SENTENZA
N. 23
ANNO
2019
Commenti alla decisione di
I.
Cristina Napoli, La Corte
costituzionale interviene sul rapporto tra vertice politico e vertice
amministrativo dell'ente locale. Una nuova forma di "bicefalismo"
per i segretari comunali e provinciali?, in questa Rivista, Studi 2019/III, 405
II.
Antonio Mitrotti, La
figura del Segretario comunale dopo la sentenza n. 23/2019, per g.c. di Federalismi.it
III.
Sandro De Goetzen, L’affermazione
di un carattere fiduciario è compatibile con le funzioni del segretario
comunale? per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali
IV.
Cristina Napoli, La
Corte costituzionale interviene sul rapporto tra vertice politico e vertice
amministrativo dell’ente locale. Una nuova forma di "bicefalismo”
per i segretari comunali e provinciali?, per g.c. di Forum di Quaderni Costituzionali
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici: Aldo
CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto
Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca
ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art.
99, commi 1, 2 e 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico
delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), promosso dal Tribunale
ordinario di Brescia con ordinanza
dell’11 settembre 2017, iscritta al numero 39 del registro ordinanze 2018 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale,
dell’anno 2018.
Visti l’atto di costituzione di F. P. C. I. e
dell’Associazione Nazionale Professionale dei Segretari Comunali «G. B. Vighenzi», nonché l’atto di intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica dell’8 gennaio 2019
il Giudice relatore Nicolò Zanon;
uditi l’avvocato Mario Gorlani
per F. P. C. I. e l’Associazione Nazionale Professionale dei Segretari Comunali
«G. B. Vighenzi» e l’avvocato dello Stato Gianfranco
Pignatone per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto
in fatto
1.– Con ordinanza dell’11 settembre 2017,
iscritta al n. 39 del registro ordinanze 2018, il Tribunale ordinario di
Brescia ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 99,
commi 1, 2 e 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico
delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), in riferimento all’art. 97 della
Costituzione, nella parte in cui prevede che il sindaco nomini il
segretario comunale, che la nomina abbia durata corrispondente a quella del
mandato del sindaco con automatica cessazione dell’incarico al termine del
mandato di quest’ultimo, e che la nomina sia disposta non prima di sessanta
giorni e non oltre centoventi giorni dalla data di insediamento del sindaco,
decorsi i quali il segretario è confermato.
Le questioni di legittimità costituzionale
vengono sollevate nell’ambito del giudizio promosso da F. P. C. I., già
segretario comunale del Comune di Tremosine sul Garda, per l’accertamento
dell’illegittimità dei provvedimenti di nomina del nuovo segretario comunale,
al fine di ottenere il riconoscimento del proprio diritto al ripristino del
rapporto di servizio con lo stesso Comune oppure, in subordine, la condanna di
quest’ultimo al risarcimento dei danni derivanti dalla «revoca» dell’incarico.
Il giudice rimettente riferisce che, dopo la
consultazione elettorale del maggio del 2014, il nuovo sindaco, dopo il termine
di sessanta giorni previsto dall’art. 99 del d.lgs. n. 267 del 2000, aveva
comunicato di non volersi avvalere più delle prestazioni del ricorrente,
procedendo alla nomina di un nuovo segretario comunale.
Nell’ambito del giudizio, F. P. C. I. eccepiva
l’illegittimità costituzionale dell’art. 99, commi 1, 2 e 3, del d.lgs. n. 267
del 2000, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., asserendo che la previsione
di un identico termine di durata dell’incarico di segretario comunale rispetto
al mandato del sindaco si porrebbe in contrasto con i principi di correttezza e
imparzialità dell’azione amministrativa, posti a tutela della separazione fra
politica e amministrazione, oltre che con il principio di continuità
dell’azione amministrativa.
2.– Per decidere sulle domande del ricorrente –
formulate per sentire dichiarare l’illegittimità dei provvedimenti di nomina
del nuovo segretario comunale e per ottenere l’accertamento del diritto al
ripristino del rapporto di servizio con il Comune oppure, in subordine, la
condanna al «risarcimento dei danni conseguenti alla sua revoca dall’incarico»
– il Tribunale di Brescia ritiene di dover necessariamente applicare la
disposizione censurata, essendo così soddisfatto il requisito della rilevanza
delle questioni sollevate.
Il giudice rimettente, richiamando la sentenza
della Corte di cassazione, sezione lavoro, 5 maggio 2017, n. 11015, esclude
altresì di poter ricorrere a una interpretazione «costituzionalmente orientata
al rispetto dell’art. 97 Cost., come inteso dalla consolidata giurisprudenza
costituzionale in materia di "spoils system” […] alla luce delle composite
attribuzioni e delle peculiarità della figura del Segretario Comunale».
3.– Il Tribunale di Brescia, in punto di non
manifesta infondatezza della questione relativa alla previsione di automatica
decadenza dall’incarico, riporta un ampio passaggio della citata sentenza n.
11015 del 2017 della Corte di cassazione, che avrebbe riassunto l’orientamento
della Corte costituzionale, secondo cui il meccanismo di spoils system
risulterebbe conforme ai principi costituzionali solo laddove l’incarico sia
caratterizzato dall’apicalità e dalla fiduciarietà, da intendersi come preventiva valutazione
soggettiva di consonanza politica e personale con l’organo politico. In assenza
di tali caratteri, il medesimo meccanismo si porrebbe in contrasto con l’art.
97 Cost., pregiudicando la continuità, l’efficienza e l’efficacia dell’azione
amministrativa, svincolandosi peraltro la rimozione dall’incarico dalle
garanzie del giusto procedimento e dall’accertamento dei risultati conseguiti.
Il giudice a quo si sofferma specificamente
sulla figura del segretario comunale, sottolineando come esso sia un dipendente
del Ministero dell’interno posto al servizio del Comune da cui dipende
funzionalmente e come la sua nomina sia riservata al sindaco, che lo sceglie
fra gli iscritti all’albo previsto dall’art. 98 del d.lgs. n. 267 del 2000, cui
si accede per concorso.
Dopo aver riportato l’art. 97 del d.lgs. n. 267
del 2000, relativo alle funzioni e ai compiti affidati al segretario comunale,
il Tribunale di Brescia ritiene che, alla luce della giurisprudenza della Corte
costituzionale (vengono in particolare ricordate le sentenze n. 20 del 2016,
n. 104 e n. 103 del 2007
e n. 233 del
2006), la questione sollevata non sia manifestamente infondata, benché
quella del segretario comunale sia una figura amministrativa apicale.
A conforto di tale impostazione, il giudice
rimettente sostiene innanzitutto che per ricoprire l’incarico in esame non sia
necessaria la «personale adesione agli orientamenti politici di chi l’abbia
nominato», trattandosi di «nomina discrezionale del sindaco che, tuttavia, è
ben delimitata dalla necessità di attingere ad un Albo […] e quindi fra soggetti
che hanno dimostrato di avere le competenze tecniche professionali necessarie
superando un concorso pubblico».
In secondo luogo, l’incarico di segretario
comunale non prevederebbe una «stretta collaborazione al processo di formazione
dell’indirizzo politico dell’ente».
