Ordinanza n. 333 del 2007

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ORDINANZA N. 333

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                    BILE                      Presidente

- Giovanni Maria       FLICK                    Giudice

- Francesco               AMIRANTE                 "

- Ugo                        DE SIERVO                 "

- Paolo                      MADDALENA             "

- Alfio                      FINOCCHIARO           "

- Franco                    GALLO                        "

- Luigi                      MAZZELLA                 "

- Gaetano                  SILVESTRI                  "

- Sabino                    CASSESE                    "

- Maria Rita              SAULLE                      "

- Giuseppe                TESAURO                    "

- Paolo Maria            NAPOLITANO             "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 2, 3 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche), nonché della tariffa A ad esso allegata e dell'art. 1 del decreto ministeriale 27 dicembre 1997 (Tariffe delle tasse automobilistiche), promosso con ordinanza del 27 luglio 2006 dalla Commissione tributaria provinciale di Roma sul ricorso proposto da Piero Salvi nei confronti dell’Agenzia delle entrate – Ufficio di Civitavecchia e altro, iscritta al n. 204 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2007.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 20 giugno 2007 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.

Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Roma, sez. III, con ordinanza del 27 luglio 2006, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 42, terzo comma, e 53, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 2, 3 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche), nonché della tariffa A ad esso allegata e dell'art. 1 del decreto ministeriale 27 dicembre 1997 (Tariffe delle tasse automobilistiche), nella parte in cui non prevede la progressiva diminuzione della tassa sugli autoveicoli in corrispondenza della perdita di valore del bene conseguente al trascorrere del tempo;

che il rimettente, quanto al fatto, premette unicamente di essere chiamato a giudicare di un ricorso contro l’Agenzia delle entrate di Civitavecchia con il quale sono state eccepite la tardività della richiesta impositiva e, in subordine, il suo eccessivo valore;

che, nella parte in diritto, la Commissione tributaria provinciale di Roma compie una breve ricostruzione storica delle leggi che si sono succedute nella regolamentazione dell’imposta sugli autoveicoli e motoveicoli, evidenziando come tale imposta, prima dell’entrata in vigore del decreto-legge del 30 ottobre 1982, n. 953 (Misure in materia tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1983, n. 53, fosse una tassa di circolazione di tipo risarcitorio che serviva a contribuire alle spese di mantenimento delle opere pubbliche viarie e che veniva calcolata in ragione della grandezza degli autoveicoli e del conseguente maggior consumo che quelli più grandi e potenti causavano alla rete viaria pubblica;

che, infatti, l’ammontare dell’imposta era calcolato in base ad un rapporto tra la potenza del motore, la sua cilindrata e la grandezza fisica del veicolo, e, inoltre, l’imposta era dovuta solo in caso di utilizzo effettivo del mezzo, con il correlativo obbligo di esporre sul parabrezza dell’auto la ricevuta del pagamento;

che, prosegue il rimettente, con la citata riforma del 1982 l’imposta ha cambiato radicalmente natura, trasformandosi in una tassa sulla proprietà, non più legata all’uso che l’utente fa del veicolo, ma dovuta per il solo ed esclusivo fatto dell’intestazione del veicolo stesso, e, pertanto, da porsi necessariamente in relazione all’incremento di valore che il bene apporta al patrimonio del proprietario;

che ciò sarebbe ulteriormente confermato dall’introduzione di un’esenzione dal pagamento della tassa per i possessori di veicoli con trenta anni di vita o venti, se di particolare interesse storico (art. 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342, recante «Misure in materia fiscale»);

che, secondo il rimettente, il legislatore avrebbe previsto tale esenzione trattandosi di beni il cui valore, come quello immobiliare, nel tempo viene scemando fino a diventare nullo dopo il trentesimo anno di vita e, quindi, «senza più interesse per il fisco in quanto […] inidoneo a creare ulteriore ricchezza»;

che,  in tal modo, avendo il legislatore implicitamente riconosciuto che il valore del bene gradualmente diminuisce, ne deriverebbe «un vuoto normativo di collegamento» fra quanto prevede l’art. 63, comma 1, della legge n. 342 del 2000 e quanto disposto dagli artt. 2, 3 e 5 del d.P.R. n. 39 del 1953, dalla tariffa A ad esso allegata e dall’art. 1 del d.m. del 27 dicembre 1997, nella parte in cui tali disposizioni non stabiliscono un meccanismo atto a determinare la progressività in diminuzione dell’imposta per la perdita di valore del bene oggetto dell’imposizione in relazione al trascorrere del tempo, e ciò determinerebbe la violazione degli artt. 53, 42 e 3 della Costituzione;

