Sentenza n. 272 del 2009

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SENTENZA N. 272

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco               AMIRANTE            Presidente

- Ugo                                DE SIERVO                      Giudice

- Paolo                      MADDALENA              "

- Alfio                       FINOCCHIARO            "

- Alfonso                   QUARANTA                 "

- Franco                    GALLO                        "

- Luigi                       MAZZELLA                  "

- Gaetano                  SILVESTRI                   "

- Maria Rita               SAULLE                       "

- Giuseppe                 TESAURO                    "

- Paolo Maria             NAPOLITANO             "

- Giuseppe                 FRIGO                         "

- Alessandro              CRISCUOLO                "

- Paolo                      GROSSI                       "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettere a), b) e c), e dell’art. 8, commi 1, lettera c), e 2, lettera b), della legge della Regione Liguria 23 ottobre 2007, n. 34 (Istituzione del Parco naturale regionale delle Alpi Liguri), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 31 dicembre 2007 - 7 gennaio 2008, depositato in cancelleria il 10 gennaio 2008 ed iscritto al n. 2 del registro ricorsi 2008.

Visto l’atto di costituzione della Regione Liguria;

udito nell’udienza pubblica del 22 settembre 2009 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Barbara Baroli per la Regione Liguria.

Ritenuto in fatto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, con ricorso notificato il 31 dicembre 2007 e depositato il 10 gennaio 2008, questione di legittimità costituzionale, in via principale, dell’art. 2, comma 1, lettere a), b) e c),  nonché dell’art. 8, commi 1, lettera c), e 2, lettera b), della legge della Regione Liguria 23 ottobre 2007, n. 34 (Istituzione del Parco naturale regionale delle Alpi Liguri), denunciandone il contrasto con gli artt. 9, 117, secondo comma, lettera s), e 118, terzo comma, della Costituzione e  con gli artt. 3, 4, 5, 135, 143 e 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), con l’art. 21 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), e con gli artt. 22, comma 6, e 32, commi 3 e 4, della legge del 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), nonché con l’art. 18, comma 3, della legge della Regione Liguria 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree protette).

Il ricorrente premette che la Regione Liguria ha emanato, nell’esercizio della propria competenza legislativa, la legge regionale n. 34 del 2007 dando così attuazione alla legge n. 394 del 1991 e alla legge regionale n. 12 del 1995.

Nonostante gli artt. 1, comma 1, e 2, comma 1, della legge regionale n. 34 del 2007 espressamente garantiscano il “rispetto” delle disposizioni del decreto legislativo n. 42 del 2004, in realtà – ad avviso del ricorrente – le disposizioni censurate non sarebbero «in linea con questo provvedimento statale da considerare come norma interposta in relazione all’art. 117, secondo comma, lett. s), e [al]l’art.118 Cost.».

Passando ad esaminare dettagliatamente le singole censure,  secondo il ricorrente, l’art. 2, comma 1, lettere a), b) e c) – norma volta a «“tutelare” oltre che a valorizzare il patrimonio naturale, il  patrimonio  etnoantropologico  ed  il paesaggio» – contrasterebbe sia con  l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che attribuisce la potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dei beni culturali allo Stato –  potestà esercitata da questo ultimo con gli artt. 3, 4 e 5 del d.lgs. n. 42 del 2004 –,  sia con l’art. 118, terzo comma, Cost., che riserva allo Stato l’individuazione di forme di intesa e di coordinamento nella materia di tutela dei beni culturali.

Inoltre, l’art. 8, comma 2, lettera b), – disposizione che prevede l’individuazione  dei  «casi  di  interventi da assoggettare o meno al nulla osta di cui all’art. 21 della legge regionale n. 12 del 1995 e le ipotesi in cui lo stesso nulla osta possa essere acquisito a seguito della presentazione da parte di un tecnico abilitato di apposita autocertificazione attestante il rispetto di parametri quantitativi e qualitativi previsti nel Piano del  Parco medesimo» –  violerebbe, sempre a detta del ricorrente,  gli artt. 135, 143 e 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 e, conseguentemente, la competenza esclusiva statale (ex art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), in quanto tali  norme sono volte a garantire standard minimi ed uniformi di tutela su tutto il territorio nazionale.

