Sentenza n. 226 del 2019

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SENTENZA N. 226

ANNO 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1-bis, comma 2, lettera e), del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 103 (Disposizioni urgenti per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo ed il sostegno della produttività nel settore dei trasporti), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2010, n. 127, nella parte in cui inserisce l’art. 7-ter del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 (Disposizioni per il riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell’esercizio dell’attività di autotrasportatore), promossi dal Giudice onorario di pace di Nocera Inferiore, con ordinanza del 4 settembre 2018, e dal Tribunale ordinario di Pesaro, con ordinanza del 24 gennaio 2019, rispettivamente iscritte ai numeri 9 e 75 del registro ordinanze 2019 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6 e n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visti gli atti di costituzione della Danone spa e della Comby Service srl in liquidazione e concordato preventivo, nonché gli atti d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica e nella camera di consiglio del 25 settembre 2019 il Giudice relatore Nicolò Zanon;

uditi gli avvocati Felice Laudadio e Nicola Scopsi per la Danone spa, Maurizio Terenzi per la Comby Service srl in liquidazione e concordato preventivo e l’avvocato dello Stato Maria Letizia Guida per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Il Giudice onorario di pace di Nocera Inferiore e il Tribunale ordinario di Pesaro, con ordinanze di analogo tenore (rispettivamente r. o. n. 9 e n. 75 del 2019), hanno sollevato, in riferimento all’art. 77, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1-bis, comma 2, lettera e), del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 103 (Disposizioni urgenti per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo ed il sostegno della produttività nel settore dei trasporti), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2010, n. 127, nella parte in cui inserisce l’art. 7-ter del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 (Disposizioni per il riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell’esercizio dell’attività di autotrasportatore).

2.– Il Giudice onorario di pace di Nocera Inferiore espone che il giudizio a quo ha ad oggetto l’opposizione promossa dalla società Implast Italia srl contro il decreto ingiuntivo emesso su istanza della ditta individuale G. V. Autotrasporti per ottenere il pagamento del corrispettivo di prestazioni di autotrasporto di merci per conto terzi.

La pretesa di pagamento soddisfatta dal decreto ingiuntivo è avanzata, in forza dell’art. 7-ter del d.lgs. n. 286 del 2005, anche contro la società Implast Italia srl, ritenuta debitrice in solido con la società S.D. Logistica srls, in quanto quest’ultima, ricevuto un incarico di trasporto dalla società opponente, ne avrebbe a sua volta affidato l’esecuzione alla ditta opposta.

2.1.– In punto di rilevanza, il giudice a quo richiama il citato art. 7-ter, introdotto dalla disposizione censurata, secondo cui «[i]l vettore di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), il quale ha svolto un servizio di trasporto su incarico di altro vettore, a sua volta obbligato ad eseguire la prestazione in forza di contratto stipulato con precedente vettore o direttamente con il mittente, inteso come mandante effettivo della consegna, ha azione diretta per il pagamento del corrispettivo nei confronti di tutti coloro che hanno ordinato il trasporto, i quali sono obbligati in solido nei limiti delle sole prestazioni ricevute e della quota di corrispettivo pattuita, fatta salva l’azione di rivalsa di ciascuno nei confronti della propria controparte contrattuale. È esclusa qualsiasi diversa pattuizione, che non sia basata su accordi volontari di settore».

Ritiene, perciò, che tale disposizione debba necessariamente applicarsi al giudizio a quo, in quanto la ditta creditrice avrebbe esercitato proprio l’azione diretta ivi prevista, «nei confronti del committente e del vettore in solido».

Aggiunge che la creditrice è in possesso del requisito richiesto ai sensi dell’art. 2 comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 286 del 2005, svolgendo l’attività di trasporto in modo professionale e non strumentale ad altre attività e che, inoltre, è documentata la sua iscrizione nel registro delle imprese quale impresa individuale che esercita, appunto nel modo suddetto, l’attività di autotrasporto di merci su strada, per conto di terzi, verso il pagamento di un corrispettivo.

