Sentenza n. 81 del 2015

SENTENZA N. 81

ANNO 2015

 

Commento alla decisione di

Enrico Albanesi, La Corte torna sull’attività dei Consigli regionali in prorogatio (sentt. Corte cost. nn. 44, 55, 64 e 81/2015),

in questa Rivista, Studi, 2015/II, 525 ss.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Alessandro             CRISCUOLO                                     Presidente

-    Giuseppe                FRIGO                                                  Giudice

-    Paolo                      GROSSI                                                     ”

-    Giorgio                   LATTANZI                                                ”

-    Aldo                       CAROSI                                                     ”

-    Marta                     CARTABIA                                               ”

-    Mario Rosario        MORELLI                                                  ”

-    Giancarlo               CORAGGIO                                              ”

-    Giuliano                 AMATO                                                     ”

-    Silvana                   SCIARRA                                                  ”

-    Daria                      de PRETIS                                                 ”

-    Nicolò                    ZANON                                                     ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo 28 aprile 2014, n. 25 (Integrazione alla L.R. 21 luglio 1999, n. 44 recante “Norme per il riordino degli Enti di edilizia residenziale pubblica” e modifiche alla L.R. 25 ottobre 1996, n. 96 recante “Norme per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione dei relativi canoni di locazione”), nonché, specificamente, dell’art. 1 della medesima legge regionale, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 7-8 luglio 2014, depositato in cancelleria il 15 luglio 2014 e iscritto al n. 52 del registro ricorsi 2014.

 

Visto l’atto di costituzione della Regione Abruzzo;

 

udito nell’udienza pubblica del 28 aprile 2015 il Giudice relatore Daria de Pretis;

 

uditi l’avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Manuela de Marzo per la Regione Abruzzo.

 

Ritenuto in fatto

 

1.– Con ricorso notificato il 7-8 luglio 2014, depositato il 15 luglio 2014 e iscritto al n. 52 del registro ricorsi del 2014, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’intero testo della legge della Regione Abruzzo 28 aprile 2014, n. 25 (Integrazione alla L.R. 21 luglio 1999, n. 44 recante “Norme per il riordino degli Enti di edilizia residenziale pubblica” e modifiche alla L.R. 25 ottobre 1996, n. 96 recante “Norme per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione dei relativi canoni di locazione”), per violazione dell’art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo 28 dicembre 2006, in riferimento all’art. 123 della Costituzione, nonché l’art. 1 della medesima legge regionale, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.

 

2.– Quanto all’impugnazione della legge regionale nella sua interezza, il ricorrente osserva che essa è stata approvata dal Consiglio regionale dopo la scadenza della legislatura, in regime di prorogatio, e che l’art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo, nello stabilire che in tale evenienza le funzioni del Consiglio regionale sono prorogate sino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni, ne limita espressamente l’esercizio «[…] agli interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea, a disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque, presentano il carattere della urgenza e necessità», in armonia con la costante giurisprudenza costituzionale che ha circoscritto la portata dei poteri dell’organo in prorogatio ai soli adempimenti indifferibili e urgenti.

 

Ad avviso del ricorrente, dall’esame della legge impugnata non emergono, né i requisiti di indifferibilità e urgenza (come nel caso di leggi che approvano il bilancio di previsione, l’esercizio provvisorio o una variazione di bilancio), né la sua qualità di atto dovuto (come nel caso di legge che recepisce una direttiva comunitaria direttamente vincolante per le Regioni) o riferibile a situazioni di estrema gravità, tali da non consentire un rinvio, per non recare danno alla collettività regionale o al funzionamento dell’ente.

 

Il Consiglio regionale avrebbe pertanto esorbitato dai limiti propri della sua condizione di organo in prorogatio, con la conseguenza che la legge impugnata dovrebbe essere dichiarata illegittima nella sua interezza, per violazione dell’art. 86, comma 3, dello statuto regionale, in riferimento all’art. 123 Cost.

 

3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, inoltre, l’art. 1 della medesima legge regionale.