Ancora, il segretario comunale sarebbe «una
figura tecnico-professionale i cui compiti sono specificamente enucleati dalla
legge in chiave di supporto (di natura tecnica) e collaborazione» rispetto agli
atti che il Comune adotta o intende adottare «in funzione di verifica del
parametro di conformità dell’azione dell’ente locale alla legge nonché in
particolare al rispetto dei vincoli, anche finanziari, da questa disposti».
Da ultimo, secondo il Tribunale di Brescia, la
collaborazione fornita al Comune dal segretario sarebbe limitata alle funzioni
consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della
giunta comunali, oltre che alla loro verbalizzazione.
Di conseguenza, l’applicazione del meccanismo di
spoils system non potrebbe applicarsi al segretario comunale, alla luce della
titolarità di funzioni di natura tecnica, professionale, gestionale e
consultiva e della posizione di garante del rispetto delle leggi e della regolarità
dei procedimenti.
4.– Il Tribunale di Brescia, inoltre, ritiene
non manifestamente infondata anche la questione relativa alla medesima
disposizione, nella parte in cui attribuisce la nomina del segretario comunale
al sindaco, ancora una volta in ragione delle funzioni di controllo assegnate
al segretario, con particolare riferimento alla legge 6 novembre 2012, n. 190
(Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e
dell’illegalità nella pubblica amministrazione), nonché in virtù del suo ruolo
di garante della conformità degli atti del Comune alla legge, allo statuto e ai
regolamenti. In particolare, l’art. 97 Cost. sarebbe violato dalla previsione
che consente la nomina del segretario comunale da parte del «soggetto politico
i cui atti egli è chiamato a vagliare», oltre che la sottoposizione alle sue
dipendenze funzionali.
5.– Con atto depositato il 27 marzo 2018 è
intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di
legittimità costituzionale sollevata sull’art. 99, commi 1, 2 e 3, del d.lgs.
n. 267 del 2000 sia dichiarata non fondata.
5.1.– L’Avvocatura generale dello Stato
innanzitutto richiama la sentenza della Corte di cassazione, sezione lavoro, 31
gennaio 2017, n. 2510, che, sulla base della giurisprudenza costituzionale, ha
dichiarato manifestamente infondata, valorizzando il requisito dell’apicalità dell’incarico, la questione di legittimità
costituzionale riferita al meccanismo di spoils system previsto per i dirigenti
regionali capi di dipartimento dalla legge della Regione Calabria 3 giugno del
2005, n. 12 (Norme in materia di nomine e di personale della Regione Calabria).
Proprio il medesimo carattere dell’apicalità sarebbe decisivo per legittimare anche nel caso
del segretario comunale l’applicazione del meccanismo di spoils system,
traducendosi in una collaborazione diretta e non intermediata da altre figure
dirigenziali con il vertice politico e risultando coerente con la previsione di
una nomina diretta da parte dello stesso organo politico.
Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, il
Tribunale di Brescia avrebbe ricostruito in modo riduttivo il ruolo del
segretario comunale, non considerando come egli collabori direttamente con il
vertice politico che lo ha nominato fiduciariamente, sovrintenda allo
svolgimento delle funzioni dei dirigenti, ne coordini le attività ed eserciti
le mansioni di direttore generale laddove quest’ultimo – ai sensi dell’art.
108, comma 4, del d. lgs. 267 del 2000 – non venga nominato dal vertice
politico.
In considerazione dell’apicalità
della figura del segretario comunale e del carattere politico dell’ente
territoriale comunale, sarebbero del tutto inconferenti i richiami alle
decisioni della Corte costituzionale e della Corte di cassazione che hanno
ritenuto illegittimo lo spoils system per le figure dirigenziali non apicali e
per i vertici amministrativi di enti privi di finalità politica (in
particolare, l’Avvocatura generale dello Stato fa riferimento al caso dei
direttori generali delle aziende sanitarie locali).
5.2.– Da ultimo, l’Avvocatura generale dello
Stato svolge alcune considerazioni intorno alle peculiarità del rapporto
giuridico che lega il segretario comunale al Comune per il quale esercita le
proprie funzioni.
Sottolinea, in particolare, che il segretario
comunale non sarebbe un dipendente del Comune, avendo un rapporto di impiego
stabile ed esclusivo con il Ministero dell’interno, con ciò emergendo il
carattere fortemente fiduciario della nomina da parte del sindaco.
Inoltre, ad avviso dell’Avvocatura generale, non
sarebbe configurabile nemmeno un vero e proprio meccanismo di spoils system,
essendo in ogni caso garantita la stabilità del rapporto di lavoro del
segretario comunale. Da un primo punto di vista, infatti, non vi sarebbe alcuna
interruzione automatica del suo rapporto di lavoro prima della scadenza
dell’incarico presso il Comune, poiché la durata di tale rapporto corrisponde
al mandato del sindaco. In secondo luogo, la cessazione dall’incarico non
inciderebbe sulla stabilità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il
Ministero dell’interno, né tantomeno sul trattamento economico e giuridico che
viene assicurato anche durante il periodo di disponibilità, né sul percorso
professionale, considerando la possibilità per il segretario comunale di essere
incaricato presso altri Comuni. Infine, la cessazione non avrebbe ripercussioni
sul buon andamento dell’azione amministrativa dello stesso Comune.
6.– Si è costituito anche F. P. C. I.,
ricorrente nel giudizio a quo, unitamente all’Associazione Nazionale
Professionale dei Segretari Comunali «G. B. Vighenzi»,
quale interveniente ad adiuvandum nello stesso
giudizio, con atto depositato il 27 marzo 2018, chiedendo l’accoglimento delle
questioni sollevate con l’ordinanza di rimessione del Tribunale di Brescia.
6.1.– In via preliminare, la comune difesa delle
parti del giudizio a quo si sofferma sulla legittimazione a costituirsi nel
giudizio davanti alla Corte costituzionale dell’Associazione Nazionale
Professionale dei Segretari Comunali e Provinciali «G. B. Vighenzi»
(d’ora in poi: Associazione Vighenzi). Quest’ultima
sarebbe intervenuta ad adiuvandum nel giudizio
principale ai sensi dell’art. 105, secondo comma, del codice di procedura
civile, in ragione dei propri «obiettivi culturali, associativi e giuridici»,
connessi alla tutela della figura del segretario. Dal «ruolo» svolto nel
giudizio a quo deriverebbe, quindi, la legittimazione dell’Associazione Vighenzi a essere parte anche nel giudizio costituzionale,
poiché alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale i terzi
intervenienti ad adiuvandum nei giudizi a quibus sono parti e, dunque, il loro intervento nel
giudizio costituzionale è ammissibile (vengono citate al riguardo le sentenze n. 134 del 2017
e n. 272 del
2012).
6.2.– La difesa della parte privata e
dell’Associazione Vighenzi sostiene che le questioni
di legittimità costituzionale siano rilevanti nel giudizio a quo, poiché il
ricorrente avrebbe chiesto l’accertamento dell’illegittimità della sua mancata
conferma e della sua sostituzione nel ruolo di segretario comunale, secondo
quanto prevede la disposizione censurata.
Il meccanismo di decadenza automatica ivi
previsto avrebbe ripercussioni sul rapporto di servizio a fronte di un evento
che risulta estraneo rispetto al rapporto stesso, «incidendo in modo pregiudizievole
sulla posizione giuridica soggettiva qualificata e meritevole di tutela ai
sensi degli art. 3 e 35, commi 1 e 2, Cost.». In particolare, senza un
«processo di valutazione sulla prestazione personale e professionale», si
determinerebbe una «lesione della garanzia a che ciascuno esprima appieno i
propri diritti personali e professionali nelle formazioni sociali in cui
opera».