Espone, ancora, che le prestazioni da cui trae origine il credito azionato in monitorio sono state tutte eseguite nell’anno 2015 e che nelle schede di trasporto, allegate alle fatture poste a base della richiesta di decreto ingiuntivo, emesse dalla società Implast Italia srl, risulta indicato tanto il vettore S.D. Logistica srls quanto il subvettore G. V. Autotrasporti.

La declaratoria d’incostituzionalità della disposizione censurata, dunque, «farebbe venire meno la legittimazione del sub-vettore nei confronti del committente, in mancanza di un contratto tra loro».

2.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il rimettente ritiene che la Corte costituzionale, con le sentenze n. 32 del 2014 e n. 22 del 2012, nonché con l’ordinanza n. 34 del 2013, abbia chiarito che la legge di conversione deve avere un contenuto omogeneo a quello del decreto-legge, in quanto l’art. 77, secondo comma, Cost. presuppone «un nesso di interrelazione funzionale tra decreto-legge, formato dal Governo ed emanato dal Presidente della Repubblica, e legge di conversione, caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario». La legge di conversione, infatti, segue un iter parlamentare semplificato e caratterizzato dal rispetto di tempi particolarmente rapidi, che si giustificano alla luce della sua natura di legge funzionalizzata alla stabilizzazione di un provvedimento avente forza di legge, emanato provvisoriamente dal Governo e valido per un lasso temporale breve e circoscritto. Proprio dalla sua connotazione di «legge a competenza tipica», la giurisprudenza costituzionale avrebbe ricavato limiti alla emendabilità del decreto-legge, nel senso che la legge di conversione non potrebbe aprirsi a qualsiasi contenuto ulteriore, sicché l’inclusione di emendamenti e articoli aggiuntivi che non siano attinenti alla materia oggetto del decreto-legge, o alle finalità di quest’ultimo, determinerebbe un vizio della legge di conversione in parte qua.

Il rimettente aggiunge che la giurisprudenza costituzionale non esclude, in linea generale, che le Camere possano apportare emendamenti al testo del decreto-legge, ma censura «l’uso improprio di tale potere», che si verificherebbe ogniqualvolta si introduca una disciplina del tutto estranea, e ciò anche nel caso di provvedimenti governativi ab origine a contenuto plurimo. Proprio in relazione a quest’ultima tipologia di atti, espone ancora il giudice a quo, la giurisprudenza costituzionale esigerebbe che ogni ulteriore disposizione introdotta in sede di conversione sia strettamente collegata ad uno dei contenuti già disciplinati dal decreto-legge ovvero alla ratio dominante del provvedimento originario considerato nel suo complesso.

In definitiva, per il giudice a quo, dalla giurisprudenza costituzionale si trarrebbe la conclusione che le norme aggiunte in sede di conversione, ove siano «del tutto eterogenee al contenuto o alle ragioni di necessità e urgenza proprie del decreto», devono ritenersi illegittime «perché esorbitano dal potere di conversione attribuito dalla Costituzione al Parlamento».

Ciò posto, il rimettente osserva che il d.l. n. 103 del 2010, titolato «Disposizioni urgenti per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo», era stato emesso sulla base di presupposti di necessità ed urgenza, così esplicitati nel preambolo: a) «considerata la necessità di completare la procedura di dismissione dell’intero capitale sociale di Tirrenia di Navigazione S.p.A. e, nel contempo, di assicurare l’esatto adempimento delle obbligazioni derivanti dalle convenzioni di pubblico servizio di trasporto marittimo fino al 30 settembre 2010, data della loro scadenza stabilita dalla legge»; b) «ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo e, nel contempo, la continuità territoriale con le isole, con particolare riguardo al periodo di picco del traffico estivo».

