SENTENZA N. 368
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Franco BILE Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 30 luglio 2003 relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Carlo Taormina in occasione delle dichiarazioni rese all’agenzia di stampa ADN Kronos in data 20 marzo 2002, promosso con ricorso del Tribunale di Roma, notificato il 21 febbraio 2006, depositato in cancelleria il 2 marzo 2006 ed iscritto al n. 28 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2005, fase di merito.
Visti l’atto di costituzione della Camera dei deputati, nonché l’atto di intervento della CGIL, Confederazione Generale Italiana del Lavoro e di Sergio Cofferati;
udito nell’udienza pubblica del 9 ottobre 2007 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;
uditi gli avvocati Massimo Luciani per la Camera dei deputati e Franco Coccia per la CGIL, Confederazione Generale Italiana del Lavoro e per Sergio Cofferati.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso del 16 giugno 2005, il Tribunale di Roma, in composizione monocratica – nel corso di un procedimento civile promosso dalla CGIL e da Sergio Cofferati nei confronti del deputato Carlo Taormina, al fine di ottenerne la condanna, previo accertamento del reato di diffamazione, al risarcimento dei danni derivanti dalla divulgazione di dichiarazioni da lui rese all’agenzia di stampa ADN Kronos il 20 marzo 2002 e da questa diffuse con il titolo “Biagi: Taormina, responsabilità oggettiva di Cofferati: Assassini si propongono come braccio armato di leader CGIL”, aventi ad oggetto l’omicidio del prof. Marco Biagi ad opera delle Brigate Rosse in Bologna – ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera adottata dall’Assemblea, su conforme proposta della Giunta per le autorizzazioni, nella seduta del 30 luglio 2003 (Doc. IV-quater, n. 51), con la quale si è dichiarato che i fatti per i quali è in corso il predetto procedimento riguardano opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari e sono, in quanto tali, insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.
Il Tribunale ricorrente fa presente che gli attori addebitavano al deputato in questione le seguenti affermazioni: di avere essi attori «creato le condizioni perché i terroristi si mettessero a disposizione»; di essere il Cofferati ed i comunisti contro il cambiamento ed il Biagi «essere stato assassinato contro il cambiamento»; di essersi proposti, gli assassini di Biagi, «come braccio armato di Cofferati e dei comunisti»; espressioni aventi la chiara finalità di suggerire ai lettori una responsabilità oggettiva in capo al Cofferati in ordine all’omicidio del prof. Biagi, nonché di individuare nell’azione del sindacato e del Cofferati le condizioni dell’azione dei terroristi.
Il ricorrente fa presente che, nella relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere, a sostegno del giudizio di insindacabilità, si afferma che le dichiarazioni rese dal parlamentare, pur al di fuori delle sedi parlamentari, nell’ambito di un più ampio contesto facente riferimento a questioni sindacali, alla riforma dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori, al ruolo del prof. Biagi nell’azione di cambiamento che si voleva attuare da parte del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, erano strettamente connesse all’ampio dibattito politico sviluppatosi nei giorni seguenti l’omicidio del prof. Biagi, mentre, contemporaneamente, si era svolta anche una discussione in sede parlamentare, nel corso della quale molti esponenti dei partiti di maggioranza avevano argomentato sul nesso esistente tra il grave delitto ed il dibattito politico sulla riforma del mercato del lavoro; ancora, che il deputato Taormina aveva inviato una lettera aperta, di chiarimento, al Cofferati, nella quale precisava che l’espressione più grave relativa alla responsabilità oggettiva del Cofferati nell’omicidio Biagi era stata «disconosciuta come propria, giacché, ove realmente pronunciata, sarebbe stata finalizzata ad escludere ogni coinvolgimento personale e causale del segretario della CGIL nel tragico delitto».
