Ordinanza n. 144 del 2009

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ORDINANZA N. 144

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco           AMIRANTE                             Presidente

- Ugo                    DE SIERVO                             Giudice

- Paolo                  MADDALENA                                   “

- Alfio                   FINOCCHIARO                                “

- Alfonso               QUARANTA                                     “

- Franco                GALLO                                             “

- Luigi                   MAZZELLA                                       “

- Gaetano              SILVESTRI                                       “

- Sabino                CASSESE                                          “

- Maria Rita           SAULLE                                            “

- Giuseppe             TESAURO                                         “

- Paolo Maria         NAPOLITANO                                  “

- Giuseppe             FRIGO                                              “

- Alessandro          CRISCUOLO                                     “

- Paolo                  GROSSI                                            “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 3, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale), promosso con ordinanza del 1° aprile 2008 dalla Commissione tributaria provinciale di Prato nella controversia vertente tra l’Amministrazione provinciale di Prato e l’Agenzia delle entrate, ufficio di Prato, iscritta al n. 206 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 2008.

            Visti l’atto di costituzione dell’Amministrazione provinciale di Prato nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

            udito nell’udienza pubblica del 31 marzo 2009 il Giudice relatore Franco Gallo;

            udito l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che, con ordinanza depositata il 1° aprile 2008, la Commissione tributaria provinciale di Prato ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 5 e 114 della Costituzione, questione di legittimità dell’art. 10, comma 3, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale), nella parte in cui – nel prevedere che «non sono soggette ad imposta le volture eseguite nell’interesse dello Stato né quelle relative a trasferimenti di cui all’art. 3 del testo unico sull’imposta sulle successioni e donazioni, approvato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, salvo quanto disposto nel comma 3 dello stesso articolo» – non estende alle Province, alle Regioni ed ai Comuni l’esenzione dall’imposta catastale ivi prevista;

che il rimettente premette che: a) la Provincia di Prato aveva acquistato, in data 26 maggio 2005, un complesso immobiliare da destinare ad uffici e servizi; b) detto ente territoriale aveva corrisposto l’imposta catastale principale in misura fissa, ai sensi del comma 2 del citato art. 10 del d.lgs. n. 347 del 1990; c) con riferimento al medesimo acquisto, l’Agenzia delle entrate, sul presupposto che l’esenzione di cui al comma 3 dello stesso art. 10 trova applicazione esclusivamente per «le volture eseguite nell’interesse dello Stato» e non anche degli altri enti pubblici territoriali, aveva invece applicato l’imposta catastale nella misura, proporzionale al prezzo, del 10 per mille, ai sensi del comma 1 del citato articolo, ed aveva emesso, pertanto, un avviso di liquidazione della corrispondente imposta catastale suppletiva; d) il giudizio a quo ha ad oggetto l’impugnazione proposta dalla indicata amministrazione provinciale avverso tale avviso di liquidazione;

che − cosí sintetizzate le vicende del giudizio principale − il medesimo rimettente premette altresí, in punto di diritto, che la disposizione denunciata non può essere interpretata nel senso che l’esenzione fiscale da essa prevista soltanto in favore dello Stato opera anche per gli acquisti a titolo oneroso in favore delle Province; e ciò perché: a) il richiamo all’art. 3 del d.lgs. n. 346 del 1990, contenuto nella medesima disposizione, comporta l’estensione dell’esenzione a favore delle Regioni, delle Province e dei Comuni nel solo caso di trasferimenti effettuati mortis causa o a titolo di donazione o di altre liberalità; b) quando il legislatore ha inteso prevedere agevolazioni fiscali in favore, oltre che dello Stato, anche delle Regioni, Province e Comuni, tali enti sono stati espressamente contemplati quali destinatari delle relative norme, con la conseguenza che, nella specie, la menzione nel testo della disposizione censurata solo dello «Stato», quale beneficiario dell’agevolazione, esclude che quest’ultima si possa riferire, oltre che allo “Stato centrale”, anche alle componenti territoriali della «Repubblica» indicate nell’art. 114 Cost.;

