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Corte di Giustizia delle Comunità europee (Grande Sezione), 26 giugno 2007

 

C-305/05, Ordre des barreaux francophones et germanophoneConseil des ministres  

 

 

Nel procedimento C-305/05,

 

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Cour d’arbitrage, divenuta Cour constitutionelle (Belgio), con decisione 13 luglio 2005, pervenuta in cancelleria il 29 luglio 2005, nella causa tra

 

Ordre des barreaux francophones et germanophone,

Ordre français des avocats du barreau de Bruxelles,

Orde van Vlaamse balies,

Nederlandse Orde van advocaten bij de balie te Brussel,

 

e

 

Conseil des ministres,

 

con l’intervento di:

 

Consiglio degli ordini degli avvocati dell’Unione europea,

Ordre des avocats du barreau de Liège,

 

 

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C. W. A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts, E. Juhász (relatore) e J. Klučka, presidenti di sezione, dal sig. J. N. Cunha Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Schiemann, A. Borg Barthet, M. Ilešič e J. Malenovský, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. M.-A. Gaudissart, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 12 settembre 2006,

considerate le osservazioni presentate:

       per l’Ordre des barreaux francophones et germanophone e l’Ordre français des avocats du barreau de Bruxelles, dai sigg. F. Tulkens e V. Ost, avocats;

       per l’Orde van Vlaamse balies e il Nederlandse Orde van advocaten bij de balie te Brussel, dal sig. M. Storme, avocat;

       per il Consiglio degli ordini degli avvocati dell’Unione europea, dal sig. M. Mahieu, avocat;

       per l’Ordre des avocats du barreau de Liège, dal sig. E. Lemmens, avocat;

       per il governo belga, dal sig. M. Wimmer, in qualità di agente, assistito dal sig. L. Swartenbroux, avocat;

       per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. P. Gentili, avvocato dello Stato;

       per il governo cipriota, dalla sig.ra E. Rossidou‑Papakyriakou e dal sig. F. Komodromos, in qualità di agenti;

       per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;

       per il governo slovacco, dal sig. R. Procházka, in qualità di agente;

       per il Parlamento europeo, dal sig. A. Caiola e dalla sig.ra C. Castillo del Carpio, successivamente dal sig. A. Caida e dalla sig.ra M. Dean, in qualità di agenti;

       per il Consiglio dell’Unione europea, dalle sig.re M. Sims e M.‑M. Josephides, in qualità di agenti;

       per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. W. Bogensberger e R. Troosters, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 dicembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità dell’art. 2 bis, punto 5, della direttiva del Consiglio 10 giugno 1991, 91/308/CEE, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite (GU L 166, pag. 77), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2001, 2001/97/CE (GU L 344, pag. 76; in prosieguo: la «direttiva 91/308»).

2       Tale domanda è stata proposta nell’ambito di ricorsi presentati dinanzi al giudice del rinvio rispettivamente dall’Ordre des barreaux francophones et germanophone (Ordine degli avvocati francofoni e germanofono), dall’Ordre français des avocats du barreau de Bruxelles (Ordine francese degli avvocati del foro di Bruxelles), dall’Orde van Vlaamse balies (Ordine degli avvocati fiamminghi), nonché dal Nederlandse Orde van advocaten bij de balie te Brussel (Ordine olandese degli avvocati del foro di Bruxelles), diretti a ottenere l’annullamento di taluni articoli della legge 12 gennaio 2004 che modifica la legge 11 gennaio 1993, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite, la legge 22 marzo 1993, relativa allo status e al controllo degli istituti di credito e la legge 6 aprile 1995, relativa allo status delle imprese di investimento e al loro controllo, agli intermediari finanziari e ai consulenti in materia di investimento (Moniteur belge 23 gennaio 2004, pag. 4352; in prosieguo: la «legge 12 gennaio 2004»), che recepisce la direttiva 2001/97 nell’ordinamento giuridico nazionale.

 Contesto normativo

 La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

3       L’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU»), intitolato «Diritto a un equo processo», dispone:

«1      Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. (…)

2      Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.

3      In particolare, ogni accusato ha diritto di:

a)      essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico;

b)      disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa;

c)      difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia;

d)      esaminare o far esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico;

e)      farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata in udienza».

