ORDINANZA N. 112
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Marta CARTABIA Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Trento 15 giugno 1998, n. 7 (Disciplina degli interventi assistenziali in favore degli invalidi civili, dei ciechi civili e dei sordomuti), come sostituito dall’art. 49, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 27 agosto 1999, n. 3 (Misure collegate con l’assestamento del bilancio per l’anno 1999), e modificato dall’art. 87, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 19 febbraio 2002, n. 1 (Misure collegate con la manovra di finanza pubblica per l’anno 2002), vigente fino al 29 dicembre 2010 (prima della modifica apportata dall’art. 45 della legge della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2010, n. 27, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Provincia autonoma di Trento − legge finanziaria provinciale 2011»), promosso dal Tribunale ordinario di Trento, nel procedimento vertente tra S.O. e la Provincia autonoma di Trento, con ordinanza del 5 febbraio 2014, iscritta al n. 93 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2014.
Visto l’atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento;
udito nell’udienza pubblica del 27 maggio 2015 il Giudice relatore Nicolò Zanon;
udito l’avvocato Maria Cristina Lista per la Provincia autonoma di Trento.
Ritenuto che, con l’ordinanza menzionata in epigrafe, il Tribunale ordinario di Trento, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 11, 32, 34, 35 e 38 della Costituzione ed all’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Trento 15 giugno 1998, n. 7 (Disciplina degli interventi assistenziali in favore degli invalidi civili, dei ciechi civili e dei sordomuti), come sostituito dall’art. 49, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 27 agosto 1999, n. 3 (Misure collegate con l’assestamento del bilancio per l’anno 1999), e modificato dall’art. 87, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 19 febbraio 2002, n. 1 (Misure collegate con la manovra di finanza pubblica per l’anno 2002), vigente fino al 29 dicembre 2010 (prima della modifica apportata dall’art. 45 della legge della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2010, n. 27, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Provincia autonoma di Trento − legge finanziaria provinciale 2011»);
che tale disposizione prevedeva l’estensione delle prestazioni assistenziali, contemplate dal precedente art. 3, ai soggetti residenti in Provincia di Trento e in possesso dei requisiti previsti dai successivi artt. 5, 6 e 7, ai rifugiati stranieri, agli apolidi e ai cittadini della Repubblica di S. Marino in base alle vigenti convenzioni internazionali, nonché agli stranieri considerati dal decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dal decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113 (Disposizioni correttive al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 47, comma 2, della legge 6 marzo 1998, n. 40), e ai loro figli minori, purché titolari della carta di soggiorno;
che la questione di legittimità costituzionale è stata sollevata nel corso di un giudizio instaurato da un cittadino albanese, nato il 24 luglio 1995 e regolarmente soggiornante in Italia dal 28 gennaio 2003 in forza di permessi di soggiorno sempre rinnovati, affetto da paraparesi spastica ereditaria accertata dall’Azienda sanitaria della Provincia autonoma di Trento;
che il ricorrente aveva chiesto alla Provincia autonoma di Trento, con decorrenza dal dicembre 2003, l’erogazione dell’assegno mensile per gli invalidi civili minorenni, previsto e disciplinato dalla norma impugnata;
che, con provvedimenti del 13 marzo 2013 e del 5 aprile 2013, la Provincia autonoma di Trento ha riconosciuto la spettanza di tale assegno solo a partire dal mese di gennaio del 2011, dal momento che, per il periodo dal dicembre 2003 al dicembre 2010, la norma allora in vigore non consentiva l’erogazione della provvidenza assistenziale, in quanto, pur possedendo il ricorrente tutti gli altri requisiti previsti dalla norma, non risultava titolare della carta di soggiorno, richiesta invece dalla norma impugnata, prima della modifica apportata dall’art. 45, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento n. 27 del 2010, il quale, con effetto decorrente dal 1° gennaio 2011, aveva escluso la necessaria titolarità della carta di soggiorno ai fini del godimento dell’assegno, richiedendo solo un titolo di soggiorno di durata non inferiore ad un anno (questo pacificamente posseduto dal ricorrente);
