SENTENZA N. 292
ANNO 1987
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Dott. Francesco SAJA , Presidente
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco P. CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 47, comma primo, lett. d), e 48, comma quarto del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 ("Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche") e dell'art. 24, comma secondo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ("Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi") promosso con ordinanza emessa il 28 giugno 1984 dalla Commissione Tributaria di 1ø grado di Cosenza sul ricorso proposto da Scervino Giovanni contro l'Ufficio Imposte Dirette di Cosenza, iscritta al n. 1255 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 80/ bis dell'anno 1985;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 17 giugno 1987 il Giudice relatore Antonio Baldassarre.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un giudizio d'opposizione all'iscrizione a ruolo di una determinata imposta, promosso da Giovanni Scervino, la Commissione Tributaria di primo grado di Cosenza ha sollevato, con un'ordinanza del 28 giugno 1984, questione di legittimità costituzionale avverso gli artt. 47, primo comma, lett. d) e 48, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, nonché avverso l'art. 24, capoverso, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, nella parte in cui, con riguardo alle indennità percepite per lo svolgimento di funzioni elettive diverse da quelle di parlamentare o di giudice costituzionale o di membro di organi elettivi regionali o provinciali o comunali, non prevedono:
a) l'assimilazione al reddito di lavoro dipendente;
b) la limitazione del reddito imponibile al 40%;
c) l'obbligo dell'ente pubblico erogante le indennità di operare la ritenuta alla fonte, a titolo di imposta d'acconto, commisurata al 40% dell'ammontare corrisposto.
Secondo il giudice a quo, ad essere violati sono gli artt. 3 e 53 Cost. Il principio di eguaglianza risulterebbe leso poiché, pur ricorrendo, tanto nell'ipotesi di amministratori eletti negli enti pubblici (e negli enti ospedalieri in particolare) quanto in quella delle altre cariche elettive prima ricordate, gli stessi presupposti per l'assimilazione a redditi di lavoro dipendente (esercizio di una funzione pubblica inerente a una carica elettiva, percezione di un'indennità per l'esercizio della funzione stessa), i redditi del primo tipo non sono equiparati a quelli derivanti da lavoro dipendente, come avviene invece, in forza delle disposizioni sopra menzionate, per le indennità percepite dai membri del Parlamento e dalle altre categorie prima ricordate. L'art. 53 sarebbe violato, sempre a giudizio del giudice a quo, poiché, a parità di capacità contributiva, una categoria di soggetti finisce per pagare un'imposta più che doppia rispetto a quella pagata da soggetti che percepiscono un reddito equiparabile a quello da lavoro dipendente.
2. - Nel suo atto di intervento il Presidente del Consiglio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiede che la questione sia dichiarata infondata, se non addirittura inammissibile per difetto di rilevanza.
Sotto quest'ultimo profilo l'Avvocatura mette in luce il fatto che il giudice a quo, anziché impugnare l'art. 49, terzo comma, lett. a) del d.P.R. n. 597 del 1973, che classifica le indennità percepite dagli amministratori elettivi degli enti ospedalieri come reddito da lavoro autonomo, fa oggetto dei suoi dubbi di costituzionalità l'inclusione del 90% di tali indennità nella base imponibile ( ex art. 50, comma quarto, dello stesso d.P.R.) in luogo della percentuale inferiore prevista per le categorie di cui all'art. 47, alinea, lett. d).
Nel merito, poi, l'Avvocatura dello Stato osserva che la supposta equiparazione tra i redditi presi in considerazione dal giudice a quo non esiste, poiché, se, per un verso, l'attività svolta da un amministratore di un ente ospedaliero non si differenzia per nulla da quella inerente a rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (di cui all'art. 49, comma terzo, del d.P.R. n. 597 del 1973), per altro verso la medesima funzione non incontra nel suo svolgimento gli stessi oneri materiali od organizzativi (continuo contatto con elettori, impegno assorbente di tempo, spese attinenti al prestigio della carica, etc.), propri dell'esercizio delle funzioni inerenti alla rappresentanza popolare o alle cariche di organi sovrani, come quelle indicate dall'art. 47, alinea, lett. d), che giustificano la detrazione forfetaria di cui all'art. 48, quarto comma, dello stesso decreto presidenziale.