 La normativa comunitaria

4       Ai termini del terzo ‘considerando’ della direttiva 91/308:

«considerando che il riciclaggio incide palesemente sull’aumento della criminalità organizzata in generale e del traffico di stupefacenti in particolare; che vi è una sempre maggiore consapevolezza che la lotta al riciclaggio costituisce uno dei mezzi più efficaci per opporsi a questa attività criminosa che rappresenta una particolare minaccia per le società degli Stati membri».

5       Il primo ‘considerando’, i ‘considerando’ dal quattordicesimo al diciassettesimo nonché il ventesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/97 recitano:

«(1)      È opportuno che la direttiva 91/308/CEE (…), che rappresenta uno dei principali strumenti internazionali per la lotta contro il riciclaggio dei proventi di attività illecite, venga aggiornata conformemente alle conclusioni della Commissione e ai desiderata espressi dal Parlamento europeo e dagli Stati membri. In questo modo la direttiva [91/308] dovrebbe non soltanto riflettere le migliori pratiche internazionali del settore, ma anche continuare a garantire uno standard elevato nella protezione del settore finanziario e di altre attività a rischio dagli effetti dannosi del denaro proveniente da attività criminose.

(…)

(14)      I riciclatori di denaro hanno manifestato la tendenza ad avvalersi di enti non finanziari. Tale tendenza è stata confermata dai lavori del GAFI [Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale] sulle tecniche e tipologie del riciclaggio.

(15)      Gli obblighi stabiliti dalla direttiva [91/308] in materia di identificazione dei clienti, tenuta delle registrazioni e segnalazione delle operazioni sospette dovrebbero essere estesi ad un numero limitato di attività e di professioni che si sono rivelate suscettibili di utilizzo a fini di riciclaggio.

(16)      I notai ed i professionisti legali indipendenti, quali definiti dagli Stati membri, dovrebbero essere assoggettati alle disposizioni della direttiva [91/308] quando partecipano a operazioni di natura finanziaria o societaria, inclusa la consulenza tributaria, per le quali è particolarmente elevato il rischio che i servizi dei predetti professionisti vengano utilizzati a fini di riciclaggio dei proventi di attività criminali.

(17)      Tuttavia, quando dei professionisti indipendenti che forniscono consulenza legale, i quali siano legalmente riconosciuti e controllati come gli avvocati, esaminano la posizione giuridica di un cliente o rappresentano un cliente in un procedimento giudiziario, non sarebbe appropriato che per quanto riguarda tali attività la direttiva [91/308] imponesse loro l’obbligo di comunicare eventuali operazioni sospette di riciclaggio. Deve sussistere l’esenzione da qualsiasi obbligo di comunicare le informazioni ottenute prima, durante o dopo il procedimento giudiziario, o nel corso dell’esame della posizione giuridica di un cliente. Di conseguenza, la consulenza legale è soggetta al vincolo del segreto professionale a meno che il consulente giuridico partecipi alle attività di riciclaggio dei proventi illeciti, che la consulenza sia fornita a fini di riciclaggio o l’avvocato sia a conoscenza che il cliente chiede consulenza giuridica ai fini del riciclaggio dei proventi illeciti.

(…)

(20)      Nel caso dei notai e dei professionisti legali indipendenti, per tenere debitamente conto dell’obbligo di riservatezza che vincola detti professionisti ai loro clienti, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a designare l’ordine degli avvocati o qualunque altro organismo di autoregolamentazione dei liberi professionisti come organo a cui questi professionisti segnalano eventuali casi di riciclaggio. Le regole riguardanti il trattamento di tali segnalazioni e la loro eventuale trasmissione alle autorità responsabili per la lotta contro il riciclaggio e, in generale, le forme appropriate di cooperazione tra gli ordini degli avvocati o altri organismi professionali e dette autorità devono essere determinate dagli Stati membri».

6       Ai termini dell’art. 2 bis, punto 5, della direttiva 91/308, sono sottoposti agli obblighi previsti da questa:

«5)      [i] notai e altri liberi professionisti legali, quando prestano la loro opera:

a)      assistendo i loro clienti nella progettazione o nella realizzazione di operazioni riguardanti:

i)      l’acquisto e la vendita di beni immobili o imprese commerciali;

ii)      la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni dei clienti;

iii)      l’apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;

iv)      l’organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all’amministrazione di società;

v)      la costituzione, la gestione o l’amministrazione di trust, società o strutture analoghe;

b)      o agendo in nome e per conto del loro cliente in una qualsiasi operazione finanziaria o immobiliare».

