SENTENZA N. 143
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 420, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), promosso dalla Regione Puglia con ricorso notificato il 5 marzo 2015, depositato in cancelleria il 6 marzo 2015 ed iscritto al n. 38 del registro ricorsi 2015.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 4 maggio 2016 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;
udito l’avvocato Marcello Cecchetti per la Regione Puglia e l’avvocato dello Stato Beatrice Gaia Fiduccia.
Con il ricorso in epigrafe, resistito dal Presidente del Consiglio dei ministri, la Regione Puglia ha impugnato la legge 23 dicembre 2014 n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), relativamente – tra l’altro e per quanto di interesse nel presente giudizio – al comma 420 del suo art. 1.
La disposizione censurata prevede una serie di specifici divieti di spesa per le Province delle Regioni a statuto ordinario, a decorrere dal 1° gennaio 2015: divieti attinenti (al ricorso) a mutui per spese non rientranti nelle funzioni concernenti determinate materie, a spese per relazioni pubbliche ed attività affini, all’assunzione di dipendenti a tempo indeterminato, anche nell’ambito delle procedure di mobilità, all’acquisizione di personale mediante il ricorso al comando e alla proroga dei comandi cessati.
Di detta norma la ricorrente sospetta – per i profili e con le argomentazioni, illustrati anche con successiva memoria, di cui si dirà nel Considerato in diritto – il contrasto con gli artt. 3, primo comma, 81, ultimo comma, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo, quarto e sesto comma, 118, primo comma, 119, primo, secondo e ultimo comma, oltre che con l’art. 5, comma 1, lettera e), e comma 2, lettera b), della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale) e con gli artt. 9, comma 5, e 10, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione).
1.− L’art. 1, comma 420, della legge 23 dicembre 2014 n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015) – coinvolto nella impugnativa che la Regione Puglia ha proposto avverso anche altre disposizioni (art. 1, commi da 421 a 424 e 427) della stessa legge, il cui esame è riservato a separate decisioni – testualmente così stabilisce:
«A decorrere dal 1° gennaio 2015, alle province delle regioni a statuto ordinario è fatto divieto: a) di ricorrere a mutui per spese non rientranti nelle funzioni concernenti la gestione dell’edilizia scolastica, la costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente, nonché la tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza; b) di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza; c) di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, anche nell’ambito di procedure di mobilità; d) di acquisire personale attraverso l’istituto del comando. I comandi in essere cessano alla naturale scadenza ed è fatto divieto di proroga degli stessi; e) di attivare rapporti di lavoro ai sensi degli articoli 90 e 110 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. I rapporti in essere ai sensi del predetto articolo 110 cessano alla naturale scadenza ed è fatto divieto di proroga degli stessi; f) di instaurare rapporti di lavoro flessibile di cui all’articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni; g) di attribuire incarichi di studio e consulenza».
2.– Secondo la ricorrente, la disposizione denunciata violerebbe, nel suo complesso:
gli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost., per il vulnus che arrecherebbe all’autonomia legislativa regionale in materia di «coordinamento della finanza pubblica», con l’imporre «vincoli puntuali a determinate voci di spesa»;
l’art. 119, primo comma, Cost., per la radicale negazione, che ne deriverebbe, dell’autonomia finanziaria, sul versante della spesa, riconosciuta alle Province;
gli artt. 3, primo comma, e 81, ultimo comma, Cost., nonché l’art. 5, comma 1, lettera e), della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta Costituzionale) e l’art. 9, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione), in quanto «pone divieti di spesa che: a) non trovano corrispondenza in divieti introdotti per le amministrazioni statali e, quindi, non sono posti sulla base di criteri analoghi a quelli previsti per queste ultime; b) sono assolutamente rigidi e si applicano uniformemente a tutti gli enti provinciali, non tenendo, quindi, in conto alcun “parametro di virtuosità”»;
in via subordinata, gli stessi artt. 3, primo comma, e 81, ultimo comma, oltre all’art. 119, primo e secondo comma, Cost., e gli artt. 9, comma 5, e 10, comma 1, della legge n. 243 del 2012 e 5, comma 2, lettera e) e comma 2, lettera b), della l. cost. n. 1 del 2012, in quanto «i precetti posti dalla legge statale nell’ambito delle nuove competenze assegnate allo Stato dalla riforma costituzionale del 2012 devono comunque salvaguardare un ambito di autodeterminazione, sul versante della spesa, agli enti di cui all’art. 119, primo comma, Cost.»: ciò che non avverrebbe nel caso del censurato comma 420.
