di modo che le sentenze impugnate devono essere, in proposito,
annullate.
329 Ne discende che non è più necessario esaminare le
censure dirette contro la parte delle sentenze impugnate relativa al controllo
del regolamento controverso con riferimento alle norme di diritto
internazionale facenti parte dello ius
cogens e, pertanto, non è neppure necessario esaminare l’impugnazione
incidentale del Regno Unito sul tale punto.
330 Inoltre, poiché nella parte successiva delle
sentenze impugnate relativa ai diritti fondamentali specifici invocati dai
ricorrenti, il Tribunale si è limitato ad esaminare la legittimità del
regolamento controverso con esclusivo riferimento a tali norme, mentre era tenuto
ad effettuare un esame, in linea di principio completo, con riferimento ai
diritti fondamentali che fanno parte dei principi generali del diritto
comunitario, occorre del pari annullare tale parte successiva delle sentenze
stesse.
Sui ricorsi dinanzi al Tribunale
331 A norma dell’art. 61, primo comma, seconda
frase, dello Statuto della Corte di giustizia, quest’ultima, in caso di
annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla
controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.
332 Nella fattispecie, poiché lo stato degli atti dei
ricorsi d’annullamento del regolamento controverso proposti dai ricorrenti lo
consente,
333 Occorre anzitutto esaminare le censure che il
sig. Kadi e
334 A tale proposito, alla luce delle circostanze
concrete in cui è intervenuta l’inclusione dei nomi dei ricorrenti nell’elenco
delle persone e delle entità interessate dalle misure restrittive contenuto
nell’allegato I del regolamento controverso, deve stabilirsi che i diritti
della difesa, in particolare il diritto al contraddittorio e il diritto ad un
controllo giurisdizionale effettivo di questi ultimi non sono stati manifestamente
rispettati.
335 Infatti, in base ad una giurisprudenza costante, il
principio di tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale
di diritto comunitario che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli
Stati membri, sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU, principio che è
stato peraltro ribadito anche dall’art. 47 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000
(GU C 364, pag. 1) (v. sentenza 13 marzo 2007, causa C‑432/05,
Unibet, Racc. pag. I‑2271, punto 37).
336 Inoltre, alla luce della giurisprudenza della Corte
in altri settori (v., in particolare, sentenze 15 ottobre 1987, causa 222/86,
Heylens e a., Racc. pag. 4097, punto 15, nonché 28 giugno
2005, cause riunite C‑189/02 P, causa C‑202/02 P, causa C‑205/02 P
- C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri
e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punti 462 e
463), si deve concludere, nella fattispecie, che l’efficacia del controllo
giurisdizionale, che deve poter avere ad oggetto, segnatamente, la legittimità
dei motivi sui quali si basa se del caso l’inclusione del nome di una persona o
di un’entità nell’elenco che costituisce l’allegato I del regolamento
controverso e che comporta l’applicazione a tali destinatari di un insieme di
misure restrittive, implica che l’autorità comunitaria in questione sia tenuta
a comunicare detti motivi alla persona o entità interessata, per quanto
possibile, al momento in cui tale inclusione è stata decisa, o, quantomeno, il
più rapidamente possibile dopo tale decisione, in modo da consentire ai
destinatari di esercitare, entro i termini, il loro diritto di ricorso.
337 L’osservanza di tale obbligo di comunicare detti
motivi è infatti necessaria sia per consentire ai destinatari delle misure restrittive
di difendere i loro diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere,
con piena cognizione di causa, se sia utile per loro adire il giudice
comunitario (v., in tal senso, sentenza Heylens e a., cit.,
punto 15), sia per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il
controllo della legittimità dell’atto comunitario di cui trattasi, cui è tenuto
ai sensi del Trattato CE.
338 Per quanto riguarda i diritti della difesa, in
particolare il diritto al contraddittorio, con riferimento a misure restrittive
quali quelle imposte dal regolamento controverso, non può richiedersi alle
autorità comunitarie di comunicare detti motivi prima dell’inserimento iniziale
di una persona o di un’entità nell’elenco stesso.