Alla luce di tali finalità, dunque, la disposizione di cui all’art. 7-ter del d.lgs. n. 286 del 2005, aggiunta in sede di conversione del d.l. n. 103 del 2010 con la legge n. 127 del 2010, nell’introdurre «l’azione diretta del vettore che ha svolto un servizio di trasporto su incarico di altro vettore nei confronti di tutt[i] coloro che hanno ordinato il trasporto, con riferimento all’attività di autotrasporto di merci per conto di terzi», sarebbe «completamente scollegata» dai contenuti già disciplinati dal decreto-legge, riguardanti esclusivamente la necessità di assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo. Verrebbe, dunque, a mancare del tutto il nesso di interrelazione funzionale tra la disposizione censurata e quelle originarie del decreto-legge, con conseguente violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., «essendo stata immessa nell’ordinamento una disciplina estranea ai contenuti ed alle finalità del decreto-legge».

3.– Il Tribunale ordinario di Pesaro espone che il giudizio a quo nasce dall’opposizione proposta dalla società Danone spa avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore della società Comby Service srl per il pagamento di somme a titolo di corrispettivo per prestazioni di autotrasporto di merci. Il rimettente evidenzia che le prestazioni oggetto del titolo monitorio sono state eseguite dalla società creditrice, tra il 31 maggio 2013 e il 2 gennaio 2014, in favore della società Logipi spa, in qualità di vettore a sua volta incaricato dalla società committente Danone spa. La società Comby Service srl, dunque, ha agito, oltre che nei confronti della società Logipi spa, anche contro la committente Danone spa, quale obbligata in solido in forza dell’art. 7-ter del d.lgs. n. 286 del 2005.

3.1.– In punto di rilevanza della questione, il rimettente evidenzia che il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti della società Danone spa, e da quest’ultima opposto, risulta «poggiare unicamente sulla ritenuta applicabilità dell’art. 7-ter» del d.lgs. n. 286 del 2005, che attribuisce al vettore un’azione diretta nei confronti di tutti coloro che hanno ordinato il trasporto, «in tal modo rendendoli obbligati in solido», essendo incontestata, tra le parti del giudizio a quo, «l’assenza di ogni rapporto contrattuale diretto tra l’ingiungente Comby Service srl e l’intimata Danone spa».

Aggiunge il rimettente che la disposizione censurata è applicabile alla fattispecie concreta sottoposta al suo vaglio, dal momento che «la parte ingiungente/creditrice» è impresa esercente attività di autotrasporto di cose per conto terzi, iscritta all’apposito albo, in tal modo risultando soddisfatto il requisito di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 286 del 2005. Infine, riferisce sempre il rimettente, dalle fatture versate agli atti del giudizio a quo risulta che la società Comby Service srl ha svolto attività di trasporto di merci su strada su incarico diretto del vettore Logipi spa e per conto della società Danone spa «pur non avendo con questa ultima un formale contratto».

In definitiva, «[i]n assenza della norma citata», nessuna pretesa avrebbe potuto essere avanzata verso Danone spa.

3.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza della questione sollevata, secondo il Tribunale ordinario di Pesaro, per la giurisprudenza costituzionale (sono citate le sentenze n. 94 del 2016 e n. 22 del 2012), l’art. 77, secondo comma, Cost. presuppone un nesso di interrelazione funzionale tra decreto-legge e legge di conversione, quest’ultima caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario, e «articolato secondo un iter parlamentare semplificato e caratterizzato dal rispetto di tempi particolarmente rapidi», trattandosi di legge «funzionalizzata alla stabilizzazione di un provvedimento avente forza di legge, emanato provvisoriamente dal Governo in presenza dei requisiti di necessità ed urgenza e perciò valido per un lasso temporale breve e circoscritto». Tale peculiare «conformazione» imporrebbe, quindi, «limiti di emendabilità del decreto», onde evitare che l’iter semplificato di approvazione possa essere «sfruttato» per scopi affatto estranei a quelli posti a base dell’atto con forza di legge. L’inclusione di emendamenti non attinenti alla materia oggetto del decreto-legge o alle finalità di quest’ultimo, dunque, determinerebbe un vizio della legge di conversione. Il suddetto «principio di omogeneità», continua ancora il rimettente, non escluderebbe l’inserzione di emendamenti, purché coerenti rispetto ad almeno uno dei contenuti già disciplinati dal decreto-legge «ovvero alla ratio dominante del provvedimento originario considerato nel suo complesso». In caso contrario, l’eterogeneità delle disposizioni aggiunte in sede di conversione determinerebbe un vizio procedurale e la violazione del parametro costituzionale evocato.

