Sentenza n. 122 del 2025

SENTENZA N. 122

ANNO 2025

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Giovanni AMOROSO;

Giudici: Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 26 della legge della Regione Puglia 13 novembre 2024, n. 28, recante «Modifiche alla legge regionale 9 ottobre 2008, n. 25 (Norme in materia di autorizzazione alla costruzione ed esercizio di linee e impianti elettrici con tensione fino a 150.000 volt) e disposizioni diverse», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 13 gennaio 2025, depositato in cancelleria il successivo 14 gennaio, iscritto al n. 2 del registro ricorsi 2025 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2025.

Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;

udita nell’udienza pubblica del 24 giugno 2025 la Giudice relatrice Maria Alessandra Sandulli;

uditi l’avvocato dello Stato Marina Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Paolo Scagliola per la Regione Puglia;

deliberato nella camera di consiglio del 24 giugno 2025.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato il 14 gennaio 2025 e iscritto al n. 2 del registro ricorsi 2025, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 26 della legge della Regione Puglia 13 novembre 2024, n. 28, recante «Modifiche alla legge regionale 9 ottobre 2008, n. 25 (Norme in materia di autorizzazione alla costruzione ed esercizio di linee e impianti elettrici con tensione fino a 150.000 volt) e disposizioni diverse», denunciando la violazione degli artt. 117, terzo comma, in materia di coordinamento della finanza pubblica, e 81, terzo comma, della Costituzione e, nella specie, del principio di congruità della spesa.

L’impugnato art. 26, rubricato «Entrata in vigore dei Livelli essenziali di assistenza e del relativo nomenclatore», al comma 1, recita che «[p]er assicurare i più ampi e innovativi livelli essenziali di assistenza sanitaria evitando disparità assistenziali in danno dei cittadini pugliesi, e in virtù della copertura finanziaria erogata dallo Stato e già disponibile per il 2024 nel Fondo sanitario regionale, è disposta la totale e immediata vigenza ed esecuzione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), con i relativi adeguamenti al nomenclatore regionale, e del decreto del Ministro della salute 23 giugno 2023 (Definizione delle tariffe dell’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica)».

Il comma 2 stabilisce, poi, che «[l]’immediata vigenza ed esecuzione disposta dal comma 1 è in deroga a qualsiasi atto amministrativo, anche di rango statale con cui siano state disposte deroghe ai termini di entrata in vigore».

Infine, i commi 3 e 4 dispongono che «3. I livelli essenziali di assistenza garantiti in modalità provvisoria, temporale, sperimentale o di progetto pilota, in forza di leggi regionali o deliberazioni della Giunta regionale, purché previsti dal d.p.c.m. 12 gennaio 2017, sono da considerarsi erogati e garantiti in forma ordinaria e strutturale. 4. Agli oneri derivanti dai commi 1, 2, 3 si provvede con le somme già disponibili dai trasferimenti del Fondo sanitario regionale per il 2024, derivanti dal d.p.c.m. 12 gennaio 2017, dall’articolo 1, comma 288, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024 – legge di stabilità 2022), e dall’articolo 1, comma 235, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026 - legge di stabilità 2024)».

1.1.– Il ricorso premette una ricostruzione del quadro normativo statale di riferimento, ricordando, innanzitutto, che i livelli essenziali di assistenza (LEA) di cui all’art. 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), erano stati definiti e aggiornati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), il quale, agli artt. 15 e seguenti, si occupa dell’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica.

In particolare, l’art. 15, rubricato «Assistenza specialistica ambulatoriale», stabilisce, al comma 1, che il Servizio sanitario nazionale (SSN) garantisce le prestazioni relative a quest’ultima, elencate nel nomenclatore di cui all’Allegato 4 al decreto; mentre l’art. 17, rubricato «Assistenza protesica», dispone, al comma 1, che «[i]l Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone di cui all’art. 18 le prestazioni sanitarie che comportano l’erogazione di protesi, ortesi ed ausili tecnologici nell’ambito di un piano riabilitativo-assistenziale volto alla prevenzione, alla correzione o alla compensazione di menomazioni o disabilità funzionali conseguenti a patologie o lesioni, al potenziamento delle abilità residue, nonché alla promozione dell’autonomia dell’assistito», e fa riferimento, nei commi 2 e 3, al nomenclatore di cui all’Allegato 5 allo stesso decreto.

