SENTENZA N. 138
ANNO 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Marta CARTABIA;
Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera c), della legge della Regione Abruzzo 10 giugno 2019, n. 7, recante «Integrazioni e modifiche alle leggi regionali 11 agosto 2009, n. 13 (Modifiche ed integrazioni alla L.R. 71/2001 (Rifinanziamento della L.R. n. 93/1994 concernente: Disposizioni per il recupero e la valorizzazione dei trabocchi della costa abruzzese) e norme relative al recupero, alla salvaguardia e alla valorizzazione dei trabocchi da molo, anche detti “caliscendi” o “bilancini”, della costa abruzzese), e 19 dicembre 2001, n. 71 (Rifinanziamento della L.R. n. 93/1994 concernente: Disposizioni per il recupero e la valorizzazione dei trabucchi della costa teatina)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 12-19 agosto 2019, depositato in cancelleria il 14 agosto 2019, iscritto al n. 89 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2019.
Visto l’atto di costituzione della Regione Abruzzo;
udito il Giudice relatore Mario Rosario Morelli ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettere a) e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data 9 giugno 2020;
deliberato nella camera di consiglio del 10 giugno 2020.
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, con il ricorso in epigrafe, l’art.1, comma 1, lettera c), della legge della Regione Abruzzo 10 giugno 2019, n. 7, recante «Integrazioni e modifiche alle leggi regionali 11 agosto 2009, n. 13 (Modifiche ed integrazioni alla L.R. 71/2001 (Rifinanziamento della L.R. n. 93/1994 concernente: Disposizioni per il recupero e la valorizzazione dei trabocchi della costa abruzzese) e norme relative al recupero, alla salvaguardia e alla valorizzazione dei trabocchi da molo, anche detti “caliscendi” o “bilancini”, della costa abruzzese) e 19 dicembre 2001, n. 71 (Rifinanziamento della L.R. n. 93/1994 concernente: Disposizioni per il recupero e la valorizzazione dei trabucchi della costa teatina)», denunciandone il «contrasto con gli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione».
1.1.− L’impugnata legge reg. Abruzzo n. 7 del 2019, sub lettera c) del suo art. 1, comma 1, integra l’art. 3-ter della legge reg. Abruzzo n. 13 del 2009, inserendovi (dopo il comma 3) i seguenti ulteriori commi:
«3-bis. Limitatamente ai trabocchi, al fine di ottimizzare e valorizzare l’attività di ristorazione svolta dagli stessi in relazione all’effettiva esigenza dei flussi turistici e delle visite didattico-culturali provenienti dal territorio regionale ed extra regionale, è definita una superficie complessiva di occupazione massima di 2.000 metri quadrati comprensiva di specchio acqueo e strutture componenti il trabocco. Nell’ottica del perseguimento degli scopi didattico-culturali richiamati nel presente comma, il titolare della struttura promuove la diffusione della storia del trabocco, quale elemento essenziale della tradizione locale; per i medesimi fini la Regione Abruzzo, nell’ambito delle risorse stanziate annualmente in bilancio per le attività turistiche e culturali, d’intesa con i titolari delle strutture, sostiene visite guidate sui trabocchi, nell’ottica soprattutto di promuovere l’immagine della costa teatina dei trabocchi sull’intero territorio nazionale ed extra nazionale.
3-ter. La parte di struttura componente il trabocco destinata a ristorazione aperta al pubblico non può eccedere la superficie di 160 metri quadrati calpestabili e la parte di struttura destinata ai servizi accessori connessi alla ristorazione, quali cucina e servizi, non può eccedere la superficie di 50 metri quadrati calpestabili. L’attività di ristorazione può essere svolta sul trabocco con un’accoglienza massima di sessanta persone, inclusi ospiti e personale.
3-quater. La superficie occupata dalla passerella d’accesso è esclusa dal computo dei parametri massimi individuati dal comma 3-ter. La relativa superficie è determinata in base alla distanza del trabocco dalla costa. La larghezza massima consentita della passerella di accesso è di 2 metri, adeguata alla normativa vigente in materia di sicurezza per la pubblica incolumità delle persone ed a quella in materia di abbattimento delle barriere architettoniche.