7       L’art. 6 della direttiva 91/308 prevede:

«1.      Gli Stati membri provvedono a che gli enti e le persone cui si applica la presente direttiva nonché i loro amministratori e dipendenti collaborino pienamente con le autorità responsabili per la lotta contro il riciclaggio:

a)      comunicando a tali autorità, di propria iniziativa, ogni fatto che possa costituire indizio di riciclaggio;

b)      fornendo a queste autorità, a loro richiesta, tutte le informazioni necessarie in conformità delle procedure stabilite dalla legislazione vigente.

2.      Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono trasmesse alle autorità responsabili per la lotta contro il riciclaggio dello Stato membro nel cui territorio è situato l’ente o la persona che trasmette le informazioni stesse. Tale trasmissione è effettuata di regola dalla persona o dalle persone designate dagli enti e dalle persone cui si applica la seguente direttiva, secondo le procedure previste all’articolo 11, punto 1, lettera a).

3.      Nel caso dei notai e dei professionisti legali indipendenti di cui all’articolo 2 bis, punto 5, gli Stati membri possono designare un organismo adeguato di autoregolamentazione della professione in oggetto come autorità cui vanno comunicati i fatti di cui al paragrafo 1, lettera a) ed in tal caso stabiliscono le forme appropriate di collaborazione fra tale organismo e le autorità responsabili per la lotta al riciclaggio.

Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare gli obblighi di cui al paragrafo 1 ai notai, ai professionisti legali indipendenti, ai revisori, ai contabili esterni e ai consulenti tributari con riferimento alle informazioni che essi ricevono da, o ottengono su, un loro cliente, nel corso dell’esame della posizione giuridica del loro cliente o dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza di questo cliente in un procedimento giudiziario o in relazione a tale provvedimento compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso».

 La normativa nazionale

8       L’art. 4 della legge 12 gennaio 2004 ha inserito nella legge 11 gennaio 1993, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite e del finanziamento del terrorismo (Moniteurbelge 9 febbraio 1993, pag. 2828; in prosieguo: la «legge 11 gennaio 1993»), l’art. 2 ter, redatto come segue:

«Nei limiti in cui esse lo prevedano espressamente, le disposizioni della presente legge sono anche applicabili agli avvocati:

1. quando assistono il loro cliente nella progettazione o nella realizzazione di operazioni riguardanti:

a)       l’acquisto e la vendita di beni immobili o imprese commerciali;

b)       la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni dei clienti;

c)       l’apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;

d)       l’organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all’amministrazione di società;

e)       la costituzione, la gestione o l’amministrazione di trust, società o strutture analoghe;

2. quando agiscono in nome e per conto del loro cliente in una qualsiasi operazione finanziaria o immobiliare».

9       L’art. 25 della legge 12 gennaio 2004 ha inserito un terzo paragrafo all’art. 14 bis della legge 11 gennaio 1993, ai termini del quale:

«Le persone di cui all’art. 2 ter che, nell’esercizio delle attività elencate a tale articolo, constatano fatti che esse sanno o sospettano essere connessi al riciclaggio di capitali o al finanziamento del terrorismo sono tenute ad informarne immediatamente il presidente del Consiglio dell’ordine di cui fanno parte.

Tuttavia, le persone di cui all’art. 2 ter non trasmettono tali informazioni se le hanno ricevute da uno dei loro clienti o ottenute su uno dei loro clienti nel corso dell’esame della posizione giuridica del loro cliente o dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza di questo cliente in un procedimento giudiziario o in relazione a tale provvedimento compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso.

Il presidente del Consiglio dell’ordine verifica il rispetto delle condizioni previste all’art. 2 ter e al comma precedente. Se tali condizioni sono rispettate, trasmette immediatamente le informazioni alla cellula di trattamento delle informazioni finanziarie».