La mancanza di un atto di recesso del sindaco e
la conseguente impossibilità di adire l’autorità giudiziaria determinerebbe anche
la violazione dell’art. 24 Cost., poiché «la lesione non è prodotta dall’atto
di scelta di un nuovo segretario da parte del vertice politic[o],
ma proviene direttamente dalla norma».
Al contrario, la posizione giuridica del
segretario comunale sarebbe «qualificata in termini di diritto ad una giusta
valutazione del proprio operato ed in ragione di ciò a proseguire o meno il
rapporto».
Da tali argomentazioni, secondo la difesa delle
parti, emergerebbe la rilevanza, derivante dalla circostanza che «l’effetto
lesivo dei beni tutelati costituzionalmente ai sensi degli artt. 3, 35, 97 e 98
[C]ost., deriva dalla disposizione normativa che
contempla l’automatica cessazione del rapporto di servizio del segretario
comunale». Alla decadenza dall’incarico, peraltro, non corrisponderebbe alcun
«interesse costituzionalmente apprezzabile di assicurare all’organo di governo
politico dell’ente di perseguire i suoi indirizzi con la collaborazione di
dirigenti apicali che, condividendone i valori, assicurino un contribuito fattivo
alla formazione dell’indirizzo medesimo».
6.3.– In merito alla fondatezza delle censure
sollevate dal Tribunale di Brescia, la difesa delle parti si sofferma
innanzitutto sulla figura, sullo stato giuridico e sul ruolo del segretario
comunale, ricostruendone la relativa disciplina, a partire dalla legge 20 marzo
1865, n. 2248 (Per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia).
Richiamando le specifiche disposizioni che
attualmente ne regolano l’inquadramento e le funzioni, si sottolinea la natura
di dirigente pubblico del segretario comunale, assunto mediante concorso,
iscritto in un albo professionale gestito dal Ministero dell’interno, con
funzioni e compiti di collaborazione e di assistenza giuridica e amministrativa
in ordine alla conformità dell’azione amministrativa comunale alle leggi, allo
statuto e ai regolamenti, di partecipazione alle riunioni degli organi
collegiali, oltre che di coordinamento delle funzioni dei dirigenti o di
svolgimento delle stesse laddove assegnate.
In questa prospettiva, dunque, nella figura del
segretario comunale, pur in una «logica di ovvia e necessaria collaborazione
con gli organi elettivi del comune», si sarebbe accentuata nel corso del tempo
«una triplice dimensione: quella di consulente tecnico dell’amministrazione,
esperto in ordine ai profili giuridici ma anche sui temi contabili e di
organizzazione del personale; quella di garante della legalità e della
correttezza dell’azione amministrativa; quella di pubblico ufficiale rogante».
6.3.1.– In secondo luogo, viene richiamata in
modo diffuso la giurisprudenza costituzionale, civile e amministrativa al fine
di ricostruire le condizioni che renderebbero legittimo il meccanismo di spoils system, ossia l’apicalità dell’incarico, la sussistenza di un rapporto fiduciario
con l’organo politico, la partecipazione alla formazione dell’indirizzo
politico e lo svolgimento di funzioni diverse dalla mera gestione e attuazione
dello stesso.
6.3.2.– Secondo la difesa delle parti, i
principi che si ricavano dalla citata giurisprudenza permettono di riconoscere
in capo ai segretari comunali (e anche provinciali) la sussistenza della sola
posizione apicale, benché «tale apicalità non
comporti alcuna supremazia gerarchica nei confronti dei dirigenti e degli
uffici amministrativi», e non anche di un rapporto di fiduciarietà
e di preventiva condivisione dell’orientamento politico, che legittimerebbe
l’applicazione del meccanismo di decadenza automatica.
In questa prospettiva, la funzione eminentemente
tecnica e professionale dei segretari comunali, cui si richiede una rilevante
competenza giuridica e amministrativa, mostra l’irrilevanza di una consonanza
politica con chi provvede alla loro nomina. Non sarebbe loro richiesto,
infatti, di collaborare direttamente alla formazione dell’indirizzo
politico-amministrativo dell’ente, bensì di supportare gli organi politici e di
coordinare quelli burocratici, al fine di garantire il rispetto della legalità.
A questo proposito, la difesa delle parti richiama, per differenziarli dalla
figura in esame, i vertici apicali e i segretari generali dei ministeri e della
Presidenza del Consiglio dei ministri, anche in relazione alle specificità
della funzione di indirizzo politico esercitata dai ministri e dal Governo che,
a differenza di quella degli enti locali, sarebbe «libera nei fini e nelle
forme».
La previsione della cessazione anticipata
dall’incarico di segretario comunale, inoltre, non potrebbe prescindere da una
valutazione oggettiva delle prestazioni rese e dei risultati raggiunti e senza
le garanzie procedimentali che attengono alla motivazione della stessa
cessazione e al contraddittorio fra le parti.
La difesa delle parti svolge, inoltre, un
raffronto con la figura del direttore generale, di cui all’art. 108 del d.lgs.
n. 267 del 2000, che sarebbe organo di diretta collaborazione con il vertice
politico, per dedurne il «ruolo politicamente neutro e di garanzia» del
segretario comunale, le cui eventuali ulteriori funzioni attribuitegli, in
mancanza della nomina del direttore generale, non sarebbero in ogni caso in
grado di trasformarlo in un organo politico.
Il segretario comunale, dunque, quale «vertice
apicale dell’ente locale», svolgerebbe funzioni di amministrazione attiva e di
coordinamento della dirigenza, distinte da quelle del direttore generale, di
«diretta collaborazione con gli organi politici dell’ente, perseguimento
indirizzi ed obiettivi e predisposizione del piano degli obiettivi». Queste
ultime sarebbero funzioni solo eventuali e non tipiche, e non intaccherebbero il
ruolo del segretario comunale quanto alla garanzia e alla tutela del buon
andamento dell’ente.
Tale caratteristica non sarebbe venuta meno
nemmeno con l’eliminazione del controllo di legittimità che gli era affidato
dall’art. 53 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie
locali), essendosi al contrario accentuato il suo ruolo di garante della
legalità attraverso la previsione di cui all’art. 1, comma 7, della legge n.
190 del 2012, che affida al segretario comunale il ruolo di responsabile della
prevenzione della corruzione e della trasparenza. Nello stesso senso, l’art. 3
del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di
finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni
in favore delle zone terremotate nel maggio 2012) avrebbe affidato al
segretario comunale il ruolo di coordinamento e direzione del controllo di
regolarità amministrativa e contabile.
La difesa delle parti ricorda anche che il
segretario comunale sarebbe il referente dell’ente locale nei rapporti con le
istituzioni centrali e con gli organi giurisdizionali, oltre a essere il
garante della regolarità del procedimento di consultazione elettorale.
6.3.3.– La difesa delle parti, inoltre, ritiene
che i profili di violazione dell’art. 97 Cost. emergano anche considerando
ulteriori disposizioni costituzionali (vengono in particolare richiamati gli
artt. 3, 98, primo comma, 118, primo comma, Cost.).