che, in particolare, secondo il rimettente, «una volta provato che un veicolo fa parte del patrimonio di un soggetto e che tale patrimonio è il fondamento per il prelievo fiscale coattivo, è agevole trarre la conclusione che ogni modifica, in aumento o in diminuzione, del valore di ogni singolo bene facente parte di tale patrimonio, andando ad incidere sulla capacità contributiva complessiva del soggetto, ove non fosse prevista la necessaria correzione del relativo tributo, andrebbe ad incidere negativamente e illegittimamente sulla capacità contributiva del soggetto» in violazione dell’art. 53 della Costituzione;

che risulterebbe violato anche l’art. 42, terzo comma, della Costituzione, mancando tra i criteri per il calcolo dell’ammontare dell’imposta quello relativo al valore venale del bene secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale (sentenze n. 216 del 1990, n. 1165 del 1988 e n. 5 del 1980);

che, infine, un ulteriore profilo di incostituzionalità, per il rimettente, consisterebbe nella disparità di trattamento tra coloro che posseggono nel loro patrimonio beni diversi dagli autoveicoli (immobili, cespiti, ecc.), a cui è data, in determinate ipotesi, l’opportunità di pagare le relative imposte in modo proporzionale alla consistenza economica dei beni stessi (ad esempio la possibilità  di revisione delle rendite catastali),  rispetto a quei soggetti che sono obbligati a versare un’imposta costante per il possesso di un veicolo nonostante la diminuzione di valore del bene;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto a questa Corte di dichiarare la questione inammissibile;

che la difesa erariale eccepisce l’omessa o insufficiente descrizione della fattispecie in quanto il giudice a quo riferisce in modo estremamente omissivo sulle questioni sollevate nel ricorso senza fare alcun cenno al perché, nel caso concreto, il valore dell’imposizione sarebbe in contrasto con i principi costituzionali, tralasciando di riportare finanche il dato relativo all’anno di immatricolazione dell’auto che avrebbe permesso una valutazione in concreto del rapporto tra l’imposta e il valore venale del bene;

che l’Avvocatura eccepisce altri due profili di inammissibilità, il primo relativo alla disposizione censurata, in quanto il rimettente dubita di un provvedimento dell’allora Ministero delle finanze che, privo di forza di legge, non può essere oggetto di un giudizio di costituzionalità, il secondo, relativo alla richiesta di una pronuncia additiva su materia rimessa alla discrezionalità del legislatore.

Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Roma, sez. III, con ordinanza del 27 luglio 2006, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 42, terzo comma, e 53, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 2, 3 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche), nonché della tariffa A ad esso allegata, e dell'art. 1 del decreto ministeriale 27 dicembre 1997 (Tariffe delle tasse automobilistiche), nella parte in cui non prevede la progressiva diminuzione della tassa automobilistica in corrispondenza della perdita di valore del bene conseguente al trascorrere del tempo;

che la questione è manifestamente inammissibile sotto due diversi e concorrenti profili;

che, in primo luogo, il rimettente omette del tutto la descrizione del caso concreto sottoposto al suo esame e, addirittura, non specifica il tipo di veicolo cui si riferiva la cartella impugnata, (autoveicolo, motoveicolo, motoscafo) e non indica la data di immatricolazione dello stesso, rendendo in tal modo impossibile ogni valutazione circa la rilevanza della questione;

che, in secondo luogo, il rimettente esplicitamente chiede un intervento additivo senza indicare una soluzione costituzionalmente obbligata in una materia rimessa alla discrezionalità del legislatore, come si evince dalla stessa parte conclusiva dell’ordinanza, nella quale afferma: «tale completamento normativo può essere demandato solo al giudice delle leggi non rientrando nelle competenze del giudice dei tributi sostituirsi al legislatore per individuare la formula più idonea alla graduazione dell’imposta»;

che resta assorbito l’ulteriore profilo di inammissibilità sollevato dall’Avvocatura dello Stato, circa la possibilità di sottoporre a scrutinio di costituzionalità un provvedimento non avente forza di legge;

che la rilevata manifesta inammissibilità della questione deve essere dichiarata da questa Corte prescindendo dalla pur evidente erroneità delle premesse interpretative da cui muove il rimettente, il quale ritiene che l’esenzione dal pagamento della tassa sugli autoveicoli prevista dall’art. 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale), per i veicoli con trenta anni di vita o venti se di particolare interesse storico, sia dovuta alla loro perdita di valore economico conseguente al trascorrere del tempo mentre, al contrario, essa dipende dal fatto che il legislatore ritiene tali veicoli, in quanto sopravvissuti al loro naturale ciclo economico, beni meritevoli di una particolare tutela.

 Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 2, 3 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche), nonché della tariffa A ad esso allegata,  e dell'art. 1 del decreto ministeriale 27 dicembre 1997 (Tariffe delle tasse automobilistiche), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 42, terzo comma, e 53, secondo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Roma con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 27 luglio 2007.