 

Il comma 1 di questa disposizione ha integrato la legge della Regione Abruzzo 21 luglio 1999, n. 44 (Norme per il riordino degli Enti di edilizia residenziale pubblica), inserendovi l’art. 24-bis, sotto la rubrica «ATER in condizioni di deficit strutturale», il cui comma 1, nel testo così introdotto, prevede quanto segue: «Le Aziende Territoriali per l’Edilizia Residenziale abruzzesi dichiarate dalla Giunta Regionale in condizioni di deficit strutturale secondo le procedure di cui ai commi 2 e 3, possono destinare al risanamento finanziario dei rispettivi bilanci:

 

a) i proventi della vendita degli immobili di edilizia agevolata e convenzionata;

 

b) i proventi della vendita degli immobili di natura commerciale;

 

c) i proventi della vendita degli edifici di fatto non utilizzati come alloggi in quanto inagibili o inabitabili;

 

d) i proventi derivanti dalla vendita di terreni non destinati alla realizzazione di edilizia sovvenzionata.

 

La parte residua è destinata alla realizzazione di programmi di riqualificazione e incremento del patrimonio abitativo pubblico. L’utilizzo dei proventi derivanti dall’alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata, locati a canone sociale, resta in ogni caso vincolato alla destinazione prevista dall’art. 4 della legge regionale 19 dicembre 2001, n. 76».

 

3.1.– La disposizione è impugnata nella parte in cui prevede che le Aziende Territoriali per l’Edilizia Residenziale abruzzesi (come si è visto, «ATER»), dichiarate dalla Giunta regionale in condizioni di deficit strutturale, possono destinare al risanamento finanziario dei rispettivi bilanci anche i proventi della vendita degli immobili di edilizia agevolata e convenzionata e i proventi della vendita degli edifici di fatto non utilizzati come alloggi in quanto inagibili o inabitabili.

 

Ad avviso del ricorrente, questa previsione contrasta con l’art. 3, comma 1, lettera a), del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 (Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 maggio 2014, n. 80, sostitutivo dell’art. 13, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, nella parte finale in cui stabilisce che «Le risorse derivanti dalle alienazioni devono essere destinate esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente».

 

Tale ultima disposizione, nello stabilire la destinazione dei proventi delle alienazioni degli immobili di proprietà dei Comuni, degli enti pubblici anche territoriali, nonché degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, inciderebbe sulla determinazione dell’offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti, che rientra, secondo la giurisprudenza costituzionale in materia di edilizia residenziale pubblica, nella «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.

 

Pertanto, secondo il ricorrente la norma impugnata, che consente una diversa destinazione dei proventi della alienazione degli immobili, invade la competenza esclusiva dello Stato nella materia indicata.

 

4.– Con atto depositato il 13 agosto 2014, si è costituita in giudizio la Regione Abruzzo, chiedendo che le censure sollevate nel ricorso siano dichiarate inammissibili o infondate.

 

A suo avviso, la legge impugnata è nel complesso costituzionalmente legittima, perché contiene disposizioni caratterizzate da ragioni di urgenza e necessità, che devono essere valutate esaminando il contenuto sostanziale delle norme, anche alla luce dei lavori preparatori.

 

Nel caso concreto, tali ragioni deriverebbero dallo stato di grave deficit strutturale delle ATER, che costituisce il presupposto di applicazione della legge e che emerge sia dalla relazione di accompagnamento sia dai lavori preparatori, così da rendere evidente la finalità di predisporre interventi volti al risanamento dello stato economico–finanziario di aziende pubbliche le quali svolgono funzioni di preminente rilievo sociale e si trovano in condizioni di incapacità di coprire i costi con i ricavi della gestione, per prevenirne il dissesto ed evitare il conseguente grave danno a carico della collettività regionale.

 

4.1.– Quanto all’impugnazione dell’art. 1 della legge in esame, la Regione osserva, in primo luogo, che l’alienazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e la destinazione dei relativi proventi non rientra nella materia della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, riservata in via esclusiva allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., bensì in quella della gestione del patrimonio immobiliare degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale, materia riconducibile alla competenza residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost., secondo la giurisprudenza costituzionale richiamata dallo stesso ricorrente.