3-quinquies. Gli interventi di recupero, utilizzazione e ristrutturazione dei trabocchi entro i limiti di superficie di cui ai commi 3-bis e 3-ter sono comunque subordinati al rispetto delle disposizioni edilizie di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), in quanto compatibili ed applicabili, delle prescrizioni igienico-sanitarie, di sicurezza e antincendio vigenti, fermi restando i pareri, le autorizzazioni ed i nullaosta delle autorità competenti, laddove previsti dalla normativa statale in materia in relazione alla tipologia di intervento. Per la verifica statica si applicano le disposizioni di cui alla lettera d-bis) del comma 4 dell’articolo 3 della L.R. 71/2001.
3-sexies. Per i trabocchi situati in aree sottoposte a vincolo paesaggistico e per quelli vincolati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), gli interventi di recupero, utilizzazione e ristrutturazione sono in ogni caso consentiti previa autorizzazione dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo. Restano comunque ferme le prescrizioni in materia poste da norme ambientali o paesaggistiche nazionali e regionali».
1.2.‒ Secondo il ricorrente, le riferite disposizioni violerebbero, appunto, gli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., attraverso l’interposizione degli artt. 3, 5, 6, 21, 133, 134 e 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), poiché la nuova disciplina regionale in materia di recupero e valorizzazione dei trabocchi della costa abruzzese determinerebbe – per i motivi di cui più ampiamente e direttamente si dirà nel Considerato in diritto – la violazione della competenza esclusiva statale relativa alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali.
2.‒ La Regione Abruzzo, costituitasi, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso in ragione della sua genericità e ne ha, in subordine, contestato la fondatezza, ascrivendo l’intervento normativo in questione alla sua competenza concorrente in materia di valorizzazione dei beni culturali, sostenendone la coerenza ai principi statali di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio e sottolineandone l’obbiettivo di disciplina dell’uso dei trabocchi, per assicurarne «le migliori condizioni di fruizione, al fine di promuoverne la conoscenza e lo sviluppo anche oltre i confini regionali e nazionali, in piena aderenza con quanto sancito dall’art. 6 del Codice».
La resistente ha anche depositato brevi note, ai sensi e nel termine di cui al punto 1, lettera c), del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, recante misure per l’emergenza da Covid-19.
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera c), della legge della Regione Abruzzo 10 giugno 2019, n. 7, recante «Integrazioni e modifiche alle leggi regionali 11 agosto 2009, n. 13 (Modifiche ed integrazioni alla L.R. 71/2001 (Rifinanziamento della L.R. n. 93/1994 concernente: Disposizioni per il recupero e la valorizzazione dei trabucchi della costa abruzzese) e norme relative al recupero, alla salvaguardia e alla valorizzazione dei trabocchi da molo, anche detti “caliscendi” o “bilancini”, della costa abruzzese) e 19 dicembre 2001, n. 71 (Rifinanziamento della L.R. n. 93/1994 concernente: Disposizioni per il recupero e la valorizzazione dei trabucchi della costa teatina)». E, con il ricorso di cui si è in narrativa detto, ne prospetta il contrasto con gli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, anche in relazione agli artt. 3, 5, 6, 21, 133, 134 e 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).
1.1.‒ La disposizione denunciata modifica ed integra, in particolare, l’art. 3-ter della legge reg. Abruzzo n. 13 del 2009, sia sostituendone il titolo (con la nuova rubrica «Valorizzazione turistica dei caliscendi e dei trabocchi»), sia inserendovi, dopo il comma 3, i successivi commi da 3-bis a 3-sexies.
Sarebbero, appunto, le nuove disposizioni – così introdotte (dal legislatore regionale del 2019) nel corpus dell’art. 3-ter della precedente legge reg. Abruzzo n. 13 del 2009 – ad arrecare il prospettato vulnus agli evocati parametri costituzionali e alle correlate norme interposte.