10     L’art. 27 della legge 12 gennaio 2004 ha sostituito l’art. 15, n. 1, della legge 11 gennaio 1993 con il seguente testo:

«§ 1. Quando la Cellula di trattamento delle informazioni finanziarie riceve un’informazione di cui all’art. 11, n. 2, la Cellula o uno dei suoi membri o uno dei membri del suo personale designato a tal fine dal magistrato che la dirige o dal suo supplente possono farsi comunicare, entro il termine che essi stessi determinano, ogni informazione supplementare che essi ritengono utile per la realizzazione della missione della Cellula, da parte di:

      tutti gli organi e le persone di cui agli artt. 2, 2 bis e 2 ter, nonché da parte del presidente del Consiglio dell’ordine di cui all’art. 14 bis, n. 3;

(…)

Le persone di cui all’art. 2 ter e il presidente del Consiglio dell’ordine di cui all’art. 14 bis, n. 3, non trasmettono tali informazioni se le hanno ricevute, tramite le persone di cui all’art. 2 ter, da uno dei loro clienti o ottenute su uno dei loro clienti nel corso dell’esame della posizione giuridica del loro cliente o dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza di questo cliente in un procedimento giudiziario o in relazione a tale provvedimento, compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso.

(…)».

 La causa principale e le questioni pregiudiziali

11     Con due ricorsi proposti il 22 luglio 2004 rispettivamente dall’Ordre des barreaux francophones et germanophone e dall’Ordre français des avocats du barreau de Bruxelles, da un lato, e dall’Orde van Vlaamse balies, nonché dal Nederlandse Orde van advocaten bij de balie te Brussel, dall’altro, è stato chiesto al giudice del rinvio di annullare gli artt. 4, 5, 7, 25, 27, 30 e 31 della legge 12 gennaio 2004. Il Consiglio degli ordini dell’Unione europea e l’Ordre des avocats du barreau de Liège sono intervenuti nella causa principale.

12     Dinanzi al giudice del rinvio, gli ordini ricorrenti sostengono, in particolare, che gli artt. 4, 25 e 27 della legge 12 gennaio 2004, estendendo agli avvocati l’obbligo di informare le autorità competenti qualora constatino fatti che sanno o sospettano essere connessi al riciclaggio di capitali e l’obbligo di trasmettere alle dette autorità le informazioni supplementari che tali autorità ritengono utili, arrecano un pregiudizio ingiustificato ai principi del segreto professionale e dell’indipendenza dell’avvocato, i quali costituirebbero un elemento primario del diritto fondamentale di ogni singolo ad un equo processo e al rispetto del diritto alla difesa. Tali articoli violerebbero così gli artt. 10 e 11 della Costituzione belga, in combinato disposto con l’art. 6 della CEDU, i principi generali del diritto in materia di diritto alla difesa, l’art. 6, n. 2, UE, nonché gli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU C 364, pag. 1).

13     Gli ordini ricorrenti nonché il Consiglio degli ordini degli avvocati dell’Unione europea sostengono inoltre che tale conclusione non può essere messa in discussione dal fatto che il legislatore belga ha recepito le disposizioni della direttiva 91/308 che limitano, per quanto riguarda gli avvocati, gli obblighi di informazione e di collaborazione. A tale riguardo, l’Ordre des barreaux francophones et germanophone nonché l’Ordre français des avocats du barreau de Bruxelles considerano che la distinzione operata da tali disposizioni, fondata sul carattere essenziale o accessorio delle attività dell’avvocato, sia giuridicamente insostenibile e porti ad una situazione di maggiore incertezza giuridica. L’Ordine degli avvocati fiamminghi e l’Ordine olandese degli avvocati del foro di Bruxelles evidenziano che gli obblighi di denuncia e l’incriminazione del cliente vanno oltre la semplice violazione del segreto professionale, di modo che violano decisamente il rapporto di fiducia tra questo e il suo avvocato.

14     Il Consiglio degli ordini degli avvocati dell’Unione europea, da parte sua, sostiene che la legge 11 gennaio 1993, come modificata dalla legge 12 gennaio 2004, non permette di preservare l’insieme dell’attività tradizionale dell’avvocato. Esso precisa a tale riguardo che le specificità della professione di avvocato, in particolare, l’indipendenza e il segreto professionale, contribuiscono alla fiducia del pubblico in tale professione, e che tale fiducia non è solo legata a taluni compiti particolari dell’avvocato.

15     Il giudice del rinvio rileva che i ricorsi di annullamento sono stati proposti contro la legge 12 gennaio 2004 volta a recepire le disposizioni della direttiva 2001/97 nell’ordinamento giuridico belga. Dato che il legislatore comunitario sarebbe tenuto, come il legislatore belga, al rispetto dei diritti della difesa e del diritto a un equo processo, esso considera che, prima di pronunciarsi sulla compatibilità di tale legge con la Costituzione belga, occorra preliminarmente risolvere la questione della validità della direttiva su cui tale legge si fonda.