che il ricorso al giudice del lavoro era volto proprio ad ottenere la condanna al pagamento dell’assegno anche per il periodo dal dicembre 2003 al dicembre 2010, previa declaratoria di incostituzionalità della norma di cui all’art. 4, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Trento n. 7 del 1998, nella formulazione applicabile ratione temporis, nella parte in cui prevedeva, come requisito per l’accesso alla provvidenza assistenziale, la titolarità della carta di soggiorno;
che il Tribunale ordinario di Trento, in accoglimento della sollevata eccezione di illegittimità costituzionale, ha osservato, in punto di rilevanza della questione, che l’art. 45, comma 8, della legge della Provincia autonoma di Trento n. 27 del 2010 dispone che la nuova disciplina si applica solo ai giudizi già pendenti al momento della sua entrata in vigore (29 dicembre 2010), laddove il ricorso introduttivo del giudizio risulta depositato solo in data 2 dicembre 2013;
che, in punto di non manifesta infondatezza, il giudice rimettente ha richiamato, riportandone ampi stralci, diverse sentenze della Corte costituzionale, pronunciate in materia identica, sebbene aventi ad oggetto provvidenze assistenziali disciplinate dalla legge nazionale;
che il rimettente ha, in particolare, richiamato: la sentenza n. 329 del 2011, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001), nella parte in cui subordinava al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione ai minori extracomunitari legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della indennità di frequenza di cui all’art. 1 della legge 11 ottobre 1990, n. 289 (Modifiche alla disciplina delle indennità di accompagnamento di cui alla legge 21 novembre 1988, n. 508, recante norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti e istituzione di un’indennità di frequenza per i minori invalidi); la sentenza n. 187 del 2010, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000, nella parte in cui subordinava al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell’assegno mensile di invalidità di cui all’art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili); la sentenza n. 306 del 2008, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000 e dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998 – come modificato dall’art. 9, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), e poi sostituito dall’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo) – nella parte in cui escludevano che l’indennità di accompagnamento, di cui all’art. l della legge 11 febbraio 1980, n. 18 (Indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili), potesse essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perché essi non risultavano in possesso dei requisiti di reddito già stabiliti per la carta di soggiorno e poi previsti, per effetto del d.lgs. n. 3 del 2007, per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo;
che il rimettente ha trascritto alcuni passaggi motivazionali delle sentenze richiamate, concludendo nel senso che «non sembra dubbio che i medesimi principi costituzionali debbano essere applicati anche al cit. art. 4, terzo comma, della legge della Provincia autonoma di Trento, 15.06.1998, n. 7 […] vigente fino al 29.12.2010 (prima della modifica effettuata dall’art. 45, primo comma, della legge provinciale 27.12.2010, n. 27, entrata in vigore il successivo giorno 29)»;
che il giudice a quo ha, infine, ricordato che la competenza legislativa esclusiva spettante alla Provincia autonoma di Trento, in materia di assistenza e beneficienza pubblica, incontra i limiti previsti dall’art. 4 del d.P.R. n. 670 del 1972 che, ad avviso del giudice rimettente, «per i motivi sopra evidenziati, la legge della Provincia autonoma non sembra aver rispettato»;
che nel giudizio si è costituita la Provincia autonoma di Trento, concludendo per la inammissibilità e infondatezza della questione, con riserva di esporre con successiva memoria le ragioni a supporto delle conclusioni;
che, con memoria depositata in vista dell’udienza, la Provincia autonoma di Trento ha illustrato le preannunciate ragioni, precisando che il tutore del minore albanese, pur avendo ottenuto, già in data 2 marzo 2004, l’accertamento sanitario delle difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età, decideva di avvalersi di tale certificato solo in data 19 settembre 2012, presentando domanda per ottenere la provvidenza prevista dalla legge provinciale a far data dal primo giorno del mese successivo alla domanda di accertamento sanitario;