L’Avvocatura dello Stato rimarca, poi, che il predetto decreto (d’ora in avanti, anche: d.P.C.m. LEA), all’art. 64, commi 2 e 3, ha subordinato l’entrata in vigore delle disposizioni concernenti le riferite prestazioni all’entrata in vigore delle relative tariffe; e che tali tariffe, in applicazione dell’art. 8-sexies, commi 5 e 7, del d.lgs. n. 502 del 1992, sono state poi stabilite con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, 23 giugno 2023 (Definizione delle tariffe relative all’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica), che ha previsto, all’art. 5, comma 1, l’entrata in vigore dal 1° gennaio 2024 di quelle di assistenza specialistica ambulatoriale e dal 1° aprile 2024 di quelle di assistenza protesica.

L’entrata in vigore del suddetto decreto interministeriale – di cui l’impugnato art. 26, comma 1, della legge reg. Puglia n. 28 del 2024 ha disposto «la totale e immediata vigenza ed esecuzione» – è stata tuttavia oggetto di un primo rinvio con il decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, 31 dicembre 2023 (Modifica dell’articolo 5, comma 1, del decreto 23 giugno 2023, recante la definizione delle tariffe dell’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica), che, all’art. 1, ha prorogato al 1° aprile 2024 anche l’entrata in vigore delle tariffe massime per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale. Con il successivo decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, 31 marzo 2024 (Modifiche al decreto 23 giugno 2023, recante: «Definizione delle tariffe dell’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica»), l’entrata in vigore delle tariffe stabilite dal d.interm. 23 giugno 2023 è stata, poi, integralmente differita al 1° gennaio 2025, anche al fine di valutarne una più ampia revisione.

Pertanto, alla data di pubblicazione della legge reg. Puglia n. 28 del 2024, avvenuta nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia, 14 novembre 2024, n. 92, le tariffe relative alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e protesica definite nel d.P.C.m. LEA non erano ancora entrate in vigore.

Peraltro – aggiunge la difesa statale – in forza dell’intesa raggiunta lo stesso 14 novembre 2024 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, le medesime tariffe, di cui al citato decreto del 2023, sono state sostituite da quelle stabilite dal decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, 25 novembre 2024 (Definizione delle tariffe relative all’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica), pubblicato in Gazzetta Ufficiale, 27 dicembre 2024, n. 302 ed entrato in vigore, ai sensi del suo art. 5, comma 1, il 30 dicembre 2024.

1.2.– Alla luce del richiamato quadro normativo, la difesa dello Stato rileva che «una norma regionale non può derogare a provvedimenti nazionali, il cui percorso di approvazione è definito da norme statali». Pertanto, l’art. 26 della legge reg. Puglia n. 28 del 2024, nel disporre la totale e immediata entrata in vigore dei LEA e del relativo nomenclatore tariffario, la cui attuazione era subordinata all’entrata in vigore del decreto interministeriale di definizione delle relative tariffe, si porrebbe «in contrasto con la normativa nazionale» che disciplina il procedimento di formazione di quest’ultimo e con l’art. 2, comma 80, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», poiché introdurrebbe un ulteriore livello essenziale di assistenza (extra-LEA), così violando la disciplina del piano di rientro dal disavanzo finanziario in materia sanitaria, al quale la Regione Puglia è sottoposta, e il conseguente divieto di spese non obbligatorie.

Il ricorrente assume, poi, che la previsione di spese ulteriori, in una condizione di risorse contingentate, si porrebbe anche in contrasto con il principio di congruità della «copertura della spesa “necessaria”», di cui all’art. 81, terzo comma, Cost., in quanto l’impiego di risorse «per prestazioni “non essenziali” verrebbe a ridurre corrispondentemente le risorse per quelle essenziali».

