SENTENZA N. 225
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 3, e 4, comma 1, della legge della Regione Liguria 29 marzo 2004, n. 5 (Disposizioni regionali in attuazione del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 «Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e la correzione dell'andamento dei conti pubblici», come convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 e modificato dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004», concernenti il rilascio della sanatoria degli illeciti urbanistico-edilizi), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, nel procedimento vertente tra P. P. ed altri e il Comune di Pontinvrea ed altri, con ordinanza del 17 febbraio 2011 iscritta al n. 99 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2011.
Visti gli atti di costituzione di G. M. e della Regione Liguria;
udito nell’udienza pubblica del 18 settembre 2012 il Giudice relatore Aldo Carosi;
uditi gli avvocati Giovanni Bormioli e Mariano Protto per G. M. e Gigliola Benghi per la Regione Liguria.
Ritenuto in fatto
1. — Con ordinanza del 17 febbraio 2011, iscritta al n. 99 del registro ordinanze 2011, il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 3, comma 3, e 4, comma 1 – quest’ultimo limitatamente alle parole «ed in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo» – della legge della Regione Liguria 29 marzo 2004, n. 5 (Disposizioni regionali in attuazione del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 «Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e la correzione dell'andamento dei conti pubblici», come convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 e modificato dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004», concernenti il rilascio della sanatoria degli illeciti urbanistico-edilizi), denunciandone il contrasto con l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
Riferisce il TAR ligure che la questione è sorta nell’ambito di un giudizio promosso da alcuni proprietari di villette ubicate nel comune di Pontinvrea (SV), con il quale è stato impugnato il titolo edilizio in sanatoria rilasciato dal comune di Pontinvrea – ai sensi dell’art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e la correzione dell’andamento dei conti pubblici), conver4tito nella legge 24 novembre 2003, n. 326 – alla società contro-interessata “El Chico Tres di Cecchin S. & C. s.n.c” concernente l’esecuzione di opere di pavimentazione stradale in conglomerato bituminoso, recinzioni, opere di sistemazione esterna, finalizzate alla realizzazione di una pista di go-kart, nonché dell’autorizzazione comunale per l’esercizio dell’impianto pista Kart "Vittoria".
Si legge nell’ordinanza di rimessione che i ricorrenti lamentavano che la costruzione e l’esercizio di una pista per go‑kart a motore, oggetto dei provvedimenti impugnati, fossero fonte di inquinamento acustico ed atmosferico, ed avessero definitivamente compromesso la quiete e la tranquillità della zona nella quale si trovano i loro immobili. I medesimi sollevavano – in via preliminare – eccezione di legittimità costituzionale della legge reg. Liguria n. 5 del 2004, per violazione – tra l’altro – dell’art. 117, terzo comma, Cost. A detta dei ricorrenti la legislazione regionale ligure sul condono, nel definire i limiti dell’ammissibilità a sanatoria delle opere abusive, avrebbe ampliato le ipotesi di sanabilità oltre i limiti posti dalla norma nazionale di principio (art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003,), rendendo condonabili interventi quali quello di cui trattasi, realizzato in un'area soggetta ad un preesistente vincolo idrogeologico di carattere meramente relativo (ovvero non comportante inedificabilità assoluta).
All’esito dell’udienza del 27 gennaio 2011, il TAR per la Liguria ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 3, e 4, comma 1, (quest’ultimo, limitatamente alle parole «ed in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo»), della legge reg. Liguria n. 5 del 2004, per contrasto con l’art. 117, comma 3, Cost., secondo il quale nelle materie di legislazione concorrente – quale è quella del governo del territorio – spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Premette in proposito il giudice rimettente che il principio fondamentale dettato dalla legislazione statale in tema di opere non suscettibili di sanatoria è chiaramente rinvenibile nell’art. 32, comma 27, del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003, a mente del quale «fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n.47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora: [...] d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici».
A fronte di una simile normativa statale, il giudice rimettente evidenzia che la legge reg. Liguria n. 5 del 2004 avrebbe invece ammesso a sanatoria sia le opere abusive realizzate in area assoggettata a vincolo, ancorché eseguite «in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo» (art. 4, comma 1, ultimo periodo), sia quelle realizzate in area assoggettata a vincolo soltanto relativo o di tutela (art. 3, comma 3, che esclude appunto dalla condonabilità soltanto le opere realizzate su aree soggette a vincolo di inedificabilità assoluta), ancorché le medesime non fossero conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Evidenzia il proposito il TAR che non è contestato che le opere oggetto di sanatoria ricadano in un’area soggetta a vincolo idrogeologico di carattere relativo, e che tale vincolo preesistesse alla realizzazione delle relative opere: tanto che la concessione edilizia 31 gennaio 2000, n. 14 – sulla base della quale erano state eseguite le opere – era stata annullata dalla sentenza del TAR per la Liguria n. 105 del 2004, anche per l’assenza del nulla-osta idrogeologico, e lo stesso provvedimento di condono impugnato nel giudizio a quo in seguito è stato fatto precedere dal nulla-osta della Comunità montana. Conseguentemente, prosegue il giudice rimettente, poiché nel caso di specie il vincolo idrogeologico è di carattere relativo ed esso preesisteva all’esecuzione delle opere abusive, ne discenderebbe che le stesse sarebbero state certamente non sanabili in base alla normativa statale (art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. n. 269 del 2003), mentre lo sarebbero divenute sulla base di quella regionale, in virtù del fatto che tale legge ha ammesso il condono sia per il caso di vincolo soltanto relativo, che non comporta cioè inedificabilità assoluta (art. 3, comma 3, della legge Reg. Liguria n. 5 del 2004), sia per il caso in cui le opere abusive siano state eseguite nelle aree vincolate «in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo» (art. 4, comma 1, ultimo periodo, della medesima legge Reg. Liguria n. 5 del 2004).