Ancora, sottolinea come la scelta del segretario
comunale avvenga, nella maggior parte dei casi, senza alcuna motivazione o
valutazione e comparazione oggettiva fra i candidati. Così, il meccanismo di
decadenza automatica inciderebbe direttamente sulla stessa autonomia di azione
del segretario comunale, oltre che sull’efficacia e imparzialità dell’esercizio
delle sue funzioni, ancora una volta non prevedendosi alcuna valutazione
rispetto ai risultati conseguiti (anche in ragione dei tempi ristretti entro
cui il sindaco può confermare lo stesso segretario comunale o nominarne uno diverso).
Si determinerebbe, quindi, in capo al segretario comunale, una sorta di
conflitto fra l’adempimento dei propri doveri di controllo e l’esigenza di
mantenere il posto di lavoro.
La difesa delle parti, infine, si concentra sui
possibili effetti di una decisione di illegittimità costituzionale.
L’eliminazione dei censurati automatismi renderebbe indipendente il ruolo del
segretario comunale dalle sorti del sindaco, ancorandolo, al contrario, alla
valutazione del suo operato e della sua professionalità. Si garantirebbe così
il rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97
Cost., oltre a incoraggiare comportamenti virtuosi nell’esercizio delle stesse
funzioni del segretario comunale.
7.– Con memoria depositata il 18 dicembre 2018,
il ricorrente nel giudizio principale e l’Associazione Vighenzi
hanno ribadito le conclusioni già rassegnate con l’atto di costituzione,
svolgendo ulteriori osservazioni di replica alle deduzioni dell’Avvocatura
generale dello Stato.
7.1.– La difesa delle parti, rispetto alla
questione di legittimità costituzionale relativa al meccanismo di decadenza
automatica, ricordando le funzioni attribuite al segretario comunale dall’art.
97 del t. u. enti locali e dalla normativa successiva, nonché il suo inquadramento
professionale, ritiene che egli non sia parte dello «staff del sindaco», non
partecipando alla campagna elettorale, non avendo «colore politico» e
collaborando non solo con il sindaco, ma anche con tutti gli organi e gli
uffici del Comune.
Replicando agli argomenti dell’Avvocatura
generale dello Stato, la difesa delle parti sostiene che il carattere apicale
dell’incarico di segretario comunale non sia sufficiente per ritenere
applicabile il meccanismo di decadenza automatica, trattandosi di una collaborazione
di tipo giuridico e amministrativo e non richiedendosi alcuna consonanza
politica.
7.2.– Se si dovesse riconoscere nel segretario
comunale una figura politica, il «parere di regolarità tecnica» di cui all’art.
49, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000, che sarebbe «un presupposto di
legittimità delle deliberazioni di giunta e di consiglio, da cui questi organi
possono discostarsi soltanto fornendo adeguata motivazione», e che l’art. 97
del t.u. enti locali riconosce in capo al segretario
comunale laddove manchino i responsabili di servizio, «sarebbe per definizione
in conflitto di interessi, a scapito del buon andamento e dell’imparzialità
dell’Amministrazione».
Rispetto alla possibilità che il segretario
comunale svolga anche le funzioni di direttore generale nei Comuni con più di
centomila abitanti, la difesa delle parti ritiene che ciò si verifichi ormai
per un numero minimo di Comuni e, pertanto, non possa ritenersi «ragione di una
lettura del ruolo segretariale in termini di stretta collaborazione politica
con i vertici dell’ente».
Sarebbe improprio individuare una ipotesi di
diretta collaborazione del segretario comunale alla definizione dell’indirizzo
politico del Comune, non qualificabile come «ente tout court politico», dovendo
tale indirizzo «muoversi necessariamente entro i rigidi confini definiti dalla
legislazione di riferimento». In tal modo si accentuerebbe la necessità di un
segretario comunale dotato di «sufficiente autonomia per assicurare il corretto
contemperamento tra obiettivi "politici” dell’ente e limiti legislativi,
statutari e regolamentari».
7.3.– Secondo la difesa delle parti, non sarebbe
nemmeno pertinente il richiamo dell’Avvocatura generale dello Stato al rapporto
di impiego stabile ed esclusivo del segretario comunale con il Ministero
dell’interno. La stabilità del rapporto di lavoro, infatti, sarebbe «gravemente
compromessa da una decadenza dell’incarico sganciata da una durata
predeterminata», oltre che da un trattamento economico, che, ad avviso della
difesa delle parti, subirebbe una significativa decurtazione, e dallo stesso
collocamento in disponibilità, che lo esporrebbe «alla copertura a singhiozzo
delle diverse sedi vacanti, spesso imponendo la percorrenza di chilometri e
chilometri».
Il «rischio di una mancata conferma», quindi,
condizionerebbe la situazione lavorativa del segretario comunale, cui verrebbe
richiesta «una buona dose di equilibrio e fermezza per affrontarla senza
preoccupazioni», essendo, a causa di questo meccanismo di decadenza,
«naturalmente e inevitabilmente propenso ad assecondare il livello politico,
anziché orientarlo correttamente».
7.4.– La difesa delle parti, inoltre, sottolinea
l’esistenza di meccanismi che consentirebbero in ogni caso al sindaco di non
essere costretto a «sopportare un segretario che ponga ostacoli impropri
all’attuazione del programma politico-amministrativo "premiato” dagli elettori»
(in particolare, si fa riferimento alla risoluzione del «contratto per
inadempimento secondo le regole civilistiche generali», in caso di inadempimento
dei doveri d’ufficio; alla necessità che anche il segretario comunale risponda
della tempestività dell’azione amministrativa; alla "risoluzione consensuale”,
«azionabile quando si interrompe il rapporto fiduciario tra sindaco e
segretario»).
7.5.– Una decisione di accoglimento o anche una
decisione manipolativa o interpretativa della Corte costituzionale non
determinerebbe alcuna forma di «inamovibilità assoluta del segretario dal suo
ruolo», ma renderebbe tale incarico non coincidente rispetto al mandato del
sindaco e il procedimento di nomina «ancorato a criteri chiari, trasparenti,
oggettivi e tali da premiare merito e capacità, piuttosto che consonanza
politica tra vertice politico e segretario».
La dichiarazione di illegittimità costituzionale
dell’art. 99, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000, inoltre, eliminerebbe il
meccanismo di decadenza automatica alla cessazione del mandato del sindaco,
consentendo al segretario comunale di svolgere le sue funzioni «per una durata
analoga a quella del mandato dell’organo politico che lo ha nominato […], ma
non necessariamente concomitante con quella della persona fisica - sindaco […]
- che lo ha nominato».
Secondo la difesa delle parti, si assicurerebbe
«un adeguato contemperamento tra interessi diversi», ossia «una elevata qualità
professionale e tecnico-giuridica dell’incaricato; una effettiva capacità di
collaborare con tutti gli organi dell’ente nell’obiettivo di efficienza
nell’attuazione del programma politico-amministrativo; un sufficiente grado di
autonomia del segretario nell’esercizio di funzioni che, in molti casi, […]
esigono indipendenza dal livello politico e non consonanza con lo stesso, la
salvaguardia del principio di continuità dell’azione amministrativa».