2.1.– Con più specifico riguardo alle prescrizioni di cui alle lettere c), d), e) ed f), sostiene poi la Regione Puglia che la disposizione impugnata si ponga, altresì, in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera p), e quarto comma, Cost., per il vulnus arrecato alla competenza legislativa regionale in materia di “organizzazione amministrativa delle Province”; e con gli artt. 114, secondo comma, 117, sesto comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto il divieto assoluto, per le Province, di assumere personale in qualunque forma e tipo di rapporto di lavoro, comporterebbe la negazione in radice di un aspetto essenziale dell’autonomia organizzativa di tali enti.
2.2.– Con riferimento, infine, al divieto del ricorso al mutuo sub lettera a), il comma 420 dell’art. 1 della legge in esame è censurato dalla ricorrente per «violazione dell’art. 10, comma 1, della legge n. 243 del 2012, degli articoli 81, ultimo comma, 117, terzo comma, e 119, primo, secondo e ultimo comma, Cost., nonché dell’art. 5, comma 2, lett. b), della legge cost. n. 1 del 2012», in quanto tale divieto sarebbe illegittimamente esteso alle «spese di investimento», in relazione alle quali il citato art. 119 Cost. riconosce, invece, un potere di indebitamento delle Province; e perché, comunque, il legislatore statale, se può prevedere “modalità” e “limiti” relativamente all’indebitamento degli enti territoriali, non potrebbe, al di là di ciò, direttamente introdurre – come viceversa avrebbe fatto con la disposizione denunciata – divieti puntuali di indebitamento.
3.– L’Avvocatura generale dello Stato, per il costituito Presidente del Consiglio dei ministri, ha, in via pregiudiziale, eccepito l’inammissibilità delle censure relative alle denunciate violazioni «degli artt. 81, 3 e 97 della Costituzione e della L. Costit. n. 1/2012», in ragione del principio che vieta alle Regioni di far valere, nei giudizi in via principale, il contrasto con le norme costituzionali diverse da quelle contenute negli artt. 117, 118 e 119 Cost., ove queste non abbiano una diretta ricaduta, in senso limitativo, sulle competenze legislative regionali.
Nel merito ha contestato che la disposizione impugnata violi alcuno dei plurimi evocati parametri costituzionali, in quanto i divieti, in essa individuati, andrebbero «considerati nel loro insieme e in relazione al risultato finale perseguito, ovvero la tenuta e la solidità complessiva del sistema della finanza pubblica, nell’ambito del […] delicato processo di riassetto territoriale e istituzionale in corso» a seguito dell’entrata in vigore della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), che ha superato lo scrutinio di costituzionalità con la sentenza n. 50 del 2015.
Per cui quelli censurati sarebbero vincoli comunque ascrivibili all’ambito dei principi di coordinamento della finanza pubblica, poiché adottati dal legislatore «per realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario», in un ambito che «per sua natura eccede le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali».
4.– Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa dello Stato:
quanto all’art. 97 Cost., perché tale parametro non è richiamato dalla ricorrente relativamente alla disposizione qui in esame;
quanto agli artt. 3 e 81 Cost., nonché alle suddette disposizioni della l. cost. n. 1 del 2012, perché il contrasto della norma impugnata con detti parametri è denunciato, e motivato, in ragione della compromissione, che ne deriverebbe agli enti territoriali, della loro autonomia finanziaria, per il profilo della spesa.
5.– Nel merito, la disposizione di cui all’impugnato comma 420 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014 resiste ad ogni censura formulata dalla Regione Puglia.
5.1.– Non sussiste, in primo luogo, la denunciata violazione della potestà legislativa concorrente della Regione nella materia «coordinamento della finanza pubblica» (artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost.).
