ORDINANZA N. 201
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 141, 149 e 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), promossi dal Giudice di pace di Marano di Napoli con ordinanza del 19 dicembre 2007 e dal Giudice di pace di Vizzini con ordinanza del 18 aprile 2008, iscritte ai nn. 318 e 327 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 43 e 44, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 aprile 2009 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto che, nel corso del giudizio promosso da Pietro Caruso nei confronti di Progress Assicurazioni s.p.a. – compagnia che copre i rischi derivanti dalla circolazione del veicolo di sua proprietà – per il risarcimento dei danni da lui subiti in incidente stradale a causa del comportamento illecito di altro conducente, il Giudice di pace di Marano di Napoli, con ordinanza del 19 dicembre 2007 (reg. ord. n. 318 del 2008), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 149 e 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), per violazione degli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione;
che, secondo il rimettente, si evidenzia un problema di validità ed efficacia delle clausole del contratto assicurativo concernenti la procedura risarcitoria da esperire nei confronti della propria compagnia, dato che le regole poste dalla legge, nel momento in cui vengono trasfuse come clausole del contratto di assicurazione, hanno natura obbligatoria e vessatoria e infliggono a chi le sottoscrive indubbi pregiudizi, sicché la procedura prevista dagli artt. 149 e 150 potrà trovare applicazione solo con riferimento ai contratti stipulati dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 209 del 2005;
che, sotto il profilo della legittimazione passiva nell’azione risarcitoria, mentre l’art. 144 del Codice delle assicurazioni obbliga a chiamare in causa il responsabile del danno e l’art. 149 facoltizza il danneggiato ad agire nei soli confronti della propria compagnia assicuratrice, posto che un giudizio incardinato esclusivamente nei confronti del proprio assicuratore non consente un corretto ed efficace svolgimento della vicenda processuale, è necessario pretendere che, in caso di azione diretta, sia convenuto in causa anche il responsabile civile, e, qualora il danneggiato-assicurato che abbia a lamentare inadempienze dell’assicuratore agisca invocando la responsabilità contrattuale, non si potrebbe prescindere da un giudizio in cui siano già state accertate definitivamente le responsabilità in ordine alla produzione dell’evento dannoso;
che, riguardo alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo denuncia: a) il mancato parere del Consiglio di Stato, espresso su uno schema di decreto legislativo parzialmente diverso da quello poi emanato e privo delle disposizioni relative al risarcimento diretto; b) l’eccesso di delega ex art. 76 Cost., per avere il Governo, introducendo l’azione diretta nei confronti della compagnia di assicurazione del danneggiato, stravolto il sistema della responsabilità civile e modificato, sia sostanzialmente che proceduralmente, i diritti dei danneggiati, senza che tale facoltà fosse concessa dalla legge di delegazione 29 luglio 2003, n. 229 (Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. – Legge di semplificazione 2001), che impone al Governo di rispettare i principi e criteri direttivi a tutela del consumatore e, in generale, dei contraenti più deboli; c) la violazione dell’art. 3 Cost., per irragionevole disparità di trattamento fra danneggiati pur in casi simili tra loro; d) la violazione dell’art. 24 Cost., perché il danneggiato perde il diritto di farsi assistere da un difensore di fiducia nella fase pre-contenziosa, e successivamente, di agire secondo i principi della responsabilità extracontrattuale contro il danneggiante, mentre l’assicuratore del danneggiato si trova a dover resistere a pretese risarcitorie senza poter contare su adeguati strumenti processuali ed il danneggiante subisce le conseguenze di un giudizio cui non ha partecipato;