L’art. 7-ter del d.lgs. n. 286 del 2005, aggiunto in sede di conversione del d.l. n. 103 del 2010, nell’introdurre in favore del vettore un’azione diretta nei confronti di tutti coloro che hanno ordinato il trasporto, presenterebbe, appunto, un contenuto eterogeneo rispetto a quello iniziale del decreto-legge, originariamente composto da due soli articoli e recante, come indicato dal titolo, «Disposizioni urgenti per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo». Il rimettente riproduce il tenore testuale dell’originario preambolo, nei termini già in precedenza illustrati, ed evidenzia che le lettere a), b), c), d) dell’art. 1 «(di fatto l’unico regolante la materia suddetta posto che l’art. 2 concerneva solo l’entrata in vigore della disciplina)» recavano una serie di disposizioni – relative all’assetto societario dei soggetti coinvolti dalla procedura di dismissione del capitale della società Tirrenia di Navigazione spa, alla loro responsabilità, ai loro rapporti patrimoniali – da osservare «[n]elle more del completamento della procedura di dismissione» e in considerazione «del preminente interesse pubblico connesso alla necessità di assicurare la continuità del servizio pubblico di cabotaggio marittimo».

L’inserimento, in sede di conversione, del citato art. 7-ter ad opera della disposizione censurata appare, a giudizio del Tribunale ordinario di Pesaro, «completamente distonico rispetto tanto all’oggetto originario (posto che l’emendamento riguarda l’autotrasporto su strada di merci per conto terzi e non pubblici servizi di trasporto marittimo) quanto alla finalità del decreto (posto che questo era solo rivolto ad assicurare – durante le fasi di dismissione della società Tirrenia di Navigazione spa – l’esatto adempimento delle obbligazioni derivanti dalle convenzioni di pubblico servizio di trasporto marittimo e con esso la continuità del servizio pubblico di cabotaggio marittimo e non certo a favorire, mediante ampliamento dei soggetti passivi, il pagamento delle prestazioni eseguite dal subvettore nel rapporto privatistico di trasporto di merci su strada)».

Non a caso, osserva conclusivamente il rimettente, «lo stesso Parlamento ha dovuto modificare, in sede di conversione, il titolo iniziale del decreto-legge», ampliandolo con l’aggiunta delle parole «ed il sostegno della produttività nel settore dei trasporti», ciò che non sarebbe stato necessario ove le modifiche apportate fossero state coerenti con l’oggetto originario.

3.3.– Nel giudizio iscritto al r. o. n. 75 del 2019 si è costituita la società Danone spa, parte del giudizio principale, aderendo alle argomentazioni esibite nell’ordinanza di rimessione a sostegno della dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione censurata, aggiungendo che l’assenza di omogeneità tra decreto-legge originario ed emendamenti aggiunti in sede di conversione sarebbe stata evidenziata anche nel corso della discussione parlamentare.

Secondo tale parte, inoltre, sarebbe sindacabile anche la carenza dei requisiti «della straordinarietà del caso di necessità e d’urgenza», richiamando, a questo proposito, la pertinente giurisprudenza costituzionale.

3.4.– Nel medesimo giudizio si è costituita anche la società Comby Service srl, altra parte del giudizio principale, sostenendo la non fondatezza – e prima ancora l’inammissibilità – della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale ordinario di Pesaro.

4.– È intervenuto in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la non fondatezza della questione.

Ha rilevato che la disposizione introdotta in sede di conversione attribuisce al trasportatore, che abbia svolto un servizio di trasporto merci su incarico di un altro vettore, la possibilità di agire per il pagamento del corrispettivo nei confronti di tutti coloro che hanno ordinato il trasporto.