La norma denunciata, prosegue il ricorrente – consentendo il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica sulla base dell’autocertificazione prodotta dall’interessato – risulterebbe altresì in contrasto con l’art. 9 Cost., che «riconosce  in  capo  alla Repubblica la tutela del paesaggio e stabilisce come regola l’intangibilità del bene tutelato rispetto al quale l’assenso agli interventi di modifica si configura come deroga».

Infine, l’art. 8, comma 1, lettera c), della legge regionale impugnata – prevedendo che nelle aree qualificate come “paesaggio protetto” non siano operanti i limiti ed i divieti all’attività venatoria, di cui alle leggi quadro statali (legge  n. 394 del 1991 e legge n. 157 del 1992), travalicando  la  competenza legislativa regionale, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e gli artt. 22, comma 6, e 32, commi 3 e 4, della legge n. 394 del 1991, nonchè l’art. 21 della legge n. 157 del 1992, in quanto verrebbe ad incidere sulla materia della protezione della fauna selvatica, riservata alla competenza esclusiva dello Stato.

2. – Si è costituita nel giudizio la Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta regionale pro-tempore, che ha dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza delle censure.

La resistente, dopo aver preliminarmente sintetizzato oggetto, fini e scopo della legge regionale censurata, ed in particolare il contenuto delle norme impugnate, evidenzia come un «equivoco di fondo» infici l’intero ricorso e, precisamente, l’equivoco consisterebbe «nel ritenere perfettamente sovrapponibile la disciplina ed il grado di tutela dei territori qualificati “parco” a quella dei territori qualificati “paesaggio protetto”». In realtà, l’art. 1 della citata legge regionale ha previsto due tipi di protezione territoriale diversi: uno, per la categoria definibile “Parco naturale”, l’altro, per quella classificabile come “paesaggio protetto”,  ai sensi dell’art. 3, comma 1-bis, della legge regionale n. 12 del 1995, come modificata dalla legge regionale 19 marzo 2002, n. 13.

Sottolinea, al riguardo, che la normativa attinente ai territori qualificabili come “parco”, nonchè la relativa disciplina, è contenuta nei commi 2 e 3 dell’art. 1 della legge regionale n. 34 del 2007, mentre quella relativa ai territori aventi natura di “paesaggio protetto”, con relativo diverso grado di tutela, è dettata dal comma 4 dello stesso articolo.

Il ricorrente – secondo la difesa regionale – si sarebbe soffermato solo sulla prima parte della sopra citata disposizione, ignorando la frase finale in cui si differenzia l’ambito di applicazione delle due normative facendosi esplicito riferimento alle «caratteristiche e le specificità individuate nell’articolo 8». In questo modo sarebbe incorso nel lamentato errore interpretativo.

Del resto, per la difesa regionale, non si può non giungere alla conclusione che la Regione Liguria – nell’ambito della sfera di autonomia riconosciutale dal terzo comma  dell’ art. 117 Cost. in materia  di «governo del territorio» –  è venuta unicamente ad individuare «al di fuori delle categorie già previste dal legislatore nazionale, una ulteriore categoria di territori oggetto di protezione, insuscettibile di essere ricondotta nell’ambito di quelle identificate dall’articolo 2 della legge n. 394/1991». 

Tutto ciò premesso, per quanto riguarda l’art. 2, comma 1, lettere a), b) e c), la difesa regionale osserva che la Regione Liguria si è impegnata a sostituire il censurato termine «tutelare» (che indicherebbe una funzione «inibita» alla Regione, alla quale può solo competere la possibilità di «valorizzare» il proprio patrimonio naturale e paesaggistico) con quello di «conservare».

Quanto, poi, alle censure mosse all’art. 8, comma 2, lettera b), le stesse sarebbero infondate, in quanto l’individuazione  degli interventi soggetti al “nulla osta” da parte del Piano del parco non comprimerebbe «le esigenze di tutela paesaggistica», non essendo tale “nulla-osta” sostitutivo dell’autorizzazione prevista dagli artt. 146 e 159 del d.lgs. n. 42 del 2004.

