SENTENZA N. 15
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice
- Giuseppe FRIGO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito della deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Calabria, del 28 maggio 2014, n. 26, promosso dalla Regione Calabria con ricorso notificato il 1° agosto 2014, depositato in cancelleria il 27 agosto 2014 ed iscritto al n. 10 del registro conflitti tra enti 2014.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 27 gennaio 2015 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;
uditi l’avvocato Graziano Pungì per la Regione Calabria e l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.− La Regione Calabria, con ricorso notificato in data 1° agosto 2014, depositato il successivo 27 agosto ed iscritto al n. 10 del registro conflitti tra enti 2014, ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alla deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Calabria, del 28 maggio 2014, n. 26, con cui si è accertata l’irregolarità dei rendiconti presentati dai gruppi consiliari regionali relativamente all’esercizio finanziario 2013.
La ricorrente ha chiesto di dichiarare che non spettava allo Stato, e per esso alla Corte dei conti, di effettuare, in violazione degli artt. 100, 114, 117, 119, 120, 121, 122 e 123 della Costituzione, un controllo, da un lato, «generalizzato, finalistico e di merito» sui rendiconti dei gruppi consiliari, in contrasto con l’autonomia politica, organizzativa e contabile del Consiglio regionale e dei gruppi medesimi, nonché con le prerogative spettanti ai consiglieri regionali; dall’altro, «con procedure, modalità, tempi e metodi diversi da quelli tassativamente previsti» dall’art. 1, commi 9, 10, 11 e 12 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213.
1.1.− Ha premesso la Regione Calabria che l’art. 1 del d.l. n. 174 del 2012 ha dettato disposizioni relative alla redazione, approvazione e controllo dei rendiconti di esercizio annuale dei gruppi consiliari regionali, strutturati secondo linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, e che tali linee guida sono state deliberate e recepite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2012.
Ha poi evidenziato la ricorrente che il Presidente della Regione ha trasmesso i rendiconti dell’esercizio 2013 e la relativa documentazione alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti, la quale, con deliberazione n. 18 del 13 marzo 2014, ha disposto la loro regolarizzazione e l’integrazione della documentazione nel termine di 30 giorni. Adempiuto l’ordine, con nota del 18 aprile successivo, la predetta sezione ha richiesto un’ulteriore integrazione documentale e, infine, con deliberazione n. 26 del 28 maggio 2014 ha accertato l’irregolarità di tutti i rendiconti.
1.2.− In punto di diritto, la ricorrente lamenta, in primo luogo, la violazione della sua autonomia amministrativa, legislativa, finanziaria e statutaria, nonché dell’autonomia politica, organizzativa e contabile del Consiglio regionale e dei gruppi consiliari, delle prerogative dei consiglieri regionali e del principio di leale collaborazione.
La sezione regionale di controllo della Corte dei conti, secondo la ricorrente, non si sarebbe limitata alla «verifica della corrispondenza, in termini quantitativi, fra la spesa rendicontata e la documentazione giustificativa e alla verifica di regolarità amministrativa di quest’ultima», ma avrebbe censurato nel merito le scelte discrezionali dei gruppi consiliari.
1.3.− La delibera impugnata, inoltre, lederebbe le attribuzioni costituzionali dei consiglieri regionali e dei loro gruppi previste dall’art. 121 Cost. e tutelate dall’immunità garantita dall’art. 122, quarto comma, Cost.
Quest’ultima non sarebbe diretta ad assicurare ai consiglieri una posizione di privilegio, ma si giustificherebbe in quanto volta a preservare da interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni inerenti la loro sfera di autonomia costituzionalmente garantita, e tale autonomia riguarderebbe anche l’attività dei gruppi e la gestione delle loro spese.
1.4.− La deliberazione in parola, poi, nella misura in cui è stata trasmessa alla Procura regionale della Corte dei conti, violerebbe i limiti imposti dagli artt. 100 e 103 Cost. alle attività di controllo e giurisdizionali della magistratura contabile, in contrasto con le prerogative regionali. Né essa sarebbe prevista dall’art. 1, commi da 9 a 12, del d.l. n. 174 del 2012 o da altre disposizioni di legge.
1.5.− La delibera impugnata, ancora, violerebbe le sfere di attribuzione costituzionale della Regione e del Consiglio regionale, perché emessa all’esito di un’anomala sequenza procedimentale.
In particolare, la sezione regionale di controllo per la Regione Calabria, invertendo la scansione prevista dal d.l. n. 174 del 2012, avrebbe prima disposto la regolarizzazione dei rendiconti e poi richiesto chiarimenti e integrazioni documentali. La delibera finale, poi, sarebbe intervenuta oltre il termine di 30 giorni previsto dalla legge per l’approvazione tacita dei rendiconti.
La sezione regionale di controllo della Corte dei conti, dunque, in assenza di idonea copertura normativa, avrebbe «cagionato una esposizione per un tempo indefinito al potere di controllo», incidendo sul punto di equilibrio, individuato dal legislatore, tra le garanzie costituzionali attribuite alla Corte stessa dall’art. 100 Cost. e quelle attribuite all’autonomia regionale dagli artt. 114, 117, 119, 121 e 123 Cost.
1.6.− Una menomazione della sfera di attribuzione regionale sarebbe infine rinvenibile anche nella parte della deliberazione in cui la sezione regionale di controllo ha applicato la sanzione della decadenza dei gruppi consiliari dal diritto all’erogazione delle risorse per l’anno successivo, originariamente prevista dall’art. 1, comma 11, del d.l. n. 174 del 2012 e poi travolta dalla pronuncia di incostituzionalità n. 39 del 2014, perché in contrasto con gli artt. 117 e 119 Cost.