Evidenzia ancora l’Avvocatura generale dello Stato che il d.l. n. 103 del 2010 è stato adottato al fine di fronteggiare la grave crisi finanziaria in cui versava la società Tirrenia di Navigazione spa e per garantire, al contempo, l’interesse pubblico connesso alla necessità di assicurare la continuità del servizio pubblico di cabotaggio marittimo, tanto che si prevedeva la nomina, con decreto ministeriale, di un amministratore unico e la concessione di finanziamenti alla medesima società per sostenere le spese correnti.

In sede di conversione, con emendamento governativo, si è avuta l’aggiunta di norme a sostegno della produttività nel settore dei trasporti, tra cui anche quella oggetto di censura, giustificate – a giudizio dell’interveniente – dalla grave crisi in cui versava anche il settore dell’autotrasporto: in tale contesto, l’azione diretta introdotta con la disposizione censurata avrebbe costituito una «risposta immediata ed urgente alla situazione di fallimenti a catena delle imprese di autotrasporto che, nella maggior parte dei casi, erano generati da mancati pagamenti dei corrispettivi ai vettori finali del trasporto».

A parere dell’Avvocatura dello Stato (che pure richiama, sul punto, la sentenza n. 22 del 2012 e le successive pronunce n. 186 del 2015, n. 251 e n. 32 del 2014, n. 34 del 2013), la violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. non si sostanzierebbe semplicemente nell’introduzione di modifiche all’impianto normativo originario del provvedimento – rimanendo questa una legittima facoltà delle Camere in sede di conversione del decreto-legge – quanto, piuttosto, nell’alterazione dell’originario scopo del provvedimento d’urgenza, in mancanza, evidente o manifesta, di ogni nesso di interrelazione tra le disposizioni incorporate nella legge di conversione e quelle dell’originario decreto-legge. Nel caso di specie, non ricorrerebbero le condizioni per un accoglimento della questione sollevata dal rimettente, non potendosi definire la disposizione censurata “totalmente estranea” o addirittura “intrusa”.

Del resto, osserva ancora l’interveniente, i regolamenti parlamentari attribuirebbero all’aula, specialmente al Senato della Repubblica, «un vero e proprio controllo di legittimità nei confronti del disegno di legge di conversione», anche in ordine al requisito della sostanziale omogeneità delle norme contenute in quest’ultima. Nel caso di specie, dagli atti parlamentari concernenti il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 103 del 2010 (Atto Senato n. 2262), emergerebbe che l’emendamento n. 1.10.100, con il quale il Governo ha introdotto anche la disposizione censurata, venne dichiarato ammissibile dal Presidente del Senato della Repubblica e che il titolo originario del decreto-legge venne modificato durante l’iter di conversione, con l’aggiunta delle parole «ed il sostegno della produttività nel settore dei trasporti», proprio «per ribadire la generalità delle misure introdotte a sostegno di tutti i settori del trasporto di merci».

A parere dell’Avvocatura dello Stato, dunque, la legge di conversione si porrebbe «in termini di coerenza contenutistica e teleologica con il decreto-legge n. 103 del 2010», non potendosi ravvisare alcuna estraneità della disciplina introdotta dalla prima nel corso della conversione del secondo, idonea ad interrompere il legame essenziale tra i due atti.

5.– Nel giudizio iscritto al r. o. n. 75 del 2019 la società Danone spa ha depositato memoria illustrativa in data 28 agosto 2019.

La prima parte della memoria riporta ampi stralci tratti dalle motivazioni delle pronunce della Corte costituzionale in tema di sindacato sui presupposti di necessità e urgenza dei decreti-legge e di inidoneità della legge di conversione a sanare eventuali vizi.

La restante parte della memoria riproduce, invece, la giurisprudenza costituzionale in materia di necessaria omogeneità tra disposizioni originarie del decreto-legge e disposizioni aggiunte in sede di conversione.

Nell’apparato di note vengono riportati larghi estratti della discussione parlamentare che accompagnò l’introduzione della disposizione censurata ad opera della legge di conversione del d.l. n. 103 del 2010.

