SENTENZA N. 45
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giuliano AMATO
Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 5 della legge della Regione Molise 11 novembre 2020, n. 12 (Disposizioni in materia di valorizzazione e utilizzazione commerciale e turistica del trabucco molisano), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 14-18 gennaio 2021, depositato in cancelleria il 20 gennaio 2021, iscritto al n. 3 del registro ricorsi 2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2021.
Udito nell’udienza pubblica dell’11 gennaio 2022 il Giudice relatore Maria Rosaria San Giorgio;
uditi l’avvocato dello Stato Paola Maria Zerman per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2022.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso iscritto al n. 3 del reg. ric. 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 5 della legge della Regione Molise 11 novembre 2020, n. 12 (Disposizioni in materia di valorizzazione e utilizzazione commerciale e turistica del trabucco molisano).
Il ricorrente premette che il «“trabucco” (o “trabocco”)» è una macchina da pesca, completamente realizzata in legno, consistente in «una piattaforma impostata su pali infissi nel fondo marino, collegata per mezzo di una passerella con la riva», e spesso dotata di piccolo locale (o «“capanno”») con funzioni di deposito per le attrezzature da pesca. Si tratta di una «architettura “povera”, non normata nella sua tecnologia costruttiva», che è caratteristica delle coste abruzzesi meridionali (area teatina), molisane e pugliesi (Gargano). Riguardo al territorio molisano, l’esistenza di questo manufatto «è documentata […] a Termoli già a partire dalla prima metà del XIX secolo», mentre, presso gli altri Comuni litoranei della Regione, non ne risulterebbe la presenza, né in tempi antichi, né ai giorni nostri.
Osserva il ricorrente che i trabucchi «rivestono interesse sia sotto il profilo culturale che paesaggistico». Essi, infatti, da un lato, possono «essere dichiarati di interesse culturale dal Ministero per i beni e le attività culturali», con conseguente sottoposizione alle disposizioni di tutela contenute nella Parte seconda del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). Ogni intervento di trasformazione di tali beni, pertanto, è sottoposto all’autorizzazione della Soprintendenza (art. 21 del d.lgs. n. 42 del 2004).
Al tempo stesso, questi manufatti – aggiunge il ricorrente – sono soggetti anche alla tutela paesaggistica, ai sensi della Parte terza del d.lgs. n. 42 del 2004, «in quanto ricadono nella fascia costiera vincolata ope legis ai sensi del comma 1, lett. a), dell’art. 142 del medesimo Codice».
Ancora, gli ambiti territoriali ove sono ubicati i trabucchi risulterebbero «sottoposti alle disposizioni del Piano territoriale paesistico di area vasta (PTPAAV) n. 1 Fascia costiera», la cui approvazione equivarrebbe a dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi della Parte terza del d.lgs. n. 42 del 2004, come del resto stabilito dall’art. 8, comma 1, della legge della Regione Molise 1° dicembre 1989, n. 24 (Disciplina dei piani territoriali paesistico-ambientali). Nell’intero ambito territoriale denominato “A2N1”, classificato tra le «aree del sistema insediativo con valore percettivo alte», sono ammessi – a norma della disciplina di piano ricordata – interventi di sola manutenzione e restauro delle strutture edilizie esistenti, senza alcuna alterazione delle caratteristiche visive e paesaggistiche.
In tale quadro – riferisce il ricorrente – già la legge della Regione Molise 22 dicembre 1999, n. 44 (Interventi per il recupero della tradizione dei trabucchi della costa molisana), aveva stabilito interventi di recupero dei trabucchi esistenti, oltre che la realizzazione di nuovi, mantenendosi tuttavia entro i limiti della potestà legislativa riconosciuta alle Regioni, in quanto si tratterebbe di una normativa volta all’incremento della tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale «nel quadro dei principi ricavabili dalla disciplina statale».
Con la nuova legge regionale, oggetto di impugnativa, la Regione Molise avrebbe invece introdotto disposizioni «del tutto esorbitanti rispetto alle attribuzioni legislative dell’Ente, oltre che distoniche rispetto alla normativa precedente».
Pur nella consapevolezza che questa Corte, con la sentenza n. 138 del 2020, «ha riconosciuto la legittimità» di alcune disposizioni contenute nella legge della Regione Abruzzo 10 giugno 2019, n. 7, recante «Integrazioni e modifiche alle leggi regionali 11 agosto 2009, n. 13 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 71/2001 (Rifinanziamento della legge regionale n. 93/1994 concernente: Disposizioni per il recupero e la valorizzazione dei trabucchi della costa abruzzese) e norme relative al recupero, alla salvaguardia e alla valorizzazione dei trabocchi da molo, anche detti “caliscendi” o “bilancini”, della costa abruzzese) e 19 dicembre 2001, n. 71 (Rifinanziamento della legge regionale n. 93/1994 concernente: Disposizioni per il recupero e la valorizzazione dei trabucchi della costa teatina)», il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che le affermazioni di quella sentenza «non si attaglino» alla nuova legge molisana sui trabucchi, la quale solo in apparenza si limiterebbe a regolare la valorizzazione di tali manufatti.