 

Nemmeno sarebbe fondato il denunciato contrasto con l’art. 3, comma 1, lettera a), del d.l. n. 47 del 2014, perché il vincolo di destinazione dei proventi, impresso dalla norma, deve essere riferito, secondo un’interpretazione rispettosa della competenza residuale delle Regioni ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost., alle alienazioni degli immobili di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata, locati a canone sociale, in relazione ai quali soltanto lo Stato deve garantire l’offerta minima, idonea a soddisfare le esigenze abitative dei ceti meno abbienti. Al contrario, la disposizione denunciata provvede sulla destinazione dei proventi della alienazione di immobili di edilizia convenzionata e agevolata (oltre che di immobili commerciali, che non vengono in rilievo), i quali soddisfano esigenze abitative diverse da quelle dei ceti meno abbienti.

 

5.– Con memoria depositata nell’imminenza dell’udienza, la Regione Abruzzo ha ulteriormente illustrato le ragioni esposte, ribadendo sia l’esistenza dell’urgente necessità di evitare, con l’approvazione della legge impugnata, il fallimento delle ATER che versano in stato di deficit strutturale, sia l’assenza della violazione della competenza legislativa statale, perché la norma sulla destinazione dei proventi incide nella materia della gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica convenzionata e sovvenzionata, con la precisazione che la vendita «degli edifici di fatto non utilizzati come alloggi in quanto inagibili o inabitabili», di cui alla lettera c) della norma impugnata, deve considerarsi equiparata alla vendita di mere aree edificabili, anch’essa collocata al di fuori dell’ambito di applicazione della norma statale assunta come parametro di riferimento.

 

Infine, la Regione ha osservato che l’operatività dell’art. 3, comma 1, lettera a), del d.l. n. 47 del 2014 è subordinata dalla stessa norma all’adozione di un apposito decreto interministeriale, non ancora emanato, e che una bozza di tale decreto prevede di fare salvi i programmi di alienazione degli alloggi anteriormente avviati da provvedimenti regionali, con la conseguenza che la destinazione dei proventi stabilita dalla disposizione impugnata dovrebbe considerarsi legittima, in quanto la Regione Abruzzo ha già approvato il piano di riequilibrio economico e finanziario della ATER di Chieti, che comprende il programma di vendite immobiliari destinato al ripianamento del deficit.

 

Considerato in diritto

 

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, in primo luogo, l’intero testo della legge della Regione Abruzzo 28 aprile 2014, n. 25 (Integrazione alla L.R. 21 luglio 1999, n. 44 recante “Norme per il riordino degli Enti di edilizia residenziale pubblica” e modifiche alla L.R. 25 ottobre 1996, n. 96 recante “Norme per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione dei relativi canoni di locazione”), per violazione dell’art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo 28 dicembre 2006, in riferimento all’art. 123 della Costituzione.

 

Il ricorrente osserva che la legge impugnata è stata approvata dal Consiglio regionale dopo la scadenza della legislatura, in regime di prorogatio, e che l’art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo, nello stabilire che in tale evenienza le funzioni del Consiglio regionale sono prorogate sino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni, ne limita espressamente l’esercizio «[…] agli interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea, a disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque, presentano il carattere della urgenza e necessità».

 

Ad avviso del ricorrente, dall’esame della legge impugnata non emergono, né i requisiti di indifferibilità e urgenza, né la sua qualità di atto dovuto o riferibile a situazioni di estrema gravità, tali da non consentire un rinvio, per non recare danno alla collettività regionale o al funzionamento dell’ente, sicché il Consiglio regionale avrebbe esorbitato dai limiti propri della sua condizione di organo in prorogatio, in tal modo violando il citato parametro.