E aggiunge che, sino all’entrata in vigore del citato d.interm. 25 novembre 2024 (il quale, peraltro, ha «aggiorna[to], aumentandole, le tariffe di [assistenza] specialistica [ambulatoriale] e protesica, comportando così maggiori costi rispetto al decreto ministeriale 23 giugno 2023»), le relative risorse a copertura non sarebbero state a disposizione della Regione. Ciò anche in considerazione del fatto che il riparto del Fondo sanitario nazionale per l’anno 2024, «contenente le coperture finanziarie per dare attuazione al richiamato decreto ministeriale», è stato approvato con l’intesa sancita dalla Conferenza Stato-Regioni del 28 novembre 2024, e, dunque, successivamente al 14 novembre 2024, data di entrata in vigore della legge regionale in esame.

1.3.– In conclusione, il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 26 della legge reg. Puglia n. 28 del 2024, perché in contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 81, terzo comma, Cost.

2.– Con atto depositato il 20 febbraio 2025, si è costituita in giudizio la Regione Puglia, chiedendo di dichiarare la cessazione della materia del contendere o comunque inammissibili e/o non fondate le questioni promosse.

2.1.– Preliminarmente, la Regione mette in evidenza il fatto che, successivamente alla pubblicazione della legge regionale in oggetto, il d.interm. 25 novembre 2024 ha sostituito il d.interm. 23 giugno 2023, che, pertanto, dal 27 dicembre 2024 (data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del primo), non sarebbe più stato vigente.

Si precisa, inoltre, che con la deliberazione della Giunta della Regione Puglia 23 dicembre 2024, n. 1863 (Recepimento D.M. 23 giugno 2023 – avente ad oggetto: “Definizione delle tariffe dell’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica”, ai sensi dell’Accordo Stato – Regioni CSR Rep. n. 204 del 14/11/2024 - Modifica ed integrazione della DGR n. 403 del 15 marzo 2021. Revoca della deliberazione di Giunta regionale n. 1963 del 28 dicembre 2023), la Regione ha recepito il nomenclatore tariffario approvato con il citato d.interm. 25 novembre 2024, e che, nelle more dell’approvazione di quest’ultimo, l’impugnato art. 26 non avrebbe avuto concreta attuazione ed esecuzione. A parere della resistente vi sarebbero, pertanto, tutti i presupposti perché questa Corte possa dichiarare la cessazione della materia del contendere.

2.2.– La Regione, ritiene, a ogni modo, le censure non fondate e in parte inammissibili.

Essa osserva, infatti, che l’impugnato art. 26, inserendosi nel contesto del lungo e complesso percorso di approvazione del d.interm. 23 giugno 2023, il quale si è anche caratterizzato per i ripetuti rinvii della sua entrata in vigore, è espressamente volto a «erogare e rendere disponibili per i cittadini pugliesi tutte quelle “nuove” prestazioni inserite nel D.P.C.M. Lea del 2017, senza ulteriori rinvii».

La resistente sottolinea, inoltre, che in molte regioni alcune delle nuove prestazioni previste dal d.P.C.m. LEA sarebbero state «da tempo garantite e finanziate con risorse distinte rispetto a quelle afferenti ai LEA», sicché il differimento dei termini di entrata in vigore delle relative tariffe avrebbe rappresentato per la Regione Puglia, e per le altre regioni in piano di rientro, un ostacolo alla erogazione – anche con fondi del bilancio autonomo – di prestazioni aggiuntive rispetto a quelle definite dal «decreto ministeriale 22 luglio 1996», ovvero con tariffe superiori a quelle indicate da tale decreto, in quanto avrebbe determinato maggiori oneri a carico del bilancio regionale.

La Regione espone, poi, che il d.P.C.m. LEA non avrebbe solo provveduto a eliminare prestazioni obsolete, ma avrebbe altresì previsto una serie di prestazioni tecnologicamente avanzate rispetto al «nomenclatore disciplinato dal decreto ministeriale 22 luglio 1996». Prestazioni, queste, che, in attesa dell’adozione e dell’entrata in vigore del decreto di definizione delle tariffe, le regioni sottoposte al piano di rientro non avrebbero potuto garantire ai residenti, nonostante l’avvenuta approvazione del d.P.C.m. LEA, con ricadute negative sia in termini di consolidamento delle disparità assistenziali esistenti tra le regioni, sia sul piano sanitario, sociale ed economico.