1.1.– Di conseguenza, il ricorrente impugna, anzitutto, l’art. 1 della legge reg. Molise n. 12 del 2020, rubricato «Definizione, obiettivi e finalità», lamentando la violazione della potestà esclusiva dello Stato in materia di tutela del patrimonio culturale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione agli artt. 4 (per quanto tale articolo non risulti riportato nel dispositivo del ricorso), 10, 13 e 14 del d.lgs. n. 42 del 2004, costituenti «normativa interposta». In particolare, il comma 2 di tale disposizione – nel prevedere che «[i] trabucchi e l’area circostante fino ad una fascia di 50 metri dal sedime sono considerati beni culturali sottoposti alla disciplina di cui al decreto legislativo n. 42/2004» – travalicherebbe la competenza regionale, in quanto «non spetta alla Regione definire quali beni siano sottoposti alla normativa di tutela». Ciò, in base a quanto affermato sia dalla giurisprudenza di questa Corte (viene richiamata la sentenza n. 140 del 2015), sia dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui l’individuazione dei beni culturali rientra nelle prerogative dello Stato, a fronte dell’esigenza di garantire l’esercizio unitario della tutela.
Alle Regioni – precisa il ricorrente – sarebbe consentita solo «una tutela aggiuntiva», negli spazi non coperti dalla disciplina statale, mentre sarebbero inibite sovrapposizioni con quest’ultima. Nel caso di specie, la disposizione molisana impugnata «non solo […] è intervenuta con riferimento a beni (i trabucchi) vincolati o suscettibili di vincolo ai sensi del Codice dei bani culturali e del paesaggio», ma avrebbe anche «inteso stabilire per tali beni proprio l’assoggettamento allo specifico regime di tutela della Parte II del Codice, che è esercitato esclusivamente dallo Stato». Inoltre, nel prevedere la sottoposizione a tutela di tutti i trabucchi, ivi inclusi quelli di recente realizzazione, la disposizione molisana si porrebbe in contrasto anche con l’art. 10, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004, che esclude dall’ambito della tutela i beni che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre settanta anni.
1.2.– Oggetto di censura è, poi, l’art. 2 della legge reg. Molise n. 12 del 2020, rubricato «Piani di recupero», che impegna i Comuni a redigere «piani per il recupero, il ripristino, la conservazione e la costruzione dei trabucchi» (comma 1), specificando che detti piani «devono essere recepiti nel “Piano Paesaggistico Regionale”» (comma 2).
In questo modo, osserva il ricorrente, viene sovvertito il sistema di competenze e il rapporto di gerarchia tra gli strumenti di pianificazione, stabilito dal d.lgs. n. 42 del 2004, che reca sia il principio della assoluta preminenza del piano paesaggistico nel contesto della pianificazione territoriale (artt. 143, comma 9, e 145, comma 3), sia il principio dell’elaborazione congiunta del piano paesaggistico tra Stato e Regioni, più volte ribadito da questa Corte (sono citate le sentenze n. 272 del 2009 e n. 182 del 2006). La disciplina d’uso degli ambiti tutelati, che la norma impugnata affida alla pianificazione dei Comuni, «dovrebbe essere invece dettata dal Piano paesaggistico da approvarsi previa intesa con lo Stato»; per di più, il necessario recepimento di tale disciplina da parte del piano paesaggistico determinerebbe un sovvertimento del rapporto di gerarchia stabilito dal legislatore statale.
Ne conseguirebbe la violazione sia dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione alle norme interposte di cui agli artt. 135, 143 e 145 del d.lgs. n. 42 del 2004, sia dell’art. 9 Cost., in quanto dalla disciplina censurata conseguirebbe «un abbassamento del livello di tutela del paesaggio».
1.3.– Viene infine censurato l’art. 5 della legge reg. Molise n. 12 del 2020, rubricato «Disposizioni tecniche», nella parte in cui, ai commi 1 e 2, detta i parametri dimensionali dei trabucchi esistenti e di nuova realizzazione, pur se ubicati in contesti paesaggisticamente vincolati. Anche in questo caso il ricorrente deduce la violazione del principio di co-pianificazione obbligatoria (artt. 135, 143 e 145 del d.lgs. n. 42 del 2004), lamentando l’invasione della competenza esclusiva statale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., e il pregiudizio per l’interesse costituzionale alla tutela del paesaggio, di cui all’art. 9 Cost.
Il ricorrente deduce poi l’irragionevole contrasto del comma 1, lettera a), dell’art. 5, che riferisce l’utilizzo del trabucco anche ad attività di ristorazione, con la stessa legge regionale, la quale, all’art. 3, dispone che i trabucchi «devono conservare la finalità di pesca per diletto e luogo di incontro» (comma 1), con divieto di utilizzarli per scopi diversi (comma 3).