Il “nulla-osta”, secondo la resistente, corrisponderebbe, infatti, «all’istituto previsto dall’art. 13 della legge 394/1991, la cui disciplina, in Liguria, è stata recepita ed attuata dall’art. 21 della legge regionale 12/1995». Esso, quindi, costituirebbe solo un mezzo di verifica, preventivo al rilascio di qualsiasi titolo abilitativo, sia paesistico che edilizio, con cui l’Ente Parco verificherebbe «la conformità degli interventi o delle  attività da eseguire nel parco con la normativa in vigore nel relativo territorio» (secondo quanto disposto, appunto, dal dettato normativo della legge quadro n. 394 del 1991), lasciando impregiudicata la prevalenza dell’autorizzazione paesaggistica.

Infine, altrettanto infondate sarebbero le censure relative al comma 1, lettera c), sempre dell’art. 8, là dove si prevede che nelle aree qualificate come “paesaggio protetto” non si applicherebbero «i limiti all’attività venatoria di cui agli articoli 22, comma 6, e 32, commi 3 e 4, della legge 394/1991».

Secondo la resistente, tali censure poggerebbero sulla già rilevata «forzata equiparazione» tra “paesaggio protetto” e “parco”; ma (come già precedentemente sottolineato) i territori così rispettivamente classificati avrebbero natura giuridica diversa e, pertanto, anche gradi di tutela diversi. Il concetto di “parco” sarebbe riconducibile alla materia «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», mentre quello di “paesaggio protetto”  rientrerebbe nelle materie «governo del territorio» e «valorizzazione dei beni culturali e ambientali», materie di legislazione concorrente. Così che, partendo da tale premessa, per le aree definite “paesaggio protetto” non apparirebbe illegittimo prevedere, con norma regionale, la non applicabilità del divieto venatorio, stabilito dall’art. 22 della legge n. 394 del 1991.

3. – In prossimità dell’udienza pubblica, la Regione Liguria ha depositato memoria in cui chiede la dichiarazione di cessazione della materia del contendere in riferimento alle censure sollevate nel primo e nel secondo motivo del ricorso; in subordine, richiamando le argomentazioni difensive di cui all’atto di costituzione, chiede che il ricorso venga interamente respinto perché infondato, in riferimento,  oltre che al terzo motivo di censura, anche ai primi due.

In particolare, la difesa regionale fa presente che – allo scopo di superare le censure relative ai primi due motivi del ricorso – la Regione Liguria ha provveduto ad emanare la nuova legge regionale 3 aprile 2008, n. 6 (Modifiche alla legge regionale  23 ottobre 2007, n. 34. Istituzione del Parco regionale delle Alpi Liguri).

Con detta legge si è modificato l’art. 2, comma 1, lettere a), b) e c), della legge regionale n. 34 del 2007 – ove viene attribuita al Parco naturale regionale la finalità di tutelare oltre che di valorizzare il patrimonio naturale, etnoantropologico ed il paesaggio – sostituendo la parola «tutelare» con la parola «conservare».

Riguardo, quindi, alla censura relativa al comma 2, lettera b), dell’art. 8 della legge regionale n. 34 del 2007, la difesa regionale ricorda che si è provveduto, sempre con la nuova legge regionale n. 6 del 2008,  ad inserire, nel comma 1 dello stesso articolo, la lettera c-bis), in cui si fa espresso richiamo all’osservanza delle vigenti disposizioni in tema di beni paesaggistici di cui al d.lgs. n. 42 del 2004.

Secondo la difesa regionale, le modifiche legislative apportate dovrebbero far dichiarare la cessazione della materia del contendere relativamente alle suddette censure.

Laddove tale conclusione non dovesse essere condivisa, la resistente ribadisce l’infondatezza delle censure stesse, rilevando, altresì, che la previsione di forme di «protezione del territorio aggiuntive» rispetto alla legislazione nazionale non appare preclusa alle Regioni dalla Costituzione secondo la lettura che ne dà la giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 378 del 2007, n. 183 del 2006, n. 232 del 2005 e n. 407 del 2002).

Quanto, infine, alla terza ed ultima censura, relativa all’art. 8, comma 1, lettera c), della legge regionale n. 34 del 2007, la difesa regionale insiste nella dichiarazione di infondatezza della stessa,  richiamandosi alle argomentazioni di cui all’atto di costituzione.   

