SENTENZA N. 158
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Paolo GROSSI Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo 27 marzo 2014, n. 15 (Modifica ed integrazione alla L.R. 29.7.2011, n. 23 “Riordino delle funzioni in materia di aree produttive” e modifica alla L.R. 17.12.1997, n. 143 “Norme in materia di riordino territoriale dei Comuni: Mutamenti delle circoscrizioni, delle denominazioni e delle sedi comunali. Istituzione di nuovi Comuni, Unioni e Fusioni”), nonché, specificamente, dell’art. 1, comma 1, lettera b) della medesima legge regionale, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 9-11 giugno 2014, depositato in cancelleria il 17 giugno 2014 ed iscritto al n. 45 del registro ricorsi 2014.
Udito nell’udienza pubblica del 23 giugno 2015 il Giudice relatore Daria de Pretis;
udito l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 9-11 giugno, depositato il 17 giugno 2014 e iscritto al n. 45 del registro ricorsi 2014, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’intero testo della legge della Regione Abruzzo 27 marzo 2014, n. 15 (Modifica ed integrazione alla L.R. 29 luglio 2011, n. 23 “Riordino delle funzioni in materia di aree produttive” e modifica alla L.R. 17 dicembre 1997, n. 143 “Norme in materia di riordino territoriale dei Comuni: Mutamenti delle circoscrizioni, delle denominazioni e delle sedi comunali. Istituzione di nuovi Comuni, Unioni e Fusioni”), per violazione dell’art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo 28 dicembre 2006, in riferimento agli artt. 121, 122 e 123 della Costituzione, nonché in via subordinata l’art. 1, comma 1, lettera b) della medesima legge regionale, per violazione degli artt. 75 e 117, secondo comma, lettere e), l) ed s), Cost.
1.1.– Quanto all’impugnazione della legge regionale nella sua interezza, il ricorrente osserva che, essendo il mandato elettivo del Consiglio della Regione Abruzzo pervenuto alla sua naturale scadenza il 15 dicembre 2013 e recando la legge impugnata la data 27 marzo 2014 (con pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione 9 aprile 2014), troverebbe applicazione l’art. 86, comma 3, dello Statuto regionale, secondo cui «nei casi di scioglimento anticipato e di scadenza della Legislatura: a) le funzioni del Consiglio regionale sono prorogate, secondo le modalità disciplinate nel Regolamento, sino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni limitatamente agli interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea, a disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque, presentano il carattere della urgenza e necessità; b) le funzioni del Presidente e della Giunta regionale sono prorogate sino alla proclamazione del nuovo Presidente della Regione limitatamente all’ordinaria amministrazione e agli atti indifferibili […]».
Nel caso di specie, dalla lettura del provvedimento legislativo in esame non emergerebbe (né sarebbe stato evidenziato, ad esempio nei lavori preparatori) alcuno dei presupposti riguardanti una sua supposta natura di indifferibilità ed urgenza o di atto dovuto o riferibile a situazioni di estrema gravità, tali da non consentirne un rinvio, a pena di un grave danno alla collettività regionale o al funzionamento dell’ente, che soli ne giustificherebbero l’adozione da parte dell’organo legislativo in prorogatio.
1.2.– A prescindere da tale assorbente ragione, il Governo lamenta inoltre l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo n. 15 del 2014 limitatamente alla disposizione contenuta nell’art. l, comma l, lettera b), sotto diversi profili.
In primo luogo, la Regione, dettando norme sulla gestione delle infrastrutture idriche e sulla determinazione delle tariffe per gli utenti del servizio idrico integrato, avrebbe invaso la competenza esclusiva dello Stato in tema di «tutela della concorrenza e di tutela dell’ambiente» di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s) Cost.
Inoltre, l’articolo impugnato, rinviando con effetto legificante ai criteri tariffari previsti dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 1° agosto 1996 (Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato), tra i quali vi è la remunerazione del capitale, avrebbe reintrodotto di fatto tale componente tariffaria, espunta dal referendum del giugno 2011, il cui esito è stato proclamato con decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2011, n. 116 (Abrogazione parziale, a seguito di referendum popolare, del comma 1 dell’articolo 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito), in palese violazione del divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare, desumibile dall’art. 75 Cost.
