Ordinanza n. 459/2002

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ORDINANZA N.459

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

- Cesare                         RUPERTO                 Presidente

- Riccardo                     CHIEPPA                  Giudice

- Gustavo                      ZAGREBELSKY                  "

- Valerio                        ONIDA                                  "

- Carlo                           MEZZANOTTE                    "

- Fernanda                     CONTRI                                "

- Guido                          NEPPI MODONA                "

- Piero Alberto              CAPOTOSTI                         "

- Annibale                     MARINI                                "

- Franco                         BILE                                       "

- Giovanni Maria          FLICK                                               "

- Francesco                    AMIRANTE                          "

- Ugo                             DE SIERVO                          "

- Romano                      VACCARELLA                    "

- Paolo                           MADDALENA                     "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) e successive modificazioni, promossi con ordinanze emesse il 3 e il 17 luglio, il 18 settembre e il 4 dicembre 2001 dal Giudice di pace di Trino, il 7 febbraio 2002 dal Giudice di pace di Varallo, l’11 dicembre 2001, l’8 (n. 2 ordinanze) e il 22 gennaio 2002 e il 12 febbraio 2002 dal Giudice di pace di Trino, rispettivamente iscritte ai numeri 936, 937 e 938 del registro ordinanze 2001 ed ai numeri 122, 220, 221, 222, 223, 224 e 225 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2001 e numeri 13 e 20, prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 settembre 2002 il Giudice relatore Franco Bile.

Ritenuto che con le ordinanze indicate in epigrafe il Giudice di pace di Trino e quello di Varallo hanno sollevato - in riferimento agli articoli 3, 11, 24, 25 e 111 della Costituzione - la medesima questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui attribuisce <<al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione, individuato a norma dell’art. 22-bis>> la competenza sulle opposizioni avverso le sanzioni amministrative;

che le ordinanze sono state pronunciate nel corso di giudizi introdotti con ricorsi di opposizione a sanzioni amministrative irrogate per violazioni del codice della strada;

che, in particolare, le opposizioni sono state proposte, nei giudizi di cui alle ordinanze nn. 936, 938, 122 e 221, nei confronti di diversi Comuni, contro cartelle esattoriali emesse dall’esattore comunale, per violazione accertata dalla polizia municipale; nei giudizi di cui alle ordinanze nn. 220, 222, 223 e 224, nei confronti di diversi Comuni, contro verbali di contestazione elevati dalla polizia municipale; e nei giudizi di cui alle ordinanze nn. 937 e 225 nei confronti rispettivamente del Prefetto di Novara e di quello di Vercelli, contro verbali di contestazione elevati dalla polizia stradale;

che i rimettenti (che peraltro risultano essere la stessa persona fisica) – dando atto in ciascuna ordinanza che l’opponente è residente e domiciliato in località diversa da quella in cui è stata commessa la violazione contestata - ritengono che la circostanza rilevi al fine di sollevare la questione di costituzionalità in relazione agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione;

che, al riguardo, fanno espresso riferimento all’ordinanza del Giudice di pace di Grosseto che aveva sollevato la stessa questione di legittimità costituzionale – dichiarata dalla Corte manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza, con l’ordinanza n. 20 del 2002 – e di tale provvedimento di rimessione riproducono integralmente sia la motivazione che il dispositivo, nel quale sono invocati anche gli artt. 11 e 111 della Costituzione;

che i Giudici rimettenti – premesso che l’art. 98 del decreto legislativo 30 dicembre 1998, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), ha riattribuito al giudice di pace la competenza per materia sulle <<opposizioni alle ordinanze-ingiunzione di cui all’art. 22>> - ritengono la questione non manifestamente infondata, in quanto la disciplina del giudizio di opposizione, <<con particolare riguardo all’obbligo di adire il giudice del luogo in cui è stata commessa la presunta violazione>>, privilegia il foro della amministrazione e rende <<particolarmente difficoltoso al ricorrente esercitare direttamente il suo diritto di difesa, in violazione degli art. 24 e 111, comma 2, della Costituzione>>;