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale in via principale dell’art. 2, comma 1, lettere a), b) e c), nonché dell’art. 8, commi 1, lettera c), e 2, lettera b), della legge della Regione Liguria 23 ottobre 2007, n. 34 (Istituzione del Parco naturale regionale delle Alpi Liguri), in riferimento agli artt. 9, 117, secondo comma, lettera s), e 118, terzo comma, della Costituzione, e agli artt. 3, 4, 5, 135, 143 e 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), all’art. 21 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), agli artt. 22, comma 6, e 32, commi 3 e 4, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), nonché all’art. 18, comma 3, della legge della Regione Liguria 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree protette).

2. – Il ricorrente censura il suddetto art. 2, comma 1, lettere a), b) e c), nella parte in cui «attribuisce al Parco naturale regionale lo scopo di “tutelare”, oltre che di valorizzare, il patrimonio naturale, il patrimonio etnoantropologico ed il paesaggio», in quanto viene a violare l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che riserva la potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dei beni culturali allo Stato (esercitata da questo ultimo con gli artt. 3, 4 e 5 del d.lgs. n. 42 del 2004); nonché l’art. 118, terzo comma, Cost., che riserva allo Stato l’individuazione di forme di intesa e di coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.

2.1. – La questione è fondata.

È da premettere che le disposizioni censurate vengono a dettare una disciplina relativa alle aree naturali protette, materia che questa Corte ha ritenuto compresa nell’ambito dell’ambiente e dell’ecosistema (si vedano le sentenze n. 12 del 2009, n. 387 del 2008 e n. 422 del 2002), rientrante, quindi, nella competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

È altresì da sottolineare, con espresso riferimento alla giurisprudenza formatasi dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 42 del 2004, che questa Corte ha più volte ribadito che il paesaggio deve essere considerato un “valore primario” ed “assoluto” (sentenze nn. 183 e 182 del 2006), precisando, inoltre, che con il termine paesaggio si deve intendere «la morfologia del territorio, [riguardando esso] cioè l’ambiente nel suo aspetto visivo» ed ancora che «l’art. 9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale della “tutela del paesaggio” senza alcun’altra specificazione. In sostanza, è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale» (sentenza n. 367 del 2007).

Si è, infine, affermato che: la «tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali» (per tutte, sempre, sentenza n. 367 del 2007), pur se si è riconosciuto che resta salva la facoltà delle Regioni «di adottare norme di tutela ambientale più elevate nell’esercizio di competenze, previste dalla Costituzione, che vengano a contatto con quella dell’ambiente» (sentenza n. 12 del 2009).

Da quanto sopra affermato, deriva l’illegittimità costituzionale delle censurate disposizioni, dato che la legge regionale è venuta a disciplinare un ambito, quello della tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico, riservato in via esclusiva allo Stato.

La Regione ha chiesto che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere, in quanto il comma 2 dell’art. 1 della sopravvenuta legge regionale 3 aprile 2008, n. 6 (Modifiche alla legge regionale  23 ottobre 2007, n. 34. Istituzione del Parco regionale delle Alpi Liguri), ha sostituito, nell’impugnato art. 2, comma 1, lettere a), b) e c), – su cui si appuntano le censure del ricorrente – il verbo «tutelare» con quello di «conservare», lasciando per il resto invariato il testo originario. Ma, in tal modo, il legislatore regionale si è limitato ad apportare alla disposizione censurata una variante puramente terminologica, del tutto equivalente sotto l’aspetto contenutistico.

Peraltro – anche se si volesse ritenere che tra la funzione di tutela e quella di conservazione del paesaggio esista una differenza sostanziale e non formale – questa Corte ha ritenuto che anche «“la conservazione ambientale e paesaggistica” spetti, in base all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., alla cura esclusiva dello Stato» (sentenze n. 226 del 2009 e n. 367 del 2007).

2.2. –  Con riferimento alla suddetta modifica legislativa, è da tenere presente come la giurisprudenza costituzionale abbia stabilito che «il principio di effettività della tutela costituzionale delle parti nei giudizi in via di azione non tollera che, attraverso l’uso distorto della potestà legislativa, uno dei contendenti possa introdurre una proposizione normativa di contenuto identico a quella impugnata e nel contempo sottrarla al già instaurato giudizio di legittimità costituzionale. Si impone pertanto in simili casi il trasferimento della questione alla norma che, sebbene portata da un atto legislativo diverso da quello oggetto di impugnazione, sopravvive nel suo immutato contenuto precettivo»  (sentenze n. 168 del 2008 e n. 533 del 2002).   