 

2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha, altresì, impugnato l’art. 1 della stessa legge regionale n. 25 del 2014, nella parte in cui prevede che «Le Aziende Territoriali per l’Edilizia Residenziale abruzzesi dichiarate dalla Giunta Regionale in condizioni di deficit strutturale secondo le procedure di cui ai commi 2 e 3, possono destinare al risanamento finanziario dei rispettivi bilanci: a) i proventi della vendita degli immobili di edilizia agevolata e convenzionata», nonché «[…] c) i proventi della vendita degli edifici di fatto non utilizzati come alloggi in quanto inagibili o inabitabili».

 

Ad avviso del ricorrente, la disposizione viola l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., perché incide nella materia della determinazione dell’offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti, che è riservata alla competenza esclusiva dello Stato, rientrando nella «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale».

 

L’invasione della competenza statale deriverebbe dal contrasto della norma impugnata con l’art. 3, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 (Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 maggio 2014, n. 80, la cui lettera a), modificata in sede di conversione, ha sostituito il comma 1 dell’art. 13 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133. La disposizione appresta misure per l’alienazione del patrimonio residenziale pubblico, prevedendo che entro il 30 giugno 2014 un decreto interministeriale approvi «le procedure di alienazione degli immobili di proprietà dei comuni, degli enti pubblici anche territoriali, nonché degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, anche in deroga alle disposizioni procedurali previste dalla legge 24 dicembre 1993, n. 560», e che «Le risorse derivanti dalle alienazioni devono essere destinate esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente.»

 

Tale ultima disposizione, secondo il ricorrente, determina i livelli essenziali delle prestazioni nella materia dell’edilizia residenziale pubblica. Pertanto la norma regionale impugnata, consentendo una diversa destinazione dei proventi della alienazione degli immobili, invaderebbe la competenza esclusiva dello Stato nella materia indicata.

 

3.– In via preliminare, va riconosciuta l’ammissibilità della questione proposta nei confronti dell’intera legge regionale.

 

Questa Corte ha più volte affermato che, mentre è inammissibile l’impugnazione di un’intera legge attraverso generiche censure che non consentano di individuare la questione oggetto dello scrutinio di legittimità costituzionale, è consentita, al contrario, l’impugnativa di intere leggi caratterizzate da norme omogenee, tutte coinvolte dalle censure medesime (ex plurimis, sentenza n. 201 del 2008).

 

Nella fattispecie in esame è evidente come la prima delle censure mosse dal ricorrente accomuni tutte le disposizioni della legge impugnata, omogenee sotto il profilo della dedotta assenza dei presupposti previsti dallo statuto regionale per il legittimo esercizio della funzione legislativa in regime di prorogatio (sentenza n. 44 del 2015). Di conseguenza, conformemente ai precedenti casi in cui questa Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla denunciata violazione dei poteri in regime di prorogatio (sentenze n. 181 del 2014 e n. 68 del 2010), «è pienamente ammissibile che l’impugnazione riguardi l’atto legislativo nel suo testo integrale, a prescindere dal carattere dispositivo più o meno eterogeneo del suo contenuto normativo» (sentenza n. 64 del 2015).

 

4.– Nel merito, la questione di legittimità costituzionale dell’intera legge della Regione Abruzzo n. 25 del 2014, per violazione dell’art. 86, comma 3, dello statuto regionale, in riferimento all’art. 123 Cost., è fondata.

 

4.1.– Secondo la giurisprudenza costituzionale, l’istituto della prorogatio riguarda, in termini generali, fattispecie in cui «coloro che sono nominati a tempo a coprire uffici rimangono in carica, ancorché scaduti, fino all’insediamento dei successori» (sentenza n. 208 del 1992; nello stesso senso, sentenza n. 64 del 2015).

 

Questa Corte ha poi chiarito, con specifico riferimento agli organi elettivi, e segnatamente ai Consigli regionali, che «[l]’istituto della prorogatio, a differenza della vera e propria proroga (cfr., rispettivamente, art. 61, secondo comma, e art. 60, secondo comma, Cost., per quanto riguarda le Camere), non incide […] sulla durata del mandato elettivo, ma riguarda solo l’esercizio dei poteri nell’intervallo fra la scadenza, naturale o anticipata, di tale mandato, e l’entrata in carica del nuovo organo eletto» (sentenza n. 196 del 2003; nello stesso senso, sentenze n. 44 del 2015 e n. 181 del 2014) e ha altresì affermato che «È pacifico […] che l’istituto in esame presuppone la scadenza, naturale o anticipata, del mandato del titolare dell’organo. Prima di tale scadenza, non vi può essere prorogatio» (sentenze n. 55 del 2015, n. 181 del 2014).

