SENTENZA N. 106
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana 15 maggio 1991, n. 27 (Interventi a favore dell’occupazione), come sostituito dall’art. 19, comma 2, della legge regionale 1° settembre 1993, n. 25 (Interventi straordinari per l’occupazione produttiva in Sicilia) e successivamente modificato dall’art. 3 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 24 (Integrazioni e modifiche alla legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 ed interpretazione autentica degli articoli 1 e 12. Modifiche dell’articolo 19 della legge regionale 1º settembre 1993, n. 25 e dell’articolo 12 della legge regionale 21 settembre 1990, n. 36), promosso dal Tribunale di Modica nel procedimento vertente tra A. A. e il Comune di Scicli ed altro, con ordinanza del 6 marzo 2012, iscritta al n. 290 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Visto l’atto di intervento della Regione siciliana;
Udito nella camera di consiglio dell’8 maggio 2013 il Giudice relatore Sabino Cassese.
1. – Il Tribunale di Modica, con ordinanza del 6 marzo 2012 (reg. ord. n. 290 del 2012), ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana 15 maggio 1991, n. 27 (Interventi a favore dell’occupazione), come sostituito dall’art. 19, comma 2, della legge regionale 1° settembre 1993, n. 25 (Interventi straordinari per l’occupazione produttiva in Sicilia) e successivamente modificato dall’art. 3 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 24 (Integrazioni e modifiche alla legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 ed interpretazione autentica degli articoli 1 e 12. Modifiche dell’articolo 19 della legge regionale 1º settembre 1993, n. 25 e dell’articolo 12 della legge regionale 21 settembre 1990, n. 36), nella parte in cui prevede, ai fini del riconoscimento della riserva a favore dei soggetti in possesso del prescritto titolo di studio che per un periodo non inferiore a centottanta giorni abbiano partecipato alla realizzazione dei progetti di utilità collettiva disciplinati dall’art. 23 della legge 11 marzo 1988, n. 67 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – “Legge finanziaria 1988”), la condizione di cui all’art. 1, comma 2, della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 (Norme per l’inserimento dei soggetti partecipanti ai progetti di utilità collettiva di cui all’art. 23 della legge 11 marzo 1988, n. 67 ed interventi per l’attuazione di politiche attive del lavoro), ossia che detti soggetti debbano essere in servizio alla data del 31 ottobre 1995.
2. – Il giudice rimettente riferisce che, con ricorso depositato il 20 dicembre 2005, A. A., risultato tra i vincitori del concorso pubblico per la copertura di quattro posti di agente di polizia municipale presso il Comune di Scicli, in Provincia di Ragusa, bandito il 28 febbraio 2003 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana il 27 giugno 2003, ha chiesto che l’amministrazione comunale proceda alla stipula del contratto di lavoro a tempo indeterminato e sia condannata «al risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate dal 25.08.2004 alla effettiva assunzione [e] alla ricostruzione della carriera contributiva», nonché ad «annullare, revocare, o con qualsiasi statuizione, rendere privo di effetti giuridici l’atto» di mancata assunzione del ricorrente.
2.1. – Il giudice riporta che il ricorrente nel giudizio principale sostiene di essere stato dichiarato vincitore del suddetto concorso pubblico nell’ambito dei candidati esterni, appartenenti a determinate categorie, muniti di requisiti per accedere a posti riservati (cosiddetti “riservisti”). Secondo quanto riferito nell’ordinanza di rimessione, l’art. 2 del bando prevedeva una riserva di posti non superiore al 50 per cento, di cui un posto, ai sensi dell’art. 7, comma 1, della legge reg. Sicilia n. 27 del 1991, per i partecipanti ai corsi previsti dagli artt. 1 e 5 della medesima legge, ovvero per i soggetti che avessero partecipato alla realizzazione di progetti di pubblica utilità collettiva, disciplinati dall’art. 23 della legge n. 67 del 1988, in possesso dei requisiti previsti dall’art. 1, commi 2 e 3, della legge reg. Sicilia n. 85 del 1995. Inoltre, il giudice rimettente precisa che il ricorrente, invitato dall’amministrazione, in qualità di vincitore, a produrre i documenti comprovanti i titoli e i requisiti dichiarati nella domanda di partecipazione, ha prodotto il certificato del Centro per l’impiego attestante l’avvio al lavoro nel progetto n. 0113/1990, ai sensi dell’art. 23 della legge regionale n. 67 del 1988, e lo svolgimento della corrispondente attività lavorativa in misura superiore a centottanta giorni (dall’11 novembre 1991 al 4 dicembre 1992), a conferma dello status di “riservista” di cui all’art. 2 del bando. Tuttavia, l’amministrazione comunale ha negato la stipula del contratto perché la documentazione prodotta provava l’avviamento al progetto e lo svolgimento dell’attività superiore ai centottanta giorni, ma non l’ulteriore condizione della «permanenza in servizio alla data del 31 ottobre 1995», condizione richiesta dall’art. 1, comma 2, della legge regionale n. 85 del 1995, richiamata dal censurato art. 7, comma 1, della legge regionale n. 27 del 1991.
