SENTENZA N. 51
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZARitenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 23 agosto 2004 e depositato il 27 agosto successivo, la Regione Sardegna, in persona del Presidente della Giunta regionale pro-tempore, ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 10 giugno 2004, recante «Disciplina delle reti da posta fissa», perché venga dichiarato che non spettava allo Stato emanarlo «in toto e con particolare riguardo all’articolo 2» dello stesso decreto.2.– La ricorrente assume, in primo luogo, che l’atto impugnato violerebbe le competenze legislative e amministrative riservate alla Regione dagli artt. 3, lettera i), e 6 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), nonché dalle relative norme di attuazione di cui agli artt. 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1950, n. 327 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna); all’art. 1 del decreto legislativo 17 aprile 2001, n. 234 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Sardegna per il conferimento di funzioni amministrative, in attuazione del Capo I della legge n. 59 del 1997); all’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1965, n. 1627 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna in materia di pesca e saline sul Demanio marittimo e nel mare territoriale); ed agli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 6 febbraio 2004 n. 70 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Sardegna concernenti il conferimento di funzioni amministrative alla Regione in materia di agricoltura). Il decreto impugnato invaderebbe, al contempo, le competenze attribuite in materia di pesca alla Regione Sardegna dal combinato disposto di cui agli artt. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e 117, primo, quarto, quinto e sesto comma, della Costituzione, anche in relazione all’art. 5 e all’Allegato II del regolamento CE n. 1626/94 del Consiglio del 27 giugno 1994 (Regolamento che istituisce misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca nel Mediterraneo).2.1.– Premette la ricorrente che il decreto ministeriale in oggetto – composto da quattro articoli recanti la definizione di rete da posta fissa (art. 1), l’indicazione della superficie massima consentita (art. 2), delle caratteristiche della loro segnalazione (art. 3) e delle modalità di utilizzo nelle prossimità di sbocchi a mare dei corsi d’acqua (art. 4) – costituirebbe esercizio di un potere ministeriale volto a disciplinare aspetti specifici dell’attività di pesca.
Il fondamento legislativo del decreto risiederebbe nell’art. 32 della legge 14 luglio 1965, n. 963 (Disciplina della pesca marittima), che attribuisce al Ministro per la marina mercantile, con proprio decreto e sentita la Commissione consultiva centrale per la pesca marittima, la potestà di «emanare norme per la disciplina della pesca anche in deroga alle discipline regolamentari, al fine di adeguarla al progresso delle conoscenze scientifiche e delle applicazioni tecnologiche, e favorire lo sviluppo in determinate zone o per determinate classi di essa».
Ciò posto, il decreto ministeriale in parola, dettando prescrizioni di carattere generale e astratto relativamente ad una attrezzatura finalizzata all’attività ittica, risulterebbe innanzitutto lesivo sia delle attribuzioni riservate alla Regione in materia di pesca dalle citate norme statutarie e dalle relative norme di attuazione, sia di quelle «integrate e rafforzate» dal combinato disposto di cui all’art. 117, primo, quarto, quinto e sesto comma, Cost. e all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
2.2.– In secondo luogo, ad avviso della Regione Sardegna, «stante il limite alla applicazione delle nuove norme del Titolo V della Costituzione stabilito dall’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001», un eventuale intervento statale volto a tutelare l’interesse nazionale alla conservazione degli ecosistemi marini (ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.) potrebbe effettuarsi, nel proprio ambito territoriale, esclusivamente mediante la previsione di un’attività amministrativa rispettosa dei limiti indicati dalle norme di attuazione dello statuto di autonomia e, segnatamente, dall’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 70 del 2004, che riserva allo Stato «compiti di sola disciplina generale e coordinamento nazionale» nella «gestione delle risorse ittiche marine di interesse nazionale oltre le 12 miglia».
L’atto impugnato, quindi, disciplinando in via generale e «quale che sia la distanza dalla costa delle acque in cui vengono usate» l’impiego delle reti da posta fissa, non sarebbe affatto conforme al modello di intervento consentito, con conseguente invasione della competenza della Regione Sardegna in materia di pesca nella fascia di mare ad essa riservata.
2.3.– Sotto altro profilo, osserva sempre la ricorrente, l’art. 2 del decreto in esame, nello stabilire che la superficie complessiva di ciascuna rete non possa superare i 20.000 metri quadrati, non sarebbe conforme agli «standards uniformi sulle attrezzatura da pesca, in funzione di protezione delle risorse ittiche» stabiliti dalla normativa comunitaria e vincolanti anche la Regione Sardegna.