Da ultimo, nel prevedere che le infrastrutture idriche, fognarie, e gli impianti di depurazione restino di proprietà dell’ARAP (Agenzia regionale delle aree produttive, istituita dalla legge regionale Abruzzo 29 luglio 2011, n. 23 - Riordino delle funzioni in materia di aree produttive) e che questa «provved[a] alla relativa gestione», la disposizione violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la legislazione in materia di «tutela della concorrenza» e di «ordinamento civile». Difatti, per un verso la concessione d’uso a titolo gratuito delle infrastrutture sarebbe la sola tipologia di trasferimento possibile (mentre la proprietà delle stesse dovrebbe restare in capo ai soggetti consorziati, ovvero agli enti locali); per altro verso, l’affidamento diretto del servizio all’ARAP eluderebbe le norme statali e comunitarie che prevedono l’obbligo di procedere mediante gara, trattandosi di un servizio pubblico di rilevanza economica.
2.– La Regione Abruzzo non si è costituita in giudizio.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, in primo luogo, l’intero testo della legge della Regione Abruzzo 27 marzo 2014, n. 15 (Modifica ed integrazione alla L.R. 29 luglio 2011, n. 23 “Riordino delle funzioni in materia di aree produttive” e modifica alla L.R. 17 dicembre 1997, n. 143 “Norme in materia di riordino territoriale dei Comuni: Mutamenti delle circoscrizioni, delle denominazioni e delle sedi comunali. Istituzione di nuovi Comuni, Unioni e Fusioni”), per violazione dell’art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo 28 dicembre 2006, in riferimento agli artt. 121, 122 e 123 della Costituzione.
Il ricorrente premette che la legge impugnata è stata approvata dal Consiglio regionale dopo la scadenza della legislatura, in regime di prorogatio, e che l’art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo, nello stabilire che in tale evenienza le funzioni del Consiglio regionale sono prorogate sino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni, ne limita espressamente l’esercizio «[…] agli interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea, a disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque, presentano il carattere della urgenza e necessità».
Ad avviso del ricorrente, dall’esame della legge impugnata non emergerebbero, né i requisiti di indifferibilità e urgenza, né la sua qualità di atto dovuto o riferibile a situazioni di estrema gravità, tali da non consentire un rinvio, per non recare danno alla collettività regionale o al funzionamento dell’ente, sicché il Consiglio regionale avrebbe esorbitato dai limiti propri della sua condizione di organo in prorogatio, in tal modo violando il citato parametro.
2.– In via subordinata, il Governo sostiene che l’art. 1, comma 1, lettera b) della medesima legge regionale, dettando norme sull’assetto proprietario e sulla gestione delle infrastrutture idriche nonché sulla determinazione delle tariffe per gli utenti del servizio idrico integrato, si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettere e), l) ed s), della Costituzione, in quanto lesivo della competenza esclusiva dello Stato nelle materie della «tutela della concorrenza», dell’«ordinamento civile» e della «tutela dell’ambiente». La medesima disposizione inoltre, in violazione del divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall’art. 75 Cost., avrebbe reintrodotto tra i criteri tariffari del servizio idrico integrato l’«adeguatezza della remunerazione del capitale investito», sebbene tale componente sia stata espunta dall’art. 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) a seguito del referendum del giugno 2011.
3.– In via preliminare, va riconosciuta l’ammissibilità della questione proposta nei confronti dell’intera legge regionale.
Questa Corte ha più volte affermato che, mentre è inammissibile l’impugnazione di un’intera legge attraverso generiche censure che non consentano di individuare la questione oggetto dello scrutinio di legittimità costituzionale, è consentita, al contrario, l’impugnativa di intere leggi caratterizzate da norme omogenee, tutte coinvolte dalle censure medesime (ex plurimis, sentenza n. 201 del 2008).