La stessa diversità di situazione che impedisce di invocare l'art. 3 vale poi ad escludere, secondo l'Avvocatura, anche il contrasto con l'art. 53 Cost., in quanto la differente detrazione forfetaria non costituisce un privilegio connesso alla funzione, ma inerisce alla definizione del reddito effettivo. Anzi, precisa l'Avvocatura, il contrasto con l'art. 53 Cost., ravvisato dal giudice a quo si basa su una evidente petizione di principio, poiché si presuppone risolta nel senso della riconosciuta parità il problema della capacità contributiva delle diverse categorie di soggetti considerati, quale si desume dalle indennità rispettivamente percepite.
Quanto al capoverso dell'art. 24 del d.P.R. n. 600 del 1973, l'Avvocatura osserva, infine, che si tratta di una disposizione priva di autonoma rilevanza, la quale concerne, non già i criteri di imposizione, ma le conseguenti modalità di riscossione.
Considerato in diritto
1. - Pur se, a rigore, il giudice a quo avrebbe dovuto impugnare, oltre alle disposizioni che disciplinano le indennità di cui agli artt. 47, alinea, lett. d) e 48, quarto comma, del d.P.R. n. 597 del 1973, anche le disposizioni di cui agli artt. 49, terzo comma, lett. a) e 50, quarto comma, dello stesso d.P.R., che disciplinano le indennità percepite dagli amministratori elettivi degli enti ospedalieri come redditi inerenti a un'attività di collaborazione coordinata e continuativa, non può tuttavia escludersi la rilevanza della questione sottoposta al giudizio di questa Corte. Dal momento che il giudice a quo dubitava che fosse incostituzionale l'esclusione delle indennità degli amministratori ospedalieri elettivi da quelle assoggettabili al regime tributario dei redditi di lavoro dipendente, piuttosto che la speculare inclusione delle stesse indennità fra quelle equiparate ai redditi di lavoro autonomo derivanti da collaborazione coordinata e continuativa, egli si é orientato a sottoporre al giudizio di questa Corte soltanto la prima questione, non anche la seconda. Ma, poiché, ai fini dell'ammissibilità della rilevanza ha importanza, non già la "completezza" dell'impugnazione, rientrando pur sempre nei poteri di questa Corte l'estensione a norme sistematicamente connesse con quelle impugnate dell'eventuale dichiarazione d'incostituzionalità delle ultime, bensì l'astratta possibilità di applicazione delle disposizioni contestate al caso oggetto del giudizio a quo; e poiché tale possibilità non può esser negata in ipotesi, per il fatto che per il giudice rimettente le indennità degli amministratori ospedalieri avrebbero gli stessi caratteri di quelle assimilate ai redditi di cui agli artt. 47, alinea, lett. d), e 48, quarto comma, del d.P.R. n. 597 del 1973, si può concludere che non manchi alle questioni prospettate la dovuta rilevanza.
2. - Nel merito, tuttavia, le questioni non sono fondate, tanto in relazione all'art. 3, quanto in riferimento all'art. 53 della Costituzione.