1.7.− La ricorrente ha quindi proposto istanza cautelare di sospensione degli effetti della deliberazione impugnata, dal momento che la decadenza dai contributi rischierebbe di compromettere le funzioni pubbliche affidate ai gruppi consiliari, con conseguente paralisi del funzionamento dell’assemblea regionale.
2.− Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.
2.1.− Ha eccepito, in primo luogo, il difetto di interesse della ricorrente all’impugnazione della delibera gravata, perché il controllo effettuato dalla Corte dei conti sarebbe svolto nell’interesse della Regione medesima, che pertanto non sarebbe legittimata alla proposizione del conflitto di attribuzioni.
2.2.− Il ricorso, poi, sarebbe inammissibile per genericità e comunque infondato nel merito.
Osserva l’Avvocatura generale dello Stato che non è contestabile che le scelte discrezionali dei gruppi consiliari siano insindacabili sul piano dell’opportunità, mentre sarebbe sicuramente verificabile l’inerenza delle spese ai fini istituzionali.
La doglianza secondo cui la sezione regionale della Corte dei conti avrebbe svolto un controllo di merito sarebbe, tuttavia, apodittica e indimostrata. Per contro, esso sarebbe stato operato in perfetta aderenza alla normativa statale, regionale e al d.P.C.m. 21 dicembre 2012, che, all’art. 1, comma 3, lettera a), dell’Allegato «A» nell’esplicitare il criterio della «correttezza», enuncerebbe il principio «della riconducibilità all’attività istituzionale del gruppo».
Deduce, infine, l’Avvocatura generale dello Stato che la ricorrente, facendo valere i medesimi vizi, ha proposto ricorso innanzi alle sezioni riunite della Corte dei conti, il che confermerebbe, sotto altro profilo, l’inammissibilità del conflitto, utilizzato come improprio strumento di censura del modo di esercizio della funzione giurisdizionale.
Considerato in diritto
1.− La Regione Calabria ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Calabria, del 28 maggio 2014, n. 26, con cui si è accertata l’irregolarità dei rendiconti presentati dai gruppi consiliari regionali relativamente all’esercizio finanziario 2013, nonché la loro decadenza dal diritto all’erogazione di risorse pubbliche per l’anno 2014, e disposta la trasmissione degli atti alla Procura regionale della Corte dei conti.
Con una prima censura la ricorrente lamenta che – in violazione della sua autonomia amministrativa, legislativa, finanziaria e statutaria, nonché dell’autonomia politica, organizzativa e contabile del Consiglio regionale e dei gruppi consiliari, delle prerogative dei consiglieri regionali e del principio di leale collaborazione – la sezione regionale della Corte dei conti abbia operato un controllo sui rendiconti non meramente esterno e di natura documentale, come previsto dal decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, ma «generalizzato, finalistico e di merito».
Con una seconda censura la ricorrente si duole che la trasmissione della deliberazione alla Procura, in assenza di una specifica disposizione di legge, violi i limiti posti dagli artt. 100 e 103 della Costituzione alle attività di controllo e giurisdizionali della Corte dei conti.
La Regione Calabria lamenta, infine, la violazione della sua sfera di attribuzione costituzionale perché la deliberazione impugnata sarebbe stata emessa all’esito di un’anomala sequenza procedimentale e perché la Corte dei conti avrebbe applicato ai gruppi consiliari la sanzione della decadenza dal diritto all’erogazione di risorse pubbliche, nonostante essa sia stata espunta dall’ordinamento con la sentenza di questa Corte n. 39 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme recate al riguardo dall’art. 1, commi 11 e 12, del d.l. n. 174 del 2012.
2.– Va rilevata d’ufficio l’inammissibilità del ricorso per la mancanza di una preventiva deliberazione autorizzatoria da parte dell’organo collegiale competente a proporlo.
Ai sensi dell’art. 39, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), il ricorso per conflitto di attribuzione fra Stato e Regioni «è proposto per lo Stato dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro da lui delegato e per la Regione dal Presidente della Giunta regionale in seguito a deliberazione della Giunta stessa».
La Corte costituzionale ha costantemente affermato «l’esigenza della previa deliberazione da parte dell’organo collegiale ai fini della presentazione del ricorso o della costituzione in giudizio» (ordinanza del 26 febbraio 2013, allegata alla sentenza n. 60 del 2013; nello stesso senso, sentenze n. 61 del 2011, n. 51 del 2007 e n. 54 del 1990), precisando che si tratta di «“esigenza non soltanto formale, ma sostanziale per l’importanza dell’atto e per gli effetti costituzionali ed amministrativi che l’atto stesso può produrre” (sentenza n. 33 del 1962; analogamente le sentenze n. 8 del 1967; n. 119 del 1966; n. 36 del 1962)» (sentenza n. 202 del 2012; nello stesso senso, sentenza n. 142 del 2012).
Nel caso di specie, il ricorso è stato redatto in data 29 luglio 2014 e notificato il 1° agosto 2014, mentre la delibera di Giunta di autorizzazione alla proposizione del conflitto è del successivo 6 agosto.
3.− L’istanza di sospensione della deliberazione impugnata, formulata dalla Regione Calabria nel ricorso introduttivo, rimane assorbita dalla decisione adottata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione sollevato, in relazione alla deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Calabria, del 28 maggio 2014, n. 26, nei confronti dello Stato, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, [l’11 febbraio 2015.: data sostituita dalla seguente: 27 gennaio 2015., con ordinanza correttiva n. 69 del 2015]
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 febbraio 2015.
* V. l’ord. n. 69 del 2015 di correzione di errore materiale (ndr).