ORDINANZA N. 182
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 61, secondo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10 (comma aggiunto dalla legge di conversione), promosso dal Tribunale ordinario di Catania nel procedimento vertente tra S.V. e Intesa San Paolo s.p.a., con ordinanza del 31 maggio 2011, iscritta al n. 47 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2012.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 20 giugno 2012 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.
Ritenuto che il Tribunale ordinario di Catania, con ordinanza del 31 maggio 2011, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, primo e secondo comma, 10, primo comma, 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 61, secondo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10 (comma aggiunto dalla legge di conversione);
che, come il rimettente espone, l’attore nel giudizio principale, premesso di avere intrattenuto un rapporto di conto corrente con la banca convenuta e denunziata la nullità di alcune clausole contrattuali contenute nel contratto, ha proposto domanda di ripetizione delle somme indebitamente pagate alla convenuta medesima;
che quest’ultima ha eccepito la prescrizione decennale dell’azione di ripetizione dell’indebito;
che il rimettente rileva come, all’udienza del 16 maggio 2011, l’attore abbia chiesto che fosse sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 61, del d.l. n. 225 del 2010, per assunta violazione degli artt. 3, 24, 41, 47, 102 e 111 Cost.;
che, ad avviso del giudice di merito, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 61, primo periodo, del d.l. n. 225 del 2010, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011, sarebbe irrilevante e manifestamente infondata nel giudizio a quo, perché in esso non verrebbe in rilievo alcun profilo concernente le annotazioni in conto;
che, invece, il Tribunale considera rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 61, secondo periodo, del d.l. n. 225 del 2010;
che, in punto di rilevanza, il rimettente, osserva come, applicando nel giudizio principale il censurato art. 2, comma 61, secondo periodo, la domanda dell’attore di ripetizione delle somme indebitamente corrisposte alla banca dovrebbe essere rigettata;
che, in punto di non manifesta infondatezza, il Tribunale dubita della legittimità costituzionale del citato art. 2, comma 61, secondo periodo, in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 10, primo comma, 117, primo comma, Cost.;
che il giudicante sottolinea come la previsione in esame – nel precludere sia alla banca che al cliente l’azione di ripetizione di somme indebitamente già corrisposte alla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 225 del 2010 – non appaia dotata di valenza interpretativa, ma innovativa ed implicitamente retroattiva;
che, in primo luogo, il rimettente censura l’art. 2, comma 61, secondo periodo, in riferimento all’art. 3 Cost., sotto il profilo del principio di uguaglianza, in quanto discriminerebbe irragionevolmente: 1) la posizione del correntista che abbia eseguito un versamento non dovuto prima dell’entrata in vigore della legge di conversione da quella di chi abbia eseguito il versamento non dovuto il giorno successivo all’entrata in vigore della medesima legge; 2) la posizione di istituti di credito, ugualmente destinatari di sentenze di primo grado (non definitive) di condanna alla restituzione di somme indebitamente percepite, a seconda che abbiano dato o meno esecuzione alle stesse prima dell’entrata in vigore della legge di conversione, con conseguente irripetibilità degli importi già versati a tale data;
che il giudice a quo deduce, altresì, la violazione dell’art. 24, primo e secondo comma, Cost., in quanto la norma censurata comporterebbe: 1) la privazione di tutela e, di fatto, la cancellazione dall’ordinamento del diritto del correntista di ripetere gli importi indebitamente già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione, con conseguente mancata responsabilità della banca per la condotta illecita concernente l’indebita riscossione di somme; 2) la privazione di tutela per la banca che – qualora, alla data di entrata in vigore della legge di conversione, abbia già spontaneamente pagato quanto ritenuto indebitamente versato dal correntista, ovvero abbia già eseguito una sentenza di primo grado di condanna alla restituzione di somme indebitamente percepite – non potrebbe più agire per tutelare la propria posizione soggettiva, né per proporre impugnazione avverso la sentenza di primo grado;
che il rimettente assume anche la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., attraverso la violazione dell’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), nell’interpretazione datane dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui il diritto ad un giusto processo, in linea di principio, preclude al legislatore dei singoli Stati contraenti la possibilità di incidere su singole cause o su determinate tipologie di controversie già pendenti, attraverso norme interpretative o comunque retroattive volte a determinare un vantaggio per una delle parti del giudizio, fatta eccezione per «ragioni imperative di interesse generale» (sentenza 29 marzo 2006, n. 36813, Scordino contro Italia);
che, ad avviso del giudice a quo, non esiste ragione alcuna che giustifichi la soppressione del diritto alla ripetizione dell’indebito operata dal citato art. 2, comma 61, secondo periodo;
che, con atto depositato in data 24 aprile 2012, è intervenuto il Presidente del Consiglio del ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata manifestamente inammissibile per sopravvenuta mancanza dell’oggetto, essendo intervenuta la sentenza di questa Corte n. 78 del 2012, dichiarativa della illegittimità costituzionale della norma censurata.
Considerato che il Tribunale ordinario di Catania, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dubita, in riferimento agli articoli 3, 24, primo e secondo comma, 10, comma primo, 117, primo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 61, secondo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, comma aggiunto dalla legge di conversione;
che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte, con la sentenza n. 78 del 2012, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di detto art. 2, comma 61;
che, per effetto di tale sentenza, la questione di legittimità costituzionale della medesima norma, sollevata dal Tribunale ordinario di Catania con l’ordinanza indicata in epigrafe, è divenuta priva di oggetto e, pertanto, deve essere dichiarata manifestamente inammissibile;
che a tale conclusione si giunge sul rilievo che la questione in esame riguarda la stessa norma della quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale con la richiamata sentenza n. 78 del 2012, sicché, in forza dell’efficacia ex tunc di tale pronuncia, è preclusa al giudice a quo una nuova valutazione della perdurante rilevanza della questione stessa, unica valutazione che potrebbe giustificare la restituzione degli atti al giudice rimettente (da ultimo, ordinanze n. 76 del 2012; n. 312, n. 85, n. 55 e n. 19 del 2011; n. 298 e n. 222 del 2010).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 61, secondo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24, primo e secondo comma, 10, primo comma, 117, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Catania con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 luglio 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'11 luglio 2012.