Con riguardo quindi al profilo della rilevanza, il TAR ligure evidenzia che le disposizioni regionali sospettate di illegittimità assumono entrambe il ruolo di parametro dei provvedimenti impugnati, talché il giudizio a quo non potrebbe essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione sollevata.
Né, secondo il tribunale amministrativo rimettente, sarebbe neppure prospettabile in via interpretativa – stante il chiaro ed inequivoco tenore delle due disposizioni regionali – una lettura che possa rendere conformi le norme impugnate alla norma statale di principio.
In particolare, non avrebbe fondamento l’eccezione sollevata dalla difesa della società contro-interessata, secondo la quale le condizioni di sanabilità delle opere in questione, rientranti nella tipologia n. 6 dell’Allegato n. 1 al d.l. n. 269 del 2003 (così detti “abusi minori”) sarebbero indicate non già dal comma 27, lettera d), dell’art. 32 di tale decreto-legge, bensì dal precedente comma 26, lettera a), del medesimo articolo.
Infatti, prosegue il TAR, sarebbe evidentemente diversa la funzione delle due norme: la prima (comma 26, lettera a) verrebbe a delimitare le tipologie di abuso astrattamente sanabili in relazione al carattere vincolato o meno del territorio su cui insistono; la seconda (comma 27, lettera d) definirebbe “in concreto” la portata massima del condono edilizio, attraverso l’indicazione delle opere abusive «comunque» non suscettibili di sanatoria, in aggiunta alle preclusioni già derivanti dalla disciplina di cui agli artt. 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive).
Cosicché, se è vero che – in astratto – gli abusi minori (corrispondenti alle tipologie 4, 5 e 6 dell’Allegato n. 1 al d.l. n. 269 del 2003) sono condonabili anche nelle aree vincolate (comma 26, lettera a), nondimeno essi non lo sono – in concreto – quando le opere abusive siano state realizzate successivamente all’istituzione del vincolo, a prescindere dal suo carattere assoluto o relativo, e non siano conformi alla normativa urbanistica (comma 27, lettera d).
Secondo il rimettente la questione appare anche non manifestamente infondata.
L’art. 3, comma 3, della legge reg. Liguria n. 5 del 2004, dispone che «per vincoli imposti a tutela degli interessi idrogeologici e dell’assetto idraulico ai sensi dell' articolo 32, comma 27, lettera d), del d.l. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003 e modificato dalla legge n. 350 del 2003, si intendono le previsioni di inedificabilità assoluta dettate da leggi statali e regionali in tema di difesa del suolo (legge 18 maggio 1989 n. 183 e leggi regionali 28 gennaio 1993, n. 9 e 21 giugno 1999, n. 18), nonché dai piani di bacino e piani di bacino stralcio approvati ai sensi dell’articolo 97 della legge regionale 21 giugno 1999, n. 18 (adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali nelle materie di ambiente, difesa del suolo ed energia)».
Ebbene, secondo il rimettente tale disposizione regionale, in difformità dalla norma statale di principio di cui all’articolo 32, comma 27, lettera d), del d.l. n. 269 del 2003, avrebbe inteso rendere condonabili gli interventi in area vincolata quando il vincolo abbia carattere meramente relativo, cioè non comporti una previsione di inedificabilità assoluta.
Il rimettente rammenta che, con riferimento al condono edilizio introdotto con il d.l. n. 269 del 2003, la Corte costituzionale ha ripetutamente affermato che spetta al legislatore statale determinare non solo tutto ciò che attiene alla dimensione penalistica del condono, ma anche la potestà di individuare – in sede di determinazione dei principi fondamentali nell’ambito della materia legislativa del governo del territorio – la portata massima del condono edilizio straordinario, attraverso la definizione sia delle opere abusive non suscettibili di sanatoria, sia del limite temporale massimo di realizzazione delle opere condonabili, sia delle volumetrie massime sanabili (vengono richiamate le sentenze di questa Corte n. 49 del 2006 e n. 70 del 2005; n. 196 del 2004). Ed inoltre, con specifico riferimento alla normativa statale di cui all’art. 32, comma 27, del predetto d.l. n. 269 del 2003, la Corte costituzionale avrebbe riconosciuto che la previsione – ivi contenuta – delle tipologie di opere comunque insuscettibili di sanatoria attiene ai limiti massimi di ampiezza del condono individuati dal legislatore statale (sentenza n. 70 del 2005), sicché la legge regionale che produca l’effetto di ampliare i limiti applicativi della sanatoria eccederebbe la competenza concorrente della regione in tema di governo del territorio.