1.2.‒ Nel motivare l’impugnazione così proposta, il ricorrente premette che i trabocchi (denominati anche travocchi o trabucchi) – antiche costruzioni realizzate in legno e consistenti in una piattaforma protesa sul mare, ancorata alla roccia, dalla quale si allungano macchine da pesca – sono tutelati come beni del patrimonio culturale ai sensi dell’art. 142 del cod. beni culturali «in quanto ricadenti nella fascia costiera di cui alla lettera a) del medesimo articolo, ed in parte anche in quanto ricadenti all’interno del perimetro di riserve naturali regionali (Sistema di aree protette della Costa Teatina) di cui alla lettera f)».
Sottolinea poi che la «valorizzazione dei beni culturali ed ambientali» rientra bensì tra le competenze del legislatore regionale (art. 117, terzo comma, Cost.), ma solo a titolo di legislazione concorrente, il cui esercizio non può, pertanto, prescindere dai principi fondamentali dettati in materia dal legislatore statale, quali appunto recati dalle disposizioni evocate come norme interposte.
Prospetta, quindi, che con tali principi il legislatore regionale abruzzese – attraverso il suddetto intervento normativo del 2019 ‒ si sia posto in contrasto, per avere dettato una disciplina unilaterale dei trabocchi, che fissa parametri dimensionali di riferimento per gli interventi su detti manufatti «con valori non previsti dalle norme statali di settore» e che «per di più interferisce con i Piani Demaniali Marittimi Comunali (PDMC) laddove essi contengono specifiche [norme] molto più restrittive di quelle proposte dalla legge in esame», conseguendone, in definitiva, la lesione della competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
2.‒ Al ricorso resiste, come detto, la Regione Abruzzo che, preliminarmente, ne eccepisce l’inammissibilità per genericità della sua formulazione e, in subordine, ne contesta la fondatezza, sul rilievo che l’intervento normativo da essa attuato sarebbe stato svolto nel pieno rispetto dei richiamati principi statali.
3.‒ È pregiudiziale l’esame dell’eccezione di inammissibilità formulata dalla resistente sul presupposto che il ricorso si limiti ad «evocare in modo cumulativo, generico e indistinto una pluralità di norme ordinarie […] intese quali parametri interposti […] senza tuttavia specificare le ragioni del contrasto delle disposizioni impugnate con ciascuno dei parametri invocati».
3.1.‒ La riferita eccezione non è suscettibile di accoglimento.
Contrariamente all’avverso assunto, la complessiva, ancorché succinta, motivazione del ricorso consente, infatti, di individuare, con sufficiente chiarezza, sia le disposizioni impugnate, i parametri costituzionali asseritamente violati e la normativa statale di riferimento (quest’ultima, anzi, anche sovrabbondantemente richiamata), sia le ragioni del prospettato contrasto delle prime con i secondi. E tanto basta perché l’impugnativa superi il vaglio preliminare di ammissibilità (ex plurimis, sentenze n. 245, n. 152 e n. 109 del 2018).
4.‒ Nel merito – esclusa preliminarmente la fondatezza della formale e generica doglianza di “unilateralità” dell’impugnato intervento normativo regionale, poiché le procedure collaborative tra Regione e Stato non rilevano nel sindacato di costituzionalità della legge (ex plurimis, sentenza n. 233 del 2019 e ordinanza n. 195 del 2004) – può, quindi, passarsi all’esame delle specifiche censure rivolte dal ricorrente alle nuove disposizioni introdotte dalla legge reg. Abruzzo n. 7 del 2019.
4.1.‒ Le suddette disposizioni − è opportuno ricordarlo − si raccordano, in linea di continuità e con finalità integrativa, ad una risalente sequenza normativa della Regione Abruzzo attinente, appunto, ai trabocchi della propria fascia costiera.
4.1.1.‒ Già la legge della reg. Abruzzo n. 93 del 1994 si proponeva, infatti, l’obiettivo di attuare una puntuale valorizzazione del patrimonio storico-culturale e ambientale rappresentato da quei manufatti, promuovendone il recupero e una utilizzazione non contrastanti con la loro naturale destinazione e con i loro valori tipici estetici, tecnologici e paesaggistici. E, a tal fine, definiva all’art. 1, i trabocchi e il «quadro d’insieme» circostante come «beni culturali primari».
4.1.2.‒ La legge reg. Abruzzo n. 71 del 2001 confermava la valenza di bene culturale dei trabocchi e dell’area circostante, compreso il tratto di mare per una fascia di cinquanta metri, come «quadro d’insieme» (art. 2).