Poiché, nella specie, ricorrono tali condizioni – avendo, come si è detto, la Regione apportato al testo originario impugnato una variante puramente lessicale, ma non contenutistica –  le censure proposte in riferimento all’art. 2, comma 1, lettere a), b) e c), della legge regionale n. 34 del 2007, debbono ritenersi anche trasferite al nuovo testo, con la conseguente pronuncia di illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2,  della legge della Regione Liguria n. 6 del 2008.

3. – Con riferimento a quanto previsto all’art. 8, il ricorrente ritiene che la lettera b) del comma 2 – laddove prevede che spetti al Piano del parco l’individuazione degli «interventi da assoggettare o meno al nulla osta di cui all’art. 21 della legge regionale n. 12 del 1995», nonché le ipotesi in cui lo stesso nulla osta possa essere acquisito mediante autocertificazione di un tecnico a ciò abilitato – sia in contrasto: a) con l’art. 9 Cost., che attribuisce alla Repubblica la tutela del paesaggio, stabilendo, altresì, «come regola l’intangibilità del bene tutelato rispetto al quale l’assenso agli interventi di modifica si configura come deroga»; b) con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. nonché con gli artt. 135 e 143 del d.lgs. n. 42 del 2004 – adottati nell’ambito della potestà legislativa dello Stato in materia – che stabiliscono «contenuti e finalità dei piani paesistici». Al riguardo, l’Avvocatura osserva che, per espressa previsione del comma 3 dell’art. 18 della precedente legge regionale 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree protette), «il piano paesistico, i piani territoriali ed urbanistici ed ogni altro strumento di pianificazione territoriale» sono sostituiti dal piano del parco per l’ambito territoriale da essi considerato; c) con l’art. 146 del medesimo d.lgs. n. 42 del 2004, che stabilisce la preminenza dell’autorizzazione paesaggistica rispetto agli atti di assenso relativi alle trasformazioni di tipo urbanistico-edilizio del territorio.

La questione è fondata.

A fronte delle censure del ricorrente, la Regione eccepisce che «la norma impugnata non riguarda in alcun modo l’autorizzazione paesistica, ma il diverso atto (nulla osta) previsto all’art. 13 della legge quadro in materia di aree protette (legge n. 394/1991)».

L’argomentazione difensiva non viene a rispondere a ciò che costituisce il nucleo centrale del rilievo del Presidente del Consiglio, vale a dire l’attenuazione o, addirittura, la scomparsa della tutela paesistica che tale disposizione determina, anche in considerazione del citato comma 3 dell’art. 18 della precedente legge regionale n. 12 del 1995, che attribuisce al piano del parco altresì il compito della tutela paesaggistica. È evidente che, là dove il piano del parco stabilisse che per un determinato territorio non occorresse il nulla osta (o lo subordinasse ad una semplice autocertificazione), per questi interventi urbanistici non vi sarebbe una doppia fase di verifica dell’ammissibilità degli interventi di trasformazione all’interno del parco medesimo (o comunque verrebbe meno la fase di competenza dei soggetti preposti alla tutela del vincolo). Si tratta di una questione che, anche recentemente, è stata esaminata da questa Corte. Nella sentenza n. 437 del 2008, si è dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Basilicata 26 novembre 2007, n. 21 (Integrazioni alla legge regionale del 22 ottobre 2007, n. 17), che prevedeva la «semplice “verifica di conformità” alle prescrizioni dei Piani paesistici». Nella sentenza si è sottolineato che la disposizione censurata introduceva «una procedura autorizzatoria semplificata» consentita, alla stregua di quanto prevede l’art. 143, comma 5, lettere a) e b), del d.lgs. n. 42 del 2004, soltanto a seguito di un piano elaborato d’intesa tra Regione e Ministeri competenti, «degradando, in tal modo,  la tutela paesaggistica – che è prevalente – in una tutela meramente urbanistica».