La difesa regionale mette altresì in evidenza che il comma 3 dell’impugnato art. 26, volto a rendere stabili le prestazioni in precedenza «garantit[e] in modalità provvisoria, temporale [e] sperimentale», troverebbe la sua giustificazione nella circostanza che la Regione Puglia, nei lunghi anni di inattuazione delle prestazioni di cui al d.P.C.m. LEA, si sarebbe «impegnata a dare risposte efficaci ai nuovi e crescenti bisogni di salute dei cittadini al fine di evitare, o quantomeno limitare, i flussi di mobilità sanitaria verso quelle regioni», che, non sottoposte al piano di rientro, potevano erogare le nuove prestazioni ricomprese nel nomenclatore del 2017.

2.3.– Ciò premesso, la resistente deduce la non fondatezza delle censure mosse dallo Stato, perché si fonderebbero su un erroneo presupposto interpretativo.

A suo parere, infatti, statuendo l’art. 64, commi 2 e 3, del d.P.C.m. LEA, che le disposizioni in materia di assistenza specialistica ambulatoriale e di erogazione di dispositivi protesici entrano in vigore dalla data di pubblicazione del decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, per la definizione delle tariffe massime di tali prestazioni, con la pubblicazione del d.interm. 23 giugno 2023 le prestazioni previste nel suddetto d.P.C.m. non potrebbero più considerarsi extra-LEA, poiché si sarebbe «avverata la condizione sospensiva cui era stata sottoposta l’entrata in vigore», sostanziandosi i successivi decreti interministeriali 31 dicembre 2023 e 31 marzo 2024 in meri rinvii tecnici dell’entrata in vigore delle nuove tariffe.

La Regione aggiunge che l’erroneità dell’assunto da cui muove il ricorrente risulterebbe vieppiù evidente ove si consideri che il comma 4 dell’impugnato art. 26 individua specificamente le fonti normative statali di copertura della spesa. Tra queste, richiama l’art. 1, comma 235, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026), che avrebbe già assegnato e versato alle regioni somme finalizzate e destinate alla remunerazione dei nuovi LEA, come risulterebbe, del resto, anche dalla nota della Ragioneria generale dello Stato 28 marzo 2024, prot. n. 63535. Tale nota metterebbe peraltro in evidenza che la proroga dell’entrata in vigore del d.interm. 23 giugno 2023 avrebbe inciso «sulla possibilità di garantire un’erogazione uniforme delle prestazioni entrate nei LEA dal 2017 in tutto il territorio nazionale, permanendo quindi le differenze erogative tra regioni».

2.4.– La difesa regionale deduce inoltre l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale riferita all’art. 81, terzo comma, Cost., per genericità, mancanza di specificazione e indeterminatezza, poiché il ricorrente si sarebbe limitato a proporre affermazioni puramente assertive e non suffragate da alcuna dimostrazione dell’illegittimità costituzionale dell’impugnato art. 26 «sotto il profilo della congruità della spesa necessaria (art. 81, terzo comma, Cost.)».

2.5.– Da ultimo, la resistente osserva che la valutazione di conformità ai LEA, che l’impugnata normativa regionale intenderebbe garantire, deve essere effettuata anche alla luce del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le regioni, posto che – e come chiarito da questa Corte nella sentenza n. 242 del 2022 – «il mancato e/o ritardato aggiornamento dei LEA […] determina la compromissione del diritto alla salute in condizioni di eguaglianza su tutto il territorio nazionale, che non trova più alcuna giustificazione, poiché il mero trascorrere del tempo si traduce nell’obsolescenza delle prestazioni di assistenza sanitaria».