Detta legge stabiliva altresì che:
− per utilizzazione del trabocco, nel periodo della stagione balneare, nel quadro della valorizzazione turistica della costa abruzzese (e dell’attuazione delle disposizioni in materia di politiche di sostegno all’economia ittica), si intendeva anche l’attività di ristorazione con uso di prodotto ittico della struttura stessa ovvero di prodotti ittici locali e delle zone limitrofe e comunque del mare Adriatico (art. 3, comma 2);
− i Comuni, ai sensi dell’art. 118, primo comma, Cost. e delle vigenti disposizioni statali e regionali, avrebbero dovuto esercitare i poteri di governo e vigilanza edilizia ed urbanistica sulle strutture anche con riferimento al piano demaniale marittimo comunale nonché i poteri di governo e vigilanza in materia di autorizzazione stagionale all’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande sulle strutture stesse (art. 3, comma 5);
− era fatto divieto assoluto di utilizzare i trabocchi per scopi diversi da quelli previsti da quella stessa legge e dalle leggi statali in materia, di modificare le caratteristiche costruttive originarie del trabocco, nonché di realizzare qualunque intervento di trasformazione edilizia, ad eccezione di quelli strettamente necessari per la conservazione, ottimizzazione della funzionalità’ e superamento delle barriere architettoniche (art. 3, comma 6).
4.1.3.‒ Le disposizioni della legge reg. Abruzzo n. 71 del 2001 – sostanzialmente ribadite, nel loro contenuto, dalla legge reg. Abruzzo n. 13 del 2009 – sono state, quindi, integrate dalla successiva legge della regione Abruzzo 10 agosto 2010, n. 38 (Interventi normativi e finanziari per l’anno 2010), che vi ha aggiunto il Capo II, recante i nuovi artt. 3-bis e 3-ter, in tema di recupero, salvaguardia e valorizzazione dei trabocchi da molo, anche detti “caliscendi” o “bilancini”, della costa abruzzese.
In particolare, con l’art. 3-bis (della legge reg. n. 13 del 2009, come integrata dalla citata legge reg. n. 38 del 2010) è stato espressamente previsto che la Regione intendeva perseguire una ulteriore specifica valorizzazione del patrimonio storico-culturale della costa abruzzese (comma 1), precisando che costituiscono i cosiddetti “caliscendi” o “bilancini” quelle strutture costituite da «una trave in legno inclinata ed aggettante verso il mare con all’estremità una rete tesa da telaio quadrangolare con baracche destinate a proteggere i pescatori e le loro attrezzature da eventi meteorologici» (comma 2).
Con il nuovo art. 3-ter si è, inoltre, puntualizzato che nei manufatti adibiti a “caliscendi” sono consentiti interventi di ristrutturazione e di ripristino, in modo conforme alle norme igienico-sanitarie, ed un eventuale ampliamento non superiore al 20 per cento della superficie coperta esistente, all’interno dello spazio complessivo oggetto di concessione (comma 1), sempreché finalizzati, tali interventi, a: «a) conservare l’attività di pesca per diletto e luogo d’incontro; b) conservare il carattere provvisorio dei manufatti; c) assicurare l’uso di materiali naturali (legno massello) opportunamente verniciato con i tipici colori pastello; d) a non arrecare inquinamento luminoso o violazioni al codice della navigazione; e) escludere l’uso di legno lamellare o comunque non verniciato, materiali plastici e/o metallici; f) garantire il rispetto dei requisiti igienico-sanitari di legge» (comma 2).
L’intervento normativo del 2010 aveva, quindi, riguardato la disciplina più specifica attinente ai cosiddetti “caliscendi”, senza investire quella più ampia dei trabocchi in generale.
Ed è una tale disciplina che è stata appunto poi introdotta dall’impugnato art. 1, comma 1, lettera c), della legge reg. Abruzzo n. 7 del 2019.
