Ordinanza n. 93 del 2016

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ORDINANZA N. 93

ANNO 2016

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo                          GROSSI                                Presidente

-           Giuseppe                    FRIGO                                     Giudice

-           Alessandro                 CRISCUOLO                                           ”

-           Giorgio                       LATTANZI                                   ”

-           Aldo                           CAROSI                                        ”

-           Marta                          CARTABIA                                  ”

-           Mario Rosario             MORELLI                                     ”

-           Giancarlo                    CORAGGIO                                 ”

-           Giuliano                      AMATO                                        ”

-           Silvana                                   SCIARRA                                     ”

-           Daria                           de PRETIS                                     ”

-           Nicolò                         ZANON                                         ”

-           Franco                        MODUGNO                                  ”

-           Augusto Antonio       BARBERA                                    ”

-           Giulio                         PROSPERETTI                             ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), in combinato disposto con gli artt. 28 e 38, commi 2 e 4 (recte: secondo e terzo comma), del codice di procedura civile promosso dal Giudice di pace di Campana, nel procedimento vertente tra A.M.A. e il Comune di Melissa, con ordinanza del 29 aprile 2015, iscritta al n. 209 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 aprile 2016 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera.

Ritenuto che il Giudice di pace di Campana, con ordinanza del 29 aprile 2015, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 102 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), in combinato disposto con gli artt. 28 e 38, secondo e quarto comma (recte: secondo e terzo comma), del codice di procedura civile, nella parte in cui attribuiscono la cognizione dell’opposizione in materia di sanzioni amministrative per la violazione di norme del codice della strada alla competenza per territorio inderogabile del giudice del luogo in cui è stata commessa, con conseguente rilevabilità di ufficio dell’incompetenza;

che, secondo il giudice a quo, A.M.A. ha proposto opposizione avverso il verbale di contestazione della violazione di norme del codice della strada, accertata dalla Polizia municipale del Comune di Melissa nel territorio di quest’ultimo, e nel giudizio – precisa l’ordinanza di rimessione – «si costituiva ritualmente» l’opposto, eccependo «l’incompetenza territoriale del Giudice adito, per essere competente il Giudice di pace di Crotone (Kr) quale foro del luogo di commissione della violazione, in Torre Melissa (Kr)», e chiedendo «pronunciarsi declaratoria di incompetenza territoriale del giudice adito in favore del giudice di pace di Crotone»;

che, a suo avviso, dovendo decidere l’eccezione di incompetenza per territorio proposta dal convenuto, sarebbero applicabili le suindicate norme, in «combinato disposto», quindi, la sollevata questione di legittimità costituzionale sarebbe rilevante;

che, secondo il rimettente, l’eccezione del Comune di Melissa «si fonda sull’assunto» che la regola di competenza in esame – in passato dettata dall’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), ora stabilita dal citato art. 7, comma 2, per le controversie aventi ad oggetto le opposizioni ex art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) – è inderogabile;

che l’incompetenza per territorio è rilevabile d’ufficio nei casi previsti dall’art. 28 cod. proc. civ., che rinvia, per l’individuazione degli stessi, a quelli in cui «l’inderogabilità sia disposta “espressamente” dalla legge», mentre, sostiene il rimettente, «nelle disposizioni in questione […] non si rinviene l’espressa comminatoria di inderogabilità» della competenza per territorio;

che, ad avviso del giudice a quo, «se interpretato nel senso dell’inderogabilità e della conseguente rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza per territorio, il combinato disposto delle norme impugnate privilegia ingiustificatamente la Pubblica Amministrazione in quanto verrebbe fortemente limitato e [reso] particolarmente difficoltoso il diritto alla difesa costituzionalmente garantito ai cittadini dall’art. 24 e si determinerebbe una disparità di trattamento ai sensi dell’art. 3 della Costituzione, in relazione alle ipotesi di derogabilità rilevabile su rituale eccezione di parte»;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, contestando l’ammissibilità della questione, in quanto il Comune di Melissa ha tempestivamente eccepito l’incompetenza per territorio e, quindi, il rimettente non può, né deve rilevarla di ufficio, sicché non sarebbe applicabile il censurato «combinato disposto» e, inoltre, non sono indicate le ragioni della denunciata violazione dell’art. 102 Cost.;

che, a suo avviso, la questione non è comunque meritevole di accoglimento, poiché questa Corte ha dichiarato manifestamente infondate censure sostanzialmente identiche a quelle proposte dal rimettente (sono richiamate le ordinanze n. 74 del 2011; n. 114 del 2005; n. 130 del 2004 e n. 459 del 2002).