Il giudice rimettente chiarisce, infine, che il ricorrente ha dedotto l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione e, in subordine, l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 della legge regionale n. 27 del 1991, per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui richiede l’ulteriore condizione del requisito della «permanenza in servizio alla data del 31 ottobre 1995».
2.2. – In via preliminare, il giudice rimettente respinge l’eccezione di difetto di giurisdizione formulata dalla parte resistente nel giudizio principale. Il giudice afferma, richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione, la giurisdizione del giudice ordinario sulla fattispecie oggetto di giudizio, in quanto in esso non sono dedotte questioni che attengono alla regolare formazione della graduatoria, bensì «questioni successive», che riguardano l’assunzione dei candidati (tra cui il ricorrente) dichiarati idonei. In particolare, l’oggetto del giudizio è il «diniego di stipula del contratto opposto dall’amministrazione (successivamente all’approvazione della graduatoria) alla luce della ritenuta insussistenza, in capo al ricorrente, dei requisiti previsti dall’articolo 2 del bando di concorso ai fini della fruizione delle riserva (beneficio senza il quale il ricorrente rimane validamente inserito nella graduatoria)».
2.3. – Nel ricostruire il quadro normativo, il giudice rimettente muove dalla versione originaria dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana n. 27 del 1991 e dà conto delle successive modifiche legislative, a séguito delle quali la disposizioni prevede che «Ai partecipanti ai corsi previsti dagli articoli 1 e 5, i quali abbiano conseguito il relativo attestato di qualifica e limitatamente a qualifiche o profili professionali uguali o strettamente affini a quelli oggetto del corso frequentato, nonché ai soggetti in possesso del richiesto titolo di studio che per un periodo non inferiore a 180 giorni abbiano partecipato alla realizzazione dei progetti di utilità collettiva disciplinati dall’articolo 23 della legge 11 marzo 1988, n. 67 e successive modifiche ed integrazioni “ed in possesso dei requisiti previsti dall’art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 e successive modifiche ed integrazioni” è riservata nell’ambito dei concorsi indetti dalle amministrazioni, enti ed aziende, escluse le unità sanitarie locali, di cui all’articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 12, una quota del 50 per cento dei posti messi a concorso».
In particolare, l’art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale n. 85 del 1995 stabilisce che le misure straordinarie per l’attivazione di politiche del lavoro finalizzate ad ampliare la base produttiva per creare nuove opportunità occupazionali «si applicano prioritariamente ai soggetti che abbiano partecipato, per periodi complessivamente non inferiori a centottanta giorni e in servizio alla data del 31 ottobre 1995, alla realizzazione dei progetti di utilità collettiva disciplinati dall’articolo 23 della legge 11 marzo 1988, n. 67 e successive modifiche ed integrazioni, al fine di recuperare e valorizzare le loro competenze e le loro capacità tecniche e professionali» (comma 2) e che le «stesse misure trovano applicazione nei confronti di coloro che abbiano partecipato alla realizzazione di progetti di utilità collettiva in qualità di coordinatori in possesso dei requisiti di cui al presente articolo, iscritti nella prima classe delle liste di collocamento e che abbiano mantenuto tale requisito sin dall’atto della prima assunzione nei progetti, nonché ai coordinatori soci-lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro a part-time, purché in possesso dei requisiti previsti dal presente articolo» (comma 3).
2.4. – In ordine alla rilevanza della questione, il Tribunale di Modica sottolinea che l’art. 7 della legge della Regione siciliana n. 27 del 1991 è applicabile alla fattispecie oggetto di giudizio, perché il concorso è stato indetto con il bando pubblicato dopo le modifiche sopra illustrate. Di conseguenza, «la procedura concorsuale, in forza del principio tempus regit actum, doveva necessariamente recepire la suddetta normativa».
La disposizione, ad avviso del giudice rimettente, è applicabile nei confronti del ricorrente nel giudizio principale. L’attore, sebbene in possesso del requisito dello svolgimento dell’attività lavorativa ai sensi dell’art. 23 della legge regionale n. 67 del 1988, in misura non inferiore ai centottanta giorni (per avere svolto tale attività dall’11 novembre 1991 al 4 dicembre 1992), e del titolo di studio (non contestato), non ha l’ulteriore requisito della «permanenza in servizio alla data del 31 ottobre del 1995». Pertanto, «in caso di incostituzionalità di quella parte della norma che la contempla, il ricorrente otterrebbe senza dubbio il diritto all’assunzione, previa disapplicazione di quella parte del bando di concorso che risulterebbe, a tal punto, viziata da illegittimità conseguente». Aggiunge il giudice rimettente che «dall’esame della graduatoria, della posizione rivestita dal ricorrente, nonché da quella degli altri candidati che hanno invocato il beneficio della riserva, emerge che, ove al ricorrente venisse riconosciuto detto beneficio», egli sarebbe automaticamente collocato «in uno dei due posti riservati di cui all’art. 2 del bando, e dunque maturerebbe il diritto all’assunzione».
Né, prosegue il giudice rimettente, sarebbe possibile interpretare la disposizione censurata in modo diverso da quello seguito dall’amministrazione comunale. Il rinvio operato dall’art. 7 censurato ai requisiti previsti dall’art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale n. 85 del 1995 non avrebbe motivo di esistere ove venisse inteso come limitato al requisito dei centottanta giorni di servizio per progetti di utilità collettiva di cui all’art. 23 della legge n. 67 del 1988, perché tale condizione è già espressamente prevista dall’art. 7 stesso. Non sarebbe quindi possibile adottare soluzioni, costituzionalmente orientate, che consentano di pervenire a diverse conclusioni, rispetto a quella sopra indicata. Né sarebbe proponibile, infine, la soluzione formulata dal difensore della parte ricorrente, diretta a consentire l’applicazione della norma nella sua versione originaria, perché i procedimenti e i provvedimenti amministrativi (categoria entro cui rientrano anche i bandi di concorso) devono conformarsi alla normativa vigente al tempo della loro emanazione.
2.5. – Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice rimettente censura l’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana n. 27 del 1991 con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.
In primo luogo, l’ulteriore condizione della «permanenza in servizio alla data del 31 ottobre 1995», non prevista nel testo originario, violerebbe l’art. 3 Cost., perché determinerebbe un’irragionevole discriminazione tra tutti i soggetti che parteciparono per periodi non inferiori a centottanta giorni alla realizzazione dei piani di utilità collettiva dal 1988, data di istituzione di detti piani, al 1995, data di cessazione degli stessi. Questa condizione imporrebbe di riconoscere il beneficio della riserva soltanto ai soggetti che, avendo svolto un periodo di servizio non inferiore a centottanta giorni, siano in servizio alla data del 31 ottobre 1995. Tale discrimine, basato sulla mera occasionale circostanza di essere in servizio alla data del 31 ottobre 1995, sarebbe irragionevole, in quanto la ratio della riserva contemplata dalla norma risiederebbe nel tenere conto dell’esperienza che il soggetto matura con lo svolgimento del prescritto periodo (almeno centottanta giorni), e non già per la mera circostanza di essere in servizio alla data del 31 ottobre 1995. Inoltre, la norma produrrebbe un’irragionevole disparità di trattamento tra coloro i quali hanno maturato più di centottanta giorni di servizio (come il ricorrente, che ha svolto l’attività prescritta per più di un anno), ma non risultano in servizio alla data stabilita dal legislatore, e coloro i quali, pur avendo maturato un’esperienza minore (ad esempio, anche il minimo di legge di centottanta giorni), si possono avvantaggiare della riserva per la sola circostanza, introdotta ex post dal legislatore regionale, di trovarsi in servizio alla data del 31 ottobre 1995.
In secondo luogo, il riconoscimento del beneficio della riserva, preordinato all’accesso ai ruoli nella pubblica amministrazione, per la mera occasionale circostanza di trovarsi in servizio ad una determinata data, violerebbe i principi di buon andamento ed efficienza dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost. L’effetto della disposizione censurata, infatti, sarebbe quello di escludere dal beneficio della riserva tutti i soggetti non in servizio alla data del 31 ottobre 1995, nonostante tra questi possano esservi soggetti che vantano una maggiore anzianità rispetto a coloro che risultano in servizio alla predetta data e possono accedere al beneficio. Ciò introdurrebbe un criterio di selezione per l’accesso ai ruoli basato su una circostanza di fatto occasionale, estranea ad ogni valutazione di merito.
3. – Con atto depositato in data 14 gennaio 2013, si è costituita in giudizio la Regione siciliana, per chiedere che la Corte dichiari l’inammissibilità o, comunque, la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge regionale n. 27 del 1991.
3.1. – Con riguardo ai profili di inammissibilità, la difesa regionale eccepisce, innanzitutto, il difetto di giurisdizione del giudice adito, in quanto «la contestazione della legittimità della scelta dell’amministrazione circa i requisiti richiesti per l’accesso all’assunzione riservata» si risolverebbe in una «richiesta di tutela di interesse legittimo», talché la relativa controversia rientrerebbe nella giurisdizione del giudice amministrativo. Inoltre, la difesa regionale rileva che «il criterio di riserva contestato è stato legittimamente recepito nel bando di concorso al quale l’interessato ha prestato acquiescenza sia lasciando decorrere il termine decadenziale per la sua impugnazione dinanzi al giudice amministrativo», sia «formulando una dichiarazione, difforme dalla realtà, di possesso di entrambi i requisiti richiesti per l’accesso ai posti riservati».
In secondo luogo, la Regione siciliana eccepisce il difetto di rilevanza della questione, ai fini della decisione nel giudizio principale, per la mancata impugnazione del bando di concorso che prescriveva il possesso del requisito previsto dall’art. 7, domma 1, della legge della Regione siciliana n. 27 del 1991, «stante che l’eventuale accoglimento della stessa non refluirebbe sulla legittimità del bando che, in mancanza di annullamento, costituisce lex specialis della procedura di selezione e non può essere disapplicato».
In terzo luogo, la difesa regionale osserva che il giudice rimettente avrebbe prospettato la questione in modo perplesso, perché, «dopo aver precisato che [essa] riguarda la legittimità dei requisiti soggettivi di cui all’art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale n. 85 del 1995 relativi all’accesso alla riserva di cui all’art. 7, comma 1, della legge regionale n. 27 del 1991, applicabile al caso dedotto in giudizio, omette di sollevare questione di legittimità costituzionale del suindicato art. 7, comma 1, della legge regionale n. 27 del 1991, in combinato disposto con l’art. 1, commi 2 e 3, della legge n. 85 del 1995 e ritiene costituzionalmente illegittima la sola disposizione dell’art. 7, comma 1, della legge regionale n. 27 del 1991, non pertinente, in assenza del predetto richiamo all’art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale n. 85 del 1995, rispetto alla fattispecie dedotta nel giudizio a quo».
3.2. – Nel merito, la Regione siciliana sostiene la non fondatezza della questione.
Innanzitutto, la disposizione censurata collegherebbe a un fatto certo, ossia l’essere stato in servizio alla data del 31 ottobre 1995, il criterio in base al quale riconoscere la possibilità di fruire della riserva prevista dallo stesso art. 7 della legge regionale n. 27 del 1991.
La difesa regionale osserva, poi, che il legislatore, fissando il limite temporale del 31 ottobre 1995, avrebbe «inteso restringere la platea dei beneficiari della riserva, riducendola ulteriormente rispetto all’originale previsione della norma in esame». In particolare, la modifica apportata dalla legge regionale n. 24 del 1996 avrebbe introdotto l’attuale requisito temporale con una previsione analoga a quella di un’altra norma statale – l’art. 12 del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 (Revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell’articolo 22 della legge 24 giugno 1997, n. 196) – che disciplina il regime transitorio dei lavoratori impegnati o che siano stati impegnati, entro la data del 31 dicembre 1997, per almeno dodici mesi, in progetti approvati ai sensi dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510 (Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608. I soggetti di cui all’art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale n. 85 del 1995 rientrerebbero quindi in tale regime transitorio, come precisato dalla circolare assessoriale 9 febbraio 1999, n. 335 (Progettazione di lavori di pubblica utilità rivolti ai soggetti di cui all’art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85, e di cui all’art. 1 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 24).
Infine, la difesa regionale rileva che la disposizione censurata si sarebbe adeguata all’orientamento della giurisprudenza costituzionale in materia di concorsi pubblici e procedure selettive riservate.
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale di Modica, con ordinanza del 6 marzo 2012 (reg. ord. n. 290 del 2012), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana 15 maggio 1991, n. 27 (Interventi a favore dell’occupazione), come sostituito dall’art. 19, comma 2, della legge regionale 1° settembre 1993, n. 25 (Interventi straordinari per l’occupazione produttiva in Sicilia) e successivamente modificato dall’art. 3 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 24 (Integrazioni e modifiche alla legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 ed interpretazione autentica degli articoli 1 e 12. Modifiche dell’articolo 19 della legge regionale 1º settembre 1993, n. 25 e dell’articolo 12 della legge regionale 21 settembre 1990, n. 36).
Il giudice rimettente censura l’art. 7, comma 1, della legge reg. Sicilia n. 27 del 1991 nella parte in cui prevede, ai fini del riconoscimento della riserva a favore dei soggetti in possesso del prescritto titolo di studio che per un periodo non inferiore a centottanta giorni abbiano partecipato alla realizzazione dei progetti di utilità collettiva disciplinati dall’art. 23 della legge 11 marzo 1988, n. 67 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – “Legge finanziaria 1988”), la condizione di cui all’art. 1, comma 2, della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 (Norme per l’inserimento dei soggetti partecipanti ai progetti di utilità collettiva di cui all’art. 23 della legge 11 marzo 1988, n. 67 ed interventi per l’attuazione di politiche attive del lavoro), ossia che detti soggetti fossero in servizio alla data del 31 ottobre 1995. Ad avviso del Tribunale di Modica, tale condizione sarebbe in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione.
2. – In via preliminare, vanno respinte le tre eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Regione siciliana.
2.1. – La difesa regionale deduce, innanzitutto, che la questione sarebbe inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice rimettente. Ad avviso della Regione siciliana, «la contestazione della legittimità della scelta dell’amministrazione circa i requisiti per l’accesso all’assunzione riservata» si risolverebbe in una «richiesta di tutela di interesse legittimo» e la relativa controversia rientrerebbe nella giurisdizione del giudice amministrativo.
L’eccezione non è fondata.
Il Tribunale di Modica e la difesa regionale formulano, con riguardo alla giurisdizione, argomentazioni di segno opposto, ma entrambe supportate da pronunce delle sezioni unite della Corte di Cassazione. Le diverse posizioni giurisprudenziali illustrate, sebbene si riferiscano a fattispecie non del tutto coincidenti con la vicenda oggetto del giudizio principale, «preclud[ono] una pronuncia di inammissibilità della questione perché sollevata da un giudice privo di giurisdizione, avendo questa Corte affermato che il relativo difetto per essere rilevabile deve emergere in modo macroscopico e manifesto, cioè ictu oculi» (sentenze n. 41 del 2011, n. 81 e n. 34 del 2010).
Inoltre, l’indagine della Corte sulla giurisdizione del giudice rimettente deve arrestarsi laddove questi «abbia espressamente motivato in maniera non implausibile in ordine alla sua giurisdizione» (sentenze n. 241 del 2008; n. 11 del 2007; n. 144 del 2005; n. 291 del 2001). Nel caso in esame il Tribunale di Modica afferma che la controversia oggetto del giudizio principale attiene al «diniego di stipula del contratto [di lavoro] opposto dall’amministrazione (successivamente all’approvazione della graduatoria) alla luce della ritenuta insussistenza, in capo al ricorrente, dei requisiti previsti dall’articolo 2 del bando di concorso ai fini della fruizione della riserva (beneficio senza il quale il ricorrente rimane validamente inserito nella graduatoria)». Tale controversia, secondo il rimettente, spetta al giudice ordinario perché non concerne «questioni che attengono alla regolare formazione della graduatoria, ma questioni successive, che riguardano le fasi relative all’assunzione dei candidati (tra cui il ricorrente) dichiarati idonei». Questa motivazione non è implausibile, anche in considerazione di quanto previsto dall’art. 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), che assegna alla cognizione del giudice ordinario le controversie concernenti l’assunzione al lavoro (ex plurimis, sentenza n. 81 del 2010).
2.2. – La Regione siciliana eccepisce, poi, il difetto di rilevanza della questione ai fini della decisione nel giudizio principale. Tale difetto deriverebbe, ad avviso della difesa regionale, dalla mancata impugnazione, da parte del ricorrente, del bando di concorso che prescriveva il possesso del requisito previsto dall’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana n. 27 del 1991, «stante che l’eventuale accoglimento della [questione] non refluirebbe sulla legittimità del bando che, in mancanza di annullamento, costituisce lex specialis della procedura di selezione e non può essere disapplicato».
L’eccezione non è fondata.
Nel giudizio di costituzionalità, ciò che rileva è «la valutazione formulata dal remittente in ordine alla ritenuta impossibilità di definire il processo principale, indipendentemente dalla soluzione della questione sollevata, potendo la Corte interferire su tale valutazione solo se essa, a prima vista, appare assolutamente priva di fondamento» (sentenza n. 242 del 2011). Circostanza questa, che non ricorre nel caso oggetto del presente giudizio. Il Tribunale di Modica chiarisce infatti che, ove fosse dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma censurata, il ricorrente nel giudizio principale, in virtù della sua posizione nella graduatoria del concorso, non contestata, «otterrebbe senza dubbio il diritto all’assunzione, previa disapplicazione di quella parte del bando di concorso che risulterebbe […] viziata da illegittimità conseguente».
2.3. – La Regione siciliana eccepisce, infine, che il giudice rimettente avrebbe prospettato la questione in modo perplesso. Secondo la difesa regionale, il Tribunale di Modica, da un lato, avrebbe precisato che la questione riguarda la legittimità dei requisiti soggettivi di cui all’art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale n. 85 del 1995 relativi all’accesso alla riserva di cui all’art. 7, comma 1, della legge regionale n. 27 del 1991, applicabile al caso dedotto in giudizio; dall’altro, avrebbe poi omesso di sollevare la questione di legittimità costituzionale del citato art. 7, comma 1, in combinato disposto con l’art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale n. 85 del 1995 e avrebbe ritenuto costituzionalmente illegittima «la sola disposizione dell’art. 7, comma 1, della legge regionale n. 27 del 1991, non pertinente, in assenza del predetto richiamo all’art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale n. 85 del 1995, rispetto alla fattispecie dedotta nel giudizio a quo».
Anche questa eccezione non è fondata.
Il Tribunale di Modica – sia nel testo dell’ordinanza, sia nel petitum –precisa che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana n. 27 del 1991 è sollevata «nella parte in cui prevede […] la condizione di cui all’art. 1, comma 2, della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85, ovverosia che detti soggetti debbano essere in servizio alla data del 31 ottobre 1995». Emerge quindi in modo inequivocabile che il giudice rimettente ha inteso censurare l’art. 7, comma 1, della legge regionale n. 27 del 1991 con specifico riferimento alla condizione prevista dall’art. 1, comma 2, della legge regionale n. 85 del 1995, talché la questione non è prospettata in modo perplesso né contraddittorio (ex plurimis, ordinanza n. 34 del 2013).
3. – Nel merito, la questione è fondata.
3.1. – Debbono innanzitutto essere illustrati il quadro normativo in cui si inserisce la disposizione censurata e le modifiche di cui essa è stata oggetto.
Al fine di favorire l’occupazione giovanile, l’art. 7 della legge della Regione siciliana n. 27 del 1991 stabilisce una riserva di posti, nei pubblici concorsi, per determinate categorie di soggetti, inclusi coloro i quali hanno partecipato ai progetti di utilità collettiva di cui all’art. 23 della legge n. 67 del 1988. Quest’ultimo articolo aveva previsto, per il triennio 1988-1990, il finanziamento di iniziative a livello locale «temporalmente limitate» consistenti nello svolgimento di «attività di utilità collettiva» tramite l’impiego, a tempo parziale, di giovani privi di occupazione ed iscritti nella prima classe delle liste di collocamento.
Questa Corte ha già ricostruito le modalità con cui la Regione siciliana ha regolato i progetti di utilità collettiva di cui all’art. 23 della legge n. 67 del 1988 (sentenze n. 310 del 1999 e n. 43 del 1996). Per un verso, allo scadere del triennio considerato dalla normativa statale, sono state approvate leggi dirette sia a prorogare la durata di tali progetti (da ultimo la legge regionale n. 25 del 1993, che ha prolungato i progetti sino al 1° gennaio 1996), sia a promuovere progetti simili, come previsto dalla legge regionale n. 85 del 1995 e dalla circolare assessoriale 9 febbraio 1999, n. 335 (Progettazione di lavori di pubblica utilità rivolti ai soggetti di cui all’art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85, e di cui all’art. 1 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 24). Per l’altro verso, il legislatore siciliano, fin dal 1990, ha introdotto misure per favorire l’occupazione dei soggetti che avevano partecipato a detti progetti: è in questa seconda serie di iniziative che si colloca la legge regionale n. 27 del 1991, che ha previsto «Interventi formativi a favore di laureati e diplomati di scuole secondarie» per persone di età comprese tra i 18 e i 40 anni (articoli da 1 a 5) e azioni volte a favorire il collocamento di soggetti che avessero partecipato a progetti di utilità collettiva ai sensi dell’art. 23 della legge n. 67 del 1988.
Nell’ambito di tali misure, l’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana n. 27 del 1991, nella versione originaria, ammetteva al beneficio della riserva, tra gli altri, i soggetti che avessero preso parte, per un periodo non inferiore a centottanta giorni, alla realizzazione dei progetti di utilità collettiva di cui all’art. 23 della legge n. 67 del 1988.
Successivamente, la disposizione censurata è stata modificata più volte con riguardo sia all’ambito soggettivo di applicazione, sia alla vigenza. L’art. 19, comma 2, della legge regionale n. 25 del 1993 ha posto quale condizione per accedere al beneficio della riserva quella di essere «in servizio alla data di pubblicazione del relativo bando di concorso». L’art. 3 della legge regionale n. 24 del 1996, poi, ha sostituito tale ultima clausola con l’inciso «ed in possesso dei requisiti previsti dall’art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 e successive modifiche ed integrazioni», così introducendo la condizione censurata dal giudice rimettente dell’essere in servizio alla data del 31 ottobre 1995 (condizione risultante dal rinvio all’art. l, comma 2, della legge regionale n. 85 del 1995). È stato così inserito un requisito previsto da un’altra legge regionale ad un altro scopo, quello di determinare un criterio di priorità per accedere alle misure da essa stabilite.
Quanto al periodo di vigenza, l’art. 7, comma 1, della legge regionale n. 27 del 1991, nella versione originaria, avrebbe dovuto trovare applicazione per un triennio dalla data di approvazione della medesima legge n. 27 del 1991 e dunque sino al maggio 1994. A séguito di più interventi legislativi, la possibilità di accedere al beneficio della riserva è stata prorogata sino al 31 dicembre 2006, mentre i progetti di utilità collettiva sono rimasti in vigore solo fino al 1° gennaio 1996. Queste ripetute proroghe hanno reso la disposizione censurata applicabile al giudizio principale, che ha ad oggetto una procedura di concorso bandita nel 2003.
