Sentenza n. 195 del 2017

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SENTENZA N. 195

ANNO 2017

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Paolo                      GROSSI                                              Presidente

-    Giorgio                   LATTANZI                                          Giudice

-    Aldo                       CAROSI                                                     ”

-    Marta                     CARTABIA                                               ”

-    Mario Rosario        MORELLI                                                  ”

-    Giancarlo               CORAGGIO                                              ”

-    Giuliano                 AMATO                                                     ”

-    Silvana                   SCIARRA                                                  ”

-    Daria                      de PRETIS                                                 ”

-    Nicolò                    ZANON                                                     ”

-    Franco                    MODUGNO                                              ”

-    Augusto Antonio   BARBERA                                                ”

-    Giulio                     PROSPERETTI                                          ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 363, primo periodo, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», promosso dalla Regione Veneto, con ricorso notificato il 29 febbraio 2016, depositato in cancelleria l’8 marzo 2016 ed iscritto al n. 17 del registro ricorsi 2016.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 20 giugno 2017 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi gli avvocati Luca Antonini e Andrea Manzi per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.− La Regione Veneto, con ricorso notificato il 29 febbraio 2016 e depositato in cancelleria il successivo 8 marzo 2016, giusta deliberazione della Giunta regionale n. 160 del 23 febbraio 2016, ha impugnato diverse disposizioni della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», tra le quali l’art. 1, comma 363, per la violazione degli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma, e 118 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 5 e 120 Cost.

2.− La disposizione impugnata prevede, al primo periodo oggetto di censura, che «Al fine di rilanciare le spese per investimenti degli enti locali, i comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, nel cui territorio ricadono interamente i siti di importanza comunitaria, come definiti dall’articolo 2, comma 1, lettera m), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, effettuano le valutazioni di incidenza dei seguenti interventi minori: manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, anche con incrementi volumetrici o di superfici coperte inferiori al 20 per cento delle volumetrie o delle superfici coperte esistenti, opere di sistemazione esterne, realizzazione di pertinenze e volumi tecnici».

3.− Assume la Regione Veneto che la norma statale interverrebbe in un ambito attinente non solo alla tutela dell’ambiente, ma anche a diverse materie di competenza concorrente e residuale regionali, quali il governo del territorio, la tutela della salute, la valorizzazione dei beni ambientali ed il turismo. E che, in relazione ad ambiti intrinsecamente trasversali, la giurisprudenza costituzionale ha precisato che alle Regioni è riconosciuta, nell’esercizio delle proprie competenze che interferiscano con la tutela dell’ambiente, la potestà di determinare un più elevato grado di tutela (sono richiamate le sentenze n. 93 del 2013 e n. 398 del 2006).

4.− Il sospetto di illegittimità costituzionale è ravvisato nel mancato richiamo, e dunque nella deroga, a quanto previsto dall’art. 5, comma 5, del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche), che prevede: «Ai fini della valutazione di incidenza dei piani e degli interventi di cui ai commi da 1 a 4, le regioni e le province autonome, per quanto di propria competenza, definiscono le modalità di presentazione dei relativi studi, individuano le autorità competenti alla verifica degli stessi, da effettuarsi secondo gli indirizzi di cui all’allegato G, i tempi per l’effettuazione della medesima verifica, nonché le modalità di partecipazione alle procedure nel caso di piani interregionali».

5.− Proprio in attuazione di tale disposizione, la Regione Veneto ha disciplinato compiutamente le verifiche di incidenza di interventi relativi – tra gli altri – a siti di importanza comunitaria, definendo gli aspetti procedurali e le linee di indirizzo.

Con la deliberazione della Giunta regionale 9 dicembre 2014, n. 2299, la Regione Veneto ha rimesso il compito di effettuare la prescritta valutazione di incidenza all’«autorità pubblica competente all’approvazione del piano, progetto o intervento», ossia all’autorità che di volta in volta è competente ad approvare l’intervento il cui impatto sull’habitat deve essere sottoposto a valutazione ai sensi del d.P.R. n. 357 del 1997.

6.− La Regione ha posto in evidenza che una disposizione analoga a quella censurata è contenuta nell’art. 57, comma 1, della legge 28 dicembre 2015, n. 221 (Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali), che tuttavia farebbe «espressamente salva la facoltà delle sole Regioni a statuto speciale [recte: delle regioni], e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, di riservarsi, con apposita norma, la competenza esclusiva in materia».

Le Regioni a statuto ordinario, per cui la norma impugnata non fa salva tale facoltà, sarebbero completamente private della competenza precedentemente loro attribuita dall’art. 5, comma 5, del d.P.R. n. 357 del 1997, di disciplinare la materia individuando «le modalità di presentazione dei relativi studi», «le autorità competenti alla verifica degli stessi», «i tempi per l’effettuazione della medesima verifica», «nonché le modalità di partecipazione alle procedure nel caso di piani interregionali».