Parimenti, nella sentenza n. 180 del 2008, si è affermata l’illegittimità costituzionale di una disposizione legislativa della Regione Piemonte che sostituiva, nell’ambito di un Parco, il piano d’area al piano paesaggistico, sul rilievo secondo cui, in tal modo, veniva alterato «l’ordine di prevalenza che la normativa statale, alla quale è riservata tale competenza, detta tra gli strumenti di pianificazione paesaggistica».

Si è precisato, altresì, che la disposizione censurata veniva a violare «il principio della “gerarchia” degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali, espresso dall’art. 145 del d.lgs. n. 42 del 2004», oltre che l’«art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. in materia di “conservazione ambientale e paesaggistica”».

È, quindi, inibito alle Regioni introdurre disposizioni che alterino questo ordine di priorità, o, comunque, determinino un minor rigore di protezione ambientale poiché, come sottolinea la sentenza n. 105 del 2008, «la tutela […] apprestata dallo Stato, nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano nelle materie di loro competenza (sentenza n. 378 del 2007)».

Né maggior pregio ha l’ulteriore argomentazione difensiva della Regione.

La resistente afferma, infatti, come un «equivoco di fondo» venga ad inficiare l’intero ricorso e, precisamente, l’equivoco consisterebbe «nel ritenere perfettamente sovrapponibile la disciplina ed il grado di tutela dei territori qualificati “parco” a quella dei territori qualificati “paesaggio protetto”». Sostiene, quindi, che l’art. 1 della citata legge regionale ha previsto due tipi di protezione territoriale diversi: uno, per la categoria ascrivibile al “Parco naturale”, l’altro, per quella definita “paesaggio protetto”, di cui all’art. 3, comma 1-bis, della legge regionale n. 12 del 1995, come modificata dalla legge regionale 19 marzo 2002, n. 13. La Regione prosegue sottolineando che «la necessità di uno strumento di controllo endoprocedimentale, prodromico rispetto al rilascio dell’autorizzazione paesistica, costituente una “doppia fase” di verifica dell’ammissibilità degli interventi trasformativi all’interno del parco, è stata prevista in modo generalizzato dalla citata legge quadro n. 394 del 1991 (e conformemente dalla legge regionale n. 12 del 1995) sotto forma di nulla osta solo per quei territori formalmente classificati come “parco naturale” (v. art. 3 legge regionale n. 12/1995). Nessuna norma statale di principio impone di applicare anche alla diversa fattispecie del “paesaggio protetto” le identiche forme di tutela applicate nelle aree classificate “parco naturale regionale”».

È necessario precisare che il Presidente del Consiglio non ha impugnato le disposizioni che si riferiscono all’istituzione del modello organizzativo territoriale definito “paesaggio protetto” (peraltro contenute in una precedente legge regionale) o che, comunque, attengono al suo funzionamento. Si è limitato a censurare specifiche disposizioni che, in un caso, attenuano il vincolo paesaggistico, e, nell’altro, escludono, nell’ambito della zona protetta, limiti all’attività venatoria.

Nei suoi interventi a difesa della legittimità costituzionale delle due disposizioni impugnate, la Regione ha formulato, tra l’altro, la riportata argomentazione affermando, quindi, che queste disposizioni – anche se attribuite alla competenza del “Piano del Parco naturale regionale delle Alpi Liguri” – non si riferiscono al parco, ma ad una zona tutelata avente però un minor grado di protezione che viene definita “paesaggio protetto”. Questa Corte non è chiamata, quindi, a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale delle disposizioni legislative regionali che istituiscono il “paesaggio protetto” o ne disciplinano il funzionamento, ma deve esclusivamente valutare la esattezza delle suddette argomentazioni.

Nell’ambito dei limiti così definiti, deve affermarsi l’erroneità della tesi difensiva della Regione.

La legge quadro sulle aree protette (n. 394 del 1991), nel determinare, all’art. 2, la classificazione delle suddette aree non indica il “paesaggio protetto”. Al comma 5 prevede che il Comitato per le aree naturali protette – i cui compiti e le cui funzioni sono state trasferiti alla Conferenza Stato-Regioni dal d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali) – «può operare ulteriori classificazioni per le finalità della presente legge ed allo scopo di rendere efficaci i tipi di protezione previsti dalle convenzioni internazionali». Il comma 4 dell’art. 5 prevede, alla lettera a), che l’organismo innanzi indicato (in precedenza il Comitato per le aree protette, attualmente la Conferenza Stato-Regioni) «integra la definizione delle aree protette», sentito uno specifico organo tecnico particolarmente qualificato. Correlata a queste integrazioni, potrebbe essere la previsione di “piani” delle zone tutelate diversi da quelli attualmente previsti. In mancanza, non può ritenersi che il piano del parco possa prevedere zone con indici e criteri di protezione diversi da quelli fissati nella legge quadro per i parchi regionali.