che, in punto di rilevanza, il rimettente assume che, ove le norme denunciate fossero in contrasto con la Costituzione, l’azione risarcitoria si sarebbe dovuta proporre contro soggetti diversi dall’odierno convenuto, cioè contro il responsabile del danno e la sua compagnia;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità delle questioni, per non essere stata adeguatamente valutata e motivata la rilevanza e la non manifesta infondatezza delle stesse, giacché il rimettente, al di là di generiche petizioni di principio, non compie alcuna verifica dei presupposti di applicabilità della procedura prevista dall’art. 149, non risultando se sia stato richiesto il risarcimento di soli danni materiali o anche alla persona, e se la responsabilità dell’altro conducente sia provata o almeno affermata dall’attrice in giudizio;
che nel corso di un giudizio promosso da Melo Randello nei confronti della propria compagnia assicuratrice, Aurora Assicurazioni s.p.a., e del responsabile civile, proprietario di altro veicolo coinvolto, per il risarcimento dei danni subiti in incidente stradale, il Giudice di pace di Vizzini, con ordinanza del 18 aprile 2008 (reg. ord. n. 327 del 2008), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 141, 149 e 150, del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), per violazione degli artt. 3, 11, 24, 76 e 111 Cost.;
che il giudice a quo, svolta un’ampia premessa sui molteplici profili di irrazionalità della disciplina dell’azione diretta, considera non manifestamente infondata la questione di costituzionalità delle norme citate, in primo luogo, per violazione dell’art. 76 Cost., in quanto il Consiglio di Stato ha espresso un parere su uno schema di codice parzialmente diverso da quello poi emanato e, soprattutto, assolutamente privo delle norme relative al risarcimento diretto ed al risarcimento del terzo trasportato, dal momento che la delega prevedeva soltanto l’armonizzazione delle vigenti disposizioni in tema di r.c.a., ma non anche la possibilità di innovazioni radicali, quali il risarcimento diretto e la nuova disciplina processuale;
che la procedura speciale configurata stravolge i principi del contraddittorio, ponendosi in contrasto con le direttive europee in materie di r.c.a. (e dunque con l’art. 4, lettera a), della legge delega), per cui l’azione diretta contro l’assicuratore del responsabile civile deve essere a contraddittorio integro, ovvero coinvolgere in giudizio il danneggiato, il conducente responsabile, i conducenti coinvolti, e le rispettive compagnie assicuratrici;
che la violazione degli artt. 111, primo e secondo comma, e 24 Cost., sotto il profilo del mancato rispetto dei principi del contraddittorio integro e della “parità delle armi”, penalizza chi si avvale delle procedure speciali, anche in relazione alla perdita o riduzione della imparzialità del giudice adito, che non accerta necessariamente l’illecito della circolazione, nel caso di amichevole intesa tra le parti, in danno del terzo responsabile estromesso dalla lite per volontà di legge;
che la deroga italiana alle direttive europee che configurano una procedura per azione diretta ma a contraddittorio integro e con parità delle armi, contrasta con il principio di ragionevolezza di cui al comma primo dell’art. 3 Cost., poiché le norme esaminate, senza un ragionevole motivo, prevedono un trattamento diverso nei confronti dei cittadini che si trovano in eguali situazioni di interesse sostanziale in ordine all’accertamento dell’illecito da circolazione stradale, trattamento che invece le direttive europee in tema di r.c.a. e lo stesso Codice delle assicurazioni considerano come diretto all’accertamento pieno di responsabilità civili ed all’ottenimento di risarcimenti satisfattivi;
che, riguardo a tutti i profili evidenziati, il rimettente assume che l’auspicabile accoglimento della questione sollevata avrebbe delle inevitabili ricadute strutturali sul giudizio in corso, giacché permetterebbe la partecipazione del responsabile civile e/o della propria impresa di assicurazione, garantendo un maggiore approfondimento della vicenda e determinando, verosimilmente, un esito diverso e più corretto della controversia;
che nel giudizio di legittimità costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza delle questioni sollevate, perché, al di là di generiche petizioni di principio, il rimettente pone un problema interpretativo e trascura di evidenziare la sussistenza di circostanze dalle quali dipende la rilevanza della questione, riguardo alla responsabilità del soggetto convenuto come responsabile civile, che non risulta provata in giudizio e neppure affermata, dal momento che le affermazioni sulla rilevanza delle questioni sono esposte con formule apodittiche e stereotipate.