Considerato
in diritto
1.– Il Tribunale ordinario di Brescia ha
sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 99, commi 1, 2 e 3,
del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali), in riferimento all’art. 97 della Costituzione,
nelle parti in cui tale disposizione prevede che il sindaco nomini il
segretario comunale, che la nomina abbia durata corrispondente a quella del
mandato del sindaco, con automatica cessazione dell’incarico al termine del
mandato di quest’ultimo, e che la nomina sia disposta non prima di sessanta
giorni e non oltre centoventi giorni dalla data di insediamento del sindaco,
decorsi i quali il segretario è confermato.
Dubita in primo luogo il rimettente che sia in
contrasto con l’art. 97 Cost. la previsione di una decadenza automatica del
segretario comunale alla cessazione del mandato del sindaco, previsione da cui
risulta una durata dell’incarico di segretario comunale corrispondente a quella
dell’organo che lo ha nominato. Pur riconoscendo la posizione di apicalità della figura in esame nell’organizzazione
amministrativa del Comune, il giudice a quo sottolinea che il segretario
comunale è essenzialmente titolare di funzioni tecnico-professionali,
gestionali e consultive di carattere neutrale. I suoi compiti sarebbero
specificamente enucleati dalla legge in chiave di supporto tecnico e di
collaborazione alle attività comunali, «in funzione di verifica del parametro
di conformità dell’ente locale alla legge nonché in particolare al rispetto dei
vincoli, anche finanziari». Presentandosi il segretario comunale quale garante
del rispetto della legge e della regolarità delle procedure, ne discende che
per ricoprire tale incarico non sarebbe necessaria la «personale adesione agli
orientamenti politici di chi lo nomina», come invece il meccanismo della nomina
e della decadenza automatica farebbero supporre. Del resto, la nomina da parte
del sindaco, pur discrezionale, sarebbe ben delimitata dalla necessità di
attingere ad un albo, poiché il segretario comunale deve essere scelto fra
soggetti che hanno dimostrato di possedere le competenze professionali
necessarie superando un concorso pubblico. Infine, l’incarico non prevederebbe
né richiederebbe una stretta collaborazione al processo di elaborazione delle
scelte di indirizzo dell’ente comunale.
In secondo luogo, ritiene il Tribunale di
Brescia che sia in contrasto con l’art. 97 Cost. la stessa attribuzione al
sindaco del potere di nomina del segretario comunale. In tal modo, infatti, il
segretario comunale sarebbe nominato dal soggetto politico i cui atti è
chiamato a vagliare, e verrebbe posto alle sue dipendenze funzionali, in
contraddizione con le funzioni di controllo che gli sono riservate e con il suo
ruolo generale di garante della conformità legale, statutaria e regolamentare
degli atti dell’ente.
2.– Va preliminarmente dichiarata inammissibile,
per difetto di motivazione sulla rilevanza, la questione di legittimità
costituzionale da ultimo enunciata, in riferimento al potere di nomina del
segretario comunale conferito al sindaco dall’art. 99, comma 1, del d.lgs. n.
267 del 2000.
La questione viene infatti sollevata nell’ambito
di un giudizio promosso dal segretario decaduto per l’accertamento
dell’illegittimità dei provvedimenti di nomina del nuovo segretario, al fine di
ottenere il riconoscimento del suo diritto al ripristino del rapporto di
servizio con il Comune oppure, in subordine, la condanna di quest’ultimo al
risarcimento dei danni derivanti dalla «revoca» dell’incarico. Nessuna
spiegazione viene fornita dal giudice rimettente in ordine alla necessità di
fare applicazione – in un tale giudizio, nel quale viene in specifico rilievo
la disposizione che prevede la decadenza automatica del segretario comunale, salva
possibilità di conferma – della norma che riconosce al sindaco il potere di
nomina. Di conseguenza, non viene nemmeno illustrata la ragione per la quale la
decisione sulla relativa questione di legittimità costituzionale risulterebbe
pregiudiziale per la definizione del processo principale. E la mancata
indicazione di plausibili ragioni che depongano per l’applicabilità della
disposizione e per la pregiudizialità della questione si risolve in un difetto
di motivazione sulla rilevanza, dal quale consegue l’inammissibilità della
questione stessa (ex multis, sentenze n. 209 e n. 119 del
2017; ordinanza
n. 202 del 2018).
3.– La decisione della questione di legittimità
costituzionale relativa alla previsione dell’automatica decadenza del
segretario comunale al cessare del mandato del sindaco richiede invece,
preliminarmente, una sintetica descrizione dell’evoluzione della normativa in
materia.
3.1.– La figura del segretario comunale,
all’indomani dell’unificazione, trova disciplina nella legge 20 marzo 1865, n.
2248 (Per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia), che all’art. 10
dell’allegato A disponeva che ogni Comune, oltre al consiglio e alla giunta,
avesse un segretario, dipendente del Comune, e un ufficio comunale, con
funzioni di certificazione e controllo. L’art. 87 del medesimo allegato A stabiliva
che il segretario fosse nominato dal consiglio comunale e l’art 18, terzo
comma, del Decreto 8 giugno 1865, n. 2321 (Col quale è approvato il Regolamento
per l’esecuzione della Legge sull’amministrazione comunale e provinciale),
precisava che egli dovesse essere scelto fra gli abilitati all’esercizio della
professione, conseguita per esami presso le prefetture.
La successiva legge 30 dicembre 1888, n. 5865
(Che modifica la legge comunale e provinciale), all’art. 2, provvede ad una
stabilizzazione del suo incarico, prevedendo che il segretario comunale
nominato per la prima volta «dura in ufficio due anni», mentre le conferme
successive devono essere date per almeno sei anni. La disposizione aggiunge che
«non può essere licenziato prima del termine pel quale fu nominato, senza
deliberazione motivata presa dal Consiglio comunale con l’intervento di almeno
due terzi dei consiglieri».
Il regio decreto 12 febbraio 1911, n. 297 (Che
approva l’annesso regolamento per l’esecuzione della legge comunale e provinciale)
stabilisce che per la sua nomina è obbligatorio il pubblico concorso (art. 94)
confermando che gli esami per il conseguimento della relativa patente
d’idoneità hanno luogo periodicamente presso le prefetture (art. 72).
Nel periodo fascista, il regio decreto legge 17
agosto 1928, n. 1953 (Stato giuridico ed economico dei segretari comunali) muta
significativamente la situazione. Da figura comunale, il segretario viene
trasformato in funzionario statale, soggetto alle disposizioni sullo stato
giuridico degli impiegati civili dello Stato. Dal punto di vista delle
funzioni, continua a essere organo di certificazione e di controllo di legalità
sull’attività dei Comuni, ma tale ruolo è ora essenzialmente svolto per conto
del Ministero dell’interno, in vista di una compressione delle autonomie
locali. Previo superamento di un pubblico concorso, è nominato dal prefetto
della provincia o, per i Comuni maggiori, con «decreto reale promosso dal
Ministro per l’Interno» (art. 3). Al termine del primo anno di servizio, il
prefetto può «conferire la nomina definitiva» (art. 7). Nel caso in cui
«l’esperimento» del primo anno non fosse stato ritenuto soddisfacente, il
segretario veniva dispensato dal servizio, a meno che il prefetto non
intendesse «prorogare per un altro anno la durata dell’esperimento» (ancora
art. 7).