Nella fattispecie in esame è evidente come la prima delle censure mosse dal ricorrente accomuni tutte le disposizioni della legge impugnata, omogenee sotto il profilo della dedotta assenza dei presupposti previsti dallo statuto regionale per il legittimo esercizio della funzione legislativa in regime di prorogatio (sentenza n. 44 del 2015). Di conseguenza, conformemente ai precedenti casi in cui questa Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla denunciata violazione dei poteri in regime di prorogatio (sentenze n. 181 del 2014 e n. 68 del 2010), «è pienamente ammissibile che l’impugnazione riguardi l’atto legislativo nel suo testo integrale, a prescindere dal carattere dispositivo più o meno eterogeneo del suo contenuto normativo» (sentenza n. 64 del 2015).
4.– Nel merito, è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’intera legge della Regione Abruzzo n. 15 del 2014, per violazione dell’art. 86, comma 3, dello statuto regionale, in riferimento all’art. 123 Cost. (è inconferente, invece, il richiamo operato dal ricorrente agli artt. 121 e 122 Cost., rispetto ai quali l’evocata norma statutaria non funge da parametro interposto).
4.1.– Secondo la giurisprudenza costituzionale, «l’istituto della prorogatio riguarda, in termini generali, fattispecie in cui “coloro che sono nominati a tempo a coprire uffici rimangono in carica, ancorché scaduti, fino all’insediamento dei successori” (sentenza n. 208 del 1992)» (sentenza n. 64 del 2015).
Questa Corte ha poi chiarito che «[l]’istituto della prorogatio, a differenza della vera e propria proroga (cfr., rispettivamente, art. 61, secondo comma, e art. 60, secondo comma, Cost., per quanto riguarda le Camere), non incide […] sulla durata del mandato elettivo, ma riguarda solo l’esercizio dei poteri nell’intervallo fra la scadenza, naturale o anticipata, di tale mandato, e l’entrata in carica del nuovo organo eletto» (sentenza n. 196 del 2003; nello stesso senso, sentenze n. 44 del 2015 e n. 181 del 2014) e ha affermato che «”È pacifico […] che l’istituto in esame presuppone la scadenza, naturale o anticipata, del mandato del titolare dell’organo. Prima di tale scadenza, non vi può essere prorogatio” (sentenza n. 181 del 2014)» (sentenza n. 55 del 2015).
4.2.– Nella specie, il mandato del Consiglio regionale dell’Abruzzo è scaduto il 14 dicembre 2013, al termine del quinquennio di durata in carica dell’organo, decorrente dalle precedenti elezioni regionali, che si erano svolte il 14 e 15 dicembre 2008.
Successivamente, con decreto 14 gennaio 2014, n. 6, il Presidente della Giunta regionale ha indetto le nuove elezioni regionali per il giorno 25 maggio 2014, nel rispetto di quanto previsto all’art. 7, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, che impone di tenere le elezioni regionali nella data stabilita per le elezioni del Parlamento europeo, qualora nello stesso anno si svolgano entrambe le consultazioni elettorali.
La legge della Regione Abruzzo n. 15 del 2014 – pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione del 9 aprile 2014, n. 14, ed entrata in vigore il successivo 10 aprile 2014 – è stata approvata dal Consiglio regionale l’11 marzo 2014, come risulta dal verbale di pari data n. 179/4, dunque nel periodo compreso fra la scadenza del mandato del Consiglio (14 dicembre 2013) e la proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni (avvenuta l’11 giugno 2014), quando cioè l’organo era in regime di prorogatio.
4.3.– Questa Corte, esaminando analoghe questioni, relative a leggi della Regione Abruzzo approvate dal Consiglio regionale nel medesimo periodo, ha ribadito il proprio costante orientamento, secondo il quale «In questa fase, i Consigli regionali “dispongono di poteri attenuati, confacenti alla loro situazione di organi in scadenza” (sentenza n. 468 del 1991); pertanto, in mancanza di esplicite indicazioni contenute negli statuti, devono limitarsi al “solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari e urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili”. Essi, inoltre, devono “comunque astenersi, al fine di assicurare una competizione libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori” (sentenza n. 68 del 2010)» (sentenza n. 55 del 2015).