I parametri dimensionali fissati dalla norma impugnata, in quanto funzionali alle finalità di ristorazione, sarebbero a giudizio del ricorrente «del tutto sproporzionati e tali da snaturare le caratteristiche tipiche» dei trabucchi i quali, invece, «dovrebbero essere realizzati in ambiti costieri, come tali soggetti a vincolo paesaggistico».
Sotto ulteriore profilo, poi, le disposizioni impugnate, nel fissare i parametri di superficie, inciderebbero, «di fatto, sui Piani degli arenili», contenenti prescrizioni molto più restrittive. Viene in proposito riportato, come esempio, «un estratto delle norme tecniche degli arenili del Comune di Termoli», dal quale sarebbe possibile evincere che i parametri previsti dalla disposizione impugnata «sono oltre tre volte» quelli stabiliti da tali normative tecniche. In sostanza, ad avviso del ricorrente, i «”nuovi trabucchi”», che l’impugnato art. 5 mira a regolare dal punto di vista dimensionale, «niente hanno a che vedere con i trabucchi storici», trattandosi invece «di manufatti del tutto nuovi, con i quali si vuole consentire la realizzazione di veri e propri “ristoranti sul mare” assumendoli come beni meritevoli di tutela». La stessa normativa della Regione Abruzzo, oggetto della sentenza n. 138 del 2020, avrebbe stabilito «parametri dimensionali inferiori» rispetto a quelli previsti dalla legge molisana.
I vizi di legittimità costituzionale così denunziati – precisa il ricorrente – non potrebbero peraltro considerarsi superati in virtù del solo richiamo, da parte della legge reg. Molise n. 12 del 2020, «in maniera peraltro del tutto generica», del necessario rispetto della disciplina statale in materia paesaggistica.
A sostegno della denunciata illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge reg. Molise n. 12 del 2020, inoltre, il ricorso – pur sempre nella prospettiva della dedotta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione alle norme interposte di cui agli artt. 20, 21, 135, 143 e 145 del d.lgs. n. 42 del 2004 – denunzia anche il «significativo abbassamento della tutela determinato dalle previsioni contestate». Il comma 2 dell’art. 5 (che riferisce i limiti dimensionali, di cui al comma 1, anche alle ipotesi «di ristrutturazione e ampliamento dei trabucchi esistenti nel rispetto della normativa regionale e statale vigente in materia»), potendo astrattamente riguardare trabucchi gravati da vincolo imposto ai sensi della Parte seconda del d.lgs. n. 42 del 2004, contrasterebbe, del resto, anche con la normativa statale riguardante la tutela dei beni culturali i quali, a norma dell’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004, «non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione».
2.– La Regione Molise non si è costituita nel giudizio.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 5 della legge della Regione Molise 11 novembre 2020, n. 12 (Disposizioni in materia di valorizzazione e utilizzazione commerciale e turistica del trabucco molisano), deducendo, sotto diversi profili, la violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione ad una serie di norme interposte tratte dalla disciplina dettata dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), nonché, limitatamente all’impugnazione dell’art. 5, il vulnus al principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.).
La legge regionale di cui si tratta si prefigge, come risulta già dalla intitolazione, l’obiettivo della «valorizzazione» e della «utilizzazione commerciale» del trabucco (o trabocco) molisano che, come ricorda il ricorrente, è una macchina da pesca realizzata in legno, tipica delle coste dell’Abruzzo meridionale, del Molise e della Puglia, costituita da «una piattaforma impostata su pali infissi nel fondo marino» e protesa verso il mare, collegata alla riva da una passerella e dotata di «una grande rete di forma rettangolare a “bilancia”». Si sottolinea nel ricorso che queste costruzioni «rivestono interesse sia sotto il profilo culturale che paesaggistico», potendo formare oggetto di dichiarazione di interesse culturale ai sensi delle disposizioni dettate dalla Parte seconda del d.lgs. n. 42 del 2004, ed essendo, in ogni caso, in quanto ricadenti nella fascia costiera vincolata ex lege (ai sensi dell’art. 142, comma 1, lettera a, del d.lgs. n. 42 del 2004), anche soggette a tutela paesaggistica secondo le previsioni della Parte terza del medesimo decreto legislativo.
In tale quadro il ricorrente – nel ricordare che già con la legge della Regione Molise 22 dicembre 1999, n. 44 (Interventi per il recupero della tradizione dei trabucchi della costa molisana), la Regione Molise aveva avviato forme di valorizzazione e di recupero dei trabucchi, dei quali aveva assicurato la funzione tipica (la pesca), mantenendosi, in quella occasione, «nel quadro dei principi ricavabili dalla disciplina statale» – rimprovera al legislatore regionale di aver dettato «norme del tutto esorbitanti rispetto alle attribuzioni legislative dell’Ente, oltre che distoniche rispetto alla normativa precedente».
