Ordinanza n. 92 del 2016

ORDINANZA N. 92

ANNO 2016

 

Commento alla decisione di

Pier Luigi Tomaiuoli

L’insussistenza del diritto vivente al momento della rimessione e il suo mutamento successivo (nota a Corte costituzionale n. 92 del 2016)

 

in questa rivista, Studi 2017/I

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-   Paolo                GROSSI                                  Presidente

-   Giuseppe           FRIGO                                      Giudice

-   Alessandro        CRISCUOLO                                 ”

-   Giorgio             LATTANZI                                    ”

-   Aldo                 CAROSI                                         ”

-   Marta                CARTABIA                                    ”

-   Mario Rosario    MORELLI                                      ”

-   Giancarlo          CORAGGIO                                   ”

-   Giuliano            AMATO                                         ”

-   Silvana              SCIARRA                                      ”

-   Daria                 de PRETIS                                     ”

-   Nicolò               ZANON                                         ”

-   Franco               MODUGNO                                   ”

-   Augusto Antonio BARBERA                                   ”

-   Giulio               PROSPERETTI                               ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 4-bis, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), introdotto dall’art. 1, comma 1, lettera a), numero 2), del decreto legislativo 14 settembre 2012, n. 160 (Modifiche al codice del processo amministrativo di cui all’allegato 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, nel procedimento vertente tra la DE.SA.MA. Costruzioni srl e il Ministero dell’interno ed altri, con ordinanza del 16 maggio 2014, iscritta al n. 191 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2014.

Visti l’atto di costituzione della DE.SA.MA. Costruzioni srl, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 5 aprile 2016 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio; 

udito l’avvocato dello Stato Agnese Soldani per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, adito da una impresa destinataria di una informativa antimafia adottata dalla Prefettura di Napoli e dei conseguenti atti di risoluzione di due contratti d’appalto stipulati con l’Azienda regionale territoriale per l’edilizia (ARTA) della Provincia di Savona, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, primo comma, e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 4-bis, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), «che, secondo l’interpretazione assunta dal diritto vivente, attrae alla competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l’interesse a ricorrere quella relativa agli atti presupposti dallo stesso provvedimento, anche nel caso di connessione fra atto principale e atti consequenziali, fatta solamente eccezione per l’impugnazione di atti normativi o generali»;

che, in punto di fatto, il rimettente ha esposto di essere investito del giudizio di annullamento degli atti citati in forza di riassunzione operata dalla parte ricorrente a seguito della pronuncia del Consiglio di Stato, che, adito con regolamento di competenza, aveva riformato l’ordinanza del TAR Liguria dichiarativa della propria incompetenza in favore di quella del TAR Campania;

che la questione di legittimità costituzionale sarebbe rilevante perché, essendosi il giudice di secondo grado basato sulla disposizione processuale in esame, il suo accoglimento comporterebbe il trasferimento del giudizio al Tribunale campano;

che la norma impugnata violerebbe il principio di ragionevolezza perché: a) nel caso di impugnazione congiunta di informativa antimafia e atti consequenziali, anziché valorizzare il legame del giudice con la realtà del territorio in cui opera, opta per l’attribuzione della lite a un Tribunale che può essere assai lontano dal luogo in cui si è svolta la vicenda all’origine del contenzioso, ossia distante dalle autorità amministrative e di polizia che hanno curato gli accertamenti istruttori sfociati nell’adozione dell’informativa antimafia, per ciò solo «non altrettanto idoneo a fornire una risposta di giustizia adeguata al caso concreto»; b) nel caso in cui la medesima informativa antimafia abbia dato luogo all’adozione di distinte misure rescissorie da parte di più amministrazioni aventi sede in diverse circoscrizioni di TAR, vi é il rischio di un contrasto di giudicati;

che la norma censurata violerebbe, sotto altro profilo, il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. e il principio del giudice naturale precostituito per legge di cui all’art. 25, primo comma, Cost., perché finisce con l’affidare il giudizio sulla legittimità dell’informativa antimafia in modo del tutto casuale al TAR chiamato per primo a decidere;

che, infine, a giudizio del Tribunale a quo, l’art. 13, comma 4-bis, del d.lgs. n. 104 del 2010 viola anche il «canone della piena ed effettiva tutela giurisdizionale affermato» dagli artt. 24 e 111, primo comma, Cost., poiché rende eccessivamente difficoltoso l’esercizio del diritto delle parti di agire e resistere in giudizio a tutela delle loro posizioni soggettive, nella misura in cui costringe: 1) l’impresa colpita dall’informativa ad adire un Tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ha sede l’autorità prefettizia emanante, coincidente di massima con la sede dell’impresa medesima, ovvero, nel caso di atti applicativi provenienti da diverse stazioni appaltanti, a impugnare l’informativa dinanzi a diversi Tribunali, con sensibile aggravio di spese; 2) la Prefettura, in caso di impugnazione dell’informativa con più ricorsi, a svolgere le proprie difese in diverse sedi giurisdizionali; 3) le stazioni appaltanti, diverse da quella chiamata in causa nel giudizio innanzi al TAR che si pronuncia per primo sulla domanda di annullamento dell’informativa, a subire gli effetti di tale pronuncia senza potere partecipare al processo;

che si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, il quale, ha concluso per l’inammissibilità per difetto di rilevanza, per insussistenza del diritto vivente assunto come tale dal rimettente e, in ogni caso, per suo mutamento sopravvenuto all’ordinanza di rimessione, o, in subordine, per la non fondatezza della questione sollevata;

che si è costituita anche la DE.SA.MA. Costruzioni srl, ricorrente nel giudizio a quo, eccependo l’inammissibilità della questione per difetto di rilevanza e la sua non fondatezza nel merito.

Considerato che la questione sollevata è manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza, perché, come eccepito dall’Avvocatura generale dello Stato, il giudice rimettente non deve fare applicazione delle norma sospettata di illegittimità costituzionale;

che, infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 270 del 2014, n. 294 e n. 247 del 1995, n. 25 del 1989, n. 237 del 1976 e n. 116 del 1974; ordinanza n. 332 del 1987), ignorata dal rimettente, laddove il giudice del rinvio sia vincolato dalla decisione del giudice superiore e non debba applicare le norme oggetto di tale decisione, «ogni ulteriore indagine sul punto deve ritenersi definitivamente preclusa e quindi nessuna influenza potrebbe avere una qualsiasi pronuncia di questa Corte nel giudizio a quo» (sentenza n. 294 del 1995);

che tale è la situazione nel caso di specie, posto che, da un lato, ai sensi dell’art. 16, comma 3, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), «La pronuncia sulla competenza resa dal Consiglio di Stato […] vincola i tribunali amministrativi regionali»; e, dall’altro, come in ogni ipotesi di regolamento di competenza o di giurisdizione, la questione decisa dal giudice superiore non è più oggetto della cognizione devoluta al giudice del rinvio;

che, da altra angolazione, «sub specie di giudizio di costituzionalità, la questione in esame si traduce in realtà nella richiesta a questa Corte di operare una sorta di “revisione in grado ulteriore” della sentenza […] che ha dato origine al giudizio a quo, e cioè di svolgere un ruolo di giudice dell’impugnazione che ovviamente non le compete» (sentenza n. 294 del 1995).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 4-bis, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), introdotto dall’art. 1, comma 1, lettera a), numero 2), del decreto legislativo 14 settembre 2012, n. 160, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, primo comma, e 111 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 22 aprile 2016.