Vengono, quindi, sviluppati gli argomenti già esibiti nell’atto di costituzione e che riprendono, essenzialmente, i contenuti delle ordinanze di rimessione.

Viene, poi, sottolineata la distinzione tra la disciplina del trasporto terrestre o marittimo (pubblico o privato), da un lato, e la disciplina del pagamento del corrispettivo, dall’altro: mentre la prima riguarderebbe «aspetti generali dell’attività intesa in senso oggettivo», la seconda concernerebbe «la regolamentazione della vicenda contrattuale», con norme di natura processuale e non sostanziale (come quelle contenute nell’originario decreto-legge).

Sulla base di queste argomentazioni, detta parte insiste per la declaratoria d’incostituzionalità della disposizione censurata.

Considerato in diritto

1.– Il Giudice onorario di pace di Nocera Inferiore e il Tribunale ordinario di Pesaro sollevano, in riferimento all’art. 77, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1-bis, comma 2, lettera e), del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 103 (Disposizioni urgenti per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo ed il sostegno della produttività nel settore dei trasporti), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2010, n. 127, nella parte in cui inserisce l’art. 7-ter del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 (Disposizioni per il riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell’esercizio dell’attività di autotrasportatore).

Il primo periodo della disposizione da ultimo citata prevede che «[i]l vettore […], il quale ha svolto un servizio di trasporto su incarico di altro vettore, a sua volta obbligato ad eseguire la prestazione in forza di contratto stipulato con precedente vettore o direttamente con il mittente, inteso come mandante effettivo della consegna, ha azione diretta per il pagamento del corrispettivo nei confronti di tutti coloro che hanno ordinato il trasporto, i quali sono obbligati in solido nei limiti delle sole prestazioni ricevute e della quota di corrispettivo pattuita, fatta salva l’azione di rivalsa di ciascuno nei confronti della propria controparte contrattuale».

Entrambi i giudizi a quibus nascono – proprio in conseguenza dell’esercizio dell’azione diretta prevista dall’art. 7-ter del d.lgs. n. 286 del 2005 – dall’opposizione proposta dai committenti di un trasporto di merce su strada contro il decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto, anche nei loro confronti, dai subvettori incaricati dai vettori principali e da questi ultimi non ricompensati per le prestazioni eseguite.

Secondo i giudici rimettenti, l’art. 7-ter del d.lgs. n. 286 del 2005, aggiunto in sede di conversione del d.l. n. 103 del 2010, nell’introdurre in favore del subvettore un’azione diretta nei confronti di tutti coloro che hanno ordinato il trasporto di merci su strada, presenterebbe un contenuto del tutto eterogeneo rispetto a quello iniziale del decreto-legge, originariamente recante, come indicato dal titolo, disposizioni urgenti per assicurare – nel periodo di maggior traffico estivo – la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo, e incidenti sull’assetto societario dei soggetti coinvolti dalla procedura di dismissione del capitale della società Tirrenia di Navigazione spa, sulla loro responsabilità e sui loro rapporti patrimoniali.

La disposizione censurata è stata aggiunta, come ricordato, in sede di conversione dell’originario decreto-legge, soprattutto allo scopo di rimediare alla crisi in cui versava il settore delle imprese di trasporto di più modeste dimensioni. Ad avviso dei rimettenti, tuttavia, nel prevedere una disciplina dell’azione diretta nell’ambito dell’autotrasporto di cose per conto di terzi, essa sarebbe completamente disomogenea rispetto ad oggetto e scopi originari del provvedimento d’urgenza.

Di qui, la prospettata violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., in base alla giurisprudenza di questa Corte, ampiamente richiamata dai giudici a quibus.

2.– In considerazione dell’identità della disposizione censurata e del parametro evocato, i giudizi vanno riuniti, per essere definiti con un’unica decisione.

3.– In via preliminare va evidenziato che la società Danone spa, nella memoria di costituzione, ha prospettato anche la carenza dei requisiti della straordinarietà ed urgenza di provvedere con decreto-legge, richiamando giurisprudenza di questa Corte in ordine all’inidoneità della legge di conversione a sanare il vizio di difetto originario di tali presupposti.