2.– Giova premettere che questa Corte, con la sentenza n. 138 del 2020 (ricordata dallo stesso ricorrente), ha dichiarato non fondate alcune questioni di legittimità costituzionale (anche allora sollevate, in via principale, dal Presidente del Consiglio dei ministri) concernenti la disciplina abruzzese dei trabucchi, quale da ultimo introdotta dalla legge della Regione Abruzzo 10 giugno 2019, n. 7, recante «Integrazioni e modifiche alle leggi regionali 11 agosto 2009, n. 13 (Modifiche ed integrazioni alla L.R. 71/2001 (Rifinanziamento della L.R. n. 93/1994 concernente: Disposizioni per il recupero e la valorizzazione dei trabucchi della costa abruzzese) e norme relative al recupero, alla salvaguardia e alla valorizzazione dei trabocchi da molo, anche detti “caliscendi” o “bilancini”, della costa abruzzese) e 19 dicembre 2001, n. 71 (Rifinanziamento della L.R. n. 93/1994 concernente: Disposizioni per il recupero e la valorizzazione dei trabucchi della costa teatina)».
In quell’occasione, con affermazioni che in questa sede meritano conferma, la disciplina sui trabucchi è stata ricondotta alla materia dei beni culturali, «segnata dalla linea di confine […] che separa la “valorizzazione” dalla “tutela” di detti beni». Tutela e valorizzazione corrispondono, secondo la Costituzione, ad aree di intervento diversificate (sentenze n. 140 del 2015, n. 26 e n. 9 del 2004): la prima è attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), la seconda è rimessa alla competenza concorrente di Stato e Regioni (art. 117, terzo comma, Cost.).
Come ha affermato la sentenza n. 138 del 2020, gli artt. 3 e 6 cod. beni culturali hanno definitivamente precisato gli ambiti rispettivamente della tutela e della valorizzazione.
La prima ricomprende le «attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione» (così l’art. 3, comma 1) e si esplica «anche attraverso provvedimenti volti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale» (così l’art. 3, comma 2). Nell’ambito della tutela, pertanto, «risultano ricompresi non solo la regolazione ed amministrazione giuridica dei beni culturali, ma anche l’intervento operativo di protezione e difesa dei beni stessi» (sentenza n. 138 del 2020, punto 5 del Considerato in diritto).
La valorizzazione consiste, invece, nelle «attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale» e ad assicurarne «le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica», anche da parte delle persone diversamente abili, nonché nelle attività di promozione e sostegno «degli interventi di conservazione del patrimonio culturale» (art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004 che, con specifico riferimento al paesaggio, aggiunge che la valorizzazione «comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati»). Ai sensi dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004, la valorizzazione deve attuarsi «in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze». Coerentemente con tali indicazioni, la giurisprudenza di questa Corte ritiene che la valorizzazione corrisponda al «complesso delle attività di intervento integrativo e migliorativo ulteriori, finalizzate alla promozione, al sostegno della conoscenza, fruizione e conservazione del patrimonio culturale, nonché ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione di esso, anche da parte delle persone diversamente abili» (così la sentenza n. 138 del 2020, punto 5 del Considerato in diritto).
Momento qualificante dell’attività di tutela – come tale, rimesso alla competenza legislativa esclusiva dello Stato – è, in particolare, quello dell’individuazione dei beni culturali, che presuppone «l’accertamento o la verifica della effettiva sussistenza dell’interesse culturale che queste cose possono presentare e, dunque, di quel carattere dal quale consegua la loro sicura appartenenza al “patrimonio culturale”» (sentenza n. 194 del 2013). Esigenze di «esercizio unitario» delle funzioni di tutela (art. 4 del d.lgs. n. 42 del 2004), connesse al perseguimento di una delle più importanti finalità indicate dal codice, ossia la preservazione della «memoria della comunità nazionale» (art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004), impongono di riservare allo Stato la funzione di selezionare i beni culturali che saranno destinati, come tali, ad essere sottoposti alla disciplina dettata dallo stesso codice (sentenze n. 164 del 2021, n. 140 del 2015 e n. 194 del 2013).
3.– Alla luce di quanto precede, va anzitutto esaminata la questione di legittimità costituzionale promossa sull’art. 1 della legge reg. Molise n. 12 del 2020.
La disposizione in esame, rubricata «Definizione, obiettivi e finalità», si compone di due commi. Con il comma 1 si stabilisce che «[l]a Regione persegue la valorizzazione del patrimonio storico-culturale della costa molisana promuovendo l’utilizzo dei trabucchi nel rispetto della loro naturale destinazione e della conformità ai valori tradizionali tipici degli stessi e secondo le modalità di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137)». A norma del successivo comma 2, «[i] trabucchi e l’area circostante fino ad una fascia di 50 metri dal sedime sono considerati beni culturali sottoposti alla disciplina di cui al decreto legislativo n. 42/2004».
Le censure del Presidente del Consiglio dei ministri investono esclusivamente la disposizione contenuta nel comma 2 – al quale, pertanto, va limitato il thema decidendum dell’odierno giudizio – e, quanto ad essa, si concentrano sulla previsione che considera i trabucchi come beni culturali, come tali sottoposti alla disciplina del d.lgs. n. 42 del 2004.