Ha inoltre sottolineato (sulla scorta della ricordata sentenza n. 68 del 2010) come «il quadro normativo e applicativo sia notevolmente mutato a seguito della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni). Questa ha attribuito allo statuto ordinario la definizione della forma di governo e l’enunciazione dei princìpi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione, in armonia con la Costituzione (art. 123, primo comma, Cost.); e ha demandato, nel contempo, la disciplina del sistema elettorale e dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità allo stesso legislatore regionale, sia pure nel rispetto dei princìpi fondamentali fissati con legge della Repubblica, “che stabilisce anche la durata degli organi elettivi” (art. 122, primo comma, Cost.). Cosicché – anche sulla base di quanto successivamente previsto nella legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione) – questa Corte ha affermato che “una interpretazione sistematica delle citate nuove norme costituzionali conduce a ritenere che la disciplina della eventuale prorogatio degli organi elettivi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o dimissioni, e degli eventuali limiti dell’attività degli organi prorogati, sia oggi fondamentalmente di competenza dello statuto della Regione, ai sensi del nuovo articolo 123, come parte della disciplina della forma di governo regionale”; e che, nel disciplinare questo profilo, gli statuti “dovranno essere in armonia con i precetti e con i principi tutti ricavabili dalla Costituzione, ai sensi dell’art. 123, primo comma, della Costituzione” (sentenza n. 196 del 2003; anche sentenza n. 304 del 2002)» (sentenza n. 64 del 2015).
Nella sentenza n. 44 del 2015 (concernente la legge regionale n. 24 del 2014), la Corte ha affermato altresì che «[…] gli stessi statuti regionali, nel disciplinare la materia, devono rispettare le limitazioni connaturate alla ratio dell’istituto».
L’art. 86 dello statuto della Regione Abruzzo prevede, al comma 3, che nei casi di scioglimento anticipato e di scadenza della legislatura – e al di fuori delle ipotesi di scioglimento del Consiglio regionale per gravi violazioni di legge o per ragioni di sicurezza nazionale o di annullamento delle elezioni – «le funzioni del Consiglio regionale sono prorogate, secondo le modalità disciplinate nel Regolamento, sino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni limitatamente agli interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea, a disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque, presentano il carattere della urgenza e necessità» (lettera a), e, al comma 4, che, in questi casi, «le nuove elezioni sono indette entro tre mesi secondo le modalità definite dalla legge elettorale».
L’art. 141 del Regolamento interno per i lavori del Consiglio regionale dell’Abruzzo, approvato con deliberazione del Consiglio regionale 12 ottobre 2010, n. 56/2, prevede a sua volta che «in caso di scioglimento anticipato del Consiglio regionale e di scadenza della Legislatura i poteri del Consiglio regionale sono prorogati sino alla proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni, limitatamente agli interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea, a disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque, presentano il carattere dell'urgenza e necessità» (comma 1), e che «[l]’urgenza e la necessità sono espressamente dichiarate ed adeguatamente motivate con riferimento alle situazioni di estrema gravità che esigono interventi immediati ed improcrastinabili, la cui adozione non può essere rinviata senza arrecare grave danno per gli interessi affidati alle cure della Regione» (comma 2). Tuttavia, come pure puntualizzato da questa Corte, la mancanza di espresse dichiarazioni e motivazioni «non osta all’accertamento nel merito di tale requisito, giacché l’urgenza e necessità della legge deve in ogni caso emergere oggettivamente dal contenuto delle disposizioni impugnate, anche a prescindere dall’esistenza di simili elementi formali, i quali, in caso contrario, rischierebbero di trasformarsi in vere e proprie formule sacramentali. In questo quadro, i lavori preparatori possono tuttora fungere da valido ausilio per lo scrutinio che la Corte è chiamata a eseguire» (sentenza n. 81 del 2015).