16     Pertanto, la Cour d’arbitrage ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 1, [punto 2,] della direttiva 2001/97/CE (…) violi il diritto ad un equo processo, quale garantito dall’art. 6 della [CEDU], e, di conseguenza, l’art. 6, n. 2, [UE], nella parte in cui il nuovo art. 2 bis, [punto 5,] inserito nella direttiva 91/308/CEE, impone l’inclusione degli appartenenti alle professioni legali indipendenti, senza escludere la professione di avvocato, nella sfera di applicazione della direttiva medesima, la quale, in sostanza, è volta ad imporre alle persone e agli enti da essa contemplati l’obbligo di informare le autorità responsabili della lotta contro il riciclaggio di qualsiasi fatto che possa essere indizio di un siffatto riciclaggio (art. 6 della direttiva 91/308/CEE, sostituito dall’art. 1, [punto 5,] della direttiva 2001/97/CE)».

 Sulla questione pregiudiziale

17     Occorre rilevare, anzitutto, che, benché nella causa principale che ha dato luogo alla domanda in esame gli ordini ricorrenti e intervenienti abbiano contestato la validità della legislazione nazionale che ha recepito la direttiva 91/308 con riferimento a varie norme di rango superiore, è pur vero che, con la sua questione, il giudice del rinvio ha unicamente considerato necessario chiedere alla Corte un controllo sulla validità di tale direttiva con riferimento al diritto ad un equo processo, come garantito dagli artt. 6 della CEDU e 6, n. 2, UE.

18     Secondo giurisprudenza costante, il procedimento in forza dell’art. 234 CE si fonda su una netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, di modo che spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (v. sentenze 4 dicembre 2003, causa C-448/01, EVN e Wienstrom, Racc. pag. I‑14527, punto 74, e 12 aprile 2005, causa C‑145/03, Keller, Racc. pag. I‑2529, punto 33).

19     Di conseguenza, non occorre estendere l’esame della validità della direttiva 91/308 con riferimento ai diritti fondamentali non considerati dal giudice del rinvio, specificamente al diritto al rispetto della vita privata previsto all’art. 8 della CEDU.

20     L’art. 6, n. 1, della direttiva 91/308 prevede che le persone rientranti nell’ambito di applicazione di questa collaborino pienamente con le autorità responsabili per la lotta conto il riciclaggio comunicando a tali autorità, di propria iniziativa, ogni fatto che possa costituire indizio di riciclaggio e fornendo a queste autorità, a loro richiesta, tutte le informazioni necessarie in conformità delle procedure stabilite dalla legislazione vigente.

21     Per quanto concerne gli avvocati, la direttiva 91/308 limita l’applicazione di tali obblighi di informazione e di collaborazione in un duplice modo.

22     Da un lato, in forza dell’art. 2 bis, punto 5, della direttiva 91/308, gli avvocati sono sottoposti agli obblighi da questa previsti e, specificamente, agli obblighi di informazione e di collaborazione imposti dall’art. 6, n. 1, della detta direttiva, solo nei limiti in cui essi partecipino, secondo le modalità specificate al detto art. 2 bis, punto 5, a talune operazioni tassativamente elencate da quest’ultima disposizione.

23     Dall’altro, dall’art. 6, n. 3, secondo comma, della direttiva 91/308 risulta che gli Stati membri non sono tenuti ad imporre gli obblighi di informazione e di collaborazione degli avvocati con riferimento alle informazioni che essi ricevono da un loro cliente, o ottengono su di esso, nel corso dell’esame della posizione giuridica del loro cliente o dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza di questo cliente in un procedimento giudiziario o in relazione a tale provvedimento, compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso.