Secondo il ricorrente, non spetterebbe al legislatore regionale l’individuazione dei beni culturali, ai fini dell’applicazione del regime previsto dal d.lgs. n. 42 del 2004, in quanto trattasi di attività che rientra nella nozione di «tutela» del bene, rimessa alla competenza statale esclusiva. Risulterebbe, pertanto, violato l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione agli artt. 4, 10, 13 e 14 del d.lgs. n. 42 del 2004, che attribuiscono in via esclusiva allo Sato le funzioni di tutela dei beni di interesse culturale e ne disciplinano le modalità di individuazione.
3.1.– La questione è fondata.
L’inequivoco tenore letterale della norma tradisce l’intento del legislatore regionale di sostituirsi allo Stato nello svolgimento di compiti che sono rimessi alla competenza esclusiva di quest’ultimo, procedendo direttamente all’individuazione di «beni culturali» che tali non sono secondo la normativa di settore. Così facendo, e prescindendo dal rispetto delle apposite procedure amministrative, indicate e disciplinate dalla Parte seconda cod. beni culturali, i trabucchi molisani vengono fatti rientrare, ex lege, nella categoria dei beni culturali, e sottoposti – per espressa previsione della norma impugnata – alla disciplina dettata dal d.lgs. n. 42 del 2004. Ne deriva l’effetto giuridico di produrre, su di essi, i vincoli tipici della speciale tutela dei beni culturali che è prevista da quella stessa fonte statale, ai fini, tra l’altro, di «preservare la memoria della comunità nazionale» (art. 1, comma 2, cod. beni culturali).
Intervenendo nella funzione di “individuazione” dei beni culturali, il legislatore molisano – peraltro, agendo in antitesi rispetto alle finalità indicate dal comma 1 dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 12 del 2020, protese alla sola «valorizzazione» dei trabucchi, in coerenza con il riparto costituzionale delle competenze legislative – ha pertanto violato la competenza legislativa che la Costituzione riserva in via esclusiva allo Stato nella materia della tutela dei beni culturali (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.).
Va, inoltre, evidenziato che, secondo la norma impugnata, sono destinati a rientrare nella nozione di «bene culturale», con conseguente assoggettamento alla disciplina della Parte seconda cod. beni culturali, tutti i trabucchi esistenti sul territorio della Regione, senza distinzione in ordine all’epoca della loro realizzazione. Anche i trabucchi di più recente costruzione, pertanto, ed anche quelli che in futuro verranno costruiti sono, così, considerati come «beni culturali sottoposti alla disciplina di cui al decreto legislativo n. 42/2004». Ciò determina un ulteriore profilo di contrasto con la disciplina interposta di cui al d.lgs. n. 42 del 2004, la quale – con disposizione applicabile, tra l’altro, alle «architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell’economia rurale tradizionale» (art. 10, comma 4, lettera l) – esclude che possano essere assoggettate a tutela culturale le cose che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre settanta anni (art. 10, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004).
Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’intero comma 2 dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 12 del 2020, ivi compresa la parte che si riferisce all’«area circostante fino ad una fascia di 50 metri dal sedime», in quanto (pur se non specificamente contestata dal ricorrente) strettamente ed inscindibilmente connessa con l’individuazione dei trabucchi come bene culturale.
4.– Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, poi, l’art. 2 della legge reg. Molise n. 12 del 2020, rubricato «Piani di recupero».
Della disposizione in esame il ricorrente sottopone allo scrutinio di questa Corte le previsioni contenute nel comma 1, il quale affida ai Comuni il compito di redigere piani per il recupero, il ripristino e la conservazione dei trabucchi, insieme alla previsione di cui al comma 2, che dispone il recepimento di detti piani comunali nel Piano paesaggistico regionale. La sostanza delle censure è che, con le riportate previsioni, il legislatore molisano avrebbe rimesso ai singoli Comuni la disciplina pianificatoria inerente ai trabucchi e agli ambiti paesaggistici interessati dai manufatti, «con ciò sovvertendo il sistema di competenze nonché il rapporto di gerarchia tra gli strumenti di pianificazione stabilito dal Codice di settore», il quale, come è noto, attribuisce solo al piano paesaggistico regionale la disciplina dei contesti tutelati, conferendo ad esso una posizione di primazia rispetto agli altri strumenti di pianificazione. Ne deriverebbe la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione agli artt. 135, 143 e 145 del d.lgs. n. 42 del 2004, oltre che dell’art. 9 Cost., in quanto si determinerebbe un abbassamento del livello di tutela del paesaggio, costituente valore primario e assoluto.
Rimane invece estraneo alle censure del ricorrente il comma 3 dell’art. 2, a norma del quale «[i] Comuni possono adottare apposito regolamento attuativo nel rispetto delle disposizioni regionali e statali in materia favorendo un’attività di programmazione, sviluppo e cooperazione con le altre attività turistico-ricettive e culturali operanti sul territorio». Il thema decidendum dell’odierno giudizio va, pertanto, limitato ai soli commi 1 e 2.