che la difesa provinciale ha eccepito l’inammissibilità della questione per erronea identificazione del thema decidendum, in quanto l’ostacolo normativo che si frappone al riconoscimento della provvidenza a far data dall’accertamento sanitario di invalidità civile è costituito non dalla norma sostanziale impugnata, bensì dalla norma transitoria che ha accompagnato la modifica introdotta dal legislatore provinciale del 2010, costituita dall’art. 45, comma 8, della legge della Provincia autonoma di Trento n. 27 del 2010, che ha previsto l’applicazione della norma nella nuova (e più favorevole) formulazione anche (e solo) ai giudizi già pendenti alla data di entrata in vigore della modifica, laddove sia la domanda amministrativa sia quella giudiziale sono state proposte in data successiva, con conseguente inapplicabilità della disposizione come modificata;
che, non essendo stata impugnata anche la norma transitoria, ne conseguirebbe l’irrilevanza della questione di legittimità costituzionale per il giudizio a quo, dal momento che discriminatoria non sarebbe la norma impugnata nella versione anteriore alla modifica operata nel 2010, bensì la disciplina transitoria prevista dal legislatore provinciale, che avrebbe escluso la retroattività della modifica;
che la difesa provinciale sostiene, in ogni caso, l’infondatezza della questione, in quanto la norma impugnata, nel momento in cui è stata sollevata l’eccezione di illegittimità costituzionale, si era già adeguata ai principi costituzionali invocati a supporto della sollevata questione.
Considerato che il Tribunale ordinario di Trento dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 11, 32, 34, 35 e 38 della Costituzione ed all’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dell’art. 4, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Trento 15 giugno 1998, n. 7 (Disciplina degli interventi assistenziali in favore degli invalidi civili, dei ciechi civili e dei sordomuti), come sostituito dall’art. 49, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 27 agosto 1999, n. 3 (Misure collegate con l’assestamento del bilancio per l’anno 1999), e modificato dall’art. 87, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 19 febbraio 2002, n. 1 (Misure collegate con la manovra di finanza pubblica per l’anno 2002), vigente fino al 29 dicembre 2010 (prima della modifica apportata dall’art. 45 della legge della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2010, n. 27, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Provincia autonoma di Trento − legge finanziaria provinciale 2011»);
che, ad avviso del rimettente, tale disposizione contrasterebbe con i parametri evocati in base ai principi espressi da varie sentenze della Corte costituzionale, pronunciate in materia identica, sebbene aventi ad oggetto provvidenze assistenziali disciplinate dalla legge nazionale, dichiarata incostituzionale nella parte in cui subordinava al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato di diversi benefici assistenziali;
che, sempre secondo il rimettente, la norma impugnata non sembrerebbe rispettare neppure i limiti imposti, dall’art. 4 del d.P.R. n. 670 del 1972, all’esercizio della competenza legislativa esclusiva spettante alla Provincia autonoma di Trento in materia di assistenza e beneficienza pubblica;
che, tuttavia, la motivazione dell’ordinanza di rimessione non contiene indicazioni sufficienti per una completa ricostruzione della fattispecie, necessaria al fine di valutare la rilevanza della questione di legittimità costituzionale;
che, in particolare, l’ordinanza non chiarisce le esatte scansioni temporali del procedimento amministrativo avviato per il riconoscimento della provvidenza assistenziale disciplinata dalla norma impugnata, non essendo stato precisato se la domanda amministrativa di concessione dell’assegno, distinta da quella volta all’accertamento del requisito sanitario presupposto, sia stata presentata in data antecedente o successiva all’entrata in vigore della modifica apportata con la legge della Provincia autonoma di Trento n. 27 del 2010;
che – alla luce del principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione (sentenza n. 338 del 2011) − tale carenza costituisce motivo di inammissibilità della questione di legittimità costituzionale (ex plurimis, da ultimo, ordinanza n. 36 del 2015), in quanto preclusiva della valutazione sulla rilevanza (sentenza n. 25 del 2015; ordinanze n. 183 e n. 176 del 2014, n. 93 del 2012), non essendo stati forniti sufficienti elementi che consentano di valutare l’applicabilità della normativa transitoria di cui all’art. 45, comma 8, della legge della Provincia autonoma di Trento n. 27 del 2010;