339 Infatti, come rilevato dal Tribunale al punto 308
della sentenza impugnata Yusuf e Al Barakaat, una simile comunicazione
preventiva sarebbe tale da compromettere l’efficacia delle misure di
congelamento di capitali e di risorse economiche imposte da tale regolamento.
340 Per raggiungere l’obiettivo perseguito dal detto
regolamento, misure siffatte devono, per loro stessa natura, poter beneficiare
di un effetto sorpresa e, come già rilevato dalla Corte, applicarsi con effetto
immediato (v., in tal senso, sentenza
Möllendorf e Möllendorf-Niehuus, cit., punto 63).
341 Per ragioni anch’esse relative all’obiettivo
perseguito dal regolamento controverso e all’efficacia delle misure da esso
previste, le autorità comunitarie non erano neppure tenute a procedere a
un’audizione dei ricorrenti prima dell’inserimento iniziale dei loro nomi
nell’elenco di cui all’allegato I di tale regolamento.
342 Inoltre, trattandosi di un atto comunitario inteso a
dare attuazione ad una risoluzione adottata dal Consiglio di sicurezza
nell’ambito della lotta al terrorismo, talune considerazioni imperative
riguardanti la sicurezza o la conduzione delle relazioni internazionali della
Comunità e dei suoi Stati membri possono ostare alla comunicazione agli
interessati di taluni elementi e, pertanto, all’audizione degli stessi in
merito a tali elementi.
343 Ciò non significa tuttavia, quanto all’osservanza
del principio di tutela giurisdizionale effettiva, che misure restrittive quali
quelle imposte dal regolamento controverso si sottraggano a qualsivoglia
controllo del giudice comunitario in quanto si affermi che l’atto che le
prevede riguarda la sicurezza nazionale e il terrorismo.
344 Tuttavia, in casi simili, spetta al giudice
comunitario attuare, nell’ambito del controllo giurisdizionale da esso
esercitato, tecniche che consentano di conciliare, per un verso, le legittime
preoccupazioni di sicurezza quanto alla natura e alle fonti di informazioni
prese in considerazione nell’adottare l’atto di cui trattasi e, per altro
verso, la necessità di concedere in maniera adeguata al singolo di beneficiare
delle regole procedurali (v., in tal senso, Corte eur. D. U., sentenza Chahal c. Regno
Unito del 15 novembre 1996, Recueil des arrêts et décisions 1996-V, §
131).
345 Nella fattispecie, è giocoforza rilevare anzitutto
che né il regolamento controverso né la posizione comune 2002/402, cui
quest’ultimo rinvia, prevedono alcuna procedura di comunicazione degli elementi
che giustifichino l’inclusione dei nomi degli interessati nell’allegato I del
citato regolamento e di audizione di questi ultimi, né contemporaneamente né
successivamente a tale inclusione.
346 Deve inoltre rilevarsi che il Consiglio non ha mai
comunicato ai ricorrenti gli elementi assunti a loro carico che avrebbero
giustificato l’iniziale inclusione dei loro nomi nell’allegato I del
regolamento controverso e, pertanto, l’applicazione delle misure restrittive da
questo previste.
347 È infatti pacifico che ai ricorrenti non è stata
fornita alcuna informazione in proposito, né nell’ambito del regolamento
n. 467/2001, come modificato, rispettivamente, dai regolamenti
nn. 2062/2001 e 2199/2001, che ha citato per la prima volta i loro nomi in
un elenco di persone, entità o organismi interessati da una misura di
congelamento di capitali, né nell’ambito del regolamento controverso, né in una
qualsiasi fase successiva.
348 Dal momento che il Consiglio non ha comunicato ai
ricorrenti gli elementi assunti a loro carico per fondare le misure restrittive
loro imposte, né ha concesso a questi ultimi il diritto di prenderne conoscenza
entro un termine ragionevole dopo l’adozione di tali misure, i ricorrenti non
erano in grado di far conoscere utilmente il loro punto di vista in proposito.
Pertanto, i diritti della difesa dei ricorrenti, in particolare quello al
contraddittorio, non sono stati rispettati.