I divieti di spesa e di nuove assunzioni, imposti alle Province delle Regioni a statuto ordinario dalla norma scrutinata, non sono, infatti, riconducibili, come si pretende dalla ricorrente, alla categoria delle «norme di dettaglio», poiché – nel contesto attuativo della riforma degli enti di area vasta operata dalla legge n. 56 del 2014 (in vista, peraltro, della futura soppressione delle stesse Province) – si innestano, viceversa, come «principi fondamentali», funzionali alla realizzazione di quel disegno riformatore.
La predisposizione dei vincoli di indebitamento in esame risponde, appunto, all’obiettivo della realizzazione in concreto della finalità del coordinamento finanziario all’interno dell’avviato procedimento di progressiva e graduale estinzione dell’ordinamento e della organizzazione delle Province. E ciò, dunque, ne postula il “carattere generale” e la conseguente riconducibilità alla competenza dello Stato, il quale soltanto può legittimamente provvedere in modo uniforme per tutti gli enti interessati dalla riforma (sentenza n. 50 del 2015).
5.2.– Non ricorre neppure la lamentata violazione dell’art. 119, secondo comma, Cost., poiché l’intervento statale non elide ogni forma di autonomia finanziaria delle Province, atteso che il divieto del ricorso a mutui (giustificato, per quanto già detto, dalle finalità di cui sopra) è, comunque, limitato a funzioni diverse da quelle (di prioritaria importanza) di cui alla lettera a) del censurato comma 420, in relazione alle quali è ragionevole che l’indebitamento sia escluso anche per finalità di investimento.
5.3.– Del pari non fondate sono le doglianze che convergono nel sospetto di violazione degli artt. 3, primo comma, e 81, ultimo comma, Cost., in relazione all’art. 5, comma 1, lettera a), e comma 2, lettera b), della l. cost. n. 1 del 2012 e agli artt. 9, comma 5, e 10, comma 1, della legge n. 243 del 2012.
Anche per tale profilo deve tenersi conto dell’obiettivo finale e unitario – che la disposizione censurata concorre a perseguire – di progressiva riduzione e razionalizzazione delle spese delle Province, in considerazione della programmata loro soppressione previa cancellazione dalla Carta costituzionale come enti costitutivi della Repubblica. È in ragione di ciò, infatti, che risultano improponibili, sia la comparazione, che la ricorrente pretende di operare, tra detti enti territoriali e le amministrazioni statali – le quali non sono interessate da un analogo disegno riformatore volto alla loro soppressione – sia la suddistinzione, che a torto si lamenta pretermessa, nell’ambito delle Province, in base a parametri di virtuosità.
5.4.– Anche rispetto alle censure più specificamente rivolte ai divieti di acquisizione di nuovo personale, di cui alle lettere c), d), e) ed f) del comma 420, l’art. 1 della legge impugnata – lungi dall’essere rivolto, come la ricorrente lamenta, alla mera organizzazione dell’ente locale – è, viceversa, connotato dalla finalità, che lo giustifica, di garantire, come detto, il coordinamento della finanza pubblica, atteso che, come già altre volte sottolineato, la spesa per il personale costituisce non già una minuta voce di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa di parte corrente, con la conseguenza che le disposizioni relative al suo contenimento assurgono a principio fondamentale della legislazione statale (sentenze n. 69 del 2011 e n. 169 del 2007). E ciò senza che rilevi, in contrario, che le disposizioni denunciate possano avere influenza sull’organizzazione dell’ente territoriale, risolvendosi una tale evenienza in una circostanza di fatto, come tale non rilevante sul piano della legittimità costituzionale (sentenze n. 169 e n. 95 del 2007, n. 417 del 2005, n. 353 e n. 36 del 2004).
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni promosse dalla Regione Puglia con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 420, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), promosse – in riferimento agli artt. 3, primo comma, 81, ultimo comma, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo, quarto e sesto comma, 118, primo comma, e 119, primo, secondo e ultimo comma, Cost., oltre all’art. 5, comma 1, lettera e), e comma 2, lettera b), della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), e agli artt. 9, comma 5, e 10, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione) – dalla Regione Puglia, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 16 giugno 2016.