3.– Il 3 giugno 2025 il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria in vista dell’udienza pubblica, nella quale, oltre a ribadire le ragioni per l’accoglimento del ricorso, si oppone espressamente alla richiesta di dichiarare la cessazione della materia del contendere. Per un verso, poiché non si potrebbe escludere che, nel pur ridotto lasso di tempo intercorso tra l’entrata in vigore dell’impugnata disciplina regionale e il recepimento del nuovo tariffario di cui al d.interm. 25 novembre 2024, alcuni operatori abbiano applicato le tariffe rese vigenti dal legislatore pugliese; circostanza, questa, che, a parere della difesa statale, potrebbe essere causa di contenziosi, giustificando così l’interesse alla coltivazione del ricorso. Per l’altro verso, in quanto la comunicazione del direttore del Dipartimento regionale della salute e del benessere animale – depositata in atti dalla Regione il 23 maggio 2025 – non potrebbe considerarsi «atto formale necessario e sufficiente» ad attestare la mancata applicazione della norma impugnata.

Considerato in diritto

1.– Con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 2 del 2025), il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 26 della legge reg. Puglia n. 28 del 2024, per violazione degli artt. 117, terzo comma, in materia di coordinamento della finanza pubblica, e 81, terzo comma, Cost.

L’impugnato art. 26 dispone «la totale e immediata vigenza ed esecuzione» del d.P.C.m. LEA, con i relativi adeguamenti al nomenclatore regionale, e del d.interm. 23 giugno 2023 (comma 1), anche in deroga ad atti amministrativi, pur se di rango statale, con i quali «siano state disposte deroghe ai termini di entrata in vigore» (comma 2); esso prevede, inoltre, la conseguente stabilizzazione delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e protesica in precedenza erogate in modalità provvisoria, temporanea e sperimentale (comma 3).

A parere del ricorrente, l’art. 26 della legge reg. Puglia n. 28 del 2024 contrasterebbe, innanzitutto, con l’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica, in quanto, violando il procedimento di formazione dei LEA stabilito dalla legislazione statale, avrebbe introdotto livelli essenziali di assistenza ulteriori a quelli erogati dal Servizio sanitario nazionale, incorrendo così nella violazione del divieto – gravante sulla Regione Puglia, sottoposta alla disciplina del programma operativo per la prosecuzione del piano di rientro – di effettuare spese sanitarie non obbligatorie.

La norma impugnata contrasterebbe, altresì, con il principio di congruità della spesa, sancito dall’art. 81, terzo comma, Cost., in quanto la Regione Puglia, in una condizione di risorse contingentate, non avrebbe potuto destinare a prestazioni non incluse nei LEA risorse del Servizio sanitario regionale, distogliendole dalla finalità di rientro dal disavanzo finanziario in materia sanitaria. Ciò anche in ragione del fatto che le risorse individuate dal legislatore pugliese, a valere sul Fondo sanitario nazionale del 2024 (commi 1 e 4 dell’impugnato art. 26), ancora non erano state rese disponibili al momento dell’entrata in vigore della legge reg. Puglia n. 28 del 2024.

2.– All’esame delle questioni, anche con riguardo ai profili preliminari a essa inerenti, giova premettere la ricostruzione del contesto normativo in cui si è inserito l’impugnato art. 26.

2.1.– L’art. 1 del d.lgs. n. 502 del 1992 stabilisce, al comma 6, che «[i] livelli essenziali di assistenza comprendono le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni relativi alle aree di offerta individuate dal Piano sanitario nazionale» e, al comma 7, che «[s]ono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate».

Dopo la prima definizione dei suddetti LEA, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza), poi modificato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 novembre 2003 (Modifica del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001, recante «Definizione dei livelli essenziali di assistenza», in materia di certificazioni), l’art. 5, comma 1, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, nella legge 8 novembre 2012, n. 189, ne ha prescritto l’aggiornamento, nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 31 dicembre 2012, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.

Successivamente, l’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», ha disposto, al comma 553, l’aggiornamento del richiamato d.P.C.m. 29 novembre 2001 entro 60 giorni dall’entrata in vigore della stessa legge, precisando, al comma 554, che la definizione e l’aggiornamento dei LEA devono essere effettuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Lo stesso art. 1 ha istituito, peraltro, al comma 556, un’apposita commissione nazionale, che, ai sensi del comma 558, deve formulare annualmente una proposta di aggiornamento dei LEA con le procedure indicate dai commi 554 e 559.

2.2.– La definizione e l’aggiornamento dei LEA di cui all’art. 1, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992 sono stati operati dal d.P.C.m. 12 gennaio 2017, il quale, per ciò che rileva nel presente giudizio, detta disposizioni relative all’assistenza specialistica ambulatoriale e all’assistenza protesica, negli articoli da 15 a 19.