che, poste tali premesse, il giudice a quo afferma che l’esenzione dall’imposta catastale solo dello Stato si pone in contrasto: in primo luogo, con l’art. 3 Cost., perché, se tale esenzione trova fondamento «nella natura pubblicistica degli interessi perseguiti» e, dunque, «nell’esigenza di non gravare con il peso fiscale operazioni compiute in un contesto di soddisfacimento di interessi della collettività», ne consegue che appare ingiustificato un trattamento differenziato degli enti territoriali, in quanto essi, al pari dello Stato, sono «istituzionalmente deputati al soddisfacimento degli interessi generali delle rispettive comunità»; in secondo luogo, con l’art. 114 Cost., perché tale parametro, pur attribuendo una distinta soggettività giuridica ai diversi enti pubblici territoriali, «eleva regioni, province e comuni, al pari dello Stato, quali componenti della Repubblica Italiana, configurando un rapporto di pari ordinazione»; in terzo luogo, infine, con l’art. 5 Cost., perché l’assoggettamento all’imposta catastale delle volture eseguite nell’interesse delle province «profila una ingiustificata compromissione dell’autonomia dei predetti enti», ove, come nel caso di specie, l’immobile acquistato sia utilizzato dall’ente locale «per perseguire l’interesse pubblico generale dei propri cittadini»;

che nel giudizio costituzionale si è costituita la Provincia di Prato, chiedendo, in via principale, l’accoglimento della sollevata questione di illegittimità costituzionale e, in via subordinata, il suo rigetto, ove la disposizione censurata si interpreti nel senso che il riferimento allo «Stato» in essa contenuto «debba essere inteso come relativo agli enti pubblici territoriali»; 

che  la parte  costituita  sottolinea, in particolare,  che un regime fiscale di sfavore per gli  enti  territoriali  minori contrasta con gli artt. 5 e 114 Cost.,  perché il ruolo sovraordinato  dello  Stato  rispetto a tali  enti è  venuto  meno per effetto  della riforma costituzionale  attuata  con  la  legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, «tant’è che per tutte  le  imposte diverse  da  quella  catastale […] lo  Stato  e gli altri  enti  locali  sono soggetti  al  medesimo  trattamento  fiscale,  specie  sotto  il  profilo  dell’esenzione» ;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata infondata;

che la difesa erariale osserva, innanzitutto, che il nuovo assetto istituzionale derivante dalla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione non postula affatto una totale equiparazione tra lo Stato e le altre autonomie territoriali, ma delinea una forma di Stato che riserva allo Stato centrale una posizione peculiare rispetto agli enti territoriali, desumibile proprio dai princípi enunciati dagli artt. 5 e 114 Cost.;

che da ciò discende − argomenta la difesa erariale − che l’esenzione tributaria prevista dalla norma denunciata è «razionale» ed «adeguatamente» giustificata, perché essa risponde alla ratio di evitare un’imposizione fiscale gravante sullo Stato, che, diversamente dalla Provincia, è il beneficiario del gettito dell’imposta;

che la parte interveniente rileva, ancora, che il legislatore ha compiuto analoga scelta con riferimento alle imposte ipotecarie, disponendo che «non sono soggette ad imposta le formalità eseguite nell’interesse dello Stato» (art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 347 del 1990);

che l’Avvocatura generale dello Stato osserva, poi, che le agevolazioni fiscali, come quella censurata, restringono «la platea dei soggetti passivi dell’obbligazione tributaria» e pertanto, in  quanto pongono  deroghe all’ordinamento generale, non sono suscettibili di ampliamento in via interpretativa,  salvo il caso – non ricorrente nella specie, data la non equiparabilità di Stato e Province – «di situazioni soggettive omogenee ed assimilabili a quelle disciplinate dalla norma speciale»;

che d’altra parte – prosegue la difesa erariale – l’eccessivo ampliamento del novero dei soggetti pubblici esentati, con il conseguente incremento del numero dei privati contraenti sottratti alla solidarietà dell’obbligazione tributaria in discorso, provocherebbe il rischio di una disparità di trattamento tra i soggetti  contraenti con  altri privati,  rispetto a quelli che  abbiano stipulato analoghi atti con enti pubblici territoriali;

che per la difesa erariale, infine, la norma censurata è frutto di una scelta discrezionale del legislatore e, in ragione della limitata incidenza ed occasionalità del tributo, non determina alcuna «ingiustificata compromissione» dell’autonomia dell’ente locale e, dunque, non integra la denunciata violazione dell’art. 5 Cost.;

che, in prossimità dell’udienza, la Provincia di Prato ha depositato memoria, con la quale ha ribadito le argomentazioni già svolte;

Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Prato afferma che l’art. 10, comma 3, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale), nel prevedere l’esenzione dall’imposta catastale per le sole volture eseguite nell’interesse dello Stato, ma non per quelle delle Province (oltre che delle Regioni e dei Comuni), si pone in contrasto con: a) l’art. 3 della Costituzione, perché anche per gli enti pubblici territoriali, oltre che per lo Stato, vale il medesimo fondamento giustificativo dell’esenzione, e cioè il perseguimento istituzionale di interessi di natura pubblicistica a vantaggio della comunità di cui sono espressione; b) con l’art. 114 Cost., perché la previsione di un regime fiscale differenziato tra Stato e Province risulta incompatibile con il «rapporto di pari ordinazione» esistente tra lo Stato ed i vari enti pubblici territoriali, «quali componenti della Repubblica Italiana»; c) con l’art. 5 Cost., perché l’assoggettamento all’imposta delle volture eseguite nell’interesse delle Province, in relazione a trasferimenti a titolo oneroso, comporta un’«ingiustificata compromissione dell’autonomia dei predetti enti»;

che la sollevata questione è manifestamente infondata;

che, come visto, il giudice a quo muove dalla premessa che la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione configura un rapporto di «pari ordinazione» tra lo Stato e gli altri enti territoriali (ivi compresa la Provincia), in considerazione della comune funzione di perseguire «interessi generali delle rispettive comunità», traendo da tale premessa la conseguenza che la scelta del legislatore di applicare solo allo Stato l’esenzione tributaria in questione è priva di giustificazione e rappresenta, pertanto, un vulnus al principio di eguaglianza e di pari ordinazione tra gli enti che costituiscono la Repubblica, ai sensi dell’art. 114 Cost.;

che, in proposito, va tuttavia evidenziato che le pur rilevanti modifiche introdotte dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), non comportano una innovazione «tale da equiparare pienamente tra loro i diversi soggetti istituzionali che pure tutti compongono l’ordinamento repubblicano, cosí da rendere omogenea la stessa condizione giuridica di fondo dello Stato, delle Regioni e degli enti territoriali» (sentenza n. 365 del 2007);

che, al contrario, allo Stato è comunque riservata, nell’ordinamento generale della Repubblica, «una posizione peculiare», in quanto tutti gli enti territoriali indicati nell’art. 114 Cost., pur costituendo componenti essenziali della Repubblica, «dispongono di poteri profondamente diversi tra loro» (sentenza n. 274 del 2003) nell’àmbito delle rispettive competenze;

che, pertanto, il rimettente pone a confronto situazioni eterogenee, perché la condizione giuridica di fondo dello Stato è diversa da quella delle Regioni e degli altri enti territoriali, quanto a qualità e dimensione degli interessi perseguiti: generali, unitari ed al massimo grado di estensione, nel caso dello Stato; ugualmente generali, ma differenziati e riferibili esclusivamente alle comunità di cui sono espressione, nel caso delle Regioni e degli enti locali;

che, dunque, in considerazione della rilevata disomogeneità degli interessi, gli invocati parametri − contrariamente a quanto ritenuto dal rimettente − non esigono un identico trattamento fiscale in relazione ai trasferimenti effettuati nell’interesse dello Stato ovvero degli altri enti  territoriali;

che, in particolare, la concessione di agevolazioni relative a tributi erariali, attraverso norme di carattere eccezionale e derogatorio (ordinanza n. 174 del 2001; sentenza n. 292 del 1987), costituisce esercizio di un potere discrezionale del legislatore, censurabile solo per l’eventuale palese arbitrarietà o irrazionalità; con la conseguenza che la Corte costituzionale non può estenderne l’ambito di applicazione, se non quando lo esiga la ratio dei benefici stessi (sentenze n. 27 del 2001; n. 431 del 1997 e n. 86 del 1985; ordinanze n. 46 del 2009 e n. 10 del 1999);

che, nella specie, l’esenzione prevista dalla norma censurata in favore solo dello Stato risulta immune da arbitrarietà ed irragionevolezza e non può comportare, sotto alcun profilo, la denunciata «compromissione dell’autonomia» degli altri enti territoriali, perché trova giustificazione proprio nella rilevata peculiare posizione dello Stato e si armonizza, sotto tale aspetto, con le analoghe esenzioni previste per lo Stato stesso dalle imposte ipotecaria (art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 347 del 1990), di registro (art. 57, comma 7, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, recante «Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro») e di bollo (art. 8 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, recante «Disciplina dell’imposta di bollo»).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

         dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 3, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 5 e 114 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Prato, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancellerial'8 maggio 2009.