Lo stato giuridico dei segretari comunali e
provinciali viene ulteriormente organizzato dalla legge 27 giugno 1942, n. 851
(Modificazioni al testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con
R. decreto 3 marzo 1934, n. 383, concernenti il nuovo stato giuridico dei
segretari comunali e provinciali), che, all’art. 1, modificando l’art. 176 del r.d. n. 383 del 1934, prevede la loro iscrizione in un
ruolo nazionale diviso in gradi e la nomina «con decreto del Ministro per
l’interno».
3.2.– Nell’ordinamento repubblicano si
susseguono interventi di riforma, che organizzano variamente il ruolo e la
carriera dei segretari comunali e provinciali, senza tuttavia modificare, in un
primo momento, il procedimento di nomina e il loro stato giuridico di
funzionari statali (legge 8 giugno 1962, n. 604, recante «Modificazioni allo
stato giuridico e all’ordinamento della carriera dei segretari comunali e
provinciali», e decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno 1972, n. 749,
recante «Nuovo ordinamento dei segretari comunali e provinciali»).
La stessa legge 8 giugno 1990, n. 142
(Ordinamento delle autonomie locali) non modifica la natura di funzionario
pubblico del segretario comunale, né interviene direttamente sulle procedure
per la sua nomina. Indica, tuttavia, i criteri per una successiva riforma: la
creazione di un «organismo collegiale» territorialmente articolato, presieduto
dal Ministro dell’interno, «composto pariteticamente dai rappresentanti degli
enti locali», preposto alla tenuta dell’albo dei segretari comunali e
provinciali e chiamato a esercitare nei loro confronti «funzioni d’indirizzo e
di amministrazione». Significativamente, la legge prevede altresì che una
successiva normativa dovrà indicare le «modalità di concorso degli enti locali»
alla nomina e revoca del segretario.
In un contesto riformatore che aveva appena
visto l’introduzione dell’elezione popolare diretta dei sindaci, con la legge
25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della
provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), queste evocate
modalità di concorso degli enti locali trovano effettivamente realizzazione con
la modifica disposta dall’art. 1, comma 84, della legge 28 dicembre 1995, n.
549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), in virtù della quale
nomina e revoca del segretario comunale sono disposte «d’intesa con il
sindaco».
Tra le funzioni, si affacciano poteri gestionali
e di supporto all’attività degli organi d’indirizzo: l’art. 52, comma 3, della
legge n. 142 del 1990 prevede che il segretario «sovraintende allo svolgimento
delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l’attività, cura l’attuazione dei
provvedimenti, è responsabile dell’istruttoria delle deliberazioni, provvede ai
relativi atti esecutivi e partecipa alle riunioni della giunta e del
consiglio».
Per contro, il successivo art. 53, comma 1,
della legge n. 142 del 1990 attribuisce al segretario il compito di esprimere
un parere «sotto il profilo di legittimità» per ogni proposta di deliberazione
da sottoporre alla giunta e al consiglio, parere che si aggiunge a quello reso
sulla regolarità tecnica e contabile da parte del responsabile del servizio
interessato e del responsabile di ragioneria. La previsione di tale parere di
legittimità, non vincolante ma obbligatoriamente richiesto al segretario
comunale e da inserire nelle relative deliberazioni, introduce una fase
necessaria del procedimento di formazione degli atti. Nel contesto di quella
fase di riforme, l’innovazione appare il risultato di una mediazione fra le
opposte istanze di chi avrebbe preferito un più penetrante visto di
legittimità, in funzione di controllo sull’attività degli enti locali, e di
chi, al contrario, temeva che simili forme di vigilanza avrebbero messo a
rischio l’autonomia di Comuni e Province.
Oggetto di controverse valutazioni –
indispensabile baluardo di legalità per alcuni, per altri fonte di un potere
interdittivo e d’intralcio sull’attività dei sindaci – , la previsione di un tale
parere viene soppressa ad opera della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure
urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di
decisione e di controllo), anch’essa significativamente intervenuta a distanza
di pochi anni dall’introduzione dell’elezione popolare diretta dei sindaci.
È proprio la legge n. 127 del 1997, del resto, a
determinare un rilevante mutamento della complessiva fisionomia del segretario
comunale. Essa riconosce ai sindaci il potere di nominarlo in autonomia, fra
gli iscritti al relativo albo, cui si continua peraltro ad accedere tramite
concorso pubblico. L’innovazione, coerente con il contesto riformatore del
periodo, trascina con sé la necessità di attenuare il legame che il segretario
comunale mantiene con l’apparato statale: e così si spiega anche la previsione
per cui l’albo dei segretari viene affidato alla gestione di una neo-istituita
agenzia, pur soggetta alla vigilanza del Ministero dell’interno, ma avente
personalità giuridica di diritto pubblico e dotata di autonomia organizzativa,
gestionale e contabile, articolata anche per sezioni regionali e composta da
rappresentanti delle autonomie locali. Il segretario comunale viene
esplicitamente definito dipendente di tale agenzia e, attraverso questa scelta,
la sua diretta dipendenza dal Ministero dell’interno viene interrotta o, quanto
meno, "filtrata” dalla presenza dell’agenzia.
In coerenza con un contesto riformatore che
intende accentuare l’autonomia degli enti locali, è la stessa legge n. 127 del
1997 a introdurre (all’art. 17, comma 70) il principio messo in discussione
dall’ordinanza di rimessione, secondo cui la durata dell’incarico di segretario
comunale, a parte i casi di revoca per violazione dei doveri d’ufficio,
corrisponde a quella del mandato del sindaco che lo ha nominato, salvo
conferma. In quel contesto, il principio è anche frutto della diffusa
convinzione secondo cui, negli enti locali, le scelte politiche e quelle
gestionali risulterebbero spesso frammiste, e la responsabilità amministrativa
finirebbe col diventare un elemento della stessa responsabilità politica del
sindaco eletto direttamente, deducendosene così la necessità di attribuire a
quest’ultimo l’individuazione dei suoi più stretti collaboratori
amministrativi, fra i quali vien fatto rientrare il segretario comunale.
La complessiva disciplina così elaborata
confluisce nel decreto legislativo n. 267 del 2000, che all’art. 99 contiene la
disposizione censurata.
Intervengono successivamente ulteriori
modifiche, che incidono sia sul rapporto di lavoro, sia sulle funzioni
assegnate al segretario comunale.
Rispetto al primo profilo, in particolare, il
decreto legge 31 maggio del 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sopprime la ricordata
agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e
provinciali, stabilendo che ad essa succeda, a titolo universale, il Ministero
dell’interno, con conseguente trasferimento di risorse strumentali e personale.
Dopo lo slancio autonomista che aveva nutrito le riforme della seconda metà
degli anni novanta del secolo scorso, il segretario comunale torna così ad
essere, quanto al rapporto d’ufficio, un funzionario del Ministero
dell’interno. Essendo però nominato dal sindaco, e trovandosi funzionalmente
alle dipendenze del Comune, instaura contemporaneamente con quest’ultimo il
proprio rapporto di servizio: situazione, quindi, in cui l’amministrazione
datrice di lavoro (non più l’agenzia, ma il Ministero dell’interno) continua a
non coincidere con quella che ne utilizza le prestazioni. E la giurisprudenza
di legittimità e quella amministrativa sottolineano concordemente che il
segretario comunale, benché dipenda personalmente dal sindaco, intrattenendo un
rapporto funzionale con l’amministrazione locale, resta tuttavia un funzionario
statale, e il suo status giuridico, ancorché particolare, è interamente
disciplinato dalla legislazione statale (Corte di cassazione, sezione lavoro,
sentenza 11 agosto 2016, n. 17065; Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza
5 aprile 2005, n. 1490).