24     L’importanza di una tale esenzione è evidenziata dal diciassettesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/97, nel quale si afferma che non sarebbe appropriato che la direttiva 91/308 imponga l’obbligo di comunicare eventuali operazioni sospette di riciclaggio a professionisti indipendenti che forniscono consulenza legale, i quali siano legalmente riconosciuti e controllati come, ad esempio, gli avvocati, qualora esaminino la posizione giuridica di un cliente o lo rappresentino in un procedimento giudiziario. In tale ‘considerando’ si rileva inoltre che deve sussistere l’esenzione da qualsiasi obbligo di comunicare le informazioni ottenute prima, durante o dopo il procedimento giudiziario, o nel corso dell’esame della posizione giuridica di un cliente. Infine, lo stesso ‘considerando’ evidenzia che da tale esenzione si desume che la consulenza legale è soggetta al vincolo del segreto professionale, a meno che il consulente giuridico partecipi alle attività di riciclaggio dei proventi illeciti, che la consulenza sia fornita a fini di riciclaggio, o che l’avvocato sia a conoscenza del fatto che il cliente chiede consulenza giuridica a tali fini.

25     Nella presente fattispecie, dagli artt. 25 e 27 della legge 12 gennaio 2004 risulta che il legislatore belga, riguardo agli avvocati, ha introdotto nella detta legge esenzioni che concernono le informazioni ricevute o ottenute nelle circostanze di cui al detto art. 6, n. 3, secondo comma, della direttiva 91/308.

26     Occorre quindi esaminare se l’obbligo per un avvocato, che agisca nell’ambito delle sue attività professionali, di collaborare con le autorità competenti in materia di lotta contro il riciclaggio, ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva 91/308, e di comunicare loro, di propria iniziativa, ogni fatto che possa costituire indizio di un riciclaggio, tenuto conto delle limitazioni di tale obbligo previste agli artt. 2 bis, punto 5, e 6, n. 3, di tale direttiva, costituisca una violazione del diritto a un equo processo come garantito dagli artt. 6 della CEDU e 6, n. 2, UE.

27     Occorre rilevare, anzitutto, che l’art. 6, n. 3, secondo comma, della direttiva 91/308 può prestarsi a diverse interpretazioni, di modo che la portata precisa degli obblighi di informazione e di collaborazione a carico degli avvocati non è priva di ogni ambiguità.

28     A tale riguardo è giurisprudenza costante che, qualora una norma di diritto comunitario derivato ammetta più di un’interpretazione, si deve dare la preferenza a quella che rende la norma stessa conforme al Trattato CE rispetto a quella che porta a constatare la sua incompatibilità con il Trattato stesso (sentenze 13 dicembre 1983, causa 218/82, Commissione/Consiglio, Racc. pag. 4063, punto 15, e 29 giugno 1995, causa C-135/93, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑1651, punto 37). Gli Stati membri sono infatti tenuti non solo a interpretare il loro diritto nazionale in modo conforme al diritto comunitario, ma anche a provvedere a non fondarsi su un’interpretazione di un testo di diritto derivato che entri in conflitto con i diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico comunitario o con gli altri principi generali del diritto comunitario (sentenza 6 novembre 2003, causa C‑101/01, Lindqvist, Racc. pag. I‑12971, punto 87).

29     Occorre anche ricordare che i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte garantisce l’osservanza. A tal fine, la Corte si ispira alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell’uomo a cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito. La CEDU riveste, a questo proposito, un particolare significato (v., in tal senso, sentenze 12 novembre 1969, causa 29/69, Stauder, Racc. pag. 419, punto 7; 6 marzo 2001, causa C-274/99 P, Connolly/Commissione, Racc. pag. I-1611, punto 37, e 14 dicembre 2006, causa C-283/05, ASML, Racc. pag. I‑12041, punto 26). Quindi il diritto a un equo processo, come si desume, in particolare, dall’art. 6 della CEDU, costituisce un diritto fondamentale che l’Unione europea rispetta in quanto principio generale in forza dell’art. 6, n. 2, UE.

30     L’art. 6 della CEDU riconosce a ogni persona, nell’ambito delle controversie su diritti e obblighi di carattere civile, o nell’ambito di un procedimento penale, il diritto a che la sua causa sia esaminata equamente.

31     Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, la nozione di «equo processo» di cui all’art. 6 della CEDU è costituita da diversi elementi, i quali comprendono, specificamente, i diritti della difesa, il principio di uguaglianza delle armi, il diritto di accesso alla giustizia, nonché il diritto di accesso ad un avvocato tanto in materia civile quanto in materia penale (v. Corte eur. D.U., sentenze 21 febbraio 1975, Golder c. Regno Unito, serie A, n. 18, §§ 26‑40; 28 giugno 1984, Campbell e Fell c. Regno Unito, serie A, n. 80, §§97‑99, 105-107 e 111-113, nonché 30 ottobre 1991, Borges c. Belgio, serie A, n. 214-B, § 24).