Il TAR rammenta poi che la Corte costituzionale ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale di una legge regionale (l’articolo unico della legge della Regione Marche 27 maggio 2008, n. 11, recante «Interpretazione autentica dell’art. 2 della legge regionale 29 ottobre 2004, n. 23 “Norme sulla sanatoria degli abusi edilizi”») che conteneva una disposizione in tutto analoga a quella della regione Liguria, affermando che «è pacifico che la normativa statale più volte richiamata (art. 32, comma 27, lettera d), del decreto-legge n. 269 del 2003) imponga l’osservanza di vincoli di carattere relativo, cui il legislatore regionale non può apportare alcuna deroga (ordinanza n. 150 del 2009): al contrario, la disposizione censurata ha l’effetto inequivocabile di vanificare siffatti limiti ed incorre per tale ragione nel denunciato vizio di legittimità costituzionale».
Considerazioni in tutto analoghe, secondo il TAR ligure, dovrebbero valere anche rispetto alla disposizione di cui all’art. 4, comma 1, della legge reg. Liguria n. 5 del 2004.
Infatti tale norma, adottata «ai sensi dell’articolo 32, comma 26, del d.l. 269/2003, convertito dalla 1. 326/2003 e modificato dalla 1. 350/2003, e ad integrazione di quanto stabilito nel successivo comma 27, lettera d), relativamente alle opere abusive realizzate in aree assoggettate ai vincoli di cui all’articolo 32, della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (norme in materia di controllo dell'attività urbanistico – edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e successive modificazioni», dispone che una serie di interventi, tra i quali (lettera b) le opere o le modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume di cui alla tipologia n. 6 dell’Allegato n. 1 al d.l. n. 269 del 2003, siano suscettibili di sanatoria, «ancorché eseguiti nelle aree vincolate sopraindicate ed in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo».
Anche la disposizione in questione, quindi, con l’espressione «ed in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo», avrebbe prodotto l’effetto di ammettere a sanatoria opere abusive che, in quanto insistenti su aree vincolate, ma realizzate in epoca successiva all’imposizione del relativo vincolo, non dovrebbero ritenersi invece sanabili sulla base della disposizione statale di principio (art. 32, comma 27, lettera d, del d.l. n. 269 del 2003). In tal modo il legislatore regionale avrebbe esorbitato dai limiti massimi di ampiezza del condono individuati dal legislatore statale con carattere di inderogabilità.
2. — E’ intervenuta nel presente giudizio la Regione Liguria, in persona del Presidente in carica pro-tempore, chiedendo che la questione venga respinta in quanto inammissibile o comunque infondata.
La Regione eccepisce la mancanza di riferimenti specifici alla fattispecie concreta che ha dato origine al contenzioso, e comunque evidenzia che l’annullamento dell’autorizzazione comunale n. 26 del 2004 per la conduzione della pista di go – kart (atto impugnato insieme al titolo edilizio in sanatoria) poteva essere conseguito (per motivi attinenti all’interesse alla quiete e tranquillità della zona, minacciata da inquinamento acustico ed atmosferico) anche prescindendo dall’applicazione delle norme sospettate di incostituzionalità.
La Regione invoca poi l’improcedibilità o comunque l’inammissibilità della questione, giacché il giudice territoriale avrebbe omesso di considerare che l’art. 85 della legge della Regione Liguria 6 giugno 2008, n. 16 (Disciplina dell’attività edilizia) avrebbe stabilito che «per vincoli imposti a tutela degli interessi idrogeologici (...) preclusivi della sanatoria delle opere abusive non conformi alla disciplina degli strumenti urbanistici si considerano i vincoli comportanti inedificabilità assoluta (...)», quindi, si sostiene, cancellare la precedente norma oggetto della questione di legittimità costituzionale lascerebbe sostanzialmente invariato il quadro normativo regionale cui il rimettente dovrebbe comunque fare riferimento.
Nel merito, con riguardo alla prima questione, la Regione sostiene che la disposizione introdotta con il d.l. n. 269 del 2003 debba essere riguardata nel suo complesso e nel contesto del decreto-legge medesimo, nonché all’interno del quadro normativo di riferimento, e dunque (almeno) insieme agli artt. 31, 32 e 33 della legge n. 47 del 1985.
Ed in proposito, prosegue la Regione Liguria, devesi tenere conto che l’art. 32 della legge n. 47 del 1985, nell’individuare le opere ammesse al condono, faceva salve «le fattispecie previste dall’art. 33». L’art. 33 (opere non suscettibili di sanatoria) di tale legge escludeva dalla sanatoria le opere in contrasto con i vincoli illustrati sub a, b e c «qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima dell’esecuzione delle opere», nonché «ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree» (lettera d). Ne conseguirebbe, secondo l’interpretazione propugnata dalla Regione, che l’art. 33 in questione si poneva come norma eccezionale rispetto al precedente art. 32, e quindi resterebbero suscettibili di sanatoria tutte quelle opere, pur vincolate, che, nondimeno, non erano assoggettate a vincoli assoluti di inedificabilità, come escluso dall’art. 33.
Su tale disciplina – prosegue la Regione Liguria – si sarebbe innestata (considerati anche gli espressi richiami) la nuova regola recata dal d.l. n. 269 del 2003. Ed in proposito, si osserva che, se da un canto il comma 27 dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, «fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (...)», nega l’accesso alla sanatoria per le opere abusive realizzate «(...) su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela di interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima dell’esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici» (lettera d), dall’altro canto, il precedente comma 26 del medesimo articolo 32, ammette invece a sanatoria gli interventi “minori” realizzati in aree «soggette ai vincoli di cui all’art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47», e quindi non soggette a vincoli di inedificabilità assoluta di cui all’art. 33 della medesima legge. In sostanza, secondo la Regione Liguria, il legislatore del d.l. n. 269 del 2003 avrebbe mantenuto e confermato la validità della precedente distinzione tra vincoli di inedificabilità assoluta e vincoli non comportanti tale inedificabilità, senza punto innovare l’impianto della legge n. 47 del 1985 o, meglio, senza introdurre un’ulteriore e diversa eccezione alla regola di cui all’art. 32 della legge n. 47 del 1985.
In definitiva dunque, secondo la Regione, le norme oggetto della questione di legittimità costituzionale, in realtà, più che specificare ed articolare quella statale si limiterebbero a circoscriverla, poiché l’art. 3 riduce le ipotesi di sanatoria (nelle zone soggette a vincolo “relativo” di tipo idrogeologico), ad alcune specifiche fattispecie, individuate alle lettere a, b, c e d; mentre l’art. 4 contempla solo fattispecie di rilievo davvero minimale.
Con riguardo alla seconda questione, la Regione si limita ad osservare che la norma regionale riprende la descrizione della fattispecie di cui al combinato disposto dei commi 26 e 27 dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, come chiarita quanto alla distinzione tra zone a vincolo “relativo” e zone presidiate da vincolo comportante inedificabilità assoluta, come sopra illustrata. L’inciso sulla preesistenza del vincolo deriverebbe quindi esclusivamente dal riprendere la norma statale in questione (art. 32, comma 27, lettera d).
3. — Si è costituito in giudizio anche il sig. M. G., già ricorrente nel giudizio a quo, con memoria in data 23 giugno 2011, ed in seguito ha depositato con ulteriore memoria depositata in vista dell’udienza pubblica.
Nei suddetti atti la parte privata ha svolto argomenti ad adiuvandum delle motivazioni contenute nell’ordinanza del giudice rimettente, nonché ha replicato alle deduzioni della Ragione Liguria.
Con riguardo all’eccezione della Regione Liguria secondo la quale la questione difetterebbe di rilevanza, il sig. G. ricorda che i ricorrenti hanno impugnato tutti i provvedimenti di concessione edilizia ed autorizzazione all’esercizio della pista di go-kart rilasciati dal Comune di Pontinvrea. Tali atti sono stati quindi annullati. Gli unici provvedimenti ancora in essere, e che consentono anche attualmente alla società contro-interessata di continuare ad esercitare la propria attività, sono la concessione edilizia n. 2C/04 e l’autorizzazione al suo esercizio. Tale concessione edilizia ha la finalità di mantenere l’impianto e quindi l’annullamento di tale concessione è fondamentale per la tutela degli interessi dei ricorrenti. Ma, prosegue la parte privata, tale concessione non potrebbe essere più annullata perché conforme alla normativa contenuta negli art. 3, comma 3, e 4, comma 1, della legge reg. Liguria n. 5 del 2004.
Con riferimento poi alla difesa esposta dalla Regione, secondo la quale sussisterebbe la possibilità di sanare gli “abusi minori” realizzati su area vincolata ex art. 27, lettera a), del d.l. n. 269 del 2003, il sig. G. rileva in contrario che l’ordinanza di rimessione del TAR ligure ha ben motivato la ragione secondo la quale tale tesi non ha fondamento. Infatti, si sostiene che correttamente il giudice rimettente ha argomentato che «se é vero che in astratto gli abusi minori sono condonabili anche nelle aree vincolate (comma 26, lettera a), nondimeno non lo sono – in concreto – qualora le opere abusive siano state realizzate dopo l’istituzione del vincolo, a prescindere dal suo carattere assoluto o relativo e non siano conformi alla normativa urbanistica (comma 27, lettera d)». Quindi, in tale prospettiva, si prosegue, anche nella denegata ipotesi in cui l’intervento oggetto della concessione in sanatoria rilasciata dal Comune nel 2004 fosse inquadrabile tra quelli elencati nell’allegato 1 del d.l. n. 269 del 2003, come sostenuto dalla Regione Liguria, l’opera non sarebbe comunque assentibile.