Trattasi, però, di censure che il Tribunale ordinario di Pesaro non ha inteso proporre nell’atto di promovimento. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, non possono essere presi in considerazione ulteriori profili di illegittimità costituzionale dedotti dalle parti oltre i limiti dell’ordinanza di rimessione; e ciò sia che siano stati eccepiti, ma non fatti propri dal giudice a quo, sia che siano diretti ad ampliare o modificare successivamente il thema decidendum, una volta che le parti si siano costituite nel giudizio incidentale di costituzionalità (ex multis, da ultimo, sentenze n. 206, n. 141, n. 96 e n. 78 del 2019).

Di tali censure questa Corte non deve perciò occuparsi.

4.– Così precisata, la questione non è fondata.

4.1.– Va ribadito che la legge di conversione rappresenta una legge funzionalizzata e specializzata, che non può aprirsi a oggetti eterogenei rispetto a quelli originariamente contenuti nell’atto con forza di legge (da ultimo sentenza n. 181 del 2019). Essa ammette soltanto disposizioni coerenti con quelle originarie, essenzialmente per evitare che il relativo iter procedimentale semplificato, previsto dai regolamenti parlamentari, possa essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano il decreto-legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di confronto parlamentare (sentenze n. 32 del 2014 e n. 22 del 2012).

La giurisprudenza di questa Corte ha peraltro precisato che un difetto di omogeneità, in violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., si determina solo quando le disposizioni aggiunte in sede di conversione siano totalmente «estranee» o addirittura «intruse», cioè tali da interrompere ogni correlazione tra il decreto-legge e la legge di conversione (sentenza n. 251 del 2014). Si è, inoltre, affermato che solo la palese «estraneità delle norme impugnate rispetto all’oggetto e alle finalità del decreto-legge» (sentenza n. 22 del 2012) oppure la «evidente o manifesta mancanza di ogni nesso di interrelazione tra le disposizioni incorporate nella legge di conversione e quelle dell’originario decreto-legge» (sentenza n. 154 del 2015) possono inficiare di per sé la legittimità costituzionale della norma introdotta con la legge di conversione (sentenza n. 181 del 2019).

Ancora, si è chiarito che la coerenza delle disposizioni aggiunte in sede di conversione con la disciplina originaria può essere valutata sia dal punto di vista oggettivo o materiale, sia dal punto di vista funzionale e finalistico (sentenza n. 32 del 2014).

4.2.– In base a questi criteri di valutazione, non vi sono elementi sufficienti per sostenere la palese estraneità, o addirittura il carattere intruso, della disposizione censurata, e nemmeno per ritenere che in essa manchi qualsiasi nesso di interrelazione con il contenuto dell’originario decreto-legge.

Relativa alla stessa «materia», il trasporto, sul quale incide l’atto con forza di legge da convertire, tale disposizione, come già ricordato, prevede un intervento a favore delle imprese di autotrasporto (in particolare dei vettori finali, nell’ambito del trasporto di merci su strada), e perciò condivide con il decreto-legge originario la “comune natura” (sentenza n. 251 del 2014) di misura finalizzata alla risoluzione di una situazione di crisi.

Sia dal punto di vista oggettivo o materiale, sia dal punto di vista funzionale e finalistico, deve essere perciò esclusa l’evidente o manifesta mancanza di ogni e qualunque nesso di interrelazione tra le disposizioni incorporate nella legge di conversione e quelle dell’originario decreto-legge.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1-bis, comma 2, lettera e), del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 103 (Disposizioni urgenti per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo ed il sostegno della produttività nel settore dei trasporti), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2010, n. 127, nella parte in cui inserisce l’art. 7-ter del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 (Disposizioni per il riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell’esercizio dell’attività di autotrasportatore), sollevata, in riferimento all’art. 77, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice onorario di pace di Nocera Inferiore e dal Tribunale ordinario di Pesaro con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 settembre 2019.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Nicolò ZANON, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 29 ottobre 2019.