Ordinanza n. 46 del 2009

 CONSULTA ONLINE                                          

ORDINANZA N. 46

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Francesco          AMIRANTE          Presidente

-  Ugo                            DE SIERVO          Giudice  

-  Paolo                 MADDALENA               “

-  Alfio                  FINOCCHIARO            “

-  Alfonso              QUARANTA                “

-  Franco               GALLO                        “

-  Luigi                  MAZZELLA                “

-  Gaetano             SILVESTRI                 “

-  Sabino               CASSESE                   “

-  Maria Rita          SAULLE                     “

-  Giuseppe            TESAURO                   “

-  Paolo Maria        NAPOLITANO           “

-  Giuseppe  FRIGO        “

-  Alessandro         CRISCUOLO        “ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, nota II-bis, comma 4, ultimo periodo, della parte I della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), quale sostituito dall’art. 3, comma 131, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promosso con ordinanza depositata il 26 febbraio 2008 dalla Commissione tributaria provinciale di Udine nel giudizio vertente tra Elvio Galasso e l’Agenzia delle entrate - Ufficio di Cervignano del Friuli, iscritta al n. 304 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 28 gennaio 2009 il Giudice relatore Franco Gallo.

Ritenuto che, con ordinanza depositata il 26 febbraio 2008, la Commissione tributaria provinciale di Udine – nel corso di un giudizio promosso da un contribuente nei confronti dell’Agenzia delle entrate, avverso un avviso di liquidazione dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale, con il quale erano state contestualmente revocate, con applicazione delle sanzioni di legge, le agevolazioni fiscali concesse per l’acquisto di una unità immobiliare abitativa – ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 35, primo e quarto comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’ultimo periodo del comma 4 della nota II-bis dell’art. 1 della parte I della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), quale sostituito dall’art. 3, comma 131, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), «nella parte in cui non prevede che, al fine di evitare la decadenza dalle agevolazioni fiscali concesse per il precedente acquisto, l’acquisto di altro immobile si possa perfezionare con atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e con atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse e nella parte in cui, invece, prevede l’obbligo di adibire a propria abitazione principale l’altro immobile acquistato»;

che il giudice rimettente premette: a) di avere già sollevato le stesse questioni di legittimità costituzionale nel corso del medesimo procedimento, con ordinanza depositata il 21 febbraio 2006; b) che la Corte costituzionale, con ordinanza n. 148 del 2007, aveva dichiarato manifestamente inammissibili le questioni per difetto di motivazione sulla rilevanza, perché «l’ordinanza di rimessione non precisa né il tempo dell’acquisto e della vendita dell’immobile che ha fruito originariamente delle agevolazioni, né quello dell’acquisto del nuovo immobile, né – ancora – se la vendita e gli acquisti immobiliari riguardino la proprietà o altro diritto reale»;

che, nel descrivere la fattispecie al suo esame, il rimettente osserva, ad integrazione della precedente ordinanza, che: a) il contribuente «aveva comprato in piena proprietà una casa di abitazione non di lusso ed aveva goduto, nell’acquisto, delle agevolazioni c.d. “prima casa”»; b) prima del decorso di cinque anni da tale acquisto, il contribuente «aveva alienato il diritto di piena proprietà sulla predetta casa di abitazione e, entro l’anno successivo alla rivendita, aveva comprato in piena proprietà altra casa di abitazione, usufruendo, nel riacquisto, delle medesime agevolazioni fiscali»; c) l’Agenzia delle entrate aveva revocato dette agevolazioni, perché il contribuente non aveva adibito a propria abitazione il fabbricato acquistato;

che, in punto di diritto, la Commissione tributaria provinciale osserva che la disciplina delle cosiddette agevolazioni per l’acquisto della prima casa, introdotta con la legge 22 aprile 1982, n. 168 (Misure fiscali per lo sviluppo dell’edilizia abitativa), è stata nel tempo ripetutamente modificata;

che il giudice rimettente rileva, in particolare, che la norma denunciata, quale modificata dall’art. 3, comma 131, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), si applica agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse e che la decadenza da detta agevolazione si verifica nel caso in cui l’immobile acquistato sia alienato entro cinque anni dal suo acquisto e non sia acquistato entro un anno dall’alienazione un altro immobile da adibire ad abitazione principale;