Con riferimento alla seconda questione, laddove viene prospettata l’illegittimità dell’art. 4, comma 1, della legge reg. Liguria n. 5 del 2004, il sig. G. osserva che la Regione si limita ad affermare che «l’inciso sulla preesistenza del vincolo deriva esclusivamente dal riprendere la norma statale in lettura (art. 32, comma 27, lett. d)». Ma, egli prosegue, mentre l’art. 4, comma 1, della legge reg. Liguria n. 5 del 2004 stabilisce che le «opere abusive realizzate in aree assoggettate ai vincoli sono suscettibili di sanatoria, ancorché eseguite nelle aree vincolate sopraindicate ed in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo (...) », l’art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. n. 269 del 2003 stabilisce invece che le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli istituiti prima della esecuzione di dette opere. Ne deriverebbe quindi, conclude la parte privata, che mentre per la legge regionale un’opera abusiva è sanabile anche se il vincolo è stato imposto prima della sua realizzazione, per la legge nazionale tali opere non sono in ogni caso sanabili.
4. — La Regione Liguria, con ulteriore memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica ha ulteriormente evidenziato che le opere abusive oggetto del provvedimento di condono rilasciato nel 2004 dovrebbero comunque ritenersi ascrivibili al novero degli “abusi minori”, e segnatamente tra quelle previste al n. 6 dell’Allegato 1 al d.l. n. 269 del 2003 («opere di minore incidenza urbanistico-edilizia, quali quelle di manutenzione straordinaria, nonché opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume»); esse sarebbero inoltre conformi alle norme tecniche di attuazione del piano regolatore comunale del tempo, ed erano state anche regolarizzate con riferimento al vincolo idrogeologico, avendo ottenuto il parere positivo della Comunità montana. Per tali motivi quindi, sostiene la Regione, esse sarebbero state comunque passibili di sanatoria secondo quanto prescritto dalla stessa disciplina statale, così come previsto dal comma 26 dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, in combinato disposto con gli artt. 32, comma. 1, e 33 della legge n. 47 del 1985.
Considerato in diritto
1. — Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria dubita, in riferimento all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 3, e 4, comma 1, (quest’ultimo limitatamente alle parole «ed in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo»), della legge della Regione Liguria 29 marzo 2004, n. 5 (Disposizioni regionali in attuazione del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 «Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e la correzione dell’andamento dei conti pubblici», come convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 e modificato dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004», concernenti il rilascio della sanatoria degli illeciti urbanistico-edilizi).
Il giudice a quo muove dalla premessa che le norme impugnate consentirebbero di sanare tipologie di abusi edilizi non contemplate dalla disciplina statale di principio contenuta nel decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e la correzione dell'andamento dei conti pubblici), ed in particolare nell’art. 32, commi 26 e 27, esorbitando in tal modo dal limite di competenza della Regione.
La questione è sorta nell’ambito di un giudizio amministrativo promosso da alcuni proprietari di villette ubicate nel comune di Pontinvrea (SV), che si dolevano della costruzione e dell’esercizio di una pista per go-kart a motore realizzata nei pressi delle loro abitazioni. I medesimi avevano già impugnato ed ottenuto nel 2004 dal TAR per la Liguria l’annullamento dell’originaria concessione edilizia rilasciata nel 2000 e dell’autorizzazione all’esercizio.
La società realizzatrice del circuito e gerente l’impianto aveva in seguito chiesto ed ottenuto dal Comune un titolo edilizio in sanatoria, rilasciato ai sensi dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003 e delle norme regionali impugnate.
Contro questi due provvedimenti (la concessione in sanatoria dell’“esecuzione di opere finalizzate alla realizzazione di pavimentazione stradale, recinzioni, opere di sistemazione esterna, opere non valutabili in termini di superficie o di volume ad uso ricreativo” e l’autorizzazione per l’esercizio dell’impianto pista go-kart “Vittoria”), si erano nuovamente rivolti al TAR ligure i proprietari delle villette circostanti, prospettando preliminarmente anche la questione di legittimità costituzionale delle norme regionali che avevano reso possibile il rilascio della concessione in sanatoria.
Il TAR, trattenuta la causa in decisione, ritiene che, sulle censure formulate dai ricorrenti nel giudizio a quo in relazione al dettato dell’art. 32, commi 26 e 27, del d.l. n. 269 del 2003, interferiscono – ai fini della risoluzione della causa – le disposizioni regionali di dettaglio, le quali consentirebbero ciò che è vietato dalla legislazione statale di principio contenuta nel citato art. 32. Non sarebbe prospettabile, ad avviso del rimettente, una lettura capace di rendere congruente i precetti contenuti nell’art. 32, commi 26 e 27, del d.l. n. 269 del 2003 con quelli ricavabili dalle due norme impugnate.