Dal secondo punto di vista, quello delle
funzioni, rispetto a quelle complessivamente previste dal d.lgs. n. 267 del
2000, la legislazione le arricchisce: così, in particolare, la legge n. 190 del
2012, nonché il decreto legislativo 14 marzo del 2013, n. 33 (Riordino della
disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di
pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni), attribuiscono al segretario comunale, di norma, il ruolo di
responsabile della prevenzione della corruzione e quello di responsabile della
trasparenza.
Da ultimo, merita ricordare che la legge 7
agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle
amministrazioni pubbliche) aveva inteso procedere alla soppressione della
figura del segretario comunale. Tra i principi e criteri direttivi cui il
Governo avrebbe dovuto attenersi figurava, infatti, sia il mantenimento della
diversa figura del direttore generale di cui all’art. 108 del d.lgs. n. 267 del
2000, sia, appunto, la soppressione del segretario comunale e di quello
provinciale, con «attribuzione alla dirigenza […] dei compiti di attuazione
dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa e controllo
della legalità dell’azione amministrativa; mantenimento della funzione rogante
in capo ai dirigenti apicali aventi i prescritti requisiti» (art. 11, comma 1,
lettera b, numero 4). Peraltro, la stessa norma faceva «obbligo per gli enti
locali di nominare comunque un dirigente apicale con compiti di attuazione
dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa e controllo
della legalità dell’azione amministrativa».
L’intervenuta dichiarazione di illegittimità
costituzionale di alcune delle disposizioni contenute nella legge n. 124 del
2015 (sentenza
n. 251 del 2016), nella parte in cui prevedevano che i decreti legislativi
attuativi fossero adottati previa acquisizione del parere, anziché previa
intesa, in sede di Conferenza unificata o in sede di Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di
Bolzano, ha infine interrotto, per i profili che qui rilevano, il compimento
della riforma.
4.– Pur limitando l’attenzione alle
trasformazioni succedutesi a partire dall’entrata in vigore della Costituzione
repubblicana, l’evoluzione della normativa relativa al segretario comunale
appare ispirata da concezioni spesso diverse e da disegni riformatori non
sempre coerenti. E se in tale complessa evoluzione una linea di continuità è
rintracciabile, essa consiste nella incessante ricerca di punti di equilibrio
fra due esigenze non facilmente conciliabili: il riconoscimento dell’autonomia
degli enti locali, da una parte, e la necessità, dall’altra, di garantire
adeguati strumenti di controllo della loro attività.
Nella stessa disciplina vigente – un aspetto significativo
della quale è ora posto all’attenzione di questa Corte – si mantiene il
carattere peculiare, e non sempre univocamente delineato, della figura del
segretario comunale, frutto della ricordata evoluzione.
Lo statuto burocratico e funzionale che lo
caratterizza resta segnato da aspetti tra loro in apparenza dissonanti. Da un
lato funzionario statale assunto per concorso, ma dall’altro preposto allo
svolgimento effettivo delle sue funzioni attraverso una nomina relativamente
discrezionale del sindaco; non revocabile ad nutum
durante il mandato (salvo che per violazione dei doveri d’ufficio), ma
destinato a cessare automaticamente dalle proprie funzioni al mutare del
sindaco (salvo conferma), eppure anche in tal caso garantito nella stabilità
del suo status giuridico ed economico e del suo rapporto d’ufficio, permanendo
iscritto all’albo dopo la mancata conferma e restando perciò a disposizione per
successivi incarichi; decaduto «automaticamente dall’incarico con la cessazione
del mandato del sindaco», come si esprime la legge, ciononostante chiamato a
continuare nelle sue funzioni per un periodo non breve, non inferiore a due e
non superiore a quattro mesi, in attesa di eventuale conferma, a garanzia della
stessa continuità dell’azione amministrativa; titolare di attribuzioni
multiformi, come si dirà meglio: neutrali, di controllo e di certificazione, da
una parte, ma dall’altra di gestione quasi manageriale e di supporto
propositivo all’azione degli organi comunali.
5.– Alla luce di tali peculiarità e tenendo
conto della giurisprudenza costituzionale in materia di meccanismi di spoils
system, la questione sollevata sull’art. 99, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 267 del
2000, non è fondata.
5.1.– Questa Corte ha più volte affermato
l’incompatibilità con l’art. 97 Cost. di disposizioni di legge, statali o
regionali, che prevedono meccanismi di revocabilità ad nutum
o di decadenza automatica dalla carica, dovuti a cause estranee alle vicende
del rapporto instaurato con il titolare, non correlati a valutazioni
concernenti i risultati conseguiti da quest’ultimo nel quadro di adeguate
garanzie procedimentali (sentenze n. 52 e n. 15 del 2017, n. 20 del 2016,
n. 104 e n. 103 del
2007), quando tali meccanismi siano riferiti non al personale addetto agli
uffici di diretta collaborazione con l’organo di governo (sentenza n. 304 del
2010) oppure a figure apicali, per le quali risulti decisiva la personale
adesione agli orientamenti politici dell’organo nominante, ma a titolari di
incarichi dirigenziali che comportino l’esercizio di funzioni tecniche di
attuazione dell’indirizzo politico (sentenze n. 269 del 2016,
n. 246 del 2011,
n. 81 del 2010
e n. 161 del
2008).
Ebbene, per quanto sia qui in questione una
decadenza automatica che la disposizione sospettata d’incostituzionalità
collega esclusivamente ad una causa indipendente dalle modalità di esecuzione
dell’incarico (la cessazione per qualsiasi causa del mandato del sindaco,
conseguente a dimissioni, elezione del nuovo sindaco ecc.), il complessivo
statuto e le diverse funzioni affidate dalla legge al segretario comunale
restituiscono l’immagine di un incarico non paragonabile a quelli sui quali
questa Corte è finora intervenuta con le pronunce di accoglimento ricordate.
Per questo, non è possibile l’applicazione al
caso di specie dei principi che la giurisprudenza costituzionale ormai costante
ha elaborato in tema di limiti all’applicazione dei meccanismi di spoils
system.
5.2.– Il segretario comunale è certamente figura
apicale e altrettanto certamente intrattiene con il sindaco rapporti diretti,
senza intermediazione di altri dirigenti o strutture amministrative.
Il dato, pur importante, non è tuttavia di
univoco significato, come molti di quelli riferibili al segretario comunale, e
trova immediato contraltare nel rilievo che apicalità
e immediatezza di rapporto col vertice del Comune non richiedono
necessariamente una sua personale adesione agli obbiettivi
politico-amministrativi del sindaco. La scelta del segretario, infatti, pur
fiduciaria e condotta intuitu personae,
presuppone l’esame dei curricula di coloro che hanno manifestato interesse alla
nomina e richiede quindi non solo la valutazione del possesso dei requisiti
generalmente prescritti, ma anche la considerazione, eventualmente comparativa,
delle pregresse esperienze tecniche, giuridiche e gestionali degli aspiranti.