3.2. – La disposizione censurata non supera il vaglio della ragionevolezza, con conseguente violazione dell’art. 3 Cost. L’intervento normativo, compiuto nell’aprile 1996, ha riammesso al beneficio della riserva, retroattivamente, soltanto coloro che, già impegnati in progetti di utilità collettiva per almeno centottanta giorni, avessero cessato di essere in servizio in un periodo compreso tra il 31 ottobre 1995 – dies a quo indicato dalla legge – e il 1° gennaio 1996 – quando sono terminati i progetti di utilità collettiva. La norma censurata, quindi, discrimina tra coloro i quali sono stati impegnati anche più di centottanta giorni in progetti di utilità collettiva, ma non erano in servizio alla data del 31 ottobre 1995, e coloro i quali, pur avendo maturato un’esperienza minore, pari al minimo richiesto dalla legge, possono beneficiare della riserva per la semplice occasionale circostanza, introdotta ex post dal legislatore regionale, di essere in servizio alla data del 31 ottobre 1995. In particolare, il termine scelto dal legislatore esclude dal beneficio della riserva, in modo irragionevole, tutti i soggetti che abbiano partecipato per almeno centottanta giorni a progetti di utilità collettiva nel periodo compreso tra il settembre 1993 – quando è stata apportata la prima modifica all’art. 7, comma, 1, della legge regionale n. 27 del 1991 – e il 30 ottobre 1995. L’indicazione di un termine puntuale, riferito a una specifica data, dà luogo a una irragionevole disparità di trattamento tra soggetti che dovrebbero trovarsi nella eguale possibilità di usufruire di una disciplina diretta a favorire l’occupazione e a «non disperdere il patrimonio di professionalità» formato sia con fondi statali, sia con fondi regionali (ordinanza n. 430 del 2002).
Il legislatore può e deve fissare un termine certo per delimitare l’ambito soggettivo di applicazione di una disciplina, specialmente con riferimento alla riserva di posti nei pubblici concorsi, ammissibile in ipotesi circoscritte e solo al ricorrere di precise condizioni più volte indicate da questa Corte (ex plurimis, sentenza n. 3 del 2013). Ma il modo in cui detto termine è stabilito non può essere irragionevolmente discriminatorio. Nel caso in esame, il termine puntuale del 31 ottobre 1995, introdotto dal legislatore quando i progetti di utilità collettiva erano già conclusi, favorisce in modo arbitrario e irragionevole l’occupazione di alcuni soggetti a danno di eventuali altri che, ancora iscritti nelle liste di collocamento, avrebbero potuto anch’essi beneficiare della riserva per tutto il periodo in cui la disciplina censurata è rimasta in vigore.
Va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana n. 27 del 1991, nella parte in cui prevede – ai fini del riconoscimento della riserva a favore dei soggetti in possesso del prescritto titolo di studio che per un periodo non inferiore a centottanta giorni abbiano partecipato alla realizzazione dei progetti di utilità collettiva disciplinati dall’art. 23 della legge n. 67 del 1988 – la condizione di cui all’art. 1, comma 2, della legge regionale n. 85 del 1995, ossia che detti soggetti fossero in servizio alla data del 31 ottobre 1995.
4. – Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana 15 maggio 1991, n. 27 (Interventi a favore dell’occupazione), come sostituito dall’art. 19, comma 2, della legge regionale 1° settembre 1993, n. 25 (Interventi straordinari per l’occupazione produttiva in Sicilia) e successivamente modificato dall’art. 3 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 24 (Integrazioni e modifiche alla legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 ed interpretazione autentica degli articoli 1 e 12. Modifiche dell’articolo 19 della legge regionale 1º settembre 1993, n. 25 e dell’articolo 12 della legge regionale 21 settembre 1990, n. 36), nella parte in cui prevede, ai fini del riconoscimento della riserva a favore dei soggetti in possesso del prescritto titolo di studio che per un periodo non inferiore a centottanta giorni abbiano partecipato alla realizzazione dei progetti di utilità collettiva disciplinati dall’art. 23 della legge 11 marzo 1988, n. 67 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – “Legge finanziaria 1988”), la condizione, contemplata dall’art. 1, comma 2, della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 (Norme per l’inserimento dei soggetti partecipanti ai progetti di utilità collettiva di cui all’art. 23 della legge 11 marzo 1988, n. 67 ed interventi per l’attuazione di politiche attive del lavoro), che detti soggetti fossero in servizio alla data del 31 ottobre 1995.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2013.