In questa prospettiva, l’art. 3, comma 3, della legge reg. Liguria n. 5 del 2004 ridurrebbe le fattispecie di insanabilità degli abusi, tassativamente elencate nell’art. 32, comma 27, del d.l. n. 269 del 2003, attraverso l’interpretazione che circoscrive il concetto normativo statale di «vincoli imposti a tutela degli interessi idrogeologici e dell’assetto idraulico» a quello d’inedificabilità assoluta previsto «da leggi statali e regionali in tema di difesa del suolo» e di «piani di bacino e piani di bacino stralcio». In tal modo l’illecito dedotto dai ricorrenti verrebbe derubricato ad illecito sanabile, essendo fuor di dubbio la natura relativa del vincolo. L’art. 4, comma 1, invece, amplierebbe il dettato dell’art. 32, comma 27 (la norma regionale precisa che quanto disposto vale anche «...ad integrazione di quanto stabilito nel successivo comma 27, lettera d)[...]»), estendendo la sanabilità agli abusi perpetrati nelle aree vincolate alle ipotesi di realizzazione successiva all’imposizione del vincolo anche quando gli stessi siano stati vincolati posteriormente alla stessa.
Secondo il rimettente, poiché nel caso oggetto del giudizio il vincolo idrogeologico è di carattere relativo e preesistente alla esecuzione delle opere abusive, ne discenderebbe che queste sarebbero certamente non sanabili in base alla normativa statale (art. 32, comma 27, lettera d) del d.l. n. 269 del 2003), mentre lo diverrebbero sulla base di quella regionale, in virtù del fatto che essa ammette il condono sia per il caso di vincolo relativo che non comporti inedificabilità assoluta (art. 3, comma 3, della legge regionale n. 5 del 2004), sia per il caso in cui le opere abusive siano state eseguite nelle aree vincolate «in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo» (art. 4, comma 1, ultimo periodo, della medesima legge regionale n. 5 del 2004).
La Regione formula in via preliminare tre eccezioni di inammissibilità della questione incidentale. La prima inerisce alla rilevanza della stessa sotto il profilo della sua propedeuticità rispetto al provvedimento richiesto al TAR dai ricorrenti privati: le loro istanze ben avrebbero potuto essere soddisfatte attraverso l’annullamento dell’autorizzazione all’attività sportiva, lesiva degli interessi alla quiete ed alla tranquillità, minacciate da inquinamento acustico ed atmosferico.
La seconda attiene alla pretesa inutilità dell’eventuale accoglimento, argomentata in relazione alla vigenza dell’art. 85 della successiva legge regionale 6 giugno 2008, n. 16 (Disciplina dell'attività edilizia), il quale avrebbe sostanzialmente riprodotto, in forma di interpretazione autentica, il precetto sottoposto a sindacato di legittimità costituzionale.
La terza si fonda sulla pretesa irrilevanza della disciplina regionale con riguardo al caso concreto, dal momento che la stessa pratica sarebbe stata definita positivamente in riferimento alla tipologia sub 6 dell’Allegato 1 al d.l. n. 269 del 2003.
Nel merito la Regione sostiene che i limiti della sanatoria non sarebbero superati sulla base di una peculiare lettura dell’art. 32, commi 26 e 27, del d.l. n. 269 del 2003, la quale legittimerebbe sia la sanabilità senza eccezioni delle opere realizzate su aree soggette a vincoli idrogeologici di natura relativa, sia l’estensione di detta prerogativa alle opere realizzate successivamente all’apposizione del vincolo.
2. — Le eccezioni di inammissibilità formulate dalla Regione Liguria non sono fondate.
La prima muove dal rilievo che l’annullamento dell’autorizzazione comunale n. 26 del 2004 alla gestione della pista di go-kart (atto impugnato insieme al titolo edilizio in sanatoria) poteva essere conseguito per motivi attinenti all’interesse alla quiete ed alla tranquillità della zona, minacciate da inquinamento acustico ed atmosferico, prescindendo dall’applicazione delle norme sospettate di incostituzionalità. L’assunto non è condivisibile: sebbene siano distinti i motivi per i quali i ricorrenti hanno impugnato davanti al TAR il titolo edilizio in sanatoria e l’autorizzazione comunale, l’impugnazione del titolo in sanatoria assume natura propedeutica rispetto alla seconda questione del ricorso giurisdizionale, in quanto logicamente e funzionalmente precedente. L’annullamento della concessione in sanatoria costituisce condizione necessaria per rimuovere il titolo idoneo a consentire la continuazione dell’attività economica oggetto dell’impugnativa e ciò determina la rilevanza della questione per la definizione del giudizio pendente davanti al giudice amministrativo.
La seconda eccezione imputa al giudice rimettente l’omessa considerazione della sopravvenuta norma consistente nell’art. 85 della legge reg. Liguria n. 16 del 2008, il quale prescrive che: «per vincoli imposti a tutela degli interessi idrogeologici [...] preclusivi della sanatoria delle opere abusive non conformi alla disciplina degli strumenti urbanistici si considerano i vincoli comportanti inedificabilità assoluta individuati nell’art. 3, comma 3» dell’impugnata disposizione regionale.
Secondo la Regione, dichiarare incostituzionale la precedente norma qui in esame lascerebbe sostanzialmente invariato il quadro normativo regionale cui il rimettente dovrebbe comunque fare riferimento. Impregiudicata ogni analisi nel merito della norma di interpretazione autentica cui si collega, la seconda eccezione non tiene conto che l’art. 85 non riveste valore precettivo autonomo, bensì mira a chiarire – con efficacia retroattiva – il significato della disposizione interpretata. Per questo motivo l’eventuale dichiarazione di illegittimità della norma impugnata, e così autenticamente interpretata, farebbe venir meno gli effetti della stessa interpretazione autentica.
La terza eccezione si fonda sulla pretesa conformità della fattispecie concreta alle norme tecniche di attuazione del vigente P.R.G. A dimostrazione di ciò, la Regione invoca l’intervenuto parere positivo dell’autorità preposta alla tutela del vincolo e ne ricava la conformità alla tipologia edilizia sub n. 6 dell’Allegato 1 al d.l. n. 269 del 2003 («..opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume»).
In disparte ogni considerazione sulla asserita riconducibilità della fattispecie agli abusi non valutabili in termini di superficie o di volume, è da sottolineare come la presente eccezione non si limiti a difendere la fattispecie astratta disegnata dal legislatore regionale ma proponga una ricostruzione di quella concreta oggetto del giudizio a quo, al fine di dimostrare l’irrilevanza della questione di legittimità costituzionale. Questo percorso argomentativo non può essere condiviso perché il sindacato sulla rilevanza deve essere effettuato in relazione all’atto introduttivo, con cui viene sollevata la questione incidentale. È l’ordinanza che deve contenere – in via autonoma – tutti gli elementi necessari a consentire a questa Corte l’esame del processo logico-deduttivo attraverso cui si è pervenuti alla rimessione. Ciò comporta che essa non possa essere riletta, proprio sulla base del principio di autosufficienza, attraverso una delibazione alternativa degli atti del giudizio a quo (ex multis ordinanze n. 29 del 2007, n. 463 del 2006, n. 203 del 2006, n. 164 del 2006, n. 453 del 2005, n. 423 del 2005, n. 312 del 2005, n. 59 del 2004, n. 212 del 1982). Nella fattispecie in esame l’atto introduttivo del giudizio appare completo e sufficiente nella definizione dei profili essenziali richiesti per la proposizione del ricorso.
3. — Le questioni proposte involgono i rapporti tra competenza legislativa statale e regionale per quel che specificamente riguarda la disciplina del condono edilizio. A tal proposito questa Corte ha avuto modo di affermare che nella disciplina del condono edilizio convergono la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di sanzionabilità penale e la competenza legislativa concorrente in tema di governo del territorio di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. (sentenze n. 49 del 2006 e n. 70 del 2005). Ciò comporta che «alcuni limitati contenuti di principio di questa legislazione possono ritenersi sottratti alla disponibilità dei legislatori regionali, cui spetta il potere concorrente di cui al nuovo art. 117 Cost. (ad esempio certamente la previsione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria di cui al comma 1 dell’art. 32, il limite temporale massimo di realizzazione delle opere condonabili, la determinazione delle volumetrie massime condonabili). Per tutti i restanti profili è invece necessario riconoscere al legislatore regionale un ruolo rilevante […].di articolazione e specificazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale in tema di condono sul versante amministrativo» (sentenza n. 196 del 2004). In coerenza con questa impostazione, è stato, tra l’altro, dichiarato costituzionalmente illegittimo il comma 25 dell’art. 32 del citato decreto-legge sul condono edilizio, nella parte in cui non prevedeva che la legge regionale potesse determinare limiti volumetrici inferiori a quelli indicati nella medesima disposizione.
Al contrario, è stata ritenuta di stretta interpretazione, in quanto espressione di principio generale afferente ai limiti della sanatoria, l’individuazione da parte della legge dello Stato delle fattispecie ad essa assoggettabili, di modo che le stesse non possono essere comunque ampliate o interpretate estensivamente dalla legislazione regionale. Per questo motivo risulta pienamente conforme al dettato costituzionale l’art. 32, comma 27, del d.l. n. 269 del 2003, contenente la previsione tassativa delle tipologie di opere insuscettibili di sanatoria, la quale determina, in pratica, i limiti del condono, entro il cui invalicabile perimetro può esercitarsi la discrezionalità del legislatore regionale (sentenza n. 70 del 2005).
4. — Alla luce del vigente quadro normativo e dell’attuale orientamento giurisprudenziale, le questioni sono fondate.
Nella fattispecie concreta è incontestato che le opere oggetto di sanatoria ricadano in area soggetta a vincolo idrogeologico di carattere relativo (inedificabilità condizionata al parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo) e che tale vincolo sia preesistente alla loro realizzazione.