In particolare, posto che l’Allegato II del regolamento CE n. 1626/94 ha precisato i requisiti minimi che gli Stati membri devono rispettare per le attrezzature da pesca in questione, individuandoli nell’altezza e nella lunghezza massime consentite (fissate, rispettivamente, in quattro metri e cinque chilometri), l’art. 2 del decreto, stabilendo un unico e diverso parametro, risulterebbe illegittimo – oltre che per la violazione delle norme statutarie e di attuazione già richiamate –, anche in quanto adottato in contrasto con l’obbligo dello Stato di rispettare i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario di cui all’art. 117, primo comma, Cost.
2.4.– In terzo luogo, ad avviso della ricorrente, il decreto impugnato risulterebbe radicalmente illegittimo «per ulteriori e concorrenti motivi».
Da un lato, sarebbe stato adottato dal sottosegretario di stato «al di fuori della delega ad esso conferita dal Ministro delle politiche agricole e forestali» e, pertanto, in carenza di potere. Dall’altro, risulterebbe totalmente difforme dal modello legale di riferimento in quanto non sorretto dalle finalità specificamente richieste dall’art. 32 della legge n. 963 del 1965, nonché privo del prescritto parere della Commissione consultiva centrale per la pesca marittima (oggi – sulla base del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154, recante «Modernizzazione del settore pesca e dell’acquacoltura, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 7 marzo 2003 n. 38» – «Commissione consultiva centrale per la pesca e l’acquacoltura»).
Inoltre il decreto ministeriale in oggetto, sempre ad avviso della Regione, in quanto recante nuove norme tecniche in materia di pesca, contrasterebbe altresì con l’art. 10 del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 153 (Attuazione della legge 7 marzo 2003, n. 38, in materia di pesca marittima), il quale, per un siffatto intervento normativo, richiederebbe la forma del decreto interministeriale – ai sensi dell’art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina delle attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) –, previa intesa con le Regioni.
3.– In quarto luogo, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 117, sesto comma, Cost., poiché lo Stato, adottando il decreto ministeriale in questione, avrebbe esercitato la potestà regolamentare in una materia di competenza esclusiva della Regione.
4.– In via subordinata, ove si ritenesse la concorrenza di competenze statali e regionali nella materia regolata dal decreto impugnato, la ricorrente deduce la violazione del principio di leale collaborazione, poiché «in tal caso il Ministero delle politiche agricole avrebbe quanto meno dovuto coinvolgere le Regioni (ed in particolare la ricorrente) nella procedura che ha portato all’emanazione del decreto medesimo».Considerato in diritto1.– Con il ricorso indicato in epigrafe, la Regione Sardegnaha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali del 10 giugno 2004 (Disciplina delle reti da posta fissa).Tale decreto: all’art. 1, fornisce la definizione di rete da posta fissa; all’art. 2, stabilisce in 20.000 metri quadrati la superficie massima consentita per ciascuna rete; agli artt. 3 e 4, reca prescrizioni circa la segnalazione e l’impiego delle reti nelle prossimità di sbocchi a mare dei corsi d’acqua.1.1.– A parere della ricorrente, l’atto impugnato, dettando una disciplina generale sull’impiego di detta attrezzatura da pesca «quale che sia la distanza dalla costa delle acque in cui vengono usate», violerebbe innanzitutto le competenze legislative e amministrative attribuite alla Regione in materia di pesca dagli artt. 3, lettera i), e 6, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), così come integrati dalle relative norme di attuazione. Sotto quest’ultimo profilo, verrebbero in considerazione: gli artt. 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1950, n. 327 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna); l’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1965, n. 1627 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna in materia di pesca e saline sul Demanio marittimo e nel mare territoriale); l’art.1 del decreto legislativo 17 aprile 2001, n. 234 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Sardegna per il conferimento di funzioni amministrative, in attuazione del Capo I della legge n. 59 del 1997); gli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 6 febbraio 2004, n. 70 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Sardegna concernenti il conferimento di funzioni amministrative alla Regione in materia di agricoltura), il secondo dei quali riserva allo Stato «compiti di sola disciplina generale e coordinamento nazionale» nella «gestione delle risorse ittiche marine di interesse nazionale oltre le 12 miglia».1.2.