4.1.– Anche tale questione è fondata.
In tema di tutela e di pianificazione paesaggistica, la giurisprudenza di questa Corte ha più volte ribadito, anche di recente, che «è necessario salvaguardare la complessiva efficacia del piano paesaggistico, ponendola al riparo dalla pluralità e dalla parcellizzazione degli interventi delle amministrazioni locali» (da ultimo, sentenze n. 24 del 2022, n. 219 e n. 74 del 2021; in precedenza, sentenza n. 182 del 2006). La premessa è la cogenza del piano paesaggistico regionale per gli strumenti urbanistici dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Province e la sua immediata prevalenza rispetto alle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici (art. 145, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004). In tale cornice, come questa Corte ha affermato, il piano paesaggistico regionale costituisce uno «strumento di ricognizione del territorio oggetto di pianificazione non solo ai fini della salvaguardia e valorizzazione dei beni paesaggistici, ma anche nell’ottica dello sviluppo sostenibile e dell’uso consapevole del suolo, in modo da poter consentire l’individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio» (da ultimo, sentenza n. 219 del 2021, punto 4.1. del Considerato in diritto; in precedenza, ex plurimis, anche sentenze n. 86 del 2019 e n. 172 del 2018).
Pertanto, il trasferimento delle decisioni operative concernenti il paesaggio alla dimensione pianificatoria comunale «si pone in contraddizione con il sistema di organizzazione delle competenze delineato dalla legge statale a tutela del paesaggio, che costituisce un livello uniforme di tutela, non derogabile dalla Regione, nell’ambito di una materia a legislazione esclusiva statale ex art. 117 Cost., ma anche della legislazione di principio nelle materie concorrenti del governo del territorio e della valorizzazione dei beni culturali» (sentenza n. 182 del 2006, punto 2.2. del Considerato in diritto). La legge regionale non può, dunque, riservare alla pianificazione comunale interi contenuti del piano paesaggistico regionale, quale quello delle aree costiere su cui insistono i trabucchi. La prevalenza di quest’ultimo rispetto agli strumenti urbanistici dei Comuni, stabilita dall’art. 145, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004, conduce ad escludere che, all’inverso, un piano comunale debba essere “recepito” – come impone la norma molisana impugnata – nel piano paesaggistico regionale. Non va, infatti, compromessa l’«impronta unitaria della pianificazione paesaggistica che la normativa statale ha […] assunto a valore imprescindibile, “ponendola al riparo dalla pluralità e dalla parcellizzazione degli interventi delle amministrazioni locali” (sentenza n. 74 del 2021)» (da ultimo, sentenza n. 261 del 2021, punto 4.3. del Considerato in diritto).
Va, quindi, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1 e 2, della legge reg. Molise n. 12 del 2020.
5.– Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri impugna l’intero art. 5 della legge reg. Molise n. 12 del 2020, rubricato «Disposizioni tecniche».
La disposizione in esame, al comma 1, stabilisce i limiti dimensionali per la realizzazione di nuovi trabucchi e impone alcune caratteristiche costruttive. Il comma 2 precisa che i limiti dimensionali così individuati «si applicano anche in caso di ristrutturazione e ampliamento dei trabucchi esistenti nel rispetto della normativa regionale e statale vigente in materia».
Il ricorrente denuncia la violazione del principio di co-pianificazione obbligatoria del piano paesaggistico (con richiamo, quale normativa interposta, agli artt. 135, 143 e 145 del d.lgs. n. 42 del 2004), lamentando l’invasione della competenza esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., ed il conseguente abbassamento della tutela paesaggistica, in contrasto con l’art. 9 Cost.
Viene altresì censurata, nello specifico, la prevista destinazione del trabucco ad attività di ristorazione (art. 5, comma 1, lettera a, della legge molisana), la quale si porrebbe irragionevolmente in contrasto con quanto stabilisce l’art. 3 della medesima legge regionale, secondo cui i trabucchi «devono conservare la finalità di pesca per diletto e luogo di incontro» (art. 3, comma 1) e non possono essere utilizzati a scopi diversi da quelli previsti dalla legge regionale stessa e dalle leggi regionali e statali in materia (art. 3, comma 3).
La previsione di parametri dimensionali «del tutto sproporzionati» rispetto alle «caratteristiche tipiche» dei manufatti – quali sarebbero, appunto, i parametri dettati dall’art. 5 – risulterebbe violativa delle prescrizioni del vigente piano paesaggistico regionale, che sottopone a vincolo tutti gli ambiti costieri ove sorgono i trabucchi. Risulterebbero incise, peraltro, anche le prescrizioni dettate dai vigenti «Piani degli Arenili», come quello del Comune di Termoli, che per i trabucchi stabiliscono più restrittivi parametri di superficie. Il ricorrente si riferisce qui ai piani, predisposti dai singoli Comuni ai sensi dell’art. 12 della legge della Regione Molise 5 maggio 2006, n. 5 (Disciplina delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di mare territoriale), che attuano le prescrizioni dettate dal Piano Regionale di utilizzazione delle aree del demanio marittimo a finalità turistico-ricreative (PRUA – disciplinato dalla stessa fonte regionale agli artt. 7 e seguenti) e che assumono anche la denominazione di «Piani Spiaggia comunali» (art. 12).
