ORDINANZA N. 222
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 140 del codice di procedura civile, promosso dal Giudice di pace di Comiso nel procedimento vertente tra G. N. e S. R. con ordinanza del 25 settembre 2009, iscritta al n. 11 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2010.
Udito nella camera di consiglio del 26 maggio 2010 il Giudice relatore Paolo Maddalena.
Ritenuto che, con ordinanza emessa il 25 settembre 2009, il Giudice di pace di Comiso ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 140 del codice di procedura civile, nella parte in cui, secondo il diritto vivente, fa decorrere gli effetti della notifica, per il destinatario della stessa, dal momento in cui l’ufficiale giudiziario, dopo aver eseguito il deposito dell’atto da notificare presso la casa comunale ed aver affisso il prescritto avviso alla porta dell’abitazione del destinatario, completa l’iter notificatorio inviando al destinatario medesimo una raccomandata con avviso di ricevimento contenente notizia dell’avvenuto deposito, anziché prevedere che la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata ovvero dalla data del ritiro della copia dell’atto o della raccomandata contenente quest’ultimo, se anteriore, in modo analogo a quanto previsto dall’art. 8, quarto comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), come modificato dall’art. 2 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80;
che il Giudice di pace motiva la sussistenza del requisito della rilevanza osservando che nel giudizio si discute di quale sia la data di notifica del decreto ingiuntivo – effettuata ex art. 140 cod. proc. civ. – da considerare efficace per il destinatario: seguendosi la tesi della Corte di cassazione, secondo cui tale data coinciderebbe con il giorno in cui l’ufficiale giudiziario spedisce al destinatario la raccomandata (nella specie il 15 febbraio 2006), l’opposizione dovrebbe considerarsi tardiva e quindi improcedibile, perché proposta oltre il termine decadenziale di quaranta giorni di cui all’art. 641, primo comma, cod. proc. civ. (l’atto di opposizione essendo stato notificato in data 30 marzo 2006); mentre, reputandosi che la data coincida con il giorno di effettivo ritiro del piego (20 febbraio 2006) o con il decorso dei dieci giorni successivi alla spedizione (25 febbraio 2006), l’opposizione monitoria dovrebbe considerarsi tempestiva e quindi procedibile;
che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo osserva che l’art. 140 cod. proc. civ. e l’art. 8 della legge n. 890 del 1982 prevedono modalità notificatorie alquanto simili in presenza di analoghi presupposti di fatto;
che, tuttavia, mentre nella notifica postale il destinatario ha dieci giorni di tempo dalla spedizione della raccomandata per ritirare l’atto presso l’ufficio postale, senza che tale periodo decorra a suo svantaggio, l’art. 140 cod. proc. civ. – secondo la tradizionale interpretazione di legittimità – fa coincidere la data della notifica con la stessa data di spedizione della raccomandata;
che, così interpretata, la disposizione denunciata violerebbe l’art. 3 Cost., perché casi identici verrebbero trattati in modo ingiustificatamente diverso: difatti, l’art. 8, quarto comma, della legge n. 890 del 1982, dando un termine (massimo) di dieci giorni per il ritiro del piego, elimina in radice l’ingiusta erosione del termine per svolgere le successive attività difensive (come nel caso di specie per proporre opposizione a decreto ingiuntivo), riportando la situazione di garanzia delle parti in equilibrio: per un verso, lascia un tempo congruo al destinatario per ritirare l’atto; mentre, per l’altro, non rende troppo onerosa la notifica per il mittente, che, comunque, potrà dare per notificato l’atto decorso il termine di dieci giorni;
che un simile effetto non è garantito dall’art. 140 cod. proc. civ., esponendo il destinatario di una notifica effettuata ai sensi di tale norma ad un trattamento meno garantista, pur in presenza di presupposti di fatto analoghi, e per di più sulla base di una scelta della tipologia di notifica che viene effettuata, di norma, da soggetti, l’ufficiale giudiziario e il notificante, privi di qualsivoglia interesse alla conoscibilità dell’atto da parte del notificatario;
che vi sarebbe anche un contrasto con l’art. 24 Cost., per la minor tutela offerta al destinatario di una notifica ex art. 140 cod. proc. civ., essendo questi costretto a presidiare con tendenziale continuità la sua cassetta postale anche in periodo di vacanza o ferie, per evitare il rischio di perdere tempo utile al compimento di attività difensive che prendano data a partire dall’avvenuta notifica, mentre molto meno rischiosa e onerosa è la situazione del destinatario di una notifica postale ex art. 8 della legge n. 890 del 1982;
che, ad avviso del Giudice di pace rimettente, identificare, qualora il processo sia avviato con notifica ex art. 140 cod. proc. civ., l’instaurazione del contraddittorio con il momento perfezionativo della notifica dal punto di vista solo del notificante, senza tenere conto del momento in cui l’atto informativo entra (che è cosa diversa dall’esservi spedito) nella sfera di conoscibilità del notificato, significherebbe da un lato configurare il contraddittorio come mero simulacro e non in modo effettivo (il che contrasterebbe con l’art. 111, secondo comma, Cost. nella parte in cui impone l’effettività del contraddittorio in ogni processo), dall’altro far prevalere la posizione del notificante su quella del notificato senza che ciò sia supportato da una ragionevole esigenza di tutela del notificante (il che contrasterebbe sia con il principio della parità delle parti sempre dettato dalla stessa norma costituzionale, sia con l’ancor più generale principio della “giustizia del processo”, rinvenibile nell’art. 111, primo comma, Cost.);
che nel giudizio dinanzi alla Corte costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l’inammissibilità o, comunque, per l’infondatezza della questione;
che successivamente, con atto depositato dall’Avvocatura generale in data 26 febbraio 2010, il Presidente del Consiglio ha rinunciato all’atto di intervento.
Considerato che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte, con la sentenza n. 3 del 2010, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 140 cod. proc. civ., nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione;
che, per effetto di tale sentenza, la questione di legittimità costituzionale della medesima disposizione è divenuta manifestamente inammissibile in quanto priva di oggetto;
che, invero, l’efficacia ex tunc della citata dichiarazione di illegittimità costituzionale preclude al giudice a quo una nuova valutazione della perdurante rilevanza della sollevata questione, valutazione che sola potrebbe giustificare la restituzione degli atti al giudice rimettente (da ultimo, ordinanze n. 325, n. 326 e n. 327 del 2009).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 140 del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice di pace di Comiso con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 giugno 2010.