L’art. 64, commi 2 e 3, del citato d.P.C.m. ha subordinato, tuttavia, l’entrata in vigore delle suddette disposizioni all’adozione, ai sensi dell’art. 8-sexies, commi 5 e 7, del d.lgs. n. 502 del 1992, di un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (comunemente noto come “decreto tariffe”), deputato a stabilire le relative tariffe.

A distanza di ben sei anni dall’adozione del d.P.C.m. LEA, tali tariffe sono state definite dal d.interm. 23 giugno 2023, pubblicato nella G.U. n. 181 del 4 agosto 2023, il quale tuttavia, all’art. 5, comma 1, ha rinviato l’entrata in vigore delle disposizioni concernenti le tariffe per l’assistenza specialistica ambulatoriale al 1° gennaio 2024 e quelle per l’assistenza protesica al 1° aprile 2024.

Tale entrata in vigore è stata poi ulteriormente differita. In particolare, dapprima, il d.interm. 31 dicembre 2023 ha rinviato al 1° aprile 2024 anche quella delle tariffe dell’assistenza specialistica ambulatoriale e, successivamente, il d.interm. 31 marzo 2024 ha differito al 1° gennaio 2025 l’entrata in vigore delle tariffe di entrambe le suddette tipologie di prestazioni, motivandola anche con l’esigenza di valutarne una più ampia revisione.

Da ultimo, sulla base dell’intesa raggiunta il 14 novembre 2024 in sede di Conferenza Stato-Regioni, il d.interm. 25 novembre 2024 ha sostituito le tariffe approvate nel 2023, fissando al 30 dicembre 2024 l’entrata in vigore delle proprie disposizioni, che non è stata ulteriormente differita.

Come sopra esposto (punto 1.1. del Ritenuto in fatto), la legge reg. Puglia n. 28 del 2024, che ha introdotto l’impugnato art. 26, è stata pubblicata nel B.U.R. Puglia n. 92 del 2024 ed è entrata in vigore, ai sensi del suo art. 36, il 14 novembre 2024, ovvero lo stesso giorno del raggiungimento dell’intesa Stato-Regioni prodromica all’adozione del citato d.interm. 25 novembre 2024.

3.– Ricostruito il quadro normativo in cui si inserisce l’impugnato art. 26, deve preliminarmente essere esaminata la richiesta della Regione Puglia di dichiarare la cessazione della materia del contendere.

In particolare, la resistente osserva che il d.interm. 23 giugno 2023, di cui l’impugnato art. 26 ha disposto la totale e immediata vigenza ed esecuzione, non sarebbe più stato vigente a partire dal 27 dicembre 2024, data di pubblicazione del d.interm. 25 novembre 2024 nella G.U. n. 302 del 2024. E aggiunge che, con la delib. Giunta reg. Puglia n. 1863 del 2024, la Regione ha recepito il nuovo nomenclatore tariffario, approvato con quest’ultimo decreto, e, comunque, l’impugnato art. 26 non avrebbe avuto concreta attuazione ed esecuzione; circostanza, quest’ultima, che sarebbe attestata dalla comunicazione del direttore del Dipartimento regionale della salute e benessere animale, depositata in atti.

L’istanza non può essere accolta, poiché non ricorrono entrambe le condizioni che, per giurisprudenza costituzionale costante (fra le più recenti, sentenze n. 198 del 2024, n. 80 del 2023, n. 242 e n. 4 del 2022), giustificano la dichiarazione della cessazione della materia del contendere. A prescindere da ogni considerazione sulla mancata applicazione dell’impugnato art. 26 (circostanza messa espressamente in discussione dal ricorrente), esso non è stato né abrogato né modificato in senso satisfattivo delle pretese avanzate nel ricorso. Il giudizio in via principale è condizionato, infatti, dalla «mera pubblicazione di una legge che si ritenga lesiva della ripartizione di competenze, a prescindere dagli effetti che essa abbia prodotto (ex multis, sentenze n. 262 del 2016 e n. 118 del 2015)» (sentenza n. 195 del 2017), dovendosi individuare l’interesse a proporre e a coltivare il ricorso «nella tutela delle competenze legislative per come ripartite nella Costituzione: il corretto inquadramento delle competenze legislative rappresenta, in questo senso, l’utilità che ci si attende dalla pronuncia richiesta (ex plurimis, sentenze n. 56 del 2020, n. 178 del 2018 e n. 195 del 2017)» (sentenza n. 101 del 2021).