Un ultimo profilo di censura sollevato dal ricorrente si riferisce, specificamente, al comma 2 della disposizione impugnata e lamenta la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione alle norme interposte di cui agli artt. 20, 21, 135, 143 e 145 del d.lgs. n. 42 del 2004. Ciò, in quanto l’applicazione dei limiti dimensionali, quali stabiliti dal comma 1, anche ai trabucchi già esistenti (in caso di loro ristrutturazione o ampliamento) potrebbe astrattamente riguardare i manufatti gravati da vincolo imposto ai sensi della Parte seconda del d.lgs. n. 42 del 2004. Si determinerebbe, in tal caso, un contrasto con la normativa statale riguardante la tutela dei beni culturali i quali, a norma dell’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004, «non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione».
5.1.– Preliminarmente, va precisato che l’impugnazione del Presidente del Consiglio dei ministri, pur riguardando, genericamente, l’intero l’art. 5 della legge reg. Molise n. 12 del 2020, è assistita da argomentazioni volte a contestare specificamente solo la parte della disposizione che stabilisce i requisiti dimensionali dei trabucchi (sia per quelli di nuova costruzione, sia per quelli già esistenti in caso di loro ristrutturazione o ampliamento). Tutte le censure sollevate dal ricorso, invero, sono riferite unicamente ai «parametri dimensionali» imposti dall’art. 5, comma 1, specie laddove si lamenta che questi misurerebbero «oltre tre volte» le dimensioni previste dalle norme tecniche comunali sugli arenili (con richiamo all’art. 6.3. del Piano Spiaggia comunale del Comune di Termoli). Deve pertanto limitarsi il thema decidendum alle sole previsioni che fissano detti parametri dimensionali (e, quindi, alle lettere a, b, c e d del comma 1, dedicate alle dimensioni, rispettivamente, della struttura destinata alla ristorazione, della passerella d’accesso, della rete da pesca e dell’altezza massima della piattaforma dal livello del mare), oltre alla disposizione del comma 2, che applica detti parametri anche ai trabucchi già esistenti. Rimangono invece estranee all’odierna pronuncia le ulteriori prescrizioni tecniche dettate dal comma 1 dell’art. 5, che indicano la tipologia dei materiali da costruzione (lettera e), le modalità di collegamento tra le travi portanti (lettera f), le modalità di installazione degli impianti idrico ed elettrico (lettera g), i materiali e la verniciatura delle porte e degli infissi (lettera h), il divieto di pavimentazione del tavolato e delle passerelle (lettera i), la modalità di impermeabilizzazione delle coperture delle superfici (lettera j) e le modalità di realizzazione dei tiranti (lettera k). Rimane altresì estranea al thema decidendum, in quanto a sua volta non raggiunta da alcuna censura né argomentazione del ricorso, la previsione di cui alla lettera l) del comma 1, che impone di garantire «il carattere provvisorio dei manufatti».
5.2.– Così delimitata l’area del sindacato chiesto a questa Corte, può passarsi alla disamina del merito delle questioni sollevate sull’art. 5 della legge reg. Molise n. 12 del 2020.
Esse non sono fondate, nei termini di seguito precisati.
Con la richiamata sentenza n. 138 del 2020, relativa alle norme sui trabucchi vigenti nella Regione Abruzzo, questa Corte ha già rilevato che la previsione di una superficie di occupazione massima del manufatto «risponde alla finalità di circoscrivere l’area complessiva destinata alla valorizzazione dei trabocchi in funzione, sia dell’ottimizzazione dei flussi turistici (cui è strumentale la regolazione dell’attività di ristorazione) sia di un più fruibile soddisfacimento delle visite didattico-culturali» (punto 6.1. del Considerato in diritto).
Con specifico riguardo alle misure dimensionali della passerella di accesso (fissate dalla lettera b del comma 1 dell’art. 5), va poi ribadito che la maggior ampiezza della costruzione che ne deriva «è coerente con l’assolvimento dell’esigenza di consentire, da un lato, la fruizione del trabocco da parte delle persone con disabilità e, dall’altro, l’osservanza dei parametri di sicurezza per la pubblica incolumità dei soggetti fruitori, sia in chiave turistica che didattico-culturale, in tal senso rimanendo rispettato l’ambito di esercizio dei poteri fissato nell’art. 6 del cod. beni culturali» (sentenza n. 138 del 2020, punto 6.3. del Considerato in diritto).