L’art. 3, comma 3, della legge reg. Liguria n. 5 del 2004 – attraverso l’estrapolazione delle aree soggette a vincolo idrogeologico di carattere relativo dai tassativi casi di divieto dell’art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. n. 269 del 2003 – trasferisce la fattispecie che ha dato luogo al giudizio a quo dall’area delle opere «comunque» insanabili a quella del condono; l’art. 4, comma 1, della medesima legge – attraverso l’indebita omologazione alle fattispecie dell’art. 32, comma 26, del d.l. n. 269 del 2003 – raggiunge analogo effetto, estendendo la sanabilità alle opere realizzate dopo l’apposizione del vincolo di inedificabilità relativa.
La Regione – attraverso una peculiare lettura dell’articolo 32, commi 26 e 27, del d.l. n. 269 del 2003 – sostiene che i limiti della sanatoria non sarebbero superati. Pur riconoscendo che il comma 26 delinea l’ambito oggettivo della sanatoria mentre il comma 27 prescrive le fattispecie di insanabilità assoluta, l’intervenuta sostiene che l’incipit dello stesso comma 27, contenente la locuzione «fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria», integrerebbe in riduzione il dettato normativo, consentendo di estendere alla disciplina del nuovo condono la distinzione contenuta nella legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) tra vincoli assoluti e vincoli relativi in materia idrogeologica e sottraendo conseguentemente nel loro complesso questi ultimi al regime della insanabilità. In tale opzione interpretativa l’art. 4, comma 1, della legge regionale impugnata non costituirebbe altro che un corollario applicativo di detta regola generale, la quale non precluderebbe il condono in presenza di vincolo di inedificabilità relativa antecedente alla realizzazione delle opere.
L’interpretazione della Regione collide in modo patente con la ratio ed il significato letterale dei commi 26 e 27 dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003: il primo comma individua tassativamente le fattispecie sanabili sulla base della nuova legge sul condono, mentre il secondo enuclea quelle non sanabili. Il richiamo alla precedente distinzione tra inedificabilità relativa ed assoluta contenuta negli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985 viene effettuato al solo fine di coordinare la vecchia disciplina della sanatoria con quella sopravvenuta, mentre non risulta dirimente nella definizione dell’ambito oggettivo del condono del 2003 che viene in discussione in questa sede. La sua estensione al nuovo condono non è infatti compatibile col dettato del comma 26 e delle ivi richiamate tipologie di cui ai numeri 4, 5 e 6 dell’Allegato 1 al d.l. n. 269 del 2003 (fattispecie sanabili), ove non è contemplata alcuna ipotesi congruente con la fattispecie astrattamente enucleata dal legislatore regionale (infatti il comma 26 e le richiamate tipologie di cui ai numeri 4, 5 e 6 si riferiscono non all’intera categoria dell’inedificabilità relativa, ma soltanto ad alcune fattispecie minori tassativamente elencate) né con quello del comma 27, che vieta espressamente (lettera d) la sanatoria di abusi realizzati su aree di tale natura, vincolate antecedentemente all’esecuzione delle opere, in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio o dalle norme e prescrizioni in materia urbanistica.
Questa Corte ha avuto modo di precisare che il condono di cui al d.l. n. 269 del 2003 è caratterizzato da un ambito oggettivo più circoscritto rispetto a quello del 1985, per effetto dei limiti ulteriori contemplati dal precitato comma 27, i quali «si aggiungono a quanto previsto negli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985» (sentenza n. 196 del 2004) e non sono racchiusi nell’area dell’inedificabilità assoluta (ordinanza n. 150 del 2009).
Sia l’art. 3, comma 3, (attraverso un’applicazione riduttiva all’art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. n. 269 del 2003, consistente nella circoscrizione delle fattispecie di insanabilità ai soli vincoli idrogeologici di natura assoluta), sia l’art. 4, comma 1 (che estende la sanabilità alle opere realizzate successivamente all’apposizione del vincolo), della legge reg. Liguria n. 5 del 2004 esorbitano – ponendo in essere un effetto integrato – dalla competenza regionale attribuita in subiecta materia dall’art. 117, terzo comma, Cost., violando in tal modo i limiti fissati dalla normativa statale di principio.
Le disposizioni censurate nel presente giudizio contrastano dunque con la ratio e con la funzione dell’articolo 32 del d.l. n. 269 del 2003 perché non conformi – rispettivamente in addizione e riduzione – ai principi contenuti nei commi 26 e 27 di detta disposizione, ampliando la prescrizione delle opere sanabili e simmetricamente limitando quella delle fattispecie insanabili. Per questo motivo deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 3, comma 3, e 4, comma 1, quest’ultimo limitatamente alle parole «ed in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo», della legge reg. Liguria n. 5 del 2004, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale degli articoli 3, comma 3, e 4, comma 1, quest’ultimo limitatamente alle parole «ed in epoca successiva alla imposizione del relativo vincolo», della legge della Regione Liguria 29 marzo 2004, n. 5 (Disposizioni regionali in attuazione del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 «Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e la correzione dell'andamento dei conti pubblici», come convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 e modificato dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004», concernenti il rilascio della sanatoria degli illeciti urbanistico-edilizi).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'11 ottobre 2012.