Secondo la resistente, le nuove disposizioni sarebbero volte a regolamentare l’utilizzazione dei trabocchi mediante la fissazione di appositi criteri, di parametri di superficie e di presenze nei loro limiti massimi al duplice scopo di adeguare, per un verso, l’attività di ristorazione ivi svolta all’effettiva esigenza dei flussi turistici e delle visite didattico-culturali provenienti dal territorio regionale e dai territori extraregionali e di evitare, per altro verso, che la fruizione incontrollata degli stessi possa comprometterne il carattere storico-culturale.
5.‒ La materia disciplinata dalla normativa impugnata è, dunque, quella attinente ai beni culturali, segnata dalla linea di confine (che, nella specie, il ricorrente ritiene superata e la resistente reputa invece rispettata) che separa la “valorizzazione” dalla “tutela” di detti beni.
Il novellato art. 117, commi secondo, lettera s), e terzo, Cost. ha ripartito, infatti, nelle “due aree funzionali” della “tutela” e della “valorizzazione” la materia dei beni culturali, assegnandone alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la prima e alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni la seconda.
Con gli artt. 3 e 6 del cod. beni culturali sono stati definitivamente identificati rispettivamente gli ambiti della tutela e della valorizzazione.
Nella tutela risultano ricompresi non solo la regolazione ed amministrazione giuridica dei beni culturali, ma anche l’intervento operativo di protezione e difesa dei beni stessi. Nella valorizzazione, invece, rientra il complesso delle attività di intervento integrativo e migliorativo ulteriori, finalizzate alla promozione, al sostegno della conoscenza, fruizione e conservazione del patrimonio culturale, nonché ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione di esso, anche da parte delle persone diversamente abili.
6.‒ Alla luce di tali premesse, le censure specificamente rivolte dal ricorrente ai singoli commi aggiunti (al comma 3 dell’art. 3-ter della legge reg. Abruzzo n. 13 del 2009) dalla disposizione impugnata non risultano fondate, in riferimento a entrambi i parametri evocati.
6.1.‒ Quanto al comma 3-bis, al di là del riferimento generico alla possibile lesione del “quadro di insieme” di cui all’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 93 del 1994, l’introduzione del riferimento a una “superficie complessiva di occupazione massima” effettivamente risponde alla finalità di circoscrivere l’area complessiva destinata alla valorizzazione dei trabocchi in funzione, sia dell’ottimizzazione dei flussi turistici (cui è strumentale la regolazione dell’attività di ristorazione) sia di un più fruibile soddisfacimento delle visite didattico-culturali (anche extraregionali) demandate alla promozione della storia degli stessi trabocchi; il che non eccede l’ambito dei poteri propriamente spettanti alle Regioni ai sensi dell’art. 7 del cod. beni culturali, siccome riferibile alla disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone con disabilità, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura, comprendendosi in essa anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. D’altra parte le caratteristiche degli interventi in questione sono tali da escludere che sia concretamente apprezzabile una lesione della tutela di detto patrimonio.
Non è poi, comunque, esatto che i nuovi parametri di superficie dei trabocchi vadano – come presupposto dal ricorrente – a sommarsi all’aumento del 20 per cento, già previsto dal citato art. 3-ter della legge reg. Abruzzo n. 13 del 2009, poiché quest’aumento è testualmente riferito ai soli “caliscendi”.
Mentre, quanto alla paventata interferenza della disposizione censurata con i piani demaniali marittimi comunali (PDMC), correttamente osserva in contrario la Regione che detta norma non implica la diretta applicabilità dei limiti massimi di superficie da essa indicati, né autorizza la deroga rispetto ai PDMC. Il Comune, infatti, in qualità di autorità competente a rilasciare il titolo abilitativo per la tipologia di intervento richiesto sul trabocco, in assenza di una espressa previsione normativa in tal senso, non potrebbe agire in deroga ad una previsione più limitativa che sia eventualmente contenuta nel proprio PDMC; e, a parte ciò, resta comunque libero di decidere se, e in quale misura (entro il limite massimo consentito), avvalersi della facoltà di ampliamento del trabocco prevista dalla legge regionale.