Simili finalità – giova, in questa sede, precisare – non possono comunque determinare alcun pregiudizio per le aree attinte da vincolo paesaggistico, ove sono ubicati i trabucchi di nuova o di antica realizzazione, o per quei trabucchi che dovessero – in ipotesi – risultare essi stessi sottoposti alla normativa di tutela dei beni culturali. Anche in tali evenienze, deve infatti considerarsi salva la disciplina nazionale che impone l’autorizzazione paesaggistica per interventi da compiersi sui beni vincolati, di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, così come quella che subordina ad autorizzazione gli interventi sui beni culturali, di cui all’art. 21 dello stesso decreto legislativo (sentenza n. 138 del 2020, punto 6.5. del Considerato in diritto). È, del resto, la stessa legge regionale molisana a stabilire (al comma 1 dell’art. 1) che la valorizzazione e l’utilizzo dei trabucchi devono svolgersi «secondo le modalità di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42», con ciò eliminando qualsivoglia dubbio circa il necessario rispetto dei vincoli, anche paesaggistici, che potrebbero venire in rilievo nell’esercizio di quelle attività.
L’art. 5 della legge reg. Molise n. 12 del 2020, pertanto, deve essere correttamente inteso non come norma che consente il rilascio del titolo tutte le volte in cui siano rispettate le indicate misure dimensionali, ma solo come disposizione di settore che introduce un’ulteriore condizione (le misure massime) ai fini dell’ottenimento del titolo secondo le norme vigenti.
Né, sotto altro aspetto, è ravvisabile alcuna interferenza tra le dimensioni così prescritte dalla legge regionale (oggetto di impugnazione) e quanto stabilito dai Piani spiaggia comunali (PSC), ivi incluso quello di Termoli. Come già osservato da questa Corte con riferimento alla normativa abruzzese – oggetto, come detto, della sentenza n. 138 del 2020 e avente contenuto analogo a quella molisana oggi all’esame – anche in questo caso deve ribadirsi che i limiti massimi di superficie, indicati dalla legge regionale impugnata, non possono considerarsi direttamente applicabili, né tali da autorizzare deroghe rispetto alle previsioni dei vigenti PSC. Il Comune, infatti, «in qualità di autorità competente a rilasciare il titolo abilitativo per la tipologia di intervento richiesto sul trabocco, in assenza di una espressa previsione normativa in tal senso, non potrebbe agire in deroga ad una previsione più limitativa», che sia eventualmente contenuta nel proprio PSC; e «resta comunque libero di decidere se, e in quale misura (entro il limite massimo consentito), avvalersi della facoltà di ampliamento del trabocco prevista dalla legge regionale» (così, ancora, la sentenza n. 138 del 2020, punto 6.1. del Considerato in diritto).
5.3.– Con riferimento, poi, alla paventata irragionevolezza intrinseca della legge molisana – la quale, per un verso, non consente di adibire il trabucco ad altre finalità che non siano quelle tradizionali della pesca (art. 3) e, per altro verso, consente comunque l’attività di ristorazione (art. 5) – va in contrario osservato che la destinazione dei trabucchi ad attività di ristorazione «non si pone in contrasto con il principio generale della tutela del patrimonio storico-culturale, essendo piuttosto rivolta alla sua valorizzazione in funzione di un richiamo turistico appositamente regolamentato in modo appropriato» (così, ancora, la sentenza n. 138 del 2020, punto 6.2. del Considerato in diritto). Peraltro, nel complessivo impianto della legge regionale impugnata, va rilevato che la finalità di ristorazione, affiancata a quella di fruizione turistica, costituisce un obiettivo di fondo perseguito dal legislatore regionale, tant’è che l’intitolazione stessa della legge reg. Molise n. 12 del 2020 espressamente si riferisce all’«utilizzazione commerciale e turistica» del trabucco. Siffatta finalità, comunque, non risulta in contrasto con quelle ulteriori indicate dall’art. 3, comma 1 (la «pesca per diletto» e il «luogo di incontro»): per un verso, va infatti osservato che lo stesso art. 3, al comma 2, consente espressamente l’utilizzazione dei trabucchi «anche per eventi culturali, manifestazioni promozionali dei prodotti tipici locali, ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande con uso di prodotto ittico pescato dalla struttura stessa ovvero di prodotti ittici locali e delle zone limitrofe e comunque del mar Adriatico», con ciò affiancando agli usi tradizionali della struttura anche quello di sfruttamento commerciale; per altro verso, quest’ultima finalità può comunque essere considerata come un naturale svolgimento di quelle tradizionali, nella prospettiva della valorizzazione del bene, rimessa alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni.
5.4.– Così interpretata, la disposizione impugnata si rivela immune dalle censure sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri, onde le questioni di legittimità costituzionale promosse sull’art. 5 della legge reg. Molise n. 12 del 2020 devono essere dichiarate non fondate, nei termini indicati.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della Regione Molise 11 novembre 2020, n. 12 (Disposizioni in materia di valorizzazione e utilizzazione commerciale e turistica del trabucco molisano);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1 e 2, della legge reg. Molise n. 12 del 2020;
3) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5, commi 1, lettere a), b), c) e d), e 2, della legge reg. Molise n. 12 del 2020, promosse, in riferimento agli artt. 3, 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 gennaio 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 28 febbraio 2022.