2.1. - In effetti, la tassabilità nella misura del 40% (elevata al 70% dall'art. 2 della legge 24 aprile 1980, n. 146) delle indennità percepite dai soggetti indicati nell'art. 47, alinea, lett. d) del d.P.R. n. 597 del 1973 (parlamentari, giudici costituzionali, eletti nei consigli regionali, provinciali e comunali) é esclusa per le indennità erogate a favore dei soggetti previsti dall'art.49, terzo comma, alla lett. a) (amministratori, sindaci e revisori di società o di enti pubblici, fra cui quelli ospedalieri), sulla base di una diversità di posizione che il legislatore ha, con piena giustificazione, individuato fra le anzidette categorie. Le funzioni pubbliche cui si riferisce l'art. 47, alinea, lett. d), attengono invero all'esercizio di poteri sovrani o, nel caso dei consiglieri di Regioni, Province e Comuni, all'esercizio di poteri che, ancorché non sovrani, ineriscono direttamente alla rappresentanza popolare. Si tratta, più precisamente, di funzioni connesse a organi fondamentali del nostro sistema di governo, che hanno una diretta base costituzionale. Esse, dunque, presentano caratteristiche peculiari che le distinguono da ogni altra funzione pubblica, anche se esercitata su base elettiva.
É pertanto ragionevole che il legislatore, nella sua insindacabile discrezionalità, abbia voluto stabilire un differente trattamento tributario alle indennità percepite per l'esercizio di funzioni pubbliche tanto diverse da quelle appena indicate e, in particolare, non abbia voluto estendere alle indennità erogate ai titolari di cariche elettive di enti pubblici, come quelli ospedalieri, la limitazione della quota imponibile prevista per le indennità di parlamentari, di giudici costituzionali, nonché di consiglieri regionali, provinciali e comunali: limitazione che si giustifica per il buon funzionamento di organi particolarmente importanti per la vita democratica del nostro Paese e per le garanzie di indipendenza, di natura anche economica, che devono esser assicurate ai componenti di quegli organi. Sotto tale profilo, va dunque rigettato ogni dubbio di costituzionalità della disciplina contestata in riferimento all'art. 3 Cost. e, in particolare, va escluso ogni fondamento costituzionale alla pretesa irragionevolezza del distinto trattamento tributario assicurato alle indennità percepite dai parlamentari, e dagli altri soggetti a questi equiparati, rispetto a quelle erogate a favore degli amministratori elettivi di enti pubblici come quelli ospedalieri.
2.2. - Parimenti infondata é la censura rivolta alle disposizioni contestate in riferimento all'art. 53, alinea, della Costituzione.
Premesso che "il principio della correlazione tra prestazioni tributarie e capacità contributiva impone al legislatore di commisurare il carico tributario in modo uniforme nei confronti dei vari soggetti, allorché sia dato riscontrare per essi una identità delle situazioni di fatto prese in considerazione dalla legge ai fini della imposizione del tributo" (sent. n. 104 del 1985) deve osservarsi che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare ( sent. n. 187 del 1981), la norma dell'art. 48, quarto comma, del d.P.R. n. 597 del 1973, che fissa nel 40% (ora 70%) il limite massimo entro il quale le indennità percepite dai membri degli organi elettivi costituiscono reddito, rappresenta una deroga al principio costituzionale dell'art. 53, primo comma, Cost., secondo il quale "tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva". E si tratta di una deroga "consistente in una esenzione parziale dell'imposta, e perciò insuscettibile, in quanto tale, di interpretazione estensiva" (e che inoltre solo il legislatore statale può motivatamente disporre).
Trattandosi, dunque, di una norma derogatoria, non può invocarsi la sua applicazione a categorie di redditi che, come é stato osservato nel punto precedente, presentano caratteri indiscutibilmente diversi.
3. - Deve, infine, dichiararsi assorbita la questione relativa all'art. 24 del d.P.R. n. 600 del 1973, poiché, essendo una disposizione che disciplina le modalità di riscossione dell'imposta considerata, la valutazione della sua costituzionalità é totalmente consequenziale, per il profilo che viene qui in questione, al giudizio di infondatezza relativo al regime tributario contestato in via principale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 47, primo comma, lett. d) e 48, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, nonché dell'art. 24 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 1987.
Il Presidente: SAJA
Il Redattore: BALDASSARRE
Depositata in cancelleria il 28 luglio 1987.
Il direttore della cancelleria: MINELLI