che infatti, secondo i rimettenti, l’attribuzione della competenza al foro della commessa violazione contrasta con i principi del giusto processo e della buona ed imparziale amministrazione della giustizia, <<di cui anche alla Convenzione di Roma per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali>>, non essendo al presunto responsabile garantita una posizione paritaria rispetto alla amministrazione;

che inoltre la regola di competenza territoriale (vantaggiosa per l’amministrazione, i cui funzionari sarebbero facilitati dalla vicinanza all’ufficio giudiziario nel reperimento delle prove e nell’attività processuale) si giustifica solo nelle controversie di opposizione rimaste di competenza del tribunale, mentre penalizza l’opponente nelle controversie per violazioni di minore gravità attribuite al giudice di pace;

che in ciascun giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato memorie sostanzialmente di identico contenuto, affermando che la questione è inammissibile e comunque infondata nel merito, in quanto la discrezionalità legislativa, nella specie, non è stata esercitata in modo irragionevole, essendo la regola del locus commissi delicti, seguita dalla norma censurata, coerente ai principi processuali generali desumibili dagli artt. 20 del codice di procedura civile e 8 del codice di procedura penale.

Considerato che le ordinanze di rimessione propongono la medesima questione di legittimità costituzionale e, pertanto, i giudizi devono essere riuniti;

che la questione riguarda l’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui attribuisce la cognizione dell’opposizione in materia di sanzioni amministrative alla competenza per territorio del giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione, anziché a quello di residenza dell’opponente;

che, per quanto concerne la rilevanza, le ordinanze motivano sufficientemente, ponendo in rilievo come le opposizioni siano state tutte proposte in violazione della regola di competenza posta dalla norma impugnata, e pertanto non sussistono le ragioni per le quali altra volta la Corte ha dichiarato la medesima questione manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza (ordinanza n. 20 del 2002);

che - secondo i giudici rimettenti – la regola di competenza in esame viola gli artt. 3, 11, 24, 25 e 111, secondo comma, della Costituzione;

che la violazione degli artt. 3, 24 e 111, secondo comma, Cost. è rispettivamente prospettata sotto il profilo della violazione del principio di ragionevolezza, del diritto di agire e difendersi in giudizio e del principio della parità delle parti;

che la questione è manifestamente infondata;

che, infatti, la scelta di radicare la competenza territoriale in materia di opposizione a sanzioni amministrative nel luogo della commessa violazione si risolve nell’applicazione del tradizionale criterio del locus commissi delicti, ancorato ad un riferimento oggettivo desunto dalla vicenda oggetto di giudizio e (almeno di norma) di facile applicazione (cfr. art. 20 cod. proc. civ. e art. 8, comma 1, cod. proc. pen.);

che tale scelta è espressione di corretto esercizio della discrezionalità spettante al legislatore in tema di regolazione della competenza in generale ed in particolare di quella territoriale;

che siffatta discrezionalità incontra il solo limite della ragionevolezza (cfr. ordinanze n. 241 del 1993 e n. 126 del 1999 e sentenza n. 452 del 1997) e che, nella specie, questo limite è rispettato, essendo del tutto ragionevole che nel luogo in cui si è tenuto il comportamento sanzionato, ivi si discuta della legittimità della pretesa punitiva esercitata;

che, per le precedenti considerazioni, la scelta del legislatore non lede neppure il principio di parità delle parti, non essendo motivata - come ritiene il rimettente - dall’esigenza di favorire l’amministrazione che contesta la violazione;

che, in ordine agli artt. 11 e 25 della Costituzione, le ordinanze di rimessione non contengono alcuna motivazione, onde la relativa questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge 24 novembre 1989, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice di pace di Trino e dal Giudice di pace di Varallo, con le ordinanze in epigrafe;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge 24 novembre 1989, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento agli artt. 11 e 25 della Costituzione, dal Giudice di pace di Trino e dal Giudice di pace di Varallo, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 novembre 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 19 novembre 2002.