349 Inoltre, non essendo stati informati degli elementi
assunti a loro carico e tenuto conto dei rapporti, già rilevati ai punti 336 e
337 della presente sentenza, esistenti tra i diritti della difesa e il diritto
a un ricorso giurisdizionale effettivo, i ricorrenti non hanno neppure potuto
difendere i loro diritti con riferimento a tali elementi in condizioni
soddisfacenti dinanzi al giudice comunitario, cosicché deve del pari rilevarsi
una violazione del citato diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo.
350 Si deve infine rilevare che nell’ambito dei presenti
ricorsi non è stato posto rimedio a tale violazione. Infatti, dal momento che
nessun elemento di tale natura può essere oggetto di verifica da parte del
giudice comunitario, secondo la posizione di principio adottata dal Consiglio,
quest’ultimo non ha fatto valere alcun elemento a tal fine.
351
352 Deve pertanto concludersi che il regolamento
controverso, nella parte in cui riguarda i ricorrenti, è stato adottato senza
fornire alcuna garanzia quanto alla comunicazione degli elementi assunti a loro
carico o quanto alla loro audizione in proposito, cosicché si deve constatare
che tale regolamento è stato adottato nell’ambito di un procedimento in cui non
sono stati rispettati i diritti della difesa, il che ha avuto altresì come
conseguenza la violazione del principio di tutela giurisdizionale effettiva.
353 Da tutte le considerazioni che precedono risulta che
i motivi sollevati dal sig. Kadi e dalla Al Barakaat a sostegno dei loro
ricorsi d’annullamento avverso il regolamento controverso e basati su una
violazione dei loro diritti di difesa, in particolare il diritto al
contraddittorio, nonché del principio di tutela giurisdizionale effettiva, sono
fondati.
354 Occorre in secondo luogo esaminare il motivo
sollevato dal sig. Kadi in ordine alla violazione del diritto al rispetto
della proprietà derivante dalle misure di congelamento impostegli in base al
regolamento controverso.
355 Secondo una giurisprudenza costante, il diritto di
proprietà fa parte dei principi generali del diritto comunitario. Tale
principio, tuttavia, non si configura come una prerogativa assoluta, ma deve
essere preso in considerazione in relazione alla sua funzione nella società.
Conseguentemente, possono essere apportate restrizioni all’esercizio del
diritto di proprietà, a condizione che rispondano effettivamente ad obiettivi
di interesse generale perseguiti dalla Comunità e non costituiscano, rispetto
allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da
ledere la sostanza stessa dei diritti garantiti (v., in particolare, sentenza Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e ERSA,
cit., punto 119 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso,
nell’ambito di un regime di misure restrittive, sentenza Bosphorus,
cit., punto 21).
356 Per stabilire la portata del diritto fondamentale al
rispetto della proprietà, principio generale del diritto comunitario, occorre
tener conto, segnatamente, dell’art. 1 del protocollo addizionale
n. 1 alla CEDU, che sancisce tale diritto.
357 Si deve quindi valutare se la misura di congelamento
prevista dal regolamento controverso rappresenti un intervento sproporzionato e
inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto fondamentale al
rispetto della proprietà di persone che, come il sig. Kadi, sono
menzionate nell’elenco riportato all’allegato I del citato regolamento.
358 Detta misura di congelamento rappresenta una misura
cautelare, non intesa a privare tali persone della loro proprietà. Tuttavia,
essa implica incontestabilmente una restrizione all’esercizio del diritto di
proprietà del sig. Kadi, restrizione che dev’essere oltretutto ritenuta
considerevole, data la portata generale della misura di congelamento e tenuto
conto del fatto che essa è applicabile al sig. Kadi dal 20 ottobre 2001.
359 Si pone quindi la questione se tale restrizione
all’esercizio del diritto di proprietà del sig. Kadi sia giustificabile.
360 In proposito, secondo la giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell’uomo, deve sussistere un ragionevole rapporto di
proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito. Deve quindi
verificarsi se sia stato mantenuto l’equilibrio tra le esigenze dell’interesse
generale e l’interesse del o degli individui coinvolti.