che ulteriore motivo di inammissibilità della sollevata questione si rinviene nelle modalità illustrative sia dei parametri di costituzionalità che si assumono violati, sia delle ragioni della non manifesta infondatezza;
che il giudice rimettente, infatti, ha richiamato, riportandone ampi stralci, diverse sentenze di questa Corte, pronunciate in materia identica, sebbene aventi ad oggetto provvidenze assistenziali disciplinate dalla legge nazionale, limitandosi a considerare, del tutto apoditticamente, applicabili «i medesimi principi costituzionali» anche alla norma impugnata, nella formulazione vigente fino al 29 dicembre 2010;
che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini del necessario scrutinio sulla rilevanza della questione, nonché dei profili della sua non manifesta infondatezza, il giudice rimettente non può esimersi dal fornire, nell’atto di promovimento, un’esauriente ed autonoma motivazione, dovendosi escludere che il mero recepimento o la semplice prospettazione di argomenti sviluppati dalle parti o rinvenuti nella giurisprudenza (sentenza n. 234 del 2011; ordinanze n. 59 del 2004 e n. 432 del 2000), anche costituzionale, equivalgano a chiarire, per sé stessi, le ragioni per le quali “quel” giudice reputi che la norma applicabile in “quel” processo risulti in contrasto con il dettato costituzionale (nello stesso senso, sentenza n. 22 del 2015);
che l’enunciata carenza non appare, nella specie, emendabile neppure attraverso una sorta di “interpretazione contenutistica” dell’ordinanza di rimessione medesima: quanto alle ragioni della prospettata incostituzionalità, infatti, se si esclude uno sbrigativo accenno cumulativo alla violazione degli artt. 2, 3, 10, 11 (parametro, quest’ultimo, mai richiamato negli stralci di motivazione riprodotti nell’ordinanza di rimessione), 32, 35 (parametro, del pari, mai richiamato negli stralci di motivazione riprodotti nell’ordinanza di rimessione), 38 e 117 Cost. (quest’ultimo non indicato, poi, nel dispositivo dell’ordinanza di rimessione), non risultano indicati, con autonomo apprezzamento, specifici vizi della normativa censurata (giammai oggetto delle sentenze richiamate, che si riferiscono in realtà alla normativa statale in materia assistenziale e per istituti diversi), né risulta operata alcuna autonoma selezione di profili di illegittimità, in riferimento a specifici parametri, rispetto a quelli complessivamente rintracciati nelle sentenze riprodotte per stralcio parziale della parte motiva, e tale da poter essere considerata idonea a circostanziare e a rendere “autosufficiente” la questione proposta;
che assolutamente laconica (oltre che espressa in forma dubitativa), infine, appare la prospettata violazione dell’art. 4 del d.P.R. n. 670 del 1972, in quanto, dopo aver ricordato che la competenza legislativa esclusiva spettante alla Provincia autonoma di Trento, in materia di assistenza e beneficienza pubblica, incontra i limiti previsti dal citato art. 4, il giudice rimettente si è limitato ad affermare che tali limiti «per i motivi sopra evidenziati, la legge della Provincia autonoma non sembra aver rispettato», senza alcuna esplicitazione delle ragioni poste alla base di una tale affermazione.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Trento 15 giugno 1998, n. 7 (Disciplina degli interventi assistenziali in favore degli invalidi civili, dei ciechi civili e dei sordomuti), come sostituito dall’art. 49, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 27 agosto 1999, n. 3 (Misure collegate con l’assestamento del bilancio per l’anno 1999), e modificato dall’art. 87, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 19 febbraio 2002, n. 1 (Misure collegate con la manovra di finanza pubblica per l’anno 2002), vigente fino al 29 dicembre 2010 (prima della modifica apportata dall’art. 45 della legge della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2010, n. 27, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Provincia autonoma di Trento − legge finanziaria provinciale 2011»), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 11, 32, 34, 35 e 38 della Costituzione ed all’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dal Tribunale ordinario di Trento, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 maggio 2015.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Nicolò ZANON, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 15 giugno 2015.