Considerato che il Giudice di pace di Campana ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 102 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), in combinato disposto con gli artt. 28 e 38, secondo e quarto comma (recte: secondo e terzo comma), del codice di procedura civile, nella parte in cui attribuiscono la cognizione dell’opposizione in materia di sanzioni amministrative per la violazione di norme del codice della strada alla competenza per territorio inderogabile del giudice del luogo in cui è stata commessa, con conseguente rilevabilità di ufficio dell’incompetenza;

che la questione di legittimità costituzionale degli artt. 28 e 38, secondo comma, cod. proc. civ. è manifestamente inammissibile, in quanto investe due disposizioni inconferenti (tra le più recenti, ordinanze n. 269 e n. 128 del 2015): la prima stabilisce, infatti, l’inderogabilità della competenza per territorio nei casi in cui essa è «disposta espressamente dalla legge» e, dunque, la norma che la prevede in relazione al processo principale è esclusivamente il citato art. 7, comma 2; la seconda disciplina un profilo che non viene in rilievo nel processo principale;

che l’indicazione del comma quarto dell’art. 38 cod. proc. civ. è invece frutto di mero errore, irrilevante ai fini della corretta identificazione della norma censurata (sentenza n. 216 del 2015), precisamente individuata dall’ordinanza di rimessione nel terzo comma, mediante la riproduzione del contenuto precettivo dello stesso, applicabile, secondo un orientamento, nei giudizi che (quale quello principale) devono essere trattati nell’osservanza del rito del lavoro, ma non hanno ad oggetto controversie riconducibili a quelle oggetto dell’art. 409 cod. proc. civ.;

che la questione avente ad oggetto i citati artt. 7, comma 2, e 38, terzo comma, è manifestamente inammissibile;

che tali norme sono state, infatti, impugnate in quanto prevedrebbero l’inderogabilità della regola di competenza per territorio in esame e, quindi, la rilevabilità d’ufficio da parte del giudice della violazione della medesima, ma l’ordinanza di rimessione – cui deve aversi riguardo, in ragione del principio di autosufficienza (tra le molte, ordinanze n. 55 del 2016, n. 270 del 2015) – indica che nel giudizio «si costituiva ritualmente l’opposto Comune di Melissa» e, «nella comparsa di risposta tempestivamente depositata, entro il termine di 10 giorni prima dell’udienza di prima comparizione, fissato dall’art. 416 c.p.c.», eccepiva «l’incompetenza territoriale del Giudice adito, per essere competente il Giudice di pace di Crotone»;

che dunque, come esattamente eccepito dall’Avvocatura generale dello Stato, essendo stata ritualmente e tempestivamente proposta dal convenuto eccezione di incompetenza per territorio, non viene in rilievo la denunciata rilevabilità d’ufficio della stessa e, appunto per questo, il rimettente non deve fare uso del relativo, censurato, potere, con conseguente difetto di rilevanza della questione;

che ulteriore motivo di inammissibilità va ravvisato nella totale carenza di indicazione delle ragioni della non manifesta infondatezza della questione riferita all’art. 102 Cost. (parametro, peraltro, palesemente inconferente) e nel difetto di adeguata motivazione in ordine alla ravvisata lesione degli altri parametri evocati (artt. 3 e 24 Cost.), soltanto assertivamente denunciata (ex plurimis, ordinanze n. 91 e n. 52 del 2015), non avendo il rimettente neppure considerato le ordinanze di questa Corte, che hanno dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge n. 689 del 1981 (il cui contenuto precettivo, in parte qua, è stato riprodotto dal citato art. 7, comma 2), in quanto la scelta del legislatore «si risolve nell’applicazione del tradizionale criterio del locus commissi delicti, ancorato ad un riferimento oggettivo desunto dalla vicenda oggetto di giudizio e (almeno di norma) di facile applicazione» e costituisce «espressione di corretto esercizio della discrezionalità spettante al legislatore in tema di regolazione della competenza in generale ed in particolare di quella territoriale […] essendo del tutto ragionevole che nel luogo in cui si è tenuto il comportamento sanzionato […] si discuta della legittimità della pretesa punitiva esercitata» (ordinanza n. 459 del 2002; si vedano anche le ordinanze n. 74 del 2011; n. 114 del 2005; n. 130 e n. 61 del 2004; n. 259, n. 193 e n. 75 del 2003).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), in combinato disposto con gli artt. 28 e 38, secondo e terzo comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 102 della Costituzione, dal Giudice di pace di Campana, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 aprile 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Augusto Antonio BARBERA, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 22 aprile 2016.