che, secondo il rimettente, tale disciplina, distinguendo tra l’ipotesi di “primo acquisto” (avente ad oggetto – sempre per il giudice a quo – «il trasferimento della proprietà o della nuda proprietà, o la costituzione dell’usufrutto, dell’uso o dell’abitazione sull’immobile acquistato», senza che la legge richieda la destinazione dell’immobile ad abitazione principale) e l’ipotesi di “riacquisto” (avente ad oggetto l’acquisto di un altro immobile da destinare ad abitazione principale), genererebbe una serie di conseguenze paradossali: a) «l’acquirente della nuda proprietà di un immobile, che rivenda il suo diritto nei cinque anni dall’acquisto e, che, riacquisti, entro un anno dalla alienazione, un diritto di nuda proprietà su altro immobile, decade dall’agevolazione sul precedente acquisto, perché non può adempiere all’obbligo di destinare a propria abitazione principale il nuovo immobile, di cui ha acquistato solo la nuda proprietà»; b) decade dall’agevolazione anche «l’acquirente che effettui il riacquisto non nel comune dove ha la propria residenza, ma nel comune dove svolge la propria attività e non vuole o non può trasferire in quel comune la propria residenza nei diciotto mesi successivi al riacquisto»; c) ugualmente, «decade l’acquirente trasferito all’estero per ragioni di lavoro che riacquisti l’immobile nel comune dove vi è la sede o il luogo di esercizio dell’attività del proprio datore di lavoro e non vuole o non può trasferire in quel comune la propria residenza»; d) «decade l’acquirente cittadino italiano emigrato all’estero, che riacquisti l’immobile in un qualunque comune del territorio italiano e che non vuole o non può rientrare in Italia e fissare in quel comune la propria residenza»;

che, su queste premesse, la norma censurata si porrebbe, per il giudice a quo, «in contrasto con il principio di eguaglianza previsto dall’art. 3 della Costituzione, perché, a fronte di situazioni identiche, vi è una ingiustificata disparità di trattamento tra il contribuente che effettua il “primo acquisto” e quello che effettua il “riacquisto”»;

che la norma contrasterebbe, inoltre, sia con il primo comma dell’art. 35 Cost., «perché rende più disagevole il lavoro, nei limiti in cui impedisce il “riacquisto” dell’immobile che non si identifichi anche con l’abitazione principale», sia con il quarto comma dello stesso articolo, «perché pregiudica la libertà di emigrazione, nei limiti in cui impedisce il “riacquisto” di un immobile senza il rientro in Italia»;

che, secondo il giudice rimettente, la questione «è rilevante per il giudizio in corso, essendo pregiudiziale e indispensabile per la decisione della controversia» accertare la legittimità costituzionale della norma denunciata;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata «manifestamente inammissibile e quindi infondata»;

che, in punto di ammissibilità, la difesa erariale sostiene che il giudizio sulla rilevanza delle questioni espresso dal giudice a quo è assolutamente generico;

che, nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato osserva che: a) il giudice a quo non ha considerato la possibilità di interpretare la norma censurata nel senso che la decadenza dalle agevolazioni fiscali è impedita dall’acquisto «di uno qualsiasi dei diritti indicati dal comma 1 (proprietà, nuda proprietà, usufrutto, uso, abitazione)»; b) la previsione della necessità di adibire il secondo immobile acquistato ad abitazione principale del contribuente non è irragionevole, «in quanto persegue lo scopo di escludere dal godimento dei benefici fiscali le operazioni di compravendita di immobili […] aventi una finalità meramente speculativa»;

che, quanto alle censure sollevate con riferimento all’art. 35 Cost., la difesa erariale sostiene che «la disciplina fiscale dell’acquisto non è ispirata ad esigenze di tutela del lavoro e della libertà di emigrazione, e non è assolutamente idonea a menomare l’esercizio dei relativi diritti».

Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Udine dubita, in riferimento agli artt. 3 e 35, primo e quarto comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’ultimo periodo del comma 4 della nota II-bis dell’art. 1 della parte I della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), quale sostituito dall’art. 3, comma 131, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica);

che, in forza della disposizione censurata (nel testo in vigore sin dal 1° gennaio 1996), nel caso in cui il contribuente che ha usufruito delle agevolazioni fiscali per l’acquisto di una casa di abitazione non di lusso (cosiddette “agevolazioni per la prima casa”) trasferisca l’immobile prima del decorso del termine di cinque anni dall’acquisto, la decadenza dalle agevolazioni prevista dalla stessa legge per detto trasferimento infraquinquennale è esclusa ove il contribuente stesso proceda, entro un anno dall’alienazione dell’immobile, all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale;

che il rimettente censura la norma «nella parte in cui non prevede che, al fine di evitare la decadenza dalle agevolazioni fiscali concesse per il precedente acquisto, l’acquisto di altro immobile si possa perfezionare con atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e con atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse e nella parte in cui, invece, prevede l’obbligo di adibire a propria abitazione principale l’altro immobile acquistato»;

che le questioni proposte sono in parte manifestamente inammissibili e in parte manifestamente infondate;

che, secondo quanto riferito dal rimettente, nella fattispecie oggetto del giudizio principale, il contribuente ha acquistato in piena proprietà una casa di abitazione non di lusso, godendo «delle agevolazioni c.d. “prima casa”», ha alienato, prima del decorso di cinque anni da tale acquisto, la proprietà della predetta casa di abitazione ed ha, infine, acquistato, entro l’anno successivo alla rivendita, la piena proprietà di altra casa di abitazione (e non la nuda proprietà o altro diritto reale di godimento), subendo la revoca delle suddette agevolazioni per non avere adibito la nuova casa a propria abitazione principale;