Da ultimo, è stato sottolineato che «Il requisito della necessità e dell’urgenza, che legittima il Consiglio regionale a esercitare i propri poteri in regime di prorogatio, evoca l’esigenza che l’intervento normativo sia adottato nell’immediatezza della grave situazione alla quale esso intende porre rimedio, perché diversamente verrebbero travalicati i limiti connaturati all’istituto della prorogatio, che implicano non soltanto la gravità della situazione che forma oggetto dell’intervento, ma anche la sua improcrastinabilità, come è espressamente previsto dal richiamato art. 141 del Regolamento interno per i lavori del Consiglio regionale» (sentenza n. 81 del 2015).
5.– In applicazione degli indicati principi, occorre ora verificare se il Consiglio regionale sia intervenuto con un atto che costituisce adempimento di impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, da disposizioni costituzionali o legislative statali o che è caratterizzato da urgenza e necessità, come previsto dall’evocata disposizione statutaria.
5.1.– La legge impugnata ha introdotto alcune nuove previsioni, di contenuto eterogeneo, in modifica di precedenti normative regionali.
In primo luogo, ha apportato due modifiche alla legge della Regione Abruzzo 29 luglio 2011, n. 23 (Riordino delle funzioni in materia di aree produttive).
Con la prima (contenuta all’art. 1, comma 1, lettera a), si consente la regolarizzazione delle attività produttive che vengono esercitate nelle aree industriali in violazione dei vigenti piani regolatori industriali degli ex Consorzi per le aree di sviluppo industriale e/o delle disposizioni regolamentari adottate da questi ultimi. Sebbene il Governo non ne faccia cenno, tale norma è stata abrogata dall’art. 1, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 17 aprile 2014, n. 18 (Abrogazione della lettera a, del comma 1, dell’art. 1, della L.R. 27 marzo 2014, n. 15, recante «Modifica ed integrazione alla L.R. 29.7.2011, n. 23 “Riordino delle funzioni in materia di aree produttive” e modifica alla L.R. 17.12.1997, n. 143 “Norme in materia di riordino territoriale dei Comuni: Mutamenti delle circoscrizioni, delle denominazioni e delle sedi comunali. Istituzione di nuovi Comuni, Unioni e Fusioni”», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, terza serie speciale – Regioni, n. 24 del 14 giugno 2014. Tuttavia, l’assenza di indicazioni sulla sua mancata applicazione medio tempore non consente di dichiarare, in parte qua, la cessazione della materia del contendere.
Con la seconda modifica (art. 1, comma 1, lettera b), si prevede che le infrastrutture idriche e fognarie nonché gli impianti di depurazione realizzati dai Consorzi per le aree di sviluppo industriale restano di proprietà dell’ARAP (Agenzia regionale delle aree produttive, istituita dalla legge reg. Abruzzo n. 23 del 2011, la quale provvede alla loro gestione, nonché al trattamento delle acque di scarico o di reflui anche di altra provenienza. Si stabilisce, inoltre, che il costo di acquisto dell’acqua è definito annualmente dalla Giunta regionale, sulla scorta degli articoli 154 e seguenti del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e del decreto del Ministro dei lavori pubblici 1° agosto 1996 (Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato).
In secondo luogo, la legge impugnata, con l’art. 2, ha modificato la legge della Regione Abruzzo 17 dicembre 1997, n. 143 (Norme in materia di riordino territoriale dei Comuni: Mutamenti delle circoscrizioni, delle denominazioni e delle sedi comunali. Istituzione di nuovi Comuni, Unioni e Fusioni), prolungando per tre anni la disponibilità di risorse finanziarie che la Giunta regionale destina in favore degli enti locali e delle unioni, che assumono alle proprie dipendenze personale delle comunità montane, interessate dal processo di riordino istituzionale avviato dalla stessa legge regionale n. 143 del 1997.