4.– Passando al merito, occorre innanzitutto esaminare – anche perché logicamente pregiudiziale – la denunciata violazione del procedimento di formazione del decreto per la definizione delle tariffe dell’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, delineato dall’art. 64, commi 2 e 3, del d.P.C.m. LEA, mediante il rinvio alla disciplina dettata dall’art. 8-sexies, commi 5 e 7, del d.lgs. n. 502 del 1992; il che determinerebbe la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica.

È essenziale, preliminarmente, definire la portata precettiva del citato art. 8-sexies. Si ricorda, innanzitutto, che esso dispone, al comma 1, che «[l]e strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale sono finanziate secondo un ammontare globale predefinito indicato negli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies e determinato in base alle funzioni assistenziali e alle attività svolte nell’ambito e per conto della rete dei servizi di riferimento», prescrivendo, al comma 4, che, per le funzioni assistenziali, il criterio di remunerazione si basa sul «costo standard di produzione del programma di assistenza», mentre per le attività diverse, fra cui è ricompresa l’assistenza specialistica ambulatoriale, la remunerazione avviene in base a «tariffe predefinite» per prestazione. Tali tariffe, ai sensi del comma 5, sono fissate preventivamente, sia a livello statale, dove vengono stabilite periodicamente con decreto del Ministro della salute, sentita l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS) e d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sia a livello regionale, dove le regioni «adottano il proprio sistema tariffario, articolando tali tariffe per classi di strutture secondo le loro caratteristiche organizzative e di attività, verificate in sede di accreditamento delle strutture stesse».

Il comma 7 stabilisce, poi, che, sempre con decreto del Ministro della salute, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sono disciplinate le modalità di erogazione e di remunerazione dell’assistenza protesica, compresa nei LEA.

Attraverso la disciplina che si è passata in rassegna, il legislatore statale ha voluto assicurare che il sistema sanitario operi nel rispetto dei principi di efficienza e di economicità nell’uso delle risorse (così ancora il comma 5), mediante una programmazione ex ante delle prestazioni e la loro corretta remunerazione, in osservanza dei vincoli del finanziamento del SSN. A questi fini, l’art. 8-sexies, del d.lgs. n. 502 del 1992, nel ribadire la necessità del rispetto del principio del perseguimento dell’efficienza e dei vincoli di bilancio derivanti dalle risorse programmate a livello nazionale e regionale, stabilisce che le tariffe massime delle suddette prestazioni sono assunte come riferimento per la valutazione della congruità delle risorse a carico del SSN e che gli importi tariffari fissati dalle singole regioni, eventualmente in misura superiore a tali tariffe massime, restano a carico dei relativi bilanci (comma 5).

La remunerazione in base al sistema “a tariffa” persegue, infatti, lo «scopo di ottenere un maggiore controllo della spesa, programmata e suddivisa tra i diversi soggetti erogatori, grazie alla fissazione di volumi massimi delle prestazioni erogabili» e la definizione delle tariffe è stabilita – come si è visto – «all’esito di un complesso procedimento» (sentenza n. 94 del 2009), teso a realizzare «un ragionevole punto di equilibrio tra l’esigenza di assicurare (almeno) i livelli essenziali di assistenza sanitaria e quella di garantire una più efficiente ed efficace spesa pubblica, anch’essa funzionale al perseguimento dell’interesse pubblico del settore» (sentenza n. 76 del 2023). Per questa ragione, l’art. 8-sexies del d.lgs. n. 502 del 1992 – come ha chiarito la sentenza n. 176 del 2023 – rientra tra i principi fondamentali nella materia del coordinamento della finanza pubblica (oltre che fra quelli in materia di tutela della salute).

Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 64 del d.P.C.m. LEA danno concreta attuazione, con riguardo all’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, alla richiamata disciplina dell’art. 8-sexies e, in particolar modo, sono finalizzate ad assicurare, anche per tali prestazioni, il ricordato punto di equilibrio tra la garanzia dei LEA e l’esigenza del contenimento della spesa pubblica, che, peraltro, spiega perché lo stesso d.P.C.m. LEA prevede che il Ministro della salute adotti il decreto di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

In quest’ottica, l’erogazione delle prestazioni in esame è condizionata all’approvazione e all’applicabilità delle relative tariffe. Contrariamente a quanto sostiene la resistente, il riferimento testuale alla pubblicazione del decreto tariffe, contenuto nell’art. 64 del d.P.C.m. LEA non può essere ragionevolmente inteso come idoneo a considerare la pubblicazione quale presupposto sufficiente a determinare l’applicabilità delle tariffe di cui sia stata espressamente rinviata l’entrata in vigore, precludendo tale rinvio, in radice, l’efficacia delle relative disposizioni.

Per le ragioni che precedono, la censura riferita all’art. 117, terzo comma, Cost. è fondata, in quanto l’impugnato art. 26, anticipando l’operatività delle tariffe delle prestazioni dell’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica a un momento in cui esse non erano ancora efficaci, ha violato l’art. 8-sexies del d.lgs. n. 502 del 1992.

Se una disciplina, tanto più quando si configura come principio fondamentale della materia, impone uno specifico procedimento per l’adozione di un atto, anche gli interventi volti a incidere sul suo regime di efficacia o di applicabilità devono rispettare tale modello ed essere espressione del medesimo potere esercitato per adottare l’atto sul quale si incide.

Significativamente, infatti, i rinvii dell’entrata in vigore del decreto del 23 giugno 2023 sono stati disposti con i d.interm. 31 dicembre 2023 e 31 marzo 2024, che sono stati adottati seguendo le forme di cui all’art. 8-sexies.

5.– L’art. 26 della legge reg. Puglia n. 28 del 2024, nell’incidere sul regime di efficacia del “decreto tariffe”, la cui adozione, come disposto dall’art. 64, commi 2 e 3, del d.P.C.m. LEA, deve avvenire «ai sensi [dei commi 5 e 7] dell’art. 8-sexies», ha, pertanto, violato un principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica e deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Le ulteriori censure, relative alla violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica, in relazione al divieto di effettuare spese non obbligatorie, e dell’art. 81, terzo comma, Cost., restano assorbite.

6.– Questa Corte, tuttavia, non può fare a meno di sottolineare che, se la «presenza di due livelli di governo rende necessaria la definizione di un sistema di regole che ne disciplini i rapporti di collaborazione, nel rispetto delle reciproche competenze» (sentenza n. 190 del 2022), la fisiologica dialettica tra lo Stato e le regioni deve essere improntata alla «doverosa cooperazione per assicurare il miglior servizio alla collettività» (sentenza n. 62 del 2020).

In ossequio, pertanto, al principio di leale collaborazione, non solo le regioni non possono violare i principi fondamentali dettati dalla legislazione dello Stato, ma è altresì essenziale che quest’ultimo, per parte sua, si adoperi, non solo a dare pronta attuazione alle disposizioni inerenti ai LEA, ma anche a procedere puntualmente al loro periodico aggiornamento, come del resto stabilito dalla legge, posto che la «obsolescenza delle prestazioni previste» incide negativamente sul diritto alla salute, che deve essere tutelato in maniera adeguata alle conoscenze scientifiche e tecnologiche; oltre che garantito «in condizioni di eguaglianza su tutto il territorio nazionale, senza discriminazione alcuna tra regioni» (sentenza n. 242 del 2022).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 26 della legge della Regione Puglia 13 novembre 2024, n. 28, recante «Modifiche alla legge regionale 9 ottobre 2008, n. 25 (Norme in materia di autorizzazione alla costruzione ed esercizio di linee e impianti elettrici con tensione fino a 150.000 volt) e disposizioni diverse».

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2025.

F.to:

Giovanni AMOROSO, Presidente

Maria Alessandra SANDULLI, Redattrice

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2025