che, di conseguenza, la questione avente ad oggetto la norma «nella parte in cui non prevede che, al fine di evitare la decadenza dalle agevolazioni fiscali concesse per il precedente acquisto, l’acquisto di altro immobile si possa perfezionare […] con atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi» a case di abitazione non di lusso è manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza, in quanto – avendo il contribuente acquistato la piena proprietà e non la nuda proprietà, o un mero diritto reale di godimento – il rimettente non deve fare applicazione, nel giudizio principale, della suddetta norma denunciata;

che è, invece, rilevante e deve, perciò, essere esaminata nel merito la questione avente ad oggetto la norma «nella parte in cui […] prevede l’obbligo di adibire a propria abitazione principale l’altro immobile acquistato» in piena proprietà;

che, nel merito, il giudice a quo sostiene che tale norma censurata si pone in contrasto, in primo luogo, con l’art. 3 Cost., perché comporta «una ingiustificata disparità di trattamento tra il contribuente che effettua il “primo acquisto” e quello che effettua il “riacquisto”», ancorché le due situazioni siano «identiche»;

che il rimettente muove dall’erroneo presupposto che la situazione di chi effettua il “primo acquisto” sia omogenea rispetto a quella di chi effettua il secondo acquisto;

che infatti il legislatore, con il denunciato ultimo periodo del comma 4 della nota II-bis dell’art. 1 della parte I della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, ha inteso disciplinare una fattispecie del tutto diversa da quella dell’accesso alle agevolazioni, stabilendo non una reiterazione delle agevolazioni medesime, ma un’eccezione alla regola della decadenza da tali benefici prevista dal primo periodo dello stesso comma; eccezione che opera esclusivamente nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione, proceda all’acquisto di un altro immobile da adibire a propria abitazione principale;

che, al riguardo, non è irragionevole che il legislatore, al fine di consentire al contribuente di evitare la decadenza dalle suddette agevolazioni, richieda, con riferimento all’acquisto del secondo immobile, una condizione diversa e piú restrittiva (la destinazione della casa ad abitazione principale) rispetto a quelle stabilite, per la concessione delle agevolazioni medesime per l’acquisto del primo immobile, in particolare dalla lettera a) del comma 1 della nota II-bis dell’art. 1 della parte I della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 (e cioè che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquisito come prima casa sul territorio italiano);

che, in conclusione, la censura in esame è manifestamente infondata, perché la previsione della decadenza dai benefici fiscali “prima casa” per chi non adibisca a propria abitazione principale il nuovo immobile acquistato è adeguata e non eccede i limiti dell’ampia discrezionalità riservata al legislatore in materia di agevolazioni: limiti che, come questa Corte ha più volte affermato, vanno individuati esclusivamente nella «palese arbitrarietà od irrazionalità» (ex plurimis, sentenze n. 346 del 2003 e n. 431 del 1997 e ordinanze n. 124 del 2006 e n. 275 del 2005);

che, per il rimettente, la norma denunciata si pone in contrasto, in secondo luogo, con l’art. 35, primo e quarto comma, Cost. «perché rende più disagevole il lavoro, nei limiti in cui impedisce il “riacquisto” dell’immobile che non si identifichi anche con l’abitazione principale», e «perché pregiudica la libertà di emigrazione, nei limiti in cui impedisce il “riacquisto” di un immobile senza il rientro in Italia»;

che anche tale censura è manifestamente infondata, sia perché il parametro evocato non ha nulla a che vedere con le agevolazioni tributarie in materia di acquisto di immobili, avendo per oggetto la tutela del lavoro e la libertà di emigrazione, sia perché – contrariamente a quanto sostenuto dal rimettente – la norma denunciata non impedisce al lavoratore o al cittadino emigrato all’estero «il “riacquisto” di un immobile», ma si limita a fissare specifiche condizioni per evitare la decadenza da agevolazioni fiscali.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’ultimo periodo del comma 4 della nota II-bis dell’art. 1 della parte I della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), «nella parte in cui non prevede che, al fine di evitare la decadenza dalle agevolazioni fiscali concesse per il precedente acquisto, l’acquisto di altro immobile si possa perfezionare […] con atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi» a case di abitazione non di lusso, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 35, primo e quarto comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Udine con l’ordinanza indicata in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del medesimo ultimo periodo del comma 4 della nota II-bis dell’art. 1 della parte I della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, nella parte in cui «prevede l’obbligo di adibire a propria abitazione principale l’altro immobile acquistato» in piena proprietà, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 35, primo e quarto comma, della Costituzione, dalla medesima Commissione tributaria provinciale di Udine con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2009.