Così facendo si deve riconoscere al legislatore un ampio margine discrezionale
sia nello scegliere le modalità d’attuazione, sia nel decidere se le loro
conseguenze siano legittimate, nell’interesse generale, dalla volontà di
perseguire l’obiettivo della legislazione di cui trattasi [v. in tal senso,
segnatamente, Corte eur. D. U., sentenza J.A. PYE (Oxford) Ltd e J.A. PYE
(Oxford) Land Ltd c. Regno Unito del 30 agosto 2007, non ancora pubblicata nel Recueil
des arrêts et décisions, §§ 55 e 75].
361 Come
362 Nella fattispecie, le misure restrittive previste
dal regolamento controverso contribuiscono all’attuazione, a livello
comunitario, delle misure restrittive stabilite dal Consiglio di sicurezza nei
confronti di Osama bin Laden, la rete Al-Qaeda, i Talibani e altre persone,
gruppi, imprese ed entità associate.
363 Di fronte a un obiettivo di interesse generale così
fondamentale per la comunità internazionale quale la lotta con ogni mezzo,
conformemente alla Carta delle Nazioni Unite, contro le minacce alla pace e
alla sicurezza internazionali derivanti dagli atti terroristici, il congelamento
di capitali, proventi finanziari e altre risorse economiche delle persone
individuate dal Consiglio di sicurezza o dal comitato per le sanzioni come
associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda, ai Talibani non può, di per se
stesso, essere considerato inadeguato o sproporzionato (v., in tal senso, sentenza Bosphorus,
cit., punto 26, nonché Corte eur. D. U., sentenza Bosphorus Hava
Yolları Turizm ve Ticaret Anonim Şirketi c. Irlanda, cit., § 167).
364 A questo proposito occorre altresì considerare il
fatto che il regolamento controverso, nella versione modificata dal regolamento
n. 561/2003, adottato in seguito alla risoluzione 1452 (2002),
prevede, tra le altre deroghe ed esenzioni, che, su richiesta degli
interessati, e salvo espressa opposizione del comitato per le sanzioni, le
autorità nazionali competenti dichiarino che il congelamento dei capitali non
si applica ai capitali necessari per coprire le spese di base, compresi gli
acquisti di generi alimentari, nonché i pagamenti di affitti, medicinali e cure
mediche, imposte o servizi pubblici. Inoltre, i capitali necessari per coprire
qualsiasi altra «spesa straordinaria» possono essere scongelati mediante
espressa autorizzazione del comitato per le sanzioni.
365 Occorre inoltre rilevare che le risoluzioni del
Consiglio di sicurezza che il regolamento controverso mira ad attuare prevedono
un meccanismo periodico di riesame del regime generale delle misure adottate,
nonché una procedura che consente agli interessati di sottoporre in qualsiasi momento
il loro caso al comitato per le sanzioni ai fini di un riesame mediante
un’istanza che può ormai essere rivolta direttamente al comitato stesso con
l’intermediazione del cosiddetto punto «focale».
366 Deve concludersi che le misure restrittive imposte
dal regolamento controverso rappresentano restrizioni al diritto di proprietà
che sono, in linea di principio, giustificabili.
367 Si deve inoltre esaminare se, nell’applicare tale
regolamento al sig. Kadi, il suo diritto di proprietà sia stato, nella
fattispecie, rispettato.
368 A tale proposito, occorre ricordare che le procedure
applicabili devono altresì fornire alla persona interessata un’occasione
adeguata di esporre le proprie ragioni alle autorità competenti. Per garantire
il rispetto di tale condizione, che rappresenta un requisito intrinseco
dell’art. 1 del protocollo n. 1 della CEDU, è necessario
considerare le procedure applicabili da un punto di vista generale (v. in tal
senso, segnatamente, Corte eur. D. U., sentenza Jokela c. Finlandia del 21
maggio 2002, Recueil des arrêts et décisions 2002-IV, § 45, e
giurisprudenza ivi citata, nonché § 55).