Il Tribunale di Roma – richiamata la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 3 giugno 2004, emessa nella causa De Jorio c. Italia – osserva che non risulta che il deputato Taormina abbia effettuato in aula un intervento nella immediatezza dell’omicidio del prof. Biagi o comunque abbia svolto un’attività nell’ambito del dibattito politico sulla riforma del mercato del lavoro, nel cui contesto abbia affrontato le tematiche dei rapporti tra sindacato e terrorismo nei termini di cui alle affermazioni riportate dall’ADN Kronos.
Inoltre, si rileva nel ricorso, il richiamo al contemporaneo dibattito politico e parlamentare sulle connessioni tra detto omicidio e la riforma del mercato del lavoro in via di attuazione da parte della maggioranza di governo è estremamente generico, mancando non solo di ogni riferimento ad una personale attività del deputato Taormina, ma soprattutto del requisito della identità sostanziale di contenuto con la specifica opinione espressa nelle dichiarazioni di cui si tratta; e nulla di analogo alle affermazioni contestate al deputato in questione è, secondo il ricorrente, riscontrabile negli interventi dei deputati Cicchitto di Forza Italia e Cristaldi di Alleanza Nazionale, effettuati in aula il 20 marzo 2002 e richiamati dalla Giunta a conferma della centralità assunta dall’omicidio del prof. Biagi nel dibattito politico-parlamentare dell’epoca.
Infine, ad avviso del ricorrente, il richiamo alla lettera aperta inviata dal deputato di cui si tratta a Sergio Cofferati esula dal circoscritto ambito della verifica del nesso di funzionalità tra le affermazioni e l’attività parlamentare, rimessa alla Camera ai fini della valutazione della insindacabilità, potendo incidere, se mai, sul merito della presunta condotta diffamatoria.
In definitiva, la Camera, secondo il ricorrente, avrebbe interpretato in modo erroneo la nozione di esercizio delle funzioni parlamentari, ledendo la sfera di attribuzioni del potere giudiziario, in quanto le dichiarazioni rese dal deputato Taormina, nella intervista di cui si tratta, non potrebbero ritenersi collegate alle sue funzioni parlamentari, sicché non sarebbe invocabile, in relazione ad esse, l’immunità di cui all’art. 68, primo comma, Cost. Il predetto Tribunale ha, pertanto, chiesto l’annullamento della deliberazione di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 30 luglio 2003, relativa alla intervista in questione.
2. – Il conflitto è stato dichiarato ammissibile da questa Corte con la ordinanza n. 54 del 2006, depositata il 10 febbraio 2006.
3. – Il ricorso introduttivo del presente giudizio, unitamente alla citata ordinanza, è stato notificato il 21 febbraio 2006 e depositato presso la cancelleria di questa Corte il 2 marzo 2006.
4. – Con atto depositato l’11 marzo 2006, si è costituita la Camera dei deputati, che ha eccepito la inammissibilità del ricorso, per carenza di una puntuale descrizione delle dichiarazioni rese dal deputato Taormina ritenute prive di nesso funzionale con atti parlamentari. L’atto introduttivo del presente giudizio, infatti, non riporta testualmente, osserva la difesa della Camera dei deputati, frasi propriamente ed esattamente attribuibili al predetto deputato – mancando alcun elemento dal quale si possa desumere che si tratti di citazioni testuali – ma dichiarazioni che potrebbero costituire frutto di estrapolazioni, o sintesi, o personali descrizioni del pensiero dello stesso.
Nel merito, la difesa della Camera dei deputati conclude per il rigetto del ricorso, ritenendo sussistente una connessione funzionale, anche se non materiale, tra le dichiarazioni di cui si tratta e la politica parlamentare, ferma restando la irrilevanza della generica attività politica svolta dal deputato.