Considerato che il Giudice di pace di Marano di Napoli (reg. ord. n. 318 del 2008) e il Giudice di pace di Vizzini (reg. ord. n. 327 del 2008) dubitano della legittimità costituzionale degli artt. 149 e 150 (il secondo anche dell’art. 141) del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), nella parte in cui disciplinano il risarcimento diretto dei danni nella circolazione stradale, entrambi, sostanzialmente, per violazione: a) dell’art. 76 Cost., in quanto su tali norme sarebbe mancato il parere del Consiglio di Stato, previsto dalla procedura di formazione del decreto legislativo; b) dell’art. 76 Cost., per aver introdotto – esorbitando dalla delega contenuta nell’art. 4, comma 1, della legge 29 luglio 2003, n. 229 (Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. - Legge di semplificazione 2001) – innovazioni sostanziali e abrogazioni normative (tra le quali la impossibilità di convenire in giudizio il responsabile del giudizio), non limitandosi al mero riassetto della disciplina assicurativa esistente; c) dell’art. 3 Cost. poiché le norme esaminate, senza un ragionevole motivo, prevedono un trattamento diverso ai cittadini che si trovino in eguali situazioni di interesse sostanziale in ordine all’accertamento dell’illecito da circolazione stradale, derogando altresì alle direttive europee in tema di r.c.a. in funzione dell’accertamento pieno di responsabilità civili e dell’ottenimento di risarcimenti satisfattivi; d) degli artt. 111 e art. 24 Cost., perché il danneggiato perde il diritto di farsi assistere da un difensore di fiducia nella fase pre-contenziosa, di agire secondo i principi della responsabilità extracontrattuale contro il danneggiante, mentre l’assicuratore del danneggiato si trova a dover resistere a pretese risarcitorie senza poter contare su adeguati strumenti processuali, ed il danneggiante subisce le conseguenze di un giudizio cui non ha partecipato, anche in relazione alla perdita o riduzione della funzione di giudice imparziale del giudice adito, che non accerta necessariamente l’illecito della circolazione;
che, proponendo le due ordinanze sostanzialmente le medesime censure, va disposta la riunione dei giudizi perché siano decisi con la stessa pronuncia;
che nessuno dei due rimettenti dà sufficiente motivazione in ordine alla rilevanza delle questioni, con la conseguente manifesta inammissibilità di queste ultime (ordinanze nn. 82 del 2008 e 12 del 2007; n. 179 del 2006);
che, in particolare, il Giudice di pace di Marano di Napoli si è limitato ad affermare che, avendo parte attrice promosso azione di risarcimento diretto contro la propria compagnia, in applicazione degli artt. 149 e 150 del Codice delle assicurazioni, ove le suddette norme fossero ritenute in contrasto con la Costituzione, la domanda risarcitoria dovrebbe essere rivolta contro il responsabile del danno e la relativa compagnia;
che il Giudice di pace di Vizzini ha sostenuto, invece, che l’auspicabile accoglimento dell’eccezione avrebbe delle inevitabili ricadute strutturali sul giudizio in corso, giacché permetterebbe la partecipazione del responsabile civile e/o della propria impresa di assicurazione, garantendo un maggiore approfondimento della vicenda e determinando, verosimilmente, un esito diverso e più corretto della controversia;
che entrambi i rimettenti svolgono in tal modo osservazioni non riferite alla specifica incidenza di una decisione di accoglimento sui rispettivi procedimenti, atteso che all’interno di essi appare escluso che la domanda possa essere estesa, pur dopo una dichiarazione d’incostituzionalità, ad altri soggetti;
che, in più, il Giudice di pace di Vizzini, a chiusura delle proprie considerazioni, dichiara che «si pone pertanto il problema di comprendere se il danneggiato abbia agito correttamente, ovverosia se fosse tenuto a citare anche l’assicuratore del responsabile civile o se, al contrario, fosse tenuto a citare unicamente la propria compagnia assicurativa. In ogni caso, si pone il problema di comprendere se il responsabile civile possa chiedere di chiamare in causa (anche iussu iudicis) il proprio assicuratore, nell’ottica di un giudizio a contraddittorio integro», così ponendo un problema interpretativo manifestamente inammissibile (ordinanze nn. 422 e 208 del 2008; 98 e 86 del 2006);
che il Giudice di pace di Marano di Napoli, alla esposizione dei motivi di non manifesta infondatezza, fa precedere osservazioni sulla natura della responsabilità che sarebbe alla base dell’azione risarcitoria diretta, per concludere che si tratta di responsabilità contrattuale, e che dunque è applicabile solo ai contratti successivi all’entrata in vigore del Codice delle assicurazioni, ma non è dato comprendere se si tratti di considerazioni aventi attinenza con il giudizio a quo, del quale si conosce solo la data del sinistro e l’identità delle parti in causa, ma non se, data la premessa posta dal rimettente, il Codice delle assicurazioni sia o meno applicabile, incorrendo per questo in ulteriore profilo di manifesta inammissibilità, per insufficiente descrizione della fattispecie (ordinanze nn. 248, 217 e 24 del 2008; 353 e 333 del 2007).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 149 e 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione, dal Giudice di pace di Marano di Napoli;
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 141, 149 e 150 del predetto decreto legislativo n. 209 del 2005, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 11, 24, 76 e 111 della Costituzione, dal Giudice di pace di Vizzini.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 2 luglio 2009.