 

Il mandato del Consiglio regionale dell’Abruzzo è scaduto il 14 dicembre 2013, al termine del quinquennio di durata in carica dell’organo, decorrente dalle precedenti elezioni regionali, che si erano svolte il 14 e 15 dicembre 2008.

 

Successivamente, con decreto del 14 gennaio 2014, n. 6, il Presidente della Giunta regionale ha indetto le nuove elezioni regionali per il giorno 25 maggio 2014, nel rispetto di quanto previsto all’art. 7, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, che impone di tenere le elezioni regionali nella data stabilita per le elezioni del Parlamento europeo, qualora nello stesso anno si svolgano entrambe le consultazioni elettorali.

 

La legge della Regione Abruzzo n. 25 del 2014 – pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione 9 maggio 2014, n. 53 ed entrata in vigore il successivo 10 maggio – è stata approvata nella seduta del Consiglio regionale del 15 aprile 2014, dunque nel periodo compreso fra la scadenza del mandato del Consiglio e la proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni, avvenuta l’11 giugno 2014, quando l’organo era in regime di prorogatio.

 

4.2.– Questa Corte, esaminando analoghe questioni, relative a leggi della Regione Abruzzo approvate dal Consiglio regionale nel medesimo periodo, ha ribadito il proprio costante orientamento, secondo il quale «In questa fase, i Consigli regionali “dispongono di poteri attenuati, confacenti alla loro situazione di organi in scadenza” (sentenza n. 468 del 1991); pertanto, in mancanza di esplicite indicazioni contenute negli statuti, devono limitarsi al “solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari e urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili”. Essi, inoltre, devono “comunque astenersi, al fine di assicurare una competizione libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori” (sentenza n. 68 del 2010)» (sentenza n. 55 del 2015).

 

Ha inoltre sottolineato (sulla scorta della ricordata sentenza n. 68 del 2010) come «il quadro normativo e applicativo sia notevolmente mutato a seguito della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni). Questa ha attribuito allo statuto ordinario la definizione della forma di governo e l’enunciazione dei princìpi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione, in armonia con la Costituzione (art. 123, primo comma, Cost.); e ha demandato, nel contempo, la disciplina del sistema elettorale e dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità allo stesso legislatore regionale, sia pure nel rispetto dei princìpi fondamentali fissati con legge della Repubblica, “che stabilisce anche la durata degli organi elettivi” (art. 122, primo comma, Cost.). Cosicché – anche sulla base di quanto successivamente previsto nella legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione) – questa Corte ha affermato che “una interpretazione sistematica delle citate nuove norme costituzionali conduce a ritenere che la disciplina della eventuale prorogatio degli organi elettivi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o dimissioni, e degli eventuali limiti dell’attività degli organi prorogati, sia oggi fondamentalmente di competenza dello statuto della Regione, ai sensi del nuovo articolo 123, come parte della disciplina della forma di governo regionale”; e che, nel disciplinare questo profilo, gli statuti “dovranno essere in armonia con i precetti e con i principi tutti ricavabili dalla Costituzione, ai sensi dell’art. 123, primo comma, della Costituzione” (sentenza n. 196 del 2003; anche sentenza n. 304 del 2002)» (sentenza n. 64 del 2015).

 

Nella sentenza n. 44 del 2015, la Corte ha poi affermato che «[…] gli stessi statuti regionali, nel disciplinare la materia, devono rispettare le limitazioni connaturate alla ratio dell’istituto», rilevando che «[…] lo statuto della Regione Abruzzo, disponendo che “le funzioni del Consiglio regionale sono prorogate, secondo le modalità disciplinate nel Regolamento, sino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni limitatamente agli interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea, a disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque, presentano il carattere della urgenza e necessità”, non travalica il principio costituzionale sotteso all’istituto della prorogatio poiché legittima l’assemblea scaduta alla sola adozione degli “atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili” (sentenza n. 68 del 2010)».