7.− Nel disporre l’assegnazione ai soli Comuni di detti compiti, lo Stato avrebbe agito senza nessun coinvolgimento delle Regioni, nonostante si versi in ambito che intreccia le competenze di queste ultime.

8.− La Regione ricorda che la Corte costituzionale con la sentenza n. 38 del 2015 ha statuito che «la disciplina della valutazione di incidenza ambientale (VINCA) sulle aree protette ai sensi di “Natura 2000”, contenuta nell’art. 5 del regolamento di cui al d.P.R. n. 357 del 1997, deve ritenersi ricompresa nella “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, rientrante nella competenza esclusiva statale»; ma rileva che, a proprio avviso, tale affermazione era funzionale, nel caso deciso, ad «escludersi che il legislatore regionale possa legittimamente adottare una disposizione come quella in esame, che esenta alcune tipologie di interventi dalla valutazione di incidenza ambientale, con conseguente affievolimento della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema».

Nella specie, invece, la norma statale è finalizzata a «rilanciare le spese per investimenti degli enti locali», e dunque non vi è considerazione degli interessi ambientali, né di quelli del governo del territorio o della valorizzazione dei beni ambientali, rimessi alla competenza regionale.

La norma impugnata, quindi, disporrebbe una irragionevole interferenza, lesiva anche del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, con le competenze e la disciplina regionale, non essendo dimostrato che i Comuni possano garantire, rispetto a quanto previsto dalla disciplina regionale, una maggiore tutela degli interessi complessivamente coinvolti nella valutazione di incidenza ambientale.

9.− Di conseguenza l’art. 1, comma 363, della legge n. 208 del 2015, violerebbe gli artt. 3 e 97 Cost., con una ridondanza sulle competenze regionali relative al governo del territorio, alla valorizzazione dei beni ambientali, alla tutela della salute e al turismo, di cui agli artt. 117, terzo e quarto comma, Cost., e si porrebbe in contrasto con il principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 5 e 120 Cost.

10.− Si è costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o non fondato. 

11.− Con riguardo all’impugnazione del comma 363 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015, la difesa dello Stato ricorda che, nel rispetto delle competenze regionali invocate dalla ricorrente, da esercitarsi nell’ambito di un più ampio ed esclusivo potere statale di tutela dell’ambiente (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), l’art. 4 del d.P.R. n. 357 del 1997, al comma 1, prevede che «Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano assicurano per i proposti siti di importanza comunitaria opportune misure per evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie», e al comma 2, che le stesse adottano per le zone speciali di conservazione, entro sei mesi dalla loro designazione, «le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici od integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali». 

Rileva, altresì, come la giurisprudenza costituzionale abbia affermato che il bene ambiente, pur delineando una materia trasversale, è meritevole di una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale (è richiamata la sentenza n. 507 del 2000).

12.− In data 31 maggio 2017 la Regione Veneto ha depositato memoria fuori termine.

Considerato in diritto

1.− Con ricorso iscritto al n. 17 del registro ricorsi 2016, la Regione Veneto ha impugnato diverse norme della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», tra le quali l’art. 1, comma 363, per violazione degli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma, e 118 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 5 e 120 Cost.

2.− Devono essere riservate a separate pronunce le decisioni sulle ulteriori questioni di legittimità costituzionale proposte con il medesimo ricorso.

3.− L’impugnato art. 1, comma 363, prevede, al primo periodo oggetto di censura, che «Al fine di rilanciare le spese per investimenti degli enti locali, i comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, nel cui territorio ricadono interamente i siti di importanza comunitaria, come definiti dall’articolo 2, comma 1, lettera m), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, effettuano le valutazioni di incidenza dei seguenti interventi minori: manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, anche con incrementi volumetrici o di superfici coperte inferiori al 20 per cento delle volumetrie o delle superfici coperte esistenti, opere di sistemazione esterne, realizzazione di pertinenze e volumi tecnici».

3.1.− Secondo la Regione Veneto la norma statale interverrebbe in un ambito attinente non solo alla tutela dell’ambiente, ma anche a diverse materie di competenza concorrente e residuale della Regione, quali il governo del territorio, la tutela della salute, la valorizzazione dei beni ambientali ed il turismo, così ledendo la relativa potestà regionale.

Essa, quindi, comporterebbe una irragionevole interferenza, lesiva anche del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, con le competenze e la disciplina regionale, non essendo dimostrato che i Comuni possano garantire, rispetto a quanto previsto dalla disciplina regionale, una maggiore tutela degli interessi complessivamente coinvolti nella valutazione di incidenza ambientale.

Vi sarebbe, pertanto, la violazione degli artt. 3 e 97 Cost., ridondante sulle competenze regionali relative al governo del territorio, alla valorizzazione dei beni ambientali, alla tutela della salute e al turismo, di cui agli artt. 117, terzo e quarto comma, Cost., in contrasto anche con il principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 5 e 120 Cost.

4.− Preliminarmente, va verificata la sussistenza dell’interesse della Regione Veneto all’impugnazione.

Per costante giurisprudenza di questa Corte, il giudizio promosso in via principale è condizionato alla mera pubblicazione di una legge che si ritenga lesiva della ripartizione di competenze, a prescindere dagli effetti che essa abbia prodotto (ex multis, sentenze n. 262 del 2016 e n. 118 del 2015).

Questo non esclude, comunque, che debba sussistere un interesse attuale e concreto a proporre l’impugnazione, per conseguire, attraverso la pronuncia richiesta, un’utilità diretta e immediata; interesse che, peraltro, nei giudizi in esame consiste nella tutela delle competenze legislative nel rispetto del riparto delineato dalla Costituzione.

Se, dunque, da una parte, le Regioni hanno titolo a denunciare soltanto le violazioni che siano in grado di ripercuotere i loro effetti sulle prerogative costituzionalmente loro riconosciute (ex plurimis, sentenze n. 68 del 2016 e n. 216 del 2008), dall’altra, ciò è anche sufficiente ai fini dell’ammissibilità delle questioni a tal fine proposte.

4.1.− In considerazione del contenuto precettivo della norma in esame e delle censure prospettate, l’interesse all’impugnazione nella specie sussiste con riguardo a tutti i parametri costituzionali invocati.

5.− La valutazione delle doglianze dedotte dalla Regione Veneto presuppone la ricognizione della normativa statale e regionale in cui si inserisce la disposizione impugnata.

5.1.− Il d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche) disciplina le procedure per l’adozione delle misure previste dalla direttiva 21 maggio 1992, n. 92/43/CEE (Direttiva del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche), ai fini della salvaguardia della biodiversità, (c.d. direttiva Habitat).

Secondo la classificazione di cui all’art. 2, comma 1, lettera m), del suddetto d.P.R., è di importanza comunitaria: «un sito che è stato inserito nella lista dei siti selezionati dalla Commissione europea e che, nella o nelle regioni biogeografiche cui appartiene, contribuisce in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale di cui all’allegato A o di una specie di cui all’allegato B in uno stato di conservazione soddisfacente e che può, inoltre, contribuire in modo significativo alla coerenza della rete ecologica “Natura 2000” […], al fine di mantenere la diversità biologica nella regione biogeografica o nelle regioni biogeografiche in questione».

I siti di interesse comunitario (SIC), identificati dagli Stati membri secondo quanto stabilito dalla direttiva habitat, che vengono successivamente designati quali zone speciali di conservazione, concorrono a costituire la rete ecologica dell’Unione europea «Natura 2000», promossa ai sensi della citata direttiva 92/43/CEE per garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciate o rare a livello comunitario.

5.2.− L’art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 357 del 1997 stabilisce che «[n]ella pianificazione e programmazione territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione».

La disposizione prevede la valutazione di incidenza ambientale (VINCA), quando vengano in rilievo, tra gli altri, «siti di importanza comunitaria», nei seguenti casi, di cui, rispettivamente, ai commi 2 e 3:

a) «piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti»;

b) «interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti sul sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi».

Il successivo comma 5 stabilisce, poi, che «Ai fini della valutazione di incidenza dei piani e degli interventi di cui ai commi da 1 a 4, le regioni e le province autonome, per quanto di propria competenza, definiscono le modalità di presentazione dei relativi studi, individuano le autorità competenti alla verifica degli stessi, da effettuarsi secondo gli indirizzi di cui all’allegato G, i tempi per l’effettuazione della medesima verifica, nonché le modalità di partecipazione alle procedure nel caso di piani interregionali».

5.3.− La Regione Veneto, con delibera della Giunta regionale del 9 dicembre 2014, n. 2299, adottata ai sensi dell’art. 2, comma 2, della legge regionale 31 dicembre 2012, n. 54 (Legge regionale per l’ordinamento e le attribuzioni delle strutture della Giunta regionale in attuazione della legge regionale statutaria 17 aprile 2012, n. 1 “Statuto del Veneto”), ha stabilito che (punto 3.1.): «la valutazione di incidenza, da effettuarsi nei modi e nei termini di cui al presente allegato A è svolta dall’autorità pubblica competente all’approvazione del piano, progetto o intervento», definendo anche l’organo competente all’approvazione nell’ambito dell’organizzazione regionale (evidentemente, quando l’autorità competente sia la Regione).

6.− La questione di legittimità costituzionale prospettata in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost. – richiamati unitariamente e in modo indifferenziato −, e al principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., non è fondata.

6.1.− Il contenuto precettivo della disposizione impugnata ed il contesto normativo in cui si colloca pongono in evidenza che l’ambito materiale interessato è quello della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

Deve essere, infatti, ribadito quanto già affermato con la sentenza n. 38 del 2015: «la disciplina della valutazione di incidenza ambientale (VINCA) sulle aree protette ai sensi di “Natura 2000”, contenuta nell’art. 5 del regolamento di cui al d.P.R. n. 357 del 1997, deve ritenersi ricompresa nella “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, rientrante nella competenza esclusiva statale, e si impone a pieno titolo, anche nei suoi decreti attuativi, nei confronti delle Regioni ordinarie. In base al principio per cui le Regioni “non possono reclamare un loro coinvolgimento nell’esercizio della potestà legislativa dello Stato in materia di tutela ambientale, trattandosi di una competenza statale esclusiva” (sentenza n. 104 del 2008), questa Corte ha affermato che nemmeno l’obiettivo di preservare rigorosamente aree di eccezionale valore ambientale sia sufficiente a legittimare l’intervento del legislatore regionale in materia di VINCA, “neppure con l’argomento dell’assicurazione per il suo tramite, in via transitoria o definitiva, di una più elevata tutela dell’ambiente” (sentenza n. 67 del 2011)».

La sentenza n. 234 del 2009 precisa, poi, che «seppure possono essere presenti ambiti materiali di spettanza regionale […] deve ritenersi prevalente, in ragione della precipua funzione cui assolve il procedimento in esame, il citato titolo di legittimazione statale».

7.− La riconducibilità della norma alla materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, rimessa alla potestà legislativa esclusiva dello Stato – prevalente, nell’intreccio di competenze, sulle altre materie invocate dalla ricorrente oggetto di potestà legislativa concorrente e residuale − esclude la lesione degli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost., nonché del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost.

8.− Non è fondata neanche la questione di legittimità costituzionale promossa in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., con riguardo al principio di buon andamento dell’amministrazione e alla irragionevole interferenza con le competenze regionali.

9.− Va osservato al riguardo che la delibera della Giunta regionale, adottata sulla base della disciplina statale, non individua uno specifico soggetto competente alla valutazione di incidenza ambientale, ma la rimette, senza ulteriori specificazioni, all’autorità che provvede all’approvazione del piano, progetto o intervento.

Ne consegue che mentre nei casi in cui i piani, progetti o interventi sono assoggettati anche a VIA l’autorità competente alla valutazione di incidenza è l’autorità competente per la VIA, normalmente la Regione (art. 5, comma 4, del d.P.R. n. 357 del 1997); negli altri casi occorre individuare il soggetto competente, distinguendo, ad esempio, tra piani urbanistici, che sono soggetti all’approvazione regionale (e dunque per la VINCA sarà competente la Regione), e singoli progetti o interventi per i quali non è prevista l’approvazione regionale, come nel caso di progetti volti ad ottenere il permesso di costruire (ad esempio: nuove costruzioni, ristrutturazioni edilizie), per i quali competente all’approvazione è il Comune.

9.1.− Ebbene, la norma impugnata, nell’attribuire la competenza in questione ai Comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, nel cui territorio ricadono interamente i siti di importanza comunitaria, non è irragionevole, perché trattandosi di interventi già rimessi ad approvazione comunale dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), rispetta pienamente le competenze della Regione e dell’ente locale.

La disposizione, inoltre, essendo in linea con l’indicazione contenuta nella delibera della Giunta regionale, non può considerarsi lesiva del principio del buon andamento, nella stessa prospettiva fatta propria dalla Regione in sede di attuazione delle competenze attribuitele dall’art. 5 del d.P.R. n. 357 del 1997.

9.2.− Resta fermo che gli interventi in questione si intendono limitati a quelli comunque non assoggettati a valutazione di impatto ambientale e ricadenti nei soli «siti di importanza comunitaria», restando invece esclusi quelli che possono avere effetti su «proposti siti di importanza comunitaria» e «zone speciali di conservazione».

10.− La questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 363, primo periodo, della legge n. 208 del 2015, promossa dalla Regione Veneto, pertanto, deve essere dichiarata non fondata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 363, primo periodo, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», promossa, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma, e 118 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 5 e 120 Cost., dalla Regione Veneto con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 luglio 2017.