Nella specie, si rileva, l’effettivo contenuto del pensiero politico di Carlo Taormina, quale risultava anche dalla lettera aperta indirizzata dal citato parlamentare a Sergio Cofferati il 21 marzo 2002, si inseriva nella politica parlamentare, e coincideva con opinioni espresse in atti tipici di funzione. Dette dichiarazioni erano successive al dibattito che, il 20 marzo 2002, si era svolto alla Camera sull’omicidio del prof. Biagi. Ma, soprattutto, è in alcuni successivi interventi e interrogazioni di numerosi parlamentari – alcuni dei quali appartenenti allo stesso gruppo parlamentare del deputato di cui si tratta – che la questione da lui posta nelle sue dichiarazioni extra moenia, quella, cioè, della connessione terrorismo-questione sociale e delle relative responsabilità, sarebbe stata messa particolarmente in luce. Né varrebbe opporre che detti atti tipici provenissero da parlamentari diversi dal deputato in questione. Al riguardo, la difesa della Camera sollecita una revisione dell’orientamento della Corte contrario alla estensione della insindacabilità alle dichiarazioni rese extra moenia da un deputato e riproduttive di atti tipici compiuti da altri parlamentari.
5. – Nel giudizio innanzi alla Corte sono intervenuti la CGIL e Sergio Cofferati, i quali hanno preliminarmente sottolineato l’ammissibilità del loro intervento, in quanto soggetti offesi dalle dichiarazioni in questione, richiamando la giurisprudenza costituzionale formatasi sul punto in controversia in tema di insindacabilità delle opinioni espresse dai consiglieri regionali e di immunità del Presidente della Repubblica; e, nel merito, hanno concluso per la non spettanza alla Camera dei deputati del potere di dichiarare la insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Taormina, ritenendo insufficiente a radicare il nesso funzionale necessario allo scopo l’argomento della centralità assunta nel dibattito politico-parlamentare dall’episodio tragico dell’assassinio di Marco Biagi. Si rileva, al riguardo, nell’atto di intervento, che né in epoca precedente, né successivamente alle dichiarazioni rese extra moenia dal deputato di cui si tratta, lo stesso ha reso in Parlamento alcuna dichiarazione neanche lontanamente assimilabile a quanto gli viene contestato nel giudizio civile dal quale ha tratto origine il conflitto.
Si aggiunge, infine, che l’orientamento della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo è consolidato nel senso della contrarietà ad una eccessiva latitudine applicativa della insindacabilità parlamentare, come dimostrato, da ultimo, dalla sentenza del 6 dicembre 2005, nel caso Ielo c. Italia.
6. – Nell’imminenza della pubblica udienza hanno depositato memoria la difesa della Camera e quella della CGIL e di Sergio Cofferati.
La prima ha insistito nella eccezione di inammissibilità per la non compiuta descrizione delle dichiarazioni in contestazione, rilevando la impossibilità di conoscere quali siano state le opinioni effettivamente manifestate dal deputato in questione. Il ricorrente, pur dando conto del fatto che quest’ultimo aveva rilasciato all’agenzia di stampa ADN Kronos alcune dichiarazioni relative all’omicidio del professor Biagi, in relazione alle quali la CGIL e Sergio Cofferati avrebbero poi agito in giudizio per il risarcimento del danno, tuttavia non le riporta puntualmente, non le “virgoletta”, ma indica frasi e parole ascrivibili al ricorrente o agli istanti nel giudizio civile. Mancherebbero, in definitiva, nel ricorso citazioni testuali attribuibili al deputato Taormina, come mancherebbe un rinvio al riguardo alla descrizione dei fatti contenuta nella Relazione della Giunta per le autorizzazioni, presentata alla Presidenza della Camera dei deputati il 30 gennaio 2003 (a prescindere dalla possibilità di una descrizione dei fatti per relationem). Nel merito, si insiste nelle conclusioni già riportate, richiamandosi una serie di interventi in Parlamento e di interrogazioni sul tema della responsabilità politica di chi avrebbe alimentato un clima di scontro nel Paese.
Nella memoria presentata nell’interesse della CGIL e di Sergio Cofferati, si ribadisce, in punto di ammissibilità del ricorso, la identificabilità dell’oggetto del medesimo, in considerazione della precisa indicazione, in esso inserita, del contenuto delle doglianze della parte attrice nel processo da cui trae origine il conflitto. In particolare, si osserva che il titolo del “lancio” ADN Kronos è riportato tra virgolette nel ricorso, né risulta smentito dal deputato in questione, e che le espressioni «creato le condizioni perché i terroristi si mettessero a disposizione»; di essere «C.G.I.L. e comunisti contrari al cambiamento»; di essersi proposti «gli assassini di Biagi come braccio armato di Cofferati e dei comunisti» sono riportate nel ricorso in modo pedissequo. Nella memoria, si richiama la relazione di minoranza, contraria all’approvazione del documento IV-quater n. 51, nella quale è riportato il testo dell’agenzia di stampa quale riferito nell’atto di citazione. Nel merito, si insiste per la non spettanza alla Camera dei deputati del potere di deliberare la insindacabilità delle dichiarazioni del deputati di cui si tratta, tenuto conto che il contenuto degli atti tipici richiamati dalla stessa a sostegno della esattezza della delibera adottata, oltre al fatto di risalire ad altri deputati, pur se appartenenti al medesimo gruppo parlamentare del deputato, non è affatto assimilabile all’accusa a Sergio Cofferati e alla CGIL di essere i mandanti morali dell’omicidio del prof. Biagi.
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale di Roma, in composizione monocratica, ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato in relazione alla deliberazione adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 30 luglio 2003 (Doc. IV-quater, n. 51), con la quale si è dichiarato che le opinioni espresse dal deputato Carlo Taormina, in ordine alle quali la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL) e Sergio Cofferati hanno promosso azione civile di risarcimento dei danni pendente innanzi allo stesso giudice, ritenendole lesive del loro onore e della loro reputazione, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e sono, pertanto, insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.
2. – Con ordinanza n. 54 del 2006, questa Corte ha dichiarato, in sede di prima e sommaria delibazione, ammissibile il conflitto, sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, riservando espressamente alla fase del merito, nel contraddittorio delle parti, ogni ulteriore decisione, anche relativa all’ammissibilità del ricorso.
3. – Preliminarmente deve essere dichiarato ammissibile l’intervento spiegato dalla CGIL. e da Sergio Cofferati.
Anche se, di regola, nei giudizi per conflitto di attribuzione non è ammesso l’intervento di soggetti diversi da quelli legittimati a promuovere il conflitto e a resistervi, tuttavia può verificarsi che l’oggetto del conflitto sia tale da coinvolgere, in modo diretto e immediato, situazioni soggettive di terzi il cui pregiudizio o la cui salvaguardia dipendono imprescindibilmente dall’esito del conflitto. In tali casi questa Corte ritiene ammissibile l’intervento di soggetti che sarebbero incisi senza possibilità di far valere le loro ragioni all’esito del giudizio relativo al conflitto (sentenze n. 305 e n. 195 del 2007, n. 386 del 2005 e n. 154 del 2004).
E’ questa la situazione che si riscontra nel presente giudizio, in quanto il suo oggetto incide sulla definitiva affermazione o negazione dello stesso diritto delle parti intervenienti di agire nel giudizio comune.
4. – Il ricorso è inammissibile.
La difesa della Camera dei deputati ha eccepito la mancanza, nel ricorso, di una compiuta descrizione dei fatti rilevanti e ha osservato che l’atto introduttivo del giudizio non riporta testualmente frasi propriamente ed esattamente attribuibili al predetto deputato, mancando alcun elemento dal quale si possa desumere che si tratti di citazioni testuali. Il ricorrente, pur dando conto del fatto che il deputato in questione aveva rilasciato all’Agenzia di stampa ADN Kronos alcune dichiarazioni relative all’omicidio del prof. Biagi, poi contestate in giudizio dalla CGIL e da Sergio Cofferati, tuttavia non le riporta puntualmente, ma indica frasi e parole ascrivibili al ricorrente o agli istanti nel giudizio civile. Mancherebbero, in definitiva, nel ricorso, citazioni testuali attribuibili al parlamentare, come sarebbe assente un rinvio alla descrizione dei fatti contenuta nella Relazione della Giunta per le autorizzazioni presentata alla Presidenza della Camera dei deputati il 30 gennaio 2003 (a prescindere dalla possibilità di una descrizione dei fatti per relationem).