– Il decreto impugnato, e in particolare l’art. 2, risulterebbe al contempo invasivo delle competenze della ricorrente in materia di pesca, così come «integrate e rafforzate» dal combinato disposto di cui agli artt. 117, primo, quarto, quinto e sesto comma, della Costituzione e 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), anche in relazione all’art. 5 e all’Allegato II del regolamento CE del Consiglio n. 1626/94 del 27 giugno 1994 (Regolamento che istituisce misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca nel Mediterraneo).Ad avviso della Regione Sardegna, infatti, il decreto ministeriale – e in particolare l’art. 2, che fisserebbe un requisito tecnico (superficie massima consentita) diverso rispetto a quelli relativi all’altezza e alla lunghezza massime consentite, indicati nel citato regolamento comunitario – lederebbe la competenza esclusiva della Regione in materia di pesca, anche in violazione dell’art. 117, primo, quarto, quinto e sesto comma, Cost., per il mancato rispetto degli standard uniformi fissati dalla normativa comunitaria per le attrezzature da pesca, in funzione di protezione delle risorse ittiche.1.3.– Il decreto impugnato risulterebbe, altresì, radicalmente illegittimo per «ulteriori e concorrenti motivi», in quanto adottato in carenza di potere, nonché in assenza di fondamento legale.2.– Sotto altro profilo, la Regione assume che, con il decreto ministeriale in questione, lo Stato avrebbe violato il divieto di esercizio della potestà regolamentare in materie riservate alla competenza esclusiva regionale, sancito dall’art. 117, sesto comma, della Costituzione.3.– Infine, in via subordinata, la ricorrente lamenta che il decreto impugnato avrebbe violato il principio di leale collaborazione, in quanto sarebbe stato adottato in assenza di un qualunque coinvolgimento delle Regioni e, in particolare, della ricorrente.4.– In via preliminare, deve essere dichiarata l’inammissibilità delle censure prospettate dalla ricorrente in relazione alle disposizioni di cui agli artt. 1, 3 e 4 del decreto impugnato.Invero, la deliberazione della Giunta regionale della Sardegna del 3 agosto 2004, n. 32/3, che ha autorizzato la proposizione del conflitto in esame, pur recando una generica autorizzazione a sollevare il conflitto nei riguardi dell’intero decreto, si sofferma esclusivamente sul contenuto dell’art. 2 e sulle ragioni dell’asserita lesività dello stesso rispetto alle attribuzioni regionali, senza nulla osservare circa il contenuto delle altre disposizioni (artt. 1, 3 e 4). Sicché, posto che queste ultime, pur concernendo la disciplina della medesima attrezzatura da pesca, ne regolano aspetti eterogenei, la deliberazione della Giunta, avendo omesso di considerarle specificamente e di indicare le ragioni della loro impugnazione, risulta, limitatamente alle stesse, inidonea a sorreggere il ricorso (ex plurimis, sentenze n. 216 del 2006 e n. 50 del 2005), con conseguente preclusione dell’esame nel merito delle censure svolte, in via principale e subordinata, nei confronti delle disposizioni medesime.5.– Anche le censure svolte dalla Regione Sardegna nei confronti dell’art. 2 del decreto impugnato sono egualmente inammissibili.
Secondo la ricorrente, infatti, il suddetto art. 2, nello stabilire, per le reti da posta fissa, soltanto il requisito della superficie massima (in 20.000 metri quadrati), avrebbe «contraddetto i requisiti minimi stabiliti» dall’art. 5 e dall’Allegato II del regolamento CE n. 1626/94 che, per tale tipologia di reti, prevedono, invece, i requisiti dell’altezza massima in 4 metri e della lunghezza massima in 5000 metri. In tal modo, secondo la Regione, il decreto ministeriale posto all’origine del presente conflitto avrebbe «aggirato» la disciplina comunitaria, limitandosi a prescrivere il solo requisito della superficie massima complessiva.
Invero, a prescindere da ogni considerazione circa l’eventuale competenza statale a dettare, per le attrezzature da pesca, requisiti tecnici più restrittivi rispetto a quelli fissati dalla normativa comunitaria, in funzione di tutela dell’ecosistema marino – ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. –, risulta evidente la carenza di attualità e concretezza dell’interesse fatto valere dalla ricorrente nel presente giudizio, sotto il profilo della palese inidoneità della disposizione di cui all’art. 2 del decreto impugnato a ledere le attribuzioni costituzionali della Regione.
La menzionata disposizione ministeriale, infatti, si è limitata a dettare un requisito (relativo alla superficie massima consentita per ciascuna rete da posta fissa) compatibile con quelli imposti dal citato regolamento CE, la cui diretta applicabilità alla «pesca nelle acque della Sardegna» è riconosciuta dalla stessa ricorrente, in considerazione della immediata incidenza della norma comunitaria nell’ordinamento interno.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Sardegna nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 10 giugno 2004 (Disciplina delle reti da posta fissa), con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Maria Rita SAULLE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2007.