 

Più precisamente, l’art. 86 dello statuto della Regione Abruzzo prevede, al terzo comma, che nei casi di scioglimento anticipato e di scadenza della legislatura – e al di fuori delle ipotesi di scioglimento del Consiglio regionale per gravi violazioni di legge o per ragioni di sicurezza nazionale o di annullamento delle elezioni – «le funzioni del Consiglio regionale sono prorogate, secondo le modalità disciplinate nel Regolamento, sino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni limitatamente agli interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea, a disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque, presentano il carattere della urgenza e necessità» (lettera a), e, al quarto comma, che, in questi casi, «le nuove elezioni sono indette entro tre mesi secondo le modalità definite dalla legge elettorale».

 

L’art. 141 del citato Regolamento interno per i lavori del Consiglio regionale dell’Abruzzo, approvato con deliberazione del Consiglio regionale 12 ottobre 2010, n. 56/2, prevede a sua volta che «in caso di scioglimento anticipato del Consiglio regionale e di scadenza della Legislatura i poteri del Consiglio regionale sono prorogati sino alla proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni, limitatamente agli interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea, a disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque, presentano il carattere dell'urgenza e necessità» (comma 1), e che «L’urgenza e la necessità sono espressamente dichiarate ed adeguatamente motivate con riferimento alle situazioni di estrema gravità che esigono interventi immediati ed improcrastinabili, la cui adozione non può essere rinviata senza arrecare grave danno per gli interessi affidati alle cure della Regione» (comma 2).

 

Occorre pertanto verificare se il Consiglio regionale sia intervenuto con un atto che costituisce adempimento di impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, da disposizioni costituzionali o legislative statali o che è caratterizzato da urgenza e necessità, come previsto dalla citata disposizione statutaria.

 

Nel caso in esame, la natura di atto dovuto nei sensi delineati non emerge, né dal contenuto della legge, né da altri elementi, sicché resta da esaminare se sussiste il requisito dell’urgenza e della necessità.

 

Non è inutile ricordare che questa Corte, nello scrutinare la legittimità costituzionale di altre leggi regionali abruzzesi approvate dal Consiglio regionale nel corso del precedente periodo di prorogatio e nella vigenza del testo originario dell’art. 86 dello statuto regionale (che non esprimeva alcun limite all’esercizio dei poteri dell’organo in tale fase), ha affermato che i limiti connaturali all’istituto della prorogatio «[…], ove appunto non espressi dalla disciplina statutaria, potrebbero successivamente essere definiti tramite apposite disposizioni legislative di attuazione dello statuto o anche semplicemente rilevare nei lavori consiliari o dallo specifico contenuto delle leggi adottate» (sentenza n. 68 del 2010).

 

Ora che i limiti sono espressi dalla disciplina statutaria, può sorgere il dubbio se sia possibile continuare a desumere il loro rispetto dal contenuto della legge o dai lavori preparatori, in assenza di un’espressa dichiarazione e di una adeguata motivazione sull’urgenza e necessità dell’intervento, che la legge impugnata non contempla, a dispetto della richiamata norma del Regolamento interno dei lavori del Consiglio regionale.

 

Tuttavia, la mancanza di espresse dichiarazioni e motivazioni non osta all’accertamento nel merito di tale requisito, giacché l’urgenza e necessità della legge deve in ogni caso emergere oggettivamente dal contenuto delle disposizioni impugnate, anche a prescindere dall’esistenza di simili elementi formali, i quali, in caso contrario, rischierebbero di trasformarsi in vere e proprie formule sacramentali.

 

In questo quadro, i lavori preparatori possono tuttora fungere da valido ausilio per lo scrutinio che la Corte è chiamata a eseguire.

 

4.3.– La legge impugnata si articola in una pluralità di disposizioni.