369 Orbene, il regolamento controverso, nella parte
riguardante il sig. Kadi, è stato adottato senza fornire a quest’ultimo
alcuna garanzia che gli consentisse di esporre le proprie ragioni alle autorità
competenti, e ciò in un contesto in cui la restrizione dei suoi diritti di
proprietà dev’essere ritenuta considerevole, data la portata generale e la
durata effettiva delle misure restrittive a suo carico.
370 Si deve quindi concludere che, nelle circostanze
della fattispecie, l’applicazione al sig. Kadi delle misure restrittive
derivanti dal regolamento controverso, a causa della sua inclusione nell’elenco
contenuto nell’allegato I del regolamento controverso, costituisce una
restrizione ingiustificata del suo diritto di proprietà.
371 Pertanto, il motivo del sig. Kadi basato sulla
violazione del diritto fondamentale al rispetto della proprietà è fondato.
372 Risulta quindi da quanto precede che il regolamento
controverso dev’essere annullato nella parte in cui riguarda i ricorrenti.
373 Tuttavia, l’annullamento, in tale misura, del
regolamento controverso con effetto immediato potrebbe arrecare un pregiudizio
grave ed irreversibile all’efficacia delle misure restrittive imposte da tale
regolamento e che
374 Peraltro, dato che emerge dalla presente sentenza
che il regolamento controverso dev’essere annullato, nella parte in cui
riguarda i ricorrenti, per una violazione di principi applicabili nell’ambito
della procedura seguita nell’adottare le misure restrittive introdotte dal
regolamento stesso, non è da escludere che, nel merito, possa comunque
rivelarsi giustificata l’applicazione di tali misure ai ricorrenti.
375 Alla luce di tali elementi, ai sensi
dell’art. 231 CE devono essere mantenuti gli effetti del regolamento
controverso, nella parte in cui esso include i nomi dei ricorrenti nell’elenco
costitutivo del suo allegato I, per un breve periodo, che dev’essere stabilito
in modo tale da consentire al Consiglio di porre rimedio alle violazioni
constatate, ma che tenga altresì debito conto della rilevante incidenza delle
misure restrittive di cui trattasi sui diritti e sulle libertà dei ricorrenti.
376 Di conseguenza, si applicherà correttamente
l’art. 231 CE mantenendo gli effetti del regolamento controverso,
nella parte in cui esso riguarda i ricorrenti, per un periodo non eccedente i
tre mesi a decorrere dalla data di pronuncia della presente sentenza.
Sulle spese
377 Ai sensi dell’art. 122, primo comma, del
regolamento di procedura, quando l’impugnazione è fondata e la controversia
viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese.
L’art. 69 del medesimo regolamento, che si applica al procedimento di
impugnazione ai sensi dell’art. 118 di quest’ultimo, dispone, al suo
n. 2, che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta
domanda. Il n. 4, primo comma, del medesimo art. 69 prevede che gli
Stati membri intervenuti nella causa sopportino le proprie spese.
378 Poiché le impugnazioni del sig. Kadi e della Al
Barakaat devono essere accolte e poiché il regolamento controverso dev’essere
annullato nella parte che li riguarda, il Consiglio e
379 Il Regno Unito sopporta le proprie spese afferenti
sia al procedimento di primo grado sia alle impugnazioni.
380 Il Regno di Spagna,
Per questi motivi,
1) Le
sentenze del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 21 settembre 2005,
causa T‑315/01, Kadi/Consiglio e Commissione, nonché causa T‑306/01,
Yusuf e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, sono
annullate.
2) Il
regolamento (CE) del Consiglio 27 maggio 2002, n. 881, che impone
specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità
associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani e abroga il
regolamento (CE) n. 467/2001 che vieta l’esportazione di talune merci e
servizi in Afghanistan, inasprisce il divieto dei voli e estende il
congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nei confronti dei
Talibani dell’Afghanistan, è annullato nella parte in cui riguarda il
sig. Kadi e
3) Gli
effetti del regolamento n. 881/2002, nella parte in cui riguarda il
sig. Kadi e
4) Il
Consiglio dell’Unione europea e
5) Il
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporterà le proprie spese
sostenute sia in primo grado sia nel corso delle presenti impugnazioni.
6) Il
Regno di Spagna,
(Seguono le firme)