5.2.– Considerati i contenuti appena descritti, va esclusa la natura di atto dovuto della legge nei sensi sopra delineati. Né, d’altro canto, di tale pretesa natura è offerta alcuna giustificazione dalla legge stessa o da altri atti ad essa riferibili. La sanatoria di abusi edilizi, la gestione ordinaria del servizio idrico integrato, le misure di sostegno finanziario alla ricollocazione del personale delle comunità montane soppresse non costituiscono interventi dovuti in base agli impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, né a disposizioni costituzionali o legislative statali. In ogni caso, non è offerta alcuna giustificazione di tale loro supposta natura.
5.3.– Difetta anche il requisito dell’urgenza e della necessità.
In primo luogo, a dispetto di quanto prescritto dal citato Regolamento interno per i lavori del Consiglio regionale, l’urgenza e la necessità non sono state «espressamente dichiarate ed adeguatamente motivate». Neppure è possibile trarre dal contenuto della legge o dai lavori preparatori elementi da cui desumere l’improcrastinabilità dell’iniziativa legislativa.
Certamente è tutt’altro che improcrastinabile l’introduzione di una sanatoria urbanistica (art. 1, comma, 1, lettera a), la quale anzi, proprio per essere un istituto «a carattere contingente e del tutto eccezionale» (sentenze n. 196 del 2004 e n. 427 del 1995), che «determina la compressione di valori come “quelli del paesaggio, della cultura, della salute, della conformità dell’iniziativa economica privata all’utilità sociale, della funzione sociale della proprietà” sentenza n. 427 del 1995» (sentenza n. 9 del 2008), richiederebbe una delicata ponderazione dei contrapposti interessi che solo l’assemblea legislativa nel pieno della sua investitura politica può compiere. In ogni caso, il carattere urgente dell’intervento legislativo è escluso per tabulas dalla prevista scadenza al 30 aprile 2015 del termine assegnato per la presentazione della domanda di sanatoria.
Le norme dettate in tema di servizio idrico integrato (art. 1, comma 1, lettera b) attengono ad aspetti strutturali della sua organizzazione e non contengono misure in alcun modo dirette a fronteggiare situazioni di emergenza, come potrebbe essere, ad esempio, una impellente crisi di approvvigionamento. Che si tratti di interventi riferiti alla gestione ordinaria è confermato dai lavori preparatori al disegno di legge.
Alle medesime conclusioni si deve giungere con riguardo alla previsione che prolunga per tre anni la destinazione di risorse finanziarie in favore degli enti locali e delle unioni che assumono alle proprie dipendenze personale delle soppresse comunità montane (art. 2). Nemmeno per questa disposizione, che incide su un processo di riordino istituzionale già da tempo avviato, è possibile rinvenire quelle condizioni di urgenza e di necessità, nei sensi sopra delineati, che sole ne avrebbero giustificato l’approvazione da parte del Consiglio regionale in regime di prorogatio.
5.4.– Proprio per i suoi contenuti, invece, la legge nel suo complesso – e in modo particolarmente evidente nelle previsioni che riguardano la regolarizzazione degli abusi edilizi e le misure di sostegno alla ricollocazione del personale in esubero – «si presta a essere interpretat[a] come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori, dalla quale il Consiglio regionale, secondo la ricordata giurisprudenza costituzionale (ex plurimis, sentenza n. 68 del 2010), avrebbe dovuto comunque astenersi al fine di assicurare una competizione libera e trasparente» (sentenza n. 81 del 2015).
Alla luce delle considerazioni esposte, l’intera legge della Regione Abruzzo n. 15 del 2014, risultando in contrasto con l’art. 123 Cost. in relazione all’evocata norma statutaria, deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima.
6.– La censura proposta in via subordinata nei confronti dell’art. 1, comma 1, lettera b), della medesima legge regionale rimane assorbita.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo 27 marzo 2014, n. 15 (Modifica ed integrazione alla L.R. 29.7.2011, n. 23 “Riordino delle funzioni in materia di aree produttive” e modifica alla L.R. 17.12.1997, n. 143 “Norme in materia di riordino territoriale dei Comuni: Mutamenti delle circoscrizioni, delle denominazioni e delle sedi comunali. Istituzione di nuovi Comuni, Unioni e Fusioni”).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Daria de PRETIS, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2015.