Né può essere accolta la richiesta della Regione di dichiarare cessata la materia del contendere a causa delle modifiche apportate a questa disposizione dalla richiamata legge regionale n. 6 del 2008, sia perché non è stata fornita alcuna prova in ordine alla mancata applicazione della disposizione impugnata nel periodo di sua vigenza (né la Regione nei suoi interventi afferma che ricorre tale circostanza), sia perché la nuova disposizione – non abrogando espressamente quella impugnata, ma introducendo nel comma 1 dell’art. 8 della legge regionale n. 34 del 2007 la lettera c-bis), che richiama all’«osservanza delle vigenti disposizioni in materia di beni paesaggistici» – dà adito al dubbio se la generica “osservanza” di cui alla nuova normativa valga solo per quanto non disciplinato dalla legge regionale con espressa disposizione.

4. – Il Presidente del Consiglio impugna altresì, come già riferito, l’art. 8, comma 1, lettera c), della legge regionale citata – il quale prevede che nelle aree qualificate come “paesaggio protetto” non siano operanti i limiti e i divieti all’attività venatoria, di cui alle leggi quadro statali – in quanto violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e gli artt. 22, comma 6, 32, commi 3 e 4, legge n. 394 del 1991 e l’art. 21 legge n. 157 del 1992, incidendo sulla materia della protezione della fauna selvatica, di competenza esclusiva dello Stato.

La questione è fondata.

La Regione eccepisce che tali censure troverebbero il loro fondamento nella «forzata equiparazione» tra “paesaggio protetto” e “parco”, ma, data l’invocata differenziazione tra le due forme di tutela delle aree, non sarebbe illegittimo prevedere, con norma regionale, i casi in cui non sarebbe applicabile il divieto venatorio. Poiché, per i motivi innanzi detti, tale argomentazione è errata, ne deriva che l’esplicito divieto di applicare «i limiti all’attività venatoria di cui agli articoli 22, comma 6, e 32, commi 3 e 4, della legge 394/1991», previsto dalla lettera b) del comma 1 della legge regionale della Liguria n. 34 del 2007, è costituzionalmente illegittimo. Vale, al riguardo, quanto, anche recentemente (sentenza n. 165 del 2009), è stato affermato e cioè «che questa Corte ha più volte sottolineato che “la disciplina statale che delimita il periodo venatorio [...] è stata ascritta al novero delle misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili, rientrando in quel nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica ritenuto vincolante anche per le Regioni speciali e le Province autonome” e che “le disposizioni legislative statali che individuano le specie cacciabili” hanno carattere di norme fondamentali di riforma economico-sociale (sentenza n. 227 del 2003 che richiama la sentenza n. 323 del 1998)».

Tra l’altro, poiché i commi 3 e 4 dell’art. 32 della legge n. 394 del 1991, di cui le disposizioni della legge regionale prevedono la non applicazione, si riferiscono alle aree contigue a quelle protette, la Regione viene a contraddire le sue argomentazioni difensive, volte a sostenere che il sistema di tutela ambientale, che essa ha stabilito inferiore rispetto a quello previsto per i parchi, è adeguato per alcune aree territoriali ad essi adiacenti. 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettere a), b) e c), della legge della Regione Liguria 23 ottobre 2007, n. 34 (Istituzione del Parco regionale delle Alpi Liguri), sia nel testo originario che nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 2, della legge della Regione Liguria 3 aprile 2008, n. 6 (Modifiche alla legge regionale  23 ottobre 2007, n. 34. Istituzione del Parco regionale delle Alpi Liguri);

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, lettera c), della  predetta legge della Regione Liguria 23 ottobre 2007, n. 34;

3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, lettera b), della  predetta legge della Regione Liguria 23 ottobre 2007, n. 34.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 ottobre 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 29 ottobre 2009.