Neppure quest’ultimo aspetto risulta, a sua
volta, risolutivo. Quel che più conta, infatti, è che, nel caso di specie, il
carattere fiduciario insito nell’atto di nomina non si esaurisce con esso, come
accadrebbe se, dopo la nomina, il segretario si limitasse ad esercitare le sole
funzioni di certificazione, di controllo di legalità o di attuazione di
indirizzi altrui.
Tali compiti appartengono certo al nucleo
originario e tradizionale della funzione segretariale, come del resto i compiti
di verbalizzazione, rogito – su richiesta dell’ente – dei contratti nei quali
quest’ultimo è parte, autenticazione delle scritture private e degli atti
unilaterali, nell’interesse dell’ente stesso.
Ma, oltre a questo primo gruppo di attribuzioni,
al segretario comunale sono anche affidate dalla legge cruciali funzioni di
collaborazione e di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli
organi comunali in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle
leggi, allo statuto ed ai regolamenti (art. 97, comma 2, del d.lgs. n. 267 del
2000) nonché funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del
consiglio e della giunta (art. 97, comma 4, lettera a, del d.lgs. n. 267 del
2000). Pur soppresso il parere di legittimità più sopra menzionato, gli resta
attribuita la redazione, se l’ente non ha responsabili dei servizi, del parere
di regolarità tecnica su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta
e al consiglio dell’ente che non costituisca mero atto d’indirizzo (art. 49 del
d.lgs. n. 267 del 2000).
Si tratta di funzioni che contribuiscono
anch’esse ad assicurare la conformità dell’azione dell’ente alle leggi, allo
statuto e ai regolamenti, in piena coerenza con il ruolo del segretario quale
controllore di legalità. Esse contengono, tuttavia, anche un quid pluris, alludendo ad un suo ruolo ulteriore.
Come ha messo efficacemente in luce l’Avvocatura
generale dello Stato, l’assistenza del segretario alle riunioni degli organi
collegiali del Comune, con funzioni consultive, referenti e di supporto, non ha
il mero scopo di consentire la verbalizzazione, ma anche quello di permettergli
di intervenire, sia nel procedimento di formazione degli atti, sia, se
richiesto, nella fase più propriamente decisoria, in relazione a tutti gli
aspetti giuridici legati al più efficace raggiungimento del fine pubblico.
Allo stesso modo, il parere di regolarità
tecnica su ogni proposta di deliberazione sottoposta a giunta e consiglio si
configura quale intervento preliminare volto a sottolineare se e in che modo la
proposta pone le corrette premesse per il raggiungimento dell’interesse
pubblico volta a volta tutelato dalla legge.
Si tratta di competenze che presuppongono anche
un ruolo attivo e propositivo del segretario comunale. Esse infatti gli
consentono di coadiuvare e supportare sindaco e giunta nella fase preliminare
della definizione dell’indirizzo politico-amministrativo e non possono quindi
non influenzarla: non già nel senso di indicare o sostenere obbiettivi
specifici, piuttosto nella direzione di mostrare se quegli obbiettivi possono
essere legittimamente inclusi fra i risultati che gli organi di direzione
politico-amministrativa intendono raggiungere, indicando anche, nel momento
stesso in cui la decisione deve essere assunta, i percorsi preclusi, o anche
solo resi più difficoltosi, dalla necessità di rispettare leggi, statuto e
regolamenti.
Si è insomma in presenza di compiti la cui
potenziale estensione non rende irragionevole la scelta legislativa, che
permette al sindaco neoeletto di non servirsi necessariamente del segretario in
carica.
Un terzo gruppo di funzioni del segretario
comunale è di carattere eminentemente gestionale. Innanzitutto, nei Comuni con
popolazione inferiore ai centomila abitanti (art. 97, comma 4, lettera e, del
d.lgs. n. 267 del 2000, che rinvia all’art. 108, comma 4, del medesimo d.lgs.),
il segretario può essere nominato (anche) direttore generale. In tal caso, è
chiamato a svolgere funzioni di attuazione degli indirizzi e degli obbiettivi
stabiliti dagli organi di governo dell’ente, dovendone predisporre il piano
dettagliato, e a lui rispondono, nell’esercizio delle loro attività, i
dirigenti dell’ente. Ma anche laddove un direttore generale non vi sia, o
comunque il segretario comunale non sia nominato tale, il d.lgs. n. 267 del
2000 richiede a quest’ultimo di sovrintendere allo svolgimento delle funzioni
dei dirigenti, coordinandone l’attività (art. 97, comma 4, del d.lgs. n. 267
del 2000). Funzioni di gestione gli sono affidate, infine, quando sia nominato
responsabile di servizio (art. 97, comma 4, lettera d, del d.lgs. n. 267 del
2000), ciò che accade particolarmente nei Comuni di piccole dimensioni, ove non
vi è personale idoneo ad assumere compiti dirigenziali.
Come è evidente, nei casi in cui sia nominato
anche direttore generale, la specificità della figura del segretario comunale,
già da riconoscergli in virtù delle complessive funzioni svolte, si accentua,
considerando in particolare che il direttore generale è revocabile ad nutum previa deliberazione della giunta comunale e che la
durata del suo incarico, come del resto quella del segretario, non può comunque
eccedere quella del mandato del sindaco (art. 108 del d.lgs. n. 267 del 2000).
In disparte la ovvia possibilità di distinguere le differenti funzioni spettanti
al medesimo soggetto nelle sue distinte vesti di segretario o direttore, e di
prefigurare pertanto per esse separati destini, non si può trascurare come il
doppio incarico contribuisca, nelle ipotesi date, ad accrescere il carattere
fiduciario della stessa funzione di segretario e comunque a confermarne quella
peculiarità, che lo sottrae all’automatica applicazione dei principi elaborati
da questa Corte in tema di spoils system.
Allo stesso modo, a tale automatica applicazione
osta la disposizione del d.lgs. n. 267 del 2000 che prevede, infine e
significativamente, che l’elenco dei compiti che possono essere affidati al
segretario comunale sia "aperto” e perciò modellato anche sulle specifiche
esigenze del Comune, disponendo che egli eserciti ogni altra funzione
attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti o conferitagli dal sindaco (art.
97, comma 4, lettera d, del d.lgs. n. 267 del 2000).
6.– In definitiva, la soluzione censurata
dall’ordinanza di rimessione si presenta come riflesso di un non irragionevole
punto di equilibrio tra le ragioni dell’autonomia degli enti locali, da una
parte, e le esigenze di un controllo indipendente sulla loro attività,
dall’altro. Da questo punto di vista, tenendo conto delle ricordate peculiarità
delle funzioni del segretario comunale, la previsione della sua decadenza alla
cessazione del mandato del sindaco non raggiunge la soglia oltre la quale vi
sarebbe violazione dell’art. 97 Cost., non traducendosi nell’automatica
compromissione né dell’imparzialità dell’azione amministrativa, né della sua
continuità.
Non è quindi fondata la questione di legittimità
costituzionale relativa all’art. 99, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 267 del 2000.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 99, comma 1, del decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti
locali), sollevata, in riferimento all’art. 97 della Costituzione, dal
Tribunale ordinario di Brescia, con l’ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 99, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 267 del
2000 sollevata, in riferimento all’art. 97 Cost., dal Tribunale di Brescia, con
l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 gennaio 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Nicolò ZANON, Redattore
Filomena PERRONE, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 22 febbraio 2019.