Sul punto, va osservato che, secondo la giurisprudenza costituzionale, la mancanza di una compiuta esposizione dei presupposti di fatto del conflitto di attribuzione preclude alla Corte di accertare se sussista il nesso funzionale tra le frasi pronunciate e gli eventuali atti parlamentari tipici di cui le frasi stesse potrebbero costituire la divulgazione esterna (sentenze n. 236 del 2007, n. 336 del 2006, n. 79 del 2005).
Si tratta, allora, di stabilire quando possa ritenersi mancante tale esposizione. Al riguardo, questa Corte ha sottolineato la esigenza che le dichiarazioni di cui si tratta siano riferite compiutamente nella loro obiettività (sentenza n. 383 del 2006), avendo quindi il ricorrente l’onere di riportare nell’atto introduttivo del giudizio le espressioni ritenute offensive (sentenze n. 52 e n. 13 del 2007). In particolare, nella recente sentenza n. 305 del 2007, relativa al conflitto (dichiarato inammissibile) sollevato dallo stesso Tribunale investito della domanda di risarcimento danni da parte dei medesimi soggetti nei confronti di altro deputato, in riferimento a dichiarazioni analoghe a quelle contestate al deputato Taormina, la Corte ha rilevato la mancanza di una condizione di autosufficienza del ricorso per conflitto di attribuzione, e cioè la riproduzione delle dichiarazioni del parlamentare in questione. Ed infatti, il ricorrente aveva riportato, in modo parziale, solo alcune delle dichiarazioni che gli attori del giudizio a quo attribuivano al parlamentare. La mancanza nel testo del ricorso della puntuale riproduzione delle dichiarazioni medesime determina il difetto di un requisito essenziale del ricorso che lo rende inammissibile, non potendo soccorrere a colmare detta lacuna gli atti del procedimento e non avendo il ricorrente neanche fatto esplicito richiamo, per tale aspetto, alla relazione della Giunta per le autorizzazioni.
Questa Corte ha infatti affermato che è nel solo atto introduttivo e negli eventuali documenti ad esso allegati che vanno rinvenuti gli elementi identificativi della causa petendi e del petitum del conflitto (ordinanza n. 264 del 2000).
Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riguardo al conflitto all’attuale esame, ove si consideri che effettivamente dal ricorso risulta impossibile risalire alle testuali dichiarazioni rese dal deputato in questione, e ciò a prescindere dal tenore della lettera aperta dallo stesso inviata a Sergio Cofferati, allo scopo di chiarire il proprio pensiero, ed il cui contenuto è riportato nella relazione di maggioranza della Giunta per le autorizzazioni (Doc. IV-quater n. 51), relativa all’applicabilità, nella specie, dell’art. 68, primo comma, Cost.
E’ pur vero che, come sottolineato nella memoria depositata nell’interesse della CGIL e di Sergio Cofferati, intervenuti nel giudizio innanzi alla Corte, la relazione di minoranza, contraria all’approvazione di detto documento, riporta il contenuto delle dichiarazioni attribuite al deputato: ma, a prescindere dalla considerazione che manca nel ricorso alcun richiamo a tale relazione, si tratta, pur sempre, di affermazioni riproduttive di quelle contenute nell’atto di citazione in giudizio del deputato, che è atto di parte.
Quanto precede si traduce nel difetto di un requisito essenziale del ricorso che, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 ottobre 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2007.