6.2.‒ La destinazione ad attività di ristorazione, di cui al comma 3-ter, non costituisce una novità normativa nel pregresso quadro normativo regionale (non attinto da precedenti censure e pronunce di incostituzionalità), e la puntuale regolamentazione di tale attività (con riguardo, in particolare, alla superficie massima sfruttabile e al numero massimo delle persone ospitabili), non si pone in contrasto con il principio generale della tutela del patrimonio storico-culturale, essendo piuttosto rivolta alla sua valorizzazione in funzione di un richiamo turistico appositamente regolamentato in modo appropriato.
6.3.‒ A sua volta, la maggior ampiezza della passerella di accesso al trabocco, prevista dal comma 3-quater è coerente con l’assolvimento dell’esigenza di consentire, da un lato, la fruizione del trabocco da parte delle persone con disabilità e, dall’altro, l’osservanza dei parametri di sicurezza per la pubblica incolumità dei soggetti fruitori, sia in chiave turistica che didattico-culturale, in tal senso rimanendo rispettato l’ambito di esercizio dei poteri fissato nell’art. 6 del cod. beni culturali.
6.4.‒ Il comma 3-quinquies è formalmente coinvolto anch’esso nell’impugnativa, ma in concreto non è raggiunto da alcuna specifica censura. E, comunque, si sottrae anche alla doglianza, formulata in via generale dal ricorrente, di invasione della sfera di attribuzioni riservate allo Stato, prevedendo (detto comma), al contrario, che gli interventi di recupero, utilizzazione e ristrutturazione dei trabocchi debbano necessariamente conformarsi alle prescrizioni statali relative agli ambiti edilizio, igienico-sanitario, sicurezza e antincendio.
6.5.‒ Analoghe considerazioni valgono per la disposizione di cui al comma 3-sexies. La quale depone anzi in senso contrario all’asserito sconfinamento del legislatore regionale dal perimetro della propria competenza in materia, in quanto espressamente prevede che i nuovi interventi relativi ai trabocchi rimangano assoggettati all’applicazione della disciplina generale concernente il rilascio e il rispetto delle autorizzazioni previste dalla normativa statale (e, in particolar modo, dell’autorizzazione concernente gli interventi sui beni culturali, di cui all’art. 21, e di quella paesaggistica, di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004). Tali autorizzazioni, ovviamente, non possono altrimenti articolarsi che nelle forme procedimentali contemplate dalla stessa normativa statale (non risultandone affatto previste altre dalla Regione), come, oltretutto, già precisato nel precedente comma 3-quinquies, in base al quale restano «fermi […] i pareri, le autorizzazioni ed i nullaosta delle autorità competenti, laddove previsti dalla normativa statale in materia in relazione alla tipologia di intervento».
Teme, infine, il ricorrente, che gli interventi autorizzabili possano dar luogo ad “oscura e preoccupante applicazione” nel caso di trabocchi «abbandonati o scomparsi», qualora non sia agevole accertarne la superficie originaria. Ma una tale preoccupazione non ha ragion d’essere.
I trabocchi “abbandonati” sono tali, infatti, perché non più utilizzati per la pesca né per altre attività, ma sono comunque esistenti, ne è perciò ben verificabile la superficie attuale e gli eventuali interventi di loro recupero, ristrutturazione e utilizzazione sono non solo ammissibili (entro i parametri previsti) ma addirittura auspicabili; mentre i trabocchi “scomparsi” non possono formare oggetto di siffatti interventi, per essere questi praticabili solo su strutture tuttora esistenti
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. l, comma 1, lettera c), della legge della Regione Abruzzo 10 giugno 2019, n. 7, recante «Integrazioni e modifiche alle leggi regionali 11 agosto 2009, n. 13 (Modifiche ed integrazioni alla L.R. 71/2001 (Rifinanziamento della L.R. n. 93/1994 concernente: Disposizioni per il recupero e la valorizzazione dei trabocchi della costa abruzzese) e norme relative al recupero, alla salvaguardia e alla valorizzazione dei trabocchi da molo, anche detti “caliscendi” o “bilancini”, della costa abruzzese) e 19 dicembre 2001, n. 71 (Rifinanziamento della L.R. n. 93/1994 concernente: Disposizioni per il recupero e la valorizzazione dei trabucchi della costa teatina)», promosse, in riferimento agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e in relazione agli artt. 3, 5, 6, 21, 133, 134 e 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 giugno 2020.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2020.