SENTENZA N. 204
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1938 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 4 aprile 1996 dal Giudice istruttore del Tribunale di Varese nel procedimento civile vertente tra Anna Terziroli ed altre e Banca Commerciale Italiana s.p.a. ed altra, iscritta al n. 616 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 febbraio 1997 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto in fatto
1. -- Con ordinanza emessa il 4 aprile 1996 nel corso di un giudizio promosso per far dichiarare la nullità di una fideiussione per obbligazioni future (cosiddetta "fideiussione omnibus"), prestata prima della legge 17 febbraio 1992, n. 154 (Norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari) -- che, all'art. 10, ha stabilito debba essere previsto l'importo massimo garantito -- il Giudice istruttