SENTENZA N. 189
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giuliano AMATO;
Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguenteSENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 (recte: 2, comma 2), 5 e 9 (recte: 9, comma 4) della legge della Regione Valle d’Aosta 9 novembre 2021, n. 31, recante «Modificazioni alla legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5 (Norme per la razionalizzazione dell’organizzazione del Servizio socio-sanitario regionale e per il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali prodotte ed erogate nella regione), e ulteriori disposizioni attinenti ai settori sanitario e sociale», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 9 gennaio 2022, depositato in cancelleria il 10 gennaio 2022, iscritto al n. 1 del registro ricorsi 2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;
udito nell’udienza pubblica del 5 luglio 2022 il Giudice relatore Angelo Buscema;
uditi l’avvocato dello Stato Emanuele Feola per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Francesco Saverio Marini per la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;
deliberato nella camera di consiglio del 7 luglio 2022.
1.– Con ricorso iscritto al reg. ric. n. 1 del 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 (recte: 2, comma 2), 5 e 9 (recte: 9, comma 4) della legge della Regione Valle d’Aosta 9 novembre 2021, n. 31, recante «Modificazioni alla legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5 (Norme per la razionalizzazione dell’organizzazione del Servizio socio-sanitario regionale e per il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali prodotte ed erogate nella regione), e ulteriori disposizioni attinenti ai settori sanitario e sociale», in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione agli artt. 1, 2, commi 1 e 2, e 3 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, recante «Attuazione della delega di cui all’articolo 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria», nonché in relazione agli artt. 2, comma 2-octies, 3, commi 6 e 7, e 3-bis, commi 2 e 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).
In particolare, l’art. 1 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, sostituendo l’art. 13 della legge della Regione Valle d’Aosta 25 gennaio 2000, n. 5 (Norme per la razionalizzazione dell’organizzazione del Servizio socio-sanitario regionale e per il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali prodotte ed erogate nella Regione), e consentendo che alla nomina del direttore generale dell’Azienda USL, unica nel territorio valdostano, si possa attingere, per «più di una volta», da una precedente rosa di candidati, anche nei casi di fisiologica scadenza dell’incarico da conferire, contrasterebbe con l’art. 2, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 171 del 2016, il quale, viceversa, tanto non ammetterebbe, prevedendo la formazione di un elenco ristretto di candidati per ogni selezione, attraverso l’apposita procedura, e la possibilità di attingere, nell’arco di un triennio, dagli altri nominativi inclusi in quello precedentemente redatto solo nel caso eccezionale di decadenza o di mancata conferma dell’incarico.
L’art. 2, comma 2, della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, sostituendo l’art. 16, comma 3, della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000 contemplerebbe una fattispecie di commissariamento della struttura sanitaria riconducibile all’ipotesi, «“fisiologica” e “ordinaria”», di vacanza dell’ufficio di direttore generale, ossia alla scadenza naturale dell’incarico; ciò in alternativa all’attribuzione delle funzioni al direttore più anziano e senza prevedere la sussistenza di comprovati e giustificati motivi, che rendano effettivamente impossibile provvedere alla nuova nomina mediante il procedimento ordinario. In questo modo, la norma impugnata contrasterebbe con quanto disposto in tema di condizioni per il commissariamento dagli artt. 2, comma 2-octies, 3, comma 6, e 3-bis, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, nonché dall’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 171 del 2016.
L’art. 5 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, nell’inserire l’art. 23-bis nella legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000, prevedendo, da un lato, che la composizione della commissione per la nomina del direttore amministrativo e del direttore sanitario debba includere anche un dirigente apicale della Regione o di altra amministrazione e alterando, dall’altro, i requisiti per la nomina, quanto a periodo di maturazione della pregressa esperienza (settennato precedente, per il direttore sanitario), carriera e competenza (secondo le statuizioni della Giunta regionale contestualmente all’avviso pubblico di costituzione dell’apposito elenco), contrasterebbe con quanto al riguardo diversamente disposto, rispettivamente, dall’art. 3 del d.lgs. n. 171 del 2016 – che include tra i componenti della commissione di nomina soltanto esperti di qualificate istituzioni scientifiche indipendenti – e, in ordine ai requisiti, dagli artt. 3, comma 7, e 3-bis, comma 9, del d.lgs. n. 502 del 1992.
Infine, l’art. 9, comma 4, della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, prevedendo in via transitoria – e implicitamente – che, in caso di vacanza dell’ufficio di direttore generale, ove alla data del 1° gennaio 2022 fosse già stata avviata la procedura di nomina, si provvedesse in applicazione dell’art. 13 della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000 e, dunque, prescindendo dalla valutazione comparativa dei candidati e dalla loro iscrizione nell’elenco istituito presso il Ministero della salute, contrasterebbe con quanto al riguardo previsto dagli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 171 del 2016.
Secondo il ricorrente, l’evocata normativa statale esprimerebbe principi fondamentali in materia di tutela della salute (si citano le sentenze n. 209 del 2021 e n. 87 del 2019 di questa Corte), senza che possano venire in rilievo le competenze attribuite al legislatore regionale in materia di «igiene e sanità, assistenza ospedaliera e profilattica» dall’art. 3, unico comma, lettera l), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), in quanto la materia «tutela della salute» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. avrebbe una portata più ampia, comportando pertanto l’operatività della clausola di maggior favore di cui all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). Né si potrebbe dubitare della legittimità costituzionale delle disposizioni evocate a parametro interposto, atteso che, da un lato, la declaratoria di illegittimità costituzionale della legge di delegazione 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), a opera della sentenza n. 251 del 2016 di questa Corte, non avrebbe travolto il d.lgs. n. 171 del 2016; dall’altro, la necessaria intesa, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sul testo originario del citato decreto e sulle modifiche a esso apportate, sarebbe stata prevista dal decreto legislativo 26 luglio 2017, n. 126 (Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, di attuazione della delega di cui all’articolo 11, comma 1, lettera p, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria).
2.– Si è costituita in giudizio la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, deducendo l’inammissibilità o, comunque, non fondatezza delle questioni promosse.
L’impugnativa rivolta all’art. 1 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021 non sarebbe fondata in quanto proposta sulla base dell’erroneo presupposto interpretativo che la disposizione regionale consenta di attingere dall’elenco ristretto specificamente predisposto per la nomina del direttore generale anche successivamente alla sua scadenza fisiologica, in occasione della nomina del successore. Poiché la durata minima dell’incarico di direttore generale – triennale, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 171 del 2016 – coinciderebbe con quella di utilizzabilità dell’elenco ristretto (un triennio), la disposizione impugnata non potrebbe intendersi come applicabile nei casi di ordinaria scadenza, come paventato dal ricorrente, in cui l’elenco ristretto avrebbe perso efficacia, bensì in quelli in cui si renda necessario assicurare la continuità nel ruolo a fronte di evenienze straordinarie che si verifichino entro i tre anni, quali appunto decadenza e mancata conferma del direttore generale, previsti dalla normativa interposta evocata.
Quanto all’impugnativa dell’art. 2, comma 2, della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, la resistente ne invoca un’interpretazione costituzionalmente orientata – che la Regione avrebbe già dimostrato di seguire, interloquendo con il Ministero della salute in ordine alle osservazioni rivolte alla disposizione in esame – in virtù della quale il commissariamento dell’Azienda USL, nell’ipotesi di vacanza dell’incarico di direttore generale, sarebbe possibile solo in casi «di comprovata e giustificata impossibilità di procedere alla copertura del posto vacante secondo il procedimento ordinario». In tal senso deporrebbero una serie di indici testuali: a) la previsione del commissariamento «fino alla nomina del nuovo direttore generale», lasciandosi così intendere che la procedura di nomina, comunque, sia stata tempestivamente attivata; b) il commissariamento solo «in alternativa all’attribuzione di funzioni al direttore più anziano», non anche al caso di delega al direttore amministrativo o al direttore sanitario, con ciò dimostrando l’intenzione di ovviare a situazioni in cui sia inopportuna tale supplenza; c) il riferimento al «caso di gravi e giustificati motivi», da non limitare all’ipotesi di proroga, in relazione alla quale è espressamente operato.
Con riguardo all’impugnativa dell’art. 5 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, la resistente sostiene che le previsioni dell’art. 3 del d.lgs. n. 171 del 2016 circa la composizione della commissione per la nomina del direttore amministrativo e del direttore sanitario non impediscano alla Regione di indicare ulteriori membri in aggiunta agli esperti di qualificate istituzioni scientifiche indipendenti, comunque in numero minoritario rispetto a questi ultimi, garantendosi così l’imparzialità dell’organo, i cui atti, in ogni caso, sarebbero sempre contestabili davanti all’autorità giudiziaria. Peraltro, la discrasia tra la disposizione regionale e quella interposta non sussisterebbe neppure sul piano testuale, laddove quest’ultima, dopo aver previsto che i componenti siano «nominati» dalla Regione, attribuisce alla stessa il potere di «design[arne]» uno, così come previsto in via attuativa dalla norma impugnata, adeguando il proprio ordinamento alla disciplina statale – secondo quanto consentito dalla clausola di salvaguardia di cui all’art. 7 della medesima legge statale – tenuto conto della peculiarità del territorio valdostano e della correlata difficoltà di individuare i componenti esperti.
Quanto alla lamentata previsione che il periodo quinquennale di maturazione della pregressa esperienza debba svolgersi necessariamente nel settennato precedente al conferimento dell’incarico di direttore sanitario, la resistente evidenzia come ciò, oltre ad aumentare lo standard di professionalità, sia conforme a quanto previsto dall’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484 (Regolamento recante la determinazione dei requisiti per l'accesso alla direzione sanitaria aziendale e dei requisiti e dei criteri per l’accesso al secondo livello dirigenziale per il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale).
Infine, quanto alla lamentata possibilità per la Giunta regionale di prevedere ulteriori requisiti, rispetto a quelli indicati dal legislatore statale, l’impugnativa muoverebbe da un erroneo presupposto interpretativo, in quanto, laddove la disposizione regionale parla di requisiti «ulteriori, di competenza o di carriera» stabiliti nell’avviso pubblico, si riferirebbe a quelli, diversi dai requisiti minimi di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 23-bis, della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000, come introdotto dalla norma impugnata, che siano stati previamente individuati nell’accordo in Conferenza permanente Stato-Regioni.
Ne deriverebbe la non fondatezza delle questioni proposte.
In ultimo, quanto all’impugnativa dell’art. 9 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, essa sarebbe anzitutto inammissibile per carenza d’interesse, atteso che, come dimostrato dalla documentazione prodotta dalla Regione in allegato all’atto di costituzione, il direttore generale dell’Azienda USL valdostana sarebbe stato nominato anteriormente al 1° gennaio 2022, sicché la procedura non poteva considerarsi in corso alla data di cui al successivo art. 11, comma 2, della medesima legge regionale, con la conseguenza che non si sarebbe verificata l’ipotesi contemplata dalla disposizione transitoria.
Nel merito, l’impugnativa sarebbe priva di fondamento, per erroneo presupposto interpretativo, atteso che la disposizione avrebbe finalità meramente acceleratorie, corrispondendo all’ordinario principio tempus regit actum l’applicazione della pregressa normativa regionale ai procedimenti pendenti. Peraltro, ad avviso della resistente, anche la precedente disciplina (art. 13 della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000) sarebbe conforme ai principi fondamentali di cui agli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 171 del 2016, rinviando alle disposizioni statali vigenti, tanto che la documentazione prodotta dimostrerebbe come la procedura amministrativa si sia svolta nel rispetto della normativa evocata a parametro interposto.
In ogni caso, con riguardo a tutte le questioni proposte, a sostegno delle proprie difese la resistente evidenzia come le disposizioni denunciate, oltre che rappresentare disciplina di dettaglio nella materia «tutela della salute» (ex art. 117, terzo comma, Cost.), debbano essere ricondotte anche alla competenza regionale in materia di «igiene e sanità» e di «assistenza ospedaliera» (ex art. 3, unico comma, lettera l, dello statuto), di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale» (art. 2, unico comma, lettera a, dello statuto), nonché, in forza dell’art. 10, legge cost. n. 3 del 2001, in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa regionale (ex art. 117, quarto comma, Cost.), sottolineando altresì la clausola di salvaguardia prevista dall’art. 7 del d.lgs. n. 171 del 2016 a beneficio degli enti territoriali ad autonomia speciale.
3.– Con memoria illustrativa depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri, oltre a ribadire gli argomenti addotti a sostegno dell’impugnativa, ha replicato alle difese svolte dalla Regione.
In particolare, quanto all’art. 1 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, ha evidenziato come la circostanza che nel territorio regionale operi una sola azienda sanitaria non sia circostanza in grado di ovviare all’illegittimità costituzionale denunciata, posto che nulla impedirebbe al legislatore regionale di istituirne altre, così consentendo di attingere dall’elenco ristretto predisposto per la nomina del direttore generale di una di esse anche per ovviare alla fisiologica scadenza dell’incarico con riguardo alle altre.
Quanto all’art. 2, comma 2, della medesima legge regionale, il ricorrente ha rimarcato come il testo normativo impedisca l’interpretazione costituzionalmente orientata suggerita dalla resistente.
Quanto al successivo art. 5, il Presidente del Consiglio dei ministri ha negato che la disposizione statale evocata a parametro interposto possa essere intesa nel senso di permettere alla Regione la nomina di membri della commissione che non rivestano la qualità di esperti di qualificate istituzioni scientifiche indipendenti e che ciò possa essere consentito da un’esigenza di adattamento alla realtà territoriale regionale, deponendo in senso opposto la ratio unitaria sottesa alla normativa interposta.
Inoltre, la previsione di ulteriori requisiti di competenza o di carriera rispetto all’indicazione da parte del legislatore statale non sarebbe consentita dal dato testuale.
Infine, l’illegittimità costituzionale della prescrizione circa la collocazione temporale del requisito dei cinque anni di attività di direzione non sarebbe impedita dalla sua conformità a quanto disposto da una fonte normativa secondaria statale, che ben potrebbe essere successivamente modificata.
In ultimo, quanto all’art. 9, comma 4, della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, il ricorrente ha preso atto della mancata pendenza della procedura di nomina del direttore generale alla data del 1° gennaio 2022, sottolineando, tuttavia, l’astratta fondatezza della questione proposta.
1.– Con ricorso iscritto al reg. ric. n. 1 del 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 (recte: 2, comma 2), 5 e 9 (recte: 9, comma 4) della legge della Regione Valle d’Aosta 9 novembre 2021, n. 31, recante «Modificazioni alla legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5 (Norme per la razionalizzazione dell’organizzazione del Servizio socio-sanitario regionale e per il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali prodotte ed erogate nella regione), e ulteriori disposizioni attinenti ai settori sanitario e sociale», in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione agli artt. 1, 2, commi 1 e 2, e 3 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, recante «Attuazione della delega di cui all’articolo 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria», nonché in relazione agli artt. 2, comma 2-octies, 3, commi 6 e 7, e 3-bis, commi 2 e 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).
In particolare, l’art. 1 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, sostituendo l’art. 13 della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000 e consentendo, nella riformulazione del comma 4 di tale articolo, che alla nomina del direttore generale dell’Azienda USL valdostana si possa attingere, per «più di una volta», da una precedente rosa di candidati, anche nei casi di fisiologica scadenza dell’incarico da conferire, violerebbe il principio fondamentale in materia di tutela della salute espresso dall’art. 2, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 171 del 2016, il quale prevede la formazione di un elenco ristretto di candidati per ogni selezione, attraverso l’apposita procedura, e permette di attingere, nell’arco di un triennio, dagli altri nominativi inclusi in quello precedentemente redatto solo nel caso eccezionale di decadenza o di mancata conferma dell’incarico.
L’art. 2, comma 2, della medesima legge regionale impugnata, che sostituisce il comma 3 dell’art. 16 della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000, contemplando una fattispecie di commissariamento dell’azienda sanitaria nell’ipotesi di fisiologica vacanza dell’ufficio di direttore generale, ossia alla scadenza naturale dell’incarico, a prescindere dalla sussistenza di comprovati e giustificati motivi che rendano impossibile provvedere alla nuova nomina mediante il procedimento ordinario, contrasterebbe con i principi fondamentali in materia di tutela della salute espressi, in tema di condizioni per il commissariamento, dagli artt. 2, comma 2-octies, 3, comma 6, e 3-bis, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, nonché dall’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 171 del 2016.
L’art. 5 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021 – che inserisce l’art. 23-bis nella legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000 –, prevedendo (al comma 1 del suddetto art. 23-bis), da un lato, che la composizione della commissione per la nomina del direttore amministrativo e del direttore sanitario debba includere anche un dirigente apicale della Regione o di altra amministrazione e alterando, dall’altro, i requisiti per la nomina, quanto a periodo di maturazione della pregressa esperienza (nei sette anni precedenti) e a requisiti di carriera o di competenza (fissati di volta in volta dalla Giunta), violerebbe i principi fondamentali in materia di tutela della salute espressi, rispettivamente, dall’art. 3 del d.lgs. n. 171 del 2016 – che include tra i componenti della commissione di nomina soltanto esperti di qualificate istituzioni scientifiche indipendenti – e dagli artt. 3, comma 7, e 3-bis, comma 9, del d.lgs. n. 502 del 1992, quanto a requisiti richiesti.
Infine, l’art. 9, comma 4, della medesima legge regionale, disponendo in via transitoria e implicitamente che, in caso di vacanza dell’ufficio di direttore generale, ove alla data del 1° gennaio 2022 fosse già stata avviata la procedura di nomina, si provvedesse alla stregua della normativa regionale precedente, prescindendo, così, da una valutazione comparativa dei candidati e dalla loro iscrizione nell’elenco istituito presso il Ministero della salute, contrasterebbe con i principi fondamentali in materia di tutela della salute espressi dagli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 171 del 2016, che tanto prevederebbero.
2.– Le disposizioni regionali impugnate, disciplinando il conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario dell’Azienda USL valdostana, unica per tutto il territorio regionale (ai sensi dell’art. 9, comma 3, della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000), incidono sull’assetto del Servizio sanitario nazionale e sono pertanto riconducibili, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, alla materia «tutela della salute», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 139 del 2022 e n. 87 del 2019).
Non vengono in rilievo le competenze statutarie che la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste evoca a sostegno della propria competenza legislativa, e, segnatamente, quelle in materia di «igiene e sanità, assistenza ospedaliera e profilattica» (art. 3, unico comma, lettera l, dello statuto), e di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale» (art. 2, unico comma, lettera a, dello statuto).
Ciò in quanto la competenza concorrente in materia di tutela della salute è più ampia di quella conferita dagli statuti speciali in ambito sanitario e comporta l’operatività della clausola di maggior favore di cui all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) (sentenza n. 139 del 2022), così come questa Corte ha avuto modo di affermare anche con specifico riguardo alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (sentenza n. 37 del 2021).
Né può venire in rilievo la competenza regionale in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale», perché ciò contrasterebbe «con le caratteristiche fondamentali delle articolazioni locali del Servizio sanitario nazionale quale disciplinato dalla legislazione nazionale […] che, per questa parte, vincola espressamente le stesse Regioni a statuto speciale e le Province autonome» (sentenza n. 139 del 2022).
3.– Tanto preliminarmente precisato, è possibile procedere allo scrutinio delle singole questioni di legittimità costituzionale.
3.1.– Secondo il ricorrente, l’art. 1 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, prevedendo che alla nomina del direttore generale dell’Azienda USL valdostana si possa attingere, per «più di una volta» (art. 13, comma 4, della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000, come sostituito dalla disposizione impugnata), da una precedente rosa di candidati, lo consentirebbe anche nei casi di fisiologica scadenza dell’incarico, mentre l’art. 2, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 171 del 2016 richiederebbe l’espletamento di una nuova procedura per la formazione dell’elenco ristretto di candidati, limitando la possibilità di attingere, nell’arco di un triennio, dagli altri nominativi inclusi in quello precedentemente redatto solo nel caso eccezionale di decadenza o di mancata conferma dell’incarico.
La questione non è fondata.
Sebbene, in particolare, l’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 171 del 2016 esprima principi fondamentali in materia di «tutela della salute», come riconosciuto da questa Corte, sia con specifico – seppur implicito – riferimento a tale disposizione (sentenza n. 87 del 2019), sia, più in generale, con riguardo a quelle relative a «un aspetto attinente alla selezione della dirigenza sanitaria apicale» (sentenza n. 209 del 2021), il denunciato vulnus non sussiste.
Infatti, poiché la scadenza dell’incarico di direttore generale dell’azienda sanitaria valdostana – unica in tutta la Regione – non può mai avvenire prima del triennio, atteso che la sua durata – per previsione statale (art. 2, comma 2, terzo periodo, del d.lgs. n. 171 del 2016), a cui rinvia, non disponendo diversamente, quella regionale (art. 13, comma 8, della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000, come sostituito dall’art. 1 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021) – è compresa tra un minimo di tre e un massimo di cinque anni, non si può mai verificare il caso in cui, nell’ipotesi di scadenza fisiologica dell’incarico, sia ancora possibile attingere dall’elenco precedentemente definito. Tale facoltà è pertanto destinata a operare in fattispecie diverse, tra cui annoverare, in particolare, quelle di decadenza e di mancata conferma, previste dal legislatore statale.
Peraltro, nel silenzio serbato dalla normativa regionale impugnata in merito alle ipotesi in cui attingere dal precedente elenco ristretto, essa deve essere interpretata in senso rispettoso di quella statale evocata a parametro interposto (sentenza n. 70 del 2022; analogamente, proprio in materia di dirigenza sanitaria, sentenza n. 139 del 2022); il che non solo consente ulteriormente di escludere l’illegittimità costituzionale della disposizione, ma impedisce altresì d’intenderla nel senso paventato dal ricorrente anche nell’ipotesi in cui, in futuro, nel territorio valdostano venissero istituite altre aziende sanitarie.
3.2.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, l’art. 2, comma 2, della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, sostituendo il comma 3 dell’art. 16 della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000, si porrebbe in contrasto con la normativa statale evocata a parametro interposto in materia di tutela della salute (artt. 2, comma 2-octies, 3, comma 6, e 3-bis, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, nonché art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 171 del 2016), in quanto prevederebbe una fattispecie di commissariamento nell’ipotesi di vacanza dell’ufficio di direttore generale a prescindere dalla sussistenza di comprovati e giustificati motivi, che rendano effettivamente impossibile provvedere alla nuova nomina mediante il procedimento ordinario.
La questione è fondata.
Questa Corte ha recentemente affermato che le Regioni «possono disciplinare l’istituto del commissariamento degli enti del Servizio sanitario regionale, per esigenze di carattere straordinario o in ragione di una comprovata e giustificata impossibilità di procedere alla nomina dei vertici aziendali secondo il procedimento ordinario» (sentenza n. 209 del 2021); dunque, non nel caso di mera vacanza dell’ufficio «poiché in tal modo sarebbe effettivamente violata la previsione di cui all’art. 3-bis, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, con elusione del termine perentorio di sessanta giorni per la copertura della stessa vacanza. Deve trattarsi, in altri termini, di una comprovata e giustificata impossibilità di procedere a tale copertura secondo il procedimento ordinario. Si pensi, ad esempio, al caso in cui la vacanza dell’incarico avvenga nella fase di avvicendamento tra una legislatura e un’altra; a quello di dimissioni dell’intera dirigenza sanitaria; al caso di dimissioni del direttore generale per ragioni che rendano inopportuna la stessa supplenza da parte del direttore sanitario o amministrativo; agli interventi di razionalizzazione mediante accorpamento delle aziende sanitarie» (sentenza n. 87 del 2019).
Nella fattispecie, la disposizione regionale non ricollega il commissariamento né a un’esigenza straordinaria o a una generica comprovata e giustificata impossibilità di copertura della vacanza mediante l’ordinario procedimento, né, tantomeno, ad alcuna delle fattispecie esemplificativamente indicate da questa Corte.
Viceversa, nella normativa impugnata si rinvengono univoci elementi sistematici che inducono a interpretare la disposizione proprio in senso contrario, al contempo impedendone un’esegesi che la renda costituzionalmente compatibile.
Infatti, nel silenzio serbato dal legislatore regionale, la possibilità di commissariamento nell’ipotesi di vacanza dell’ufficio di direttore generale si accompagna, da un lato, all’alternativa dell’attribuzione delle funzioni «al direttore più anziano» – rilievo che consente di escludere la sussistenza di uno dei casi di straordinarietà o impossibilità di supplire altrimenti alla vacanza – e, dall’altro, all’astratta previsione che la procedura di nomina si svolga durante il periodo del commissariamento – come si desume dall’espressa considerazione del caso «in cui il nuovo direttore generale non sia stato nominato entro il termine del suddetto periodo, o dell’eventuale proroga» – evenienza che appare difficilmente compatibile con l’impossibilità di procedervi. A tanto si aggiunge l’ineludibile dato testuale per cui «gravi e giustificati motivi» – evocativi delle «esigenze di carattere straordinario» o della «comprovata e giustificata impossibilità» richieste dalla giurisprudenza costituzionale già citata – sono necessari solo per la proroga del commissariamento di un ulteriore periodo rispetto a quello iniziale, non anche per quest’ultimo, diversamente da quanto ci si sarebbe potuto attendere dal legislatore regionale ove avesse effettivamente inteso subordinarvi la nomina del commissario.
Alla luce delle considerazioni che precedono, la norma regionale, scollegando il commissariamento da esigenze di carattere straordinario o dall’impossibilità di sopperire alla vacanza dell’ufficio secondo il procedimento ordinario, viola la previsione di cui all’art. 3-bis, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992 – espressivo di un principio fondamentale, alla stregua della giurisprudenza costituzionale poc’anzi richiamata – eludendo il termine perentorio di sessanta giorni ivi previsto per la copertura della vacanza stessa.
Per tali motivi va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021.
3.3.– L’art. 5 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, che inserisce l’art. 23-bis nella legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000, viene impugnato sotto plurimi profili.
3.3.1.– Anzitutto, prevedendo che la composizione della commissione per la nomina del direttore amministrativo e del direttore sanitario debba includere anche un dirigente apicale della Regione o di altra amministrazione (art. 23-bis, comma 1, citato), la disposizione violerebbe i principi fondamentali in materia di tutela della salute espressi dall’art. 3 del d.lgs. n. 171 del 2016, che include tra i componenti della commissione di nomina soltanto esperti di qualificate istituzioni scientifiche indipendenti.
La questione è fondata.
La disposizione statale evocata a parametro interposto esprime un principio fondamentale in materia di tutela della salute sia alla stregua di quanto espressamente indicato dall’art. 11, comma 1, lettera p), della legge di delegazione 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), sia per la sua finalità di circoscrivere la scelta dei dirigenti tra i candidati in possesso di comprovati titoli e capacità professionali, allo scopo di affrancare la dirigenza sanitaria da condizionamenti di carattere politico e di privilegiare criteri di selezione che assicurino effettive capacità gestionali e un’elevata qualità manageriale (sentenze n. 209 del 2021 e n. 87 del 2019). Analogamente, questa Corte ha ritenuto espressiva di un principio fondamentale in materia di tutela della salute la disposizione statale relativa alla scelta dei componenti della commissione di selezione tra i direttori di struttura complessa (sentenza n. 139 del 2022).
La norma regionale impugnata, disponendo che uno dei componenti sia un dirigente apicale della Regione o di altra amministrazione pubblica e solo i restanti due membri siano esperti di qualificate istituzioni scientifiche, altera la composizione della commissione rispetto al dettato dell’art. 3 del d.lgs. n. 171 del 2016.
Né quest’ultimo si presta a un’interpretazione tale da consentire detto scostamento, atteso che, testualmente, la commissione deve essere «composta da esperti […], di cui uno designato dalla regione»: quest’ultima, dunque, non può che esercitare il suo potere all’interno di detta categoria, limitandosi a designare un solo componente che vi rientri. Una diversa conclusione risulterebbe incoerente con la valutazione dei titoli e del colloquio – prevista per la selezione degli interessati sia dalla norma statale sia da quella regionale – per la quale difetterebbe la specifica capacità tecnica. Peraltro, risulterebbe altresì contraddetto lo scopo della disposizione statale, indicato dalla relazione illustrativa del d.lgs. n. 171 del 2016, nell’intento «di garantire una selezione imparziale e meritocratica di tali importa[n]ti figure direttive che partecipano, unitamente al direttore generale, alla direzione dell’azienda», senza che, d’altra parte, venga in gioco l’esercizio di poteri discrezionali (Corte di cassazione, sezioni unite, ordinanza 22 ottobre 2021, n. 29558).
Del resto non può in alcun modo rilevare la natura dettagliata della disposizione statale, perché, alla luce della ratio sottesa alla stessa, un simile carattere si pone in rapporto di coessenzialità e necessaria integrazione con le norme-principio che connotano il settore (ex aliis, sentenza n. 192 del 2017).
Infine, non può essere utilmente evocata un’esigenza di adeguamento della normativa nazionale alla realtà territoriale valdostana: da un lato, la disposizione statale non impone affatto di limitare la nomina a esperti appartenenti a istituzioni scientifiche ubicate nella medesima Regione; dall’altro, il legislatore regionale non può, in nome di asserite esigenze di adattamento alle specificità territoriali, introdurre deroghe alla disciplina unitaria di selezione della dirigenza sanitaria (sentenza n. 209 del 2021), considerando altresì che l’elenco di idonei formato dalla commissione valdostana è suscettibile di essere utilizzato anche dalle altre Regioni (art. 3, unico comma, primo periodo, del d.lgs. n. 171 del 2016).
L’art. 5 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021 deve dunque essere dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui, inserendo l’art. 23-bis, comma 1, nella legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000, dispone che la commissione sia composta «da un dirigente apicale della Regione o di altra amministrazione pubblica e da due esperti di qualificate istituzioni scientifiche o universitarie» anziché «da tre esperti di qualificate istituzioni scientifiche o universitarie».
3.3.2.– L’art. 5 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021 viene anche impugnato in quanto, in merito al requisito di esperienza necessario per la nomina a direttore sanitario, ha disposto – nel comma 4, lettera c), dell’art. 23-bis della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000 – che i cinque anni di «attività di direzione tecnico-sanitaria presso enti o strutture pubblici o privati di media o grande dimensione, caratterizzata da autonomia gestionale e diretta responsabilità di risorse umane, tecniche o finanziarie» siano stati svolti «nei sette anni precedenti», specificazione non contenuta nell’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992, espressamente richiamato dall’art. 3 del d.lgs. n. 171 del 2016.
La questione non è fondata.
L’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992 è espressivo di principi fondamentali in materia di tutela della salute, come questa Corte ha avuto già modo di riconoscere (sentenze n. 155 del 2022 e n. 295 del 2009), peraltro in coerenza con il rilievo da attribuire ai requisiti curriculari, il cui possesso si collega all’esigenza di garantire un alto livello di professionalità dei candidati, a sua volta espressione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa, data l’incidenza che la professionalità delle persone che ricoprono gli incarichi apicali esplica sul funzionamento delle strutture cui sono preposte, con inevitabili riflessi sulla qualità delle prestazioni sanitarie rese (sentenze n. 155 del 2022 e n. 159 del 2018).
Nella specie, tuttavia, il legislatore statale non si è premurato di indicare a quale distanza temporale dalla procedura selettiva il requisito in considerazione debba essere integrato. Né, alla stregua dell’art. 3 del d.lgs. n. 171 del 2016, ciò è rimesso all’«Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», al quale, «fermi restando i requisiti previsti per il direttore amministrativo e il direttore sanitario dall’articolo 3, comma 7, e dall’articolo 3-bis, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni», la disposizione demanda solo la definizione degli specifici criteri, destinati a confluire nell’avviso pubblico, alla cui stregua la commissione è chiamata a valutare «i titoli formativi e professionali, scientifici e di carriera presentati dai candidati».
Nulla avendo stabilito la legge statale in merito alla collocazione temporale del requisito, non si può ritenere che si tratti di un rapporto di coessenzialità e necessaria integrazione con le norme-principio da essa espresse e si deve concludere che si tratti di profilo rimesso al legislatore regionale, vertendosi in una materia concorrente in cui, di regola, spetta alle Regioni dettare la disciplina di dettaglio «con l’autonomia e l’autodeterminazione che, nel disegno costituzionale, ad esse sono state riconosciute» (sentenza n. 181 del 2006), «[p]untualizzazione che non potrebbe certo ritenersi venuta meno in seguito alla riforma costituzionale del 2001, che ha ampliato le competenze regionali in materia sanitaria» (sentenza n. 87 del 2019).
Tra l’altro, la disciplina dettata dalla Regione è altresì conforme a quella di cui all’art. 1, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484 (Regolamento recante la determinazione dei requisiti per l’accesso alla direzione sanitaria aziendale e dei requisiti e dei criteri per l’accesso al secondo livello dirigenziale per il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale), allo stato non abrogato.
3.3.3.– L’art. 5 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021 è altresì impugnato nella parte in cui prevede – nel comma 1 dell’art. 23-bis della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000 – per la nomina del direttore amministrativo e del direttore sanitario, requisiti «ulteriori, di competenza o di carriera, eventualmente stabiliti dalla Giunta regionale contestualmente all’approvazione dell’avviso pubblico», in difformità dagli artt. 3, comma 7, e 3-bis, comma 9, del d.lgs. n. 502 del 1992.
La questione è fondata.
Tali disposizioni statali, entrambe richiamate dall’art. 3 del d.lgs. n. 171 del 2016, esprimono principi fondamentali in materia di tutela della salute (sentenze n. 155 del 2022 e n. 295 del 2009), atteso che la disciplina dei requisiti in essi contenuta si ricollega all’esigenza di garantire un alto livello di professionalità dei candidati, a sua volta espressione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa, data l’incidenza che la professionalità delle persone che ricoprono gli incarichi apicali esplica sul funzionamento delle strutture cui sono preposte, con inevitabili riflessi sulla qualità delle prestazioni sanitarie rese (sentenze n. 155 del 2022 e n. 159 del 2018).
Al contempo, l’esigenza di requisiti unitari e «omogenei a livello nazionale» (sentenza n. 155 del 2022) risulta perfettamente in linea con la facoltà normativamente riconosciuta al direttore generale (ex art. 3 del d.lgs. n. 171 del 2016) di attingere dagli elenchi «anche di altre regioni» per la nomina del direttore amministrativo e del direttore sanitario e con la previsione per cui la commissione valuta i titoli formativi e professionali, scientifici e di carriera presentati dai candidati, secondo specifici criteri indicati nell’avviso pubblico ma «definiti […] con Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», ossia unitariamente.
La genericità della previsione regionale, che consente all’organo politico (la Giunta regionale), in occasione dell’avviso pubblico relativo a ogni nomina, di indicare ulteriori requisiti non predefiniti, per quanto genericamente ancorati a «competenza» o «carriera», non solo altera l’uniformità di disciplina richiesta dal sistema, ma, per il margine di discrezionalità riconosciuto, sottopone la nomina del direttore amministrativo e del direttore sanitario al rischio del condizionamento politico, così vanificando le finalità perseguite dal legislatore statale (analogamente, sentenza n. 159 del 2018).
La resistente sostiene che i requisiti rimessi dalla disposizione regionale alla Giunta debbano essere intesi come ulteriori e corrispondenti a quelli che siano stati preventivamente indicati dall’accordo in Conferenza Stato-Regioni.
Al riguardo, tuttavia, occorre rilevare, da un lato, che tale correlazione non emerge affatto dal dettato normativo e, dall’altro, soprattutto, che il citato accordo riguarda la definizione dei criteri di valutazione dei titoli formativi e professionali, scientifici e di carriera dei candidati, non l’individuazione di requisiti aggiuntivi rispetto a quelli già indicati dal legislatore statale.
Si deve pertanto concludere che l’art. 5 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021 è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui dispone – inserendo il comma 1 dell’art. 23-bis della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000 – «e anche di quelli ulteriori, di competenza o di carriera, eventualmente stabiliti dalla Giunta regionale contestualmente all’approvazione dell’avviso pubblico».
L’illegittimità costituzionale deve estendersi in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), al termine «minimi» contenuto nell’art. 5 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, in particolare nei commi 1, 3 e 4 dell’art. 23-bis, inserito nella legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000. Ciò in quanto detto termine si connette alla possibilità di introdurre requisiti ulteriori rispetto a quelli indefettibili indicati nominatim dalla legge regionale – già sostanzialmente coincidenti con quelli di cui alla normativa statale – per cui si tratta di previsione strettamente e funzionalmente correlata con la porzione della disposizione impugnata (sentenza n. 50 del 2021), costituendo con essa «un insieme organico, espressivo di una logica unitaria» (sentenza n. 186 del 2020).
3.4.– In ultimo, il ricorrente lamenta che l’art. 9, comma 4, della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, prevedendo che, «[i]n caso di vacanza dell’ufficio di direttore generale, senza che alla data di cui all’articolo 11, comma 2 [ossia, al 1° gennaio 2022], sia stata formalmente avviata la procedura di nomina ai sensi dell’articolo 13 della L.R. 5/2000, la procedura di cui all’articolo 1 è avviata entro trenta giorni dalla medesima data», disporrebbe in via transitoria e implicitamente che la disciplina dettata dall’art. 1 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021 non si applichi ai casi in cui, a tale data, «la suddetta procedura di nomina sia stata già avviata». In tal modo, essi risulterebbero regolati dal richiamato art. 13 della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000, che, prescindendo da una valutazione comparativa dei candidati e dalla loro iscrizione nell’elenco istituito presso il Ministero della salute, contrasterebbe con quanto previsto dagli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 171 del 2016.
In disparte ogni altra considerazione – segnatamente in ordine alla correttezza dell’interpretazione della disposizione regionale, che le parti dimostrano di condividere – la questione è inammissibile.
Risulta chiaramente, alla luce della documentazione prodotta dalla resistente in allegato al proprio atto di costituzione, che al 1° gennaio 2022 l’ufficio di direttore generale dell’Azienda USL non era vacante, atteso che la nomina è intervenuta in epoca immediatamente precedente a detta data.
Poiché, dunque, la disposizione, nel significato che le parti le attribuiscono, non avrebbe ricevuto applicazione né mai potrebbe riceverla in futuro, trattandosi di regime transitorio, la questione è inammissibile per carenza di interesse concreto e attuale alla coltivazione del ricorso (ordinanza n. 1 del 2017), considerato che «il sindacato costituzionale deve trovare spazio ove la norma, seppure […] a efficacia temporale limitata, abbia prodotto effetti» (sentenza n. 260 del 2017).
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, della legge della Regione Valle d’Aosta 9 novembre 2021, n. 31, recante «Modificazioni alla legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5 (Norme per la razionalizzazione dell’organizzazione del Servizio socio-sanitario regionale e per il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali prodotte ed erogate nella regione), e ulteriori disposizioni attinenti ai settori sanitario e sociale»;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, nella parte in cui, inserendo l’art. 23-bis, comma 1, della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000, dispone che la commissione sia composta «da un dirigente apicale della Regione o di altra amministrazione pubblica e da due esperti di qualificate istituzioni scientifiche o universitarie» anziché «da tre esperti di qualificate istituzioni scientifiche o universitarie» e nella parte in cui dispone «e anche di quelli ulteriori, di competenza o di carriera, eventualmente stabiliti dalla Giunta regionale contestualmente all’approvazione dell’avviso pubblico»;
3) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, nella parte in cui, inserendo l’art. 23-bis, commi 1, 3 e 4 della legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000, utilizza il termine «minimi»;
4) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 4, della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione agli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, recante «Attuazione della delega di cui all’articolo 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria», dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 2, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 171 del 2016, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
6) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge reg. Valle d’Aosta n. 31 del 2021, nella parte in cui dispone «nei sette anni precedenti», promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 3, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Angelo BUSCEMA, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2022.