 

L’art. 1 inserisce nella legge regionale n. 44 del 1999 un nuovo articolo 24-bis, sotto la rubrica «ATER in condizioni di deficit strutturale», che è suddiviso in cinque commi. La disposizione si prefigge lo scopo di favorire il risanamento finanziario delle «Aziende Territoriali per l’Edilizia Residenziale abruzzesi» (come si è visto, «ATER») che si trovano in una condizione di «deficit strutturale», dichiarata dalla Giunta regionale, su istanza delle aziende interessate, sulla base di una procedura che tiene conto di alcuni parametri economici (rapporto tra il volume complessivo delle spese di personale sostenute a vario titolo e il volume complessivo dei ricavi delle vendite e delle prestazioni come desumibili dall’ultimo bilancio approvato, superiore al 70 per cento; rapporto tra le anticipazioni di tesoreria non rimborsate al 31 dicembre dell’esercizio precedente a quello di presentazione della istanza e i ricavi delle vendite e delle prestazioni, superiore al 100 per cento; sussistenza di altri debiti per un ammontare superiore al 50 per cento dei ricavi e delle vendite e delle prestazioni, come desumibili dall’ultimo bilancio approvato), i quali, se contemporaneamente integrati, costituiscono un chiaro sintomo di gravi e incontrovertibili condizioni di squilibrio (art. 24-bis, comma 2). Nel caso di accertamento della condizione di «deficit strutturale», gli organi amministrativi della ATER decadono, è nominato un Commissario e viene risolto anticipatamente il contratto di lavoro del suo direttore, senza alcun indennizzo o compenso (art. 24-bis, commi 3 e 4). Entro sessanta giorni dalla nomina, il Commissario redige un piano di riequilibrio finanziario ed economico riferito ad almeno un triennio, che prevede una rigorosa rivisitazione delle spese, o, se non sussistono le condizioni per il riequilibrio, propone alla Giunta la liquidazione dell’azienda (art. 24-bis, comma 5).

 

Per raggiungere lo scopo perseguito, la legge consente alle ATER in condizioni di dichiarato «deficit strutturale» di destinare al risanamento dei loro bilanci i proventi della vendita degli immobili di edilizia agevolata e convenzionata, degli immobili di natura commerciale, degli edifici di fatto non utilizzati come alloggi in quanto inagibili o inabitabili, nonché dei terreni non destinati alla realizzazione di edilizia sovvenzionata, con la precisazione che la parte residua di tali proventi deve essere destinata «alla realizzazione di programmi di riqualificazione e incremento del patrimonio abitativo pubblico», e che «L’utilizzo dei proventi derivanti dall’alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata, locati a canone sociale, resta in ogni caso vincolato alla destinazione prevista dall’art. 4 della legge regionale 19 dicembre 2001, n. 76» (art. 24-bis, comma 1).

 

L’art. 2 della legge impugnata stabilisce un limite massimo al trattamento retributivo dei dirigenti e dei direttori delle ATER, fissandolo in un ammontare pari al trattamento economico annuale complessivo massimo spettante, rispettivamente, ai dirigenti e ai direttori della Regione Abruzzo (comma 1), e prevede che l’importo eventualmente superiore non concorra a formare l’imponibile fiscale e previdenziale e sia acquisito dalle ATER per il miglioramento dei saldi di bilancio ovvero per il finanziamento dei programmi di manutenzione degli alloggi assegnati per finalità sociali (comma 2).

 

Infine, l’art. 3 introduce modifiche all’art. 36, commi 1 e 4, lettera a), della legge regionale n. 96 del 1996 (Norme per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale e pubblica e per la determinazione dei relativi canoni di locazione), spostando dal 30 giugno 2013 al 15 aprile 2014 la data entro la quale è consentita, a coloro che occupano senza titolo un alloggio di edilizia residenziale pubblica per almeno un mese anteriore a tale data, l’assegnazione dell’alloggio medesimo, nel rispetto di quanto previsto dal precedente art. 13, comma 3, della legge regionale appena citata.