32     L’avvocato non sarebbe in grado di svolgere adeguatamente il suo incarico di consulenza, di difesa e di rappresentanza del suo cliente, e quest’ultimo sarebbe, di conseguenza, privato dei diritti attribuitigli dall’art. 6, della CEDU, se l’avvocato stesso, nell’ambito di un procedimento giudiziario o della sua preparazione, fosse tenuto a collaborare con i pubblici poteri trasmettendo loro informazioni ottenute durante le consulenze giuridiche che hanno avuto luogo nell’ambito di un tale procedimento.

33     Riguardo alla direttiva 91/308, come ricordato al punto 22 della presente sentenza, dall’art. 2 bis, punto 5, di questa risulta che gli obblighi di informazione e di collaborazione si applicano agli avvocati solo nei limiti in cui questi ultimi assistano i loro clienti nella progettazione o nella realizzazione di talune operazioni essenzialmente di ordine finanziario e immobiliare indicate da tale disposizione alla lett. a), o qualora agiscano in nome e per conto del loro cliente in una qualsiasi operazione finanziaria o immobiliare. Come regola generale, tali attività, a causa della loro stessa natura, si situano in un contesto che non è collegato ad un procedimento giudiziario e, pertanto, si pongono al di fuori dell’ambito di applicazione del diritto a un equo processo.

34     Inoltre, sin dal momento in cui l’assistenza dell’avvocato intervenuto nell’ambito di un’operazione di cui all’art. 2 bis, punto 5, della direttiva 91/308 è richiesta per l’esercizio di un incarico di difesa o di rappresentanza in giudizio o per l’ottenimento di consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento giudiziario, tale avvocato è esonerato, ai sensi dell’art. 6, n. 3, secondo comma, della detta direttiva, dagli obblighi di cui al n. 1 di tale articolo, essendo irrilevante a tale riguardo che le informazioni siano state ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento. Un tale esonero è di natura tale da preservare il diritto del cliente ad un equo processo.

35     Dato che le esigenze derivanti dal diritto ad un equo processo implicano, per definizione, una connessione con un procedimento giudiziario, e tenuto conto del fatto che l’art. 6, n. 3, secondo comma, della direttiva 91/308 esonera gli avvocati, quando le loro attività sono caratterizzate da una tale connessione, dagli obblighi di informazione e di collaborazione di cui all’art. 6, n. 1, della detta direttiva, tali esigenze sono preservate.

36     Per contro, occorre ammettere che le esigenze connesse al diritto ad un equo processo non si oppongono al fatto che, quando agiscono nell’ambito preciso delle attività elencate all’art. 2 bis, punto 5, della direttiva 91/308, ma in un contesto che non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 6, n. 3, secondo comma, della detta direttiva, gli avvocati siano sottoposti agli obblighi di informazione e di collaborazione creati dall’art. 6, n. 1, di tale direttiva, dal momento che tali obblighi sono giustificati, come lo evidenzia in particolare il terzo ‘considerando’ della direttiva 91/308, dalla necessità di lottare efficacemente contro il riciclaggio che esercita un’influenza evidente sullo sviluppo della criminalità organizzata, la quale costituisce essa stessa una particolare minaccia per le società degli Stati membri.

37     Alla luce di quanto precede, occorre constatare che gli obblighi di informazione e di collaborazione con le autorità responsabili per la lotta contro il riciclaggio previsti all’art. 6, n. 1, della direttiva 91/308 e imposti agli avvocati dall’art. 2 bis, punto 5, di tale direttiva, tenuto conto dell’art. 6, n. 3, secondo comma, di questa, non violano il diritto ad un equo processo, come garantito dagli artt. 6 della CEDU e 6, n. 2, UE.

 Sulle spese

38     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

Gli obblighi di informazione e di collaborazione con le autorità responsabili per la lotta contro il riciclaggio previsti all’art. 6, n. 1, della direttiva del Consiglio 10 giugno 1991, 91/308/CEE, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2001, 2001/97/CE, e imposti agli avvocati dall’art. 2 bis, punto 5, di tale direttiva, tenuto conto dell’art. 6, n. 3, secondo comma, di questa, non violano il diritto ad un equo processo, come garantito dagli artt. 6 della CEDU e 6, n. 2, UE.

 

                     (Seguono le firme)