 

4.4.– Dall’esame dei lavori preparatori al disegno di legge emerge che le ATER abruzzesi versano da molto tempo in una situazione di grave difficoltà economica e finanziaria, a motivo della strutturale insufficienza dei proventi delle vendite e dei canoni di locazione degli alloggi a coprire i costi generali di gestione, oltre che per effetto della annosa crisi economica generale del Paese.

 

Il requisito della necessità e dell’urgenza, che legittima il Consiglio regionale a esercitare i propri poteri in regime di prorogatio, evoca l’esigenza che l’intervento normativo sia adottato nell’immediatezza della grave situazione alla quale esso intende porre rimedio, perché diversamente verrebbero travalicati i limiti connaturati all’istituto della prorogatio, che implicano non soltanto la gravità della situazione che forma oggetto dell’intervento, ma anche la sua improcrastinabilità, come è espressamente previsto dal richiamato art. 141 del Regolamento interno per i lavori del Consiglio regionale.

 

Nella fattispecie l’indicato requisito non sussiste, in mancanza di elementi, tratti dal contenuto della legge o dai lavori preparatori, da cui desumere che la procedura di accertamento del “deficit strutturale” delle ATER, che costituisce il presupposto della dismissione del loro patrimonio di edilizia residenziale pubblica a fini di ripianamento delle perdite di bilancio, sia stata introdotta per la necessità di intervenire, con un provvedimento improcrastinabile, immediatamente dopo l’insorgenza di una grave situazione di difficoltà economica e finanziaria di tali enti.

 

Esaminata da questo angolo visuale, la legge impugnata detta una disciplina generale delle procedure di accertamento della condizione di stabile squilibrio economico-finanziario delle ATER regionali, che modifica l’assetto organizzativo e gestionale di tali enti, nonché la devoluzione del loro patrimonio immobiliare al risanamento del deficit. Una disciplina, dunque, che giunge ad integrare le norme sull’organizzazione delle ATER, incidendo su situazioni già da tempo connotate da gravità, in presenza delle quali il Consiglio regionale, allorché era nella pienezza dei suoi poteri, non aveva ravvisato quell’urgenza e quella necessità di intervenire, che ravvisa invece dopo la scadenza della legislatura, quando si trova in regime di prorogatio. Né è dato di rinvenire elementi o fatti sopravvenuti che possano giustificare un’emergenza nuova.

 

Alle medesime conclusioni si deve giungere con riguardo a quanto previsto agli artt. 2 e 3 della legge impugnata, rispettivamente in tema di trattamento retributivo dei dirigenti e dei direttori delle ATER e di proroga del termine per regolarizzare l’occupazione senza titolo degli alloggi pubblici mediante l’assegnazione dell’alloggio occupato. Nemmeno per tali previsioni è possibile individuare quei requisiti dell’urgenza e della necessità, nei sensi sopra delineati, che soli ne avrebbero giustificato l’approvazione da parte del Consiglio regionale in regime di prorogatio.

 

Proprio per i suoi contenuti, invece, l’intervento legislativo nel suo complesso si presta a essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori, dalla quale il Consiglio regionale, secondo la ricordata giurisprudenza costituzionale (ex plurimis, sentenza n. 68 del 2010), avrebbe dovuto comunque astenersi al fine di assicurare una competizione libera e trasparente.

 

Alla luce delle considerazioni esposte, l’intera legge della Regione Abruzzo n. 25 del 2014, risultando in contrasto con l’art. 123 Cost., in relazione all’evocata norma statutaria, deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima.

 

5.– La specifica censura proposta nei confronti dell’art. 1 della medesima legge regionale rimane assorbita.

 

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo 28 aprile 2014, n. 25 (Integrazione alla L.R. 21 luglio 1999, n. 44 recante “Norme per il riordino degli Enti di edilizia residenziale pubblica” e modifiche alla L.R. 25 ottobre 1996, n. 96 recante “Norme per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione dei relativi canoni di locazione”).

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 aprile 2015.

 

F.to:

 

Alessandro CRISCUOLO, Presidente

 

Daria de PRETIS, Redattore

 

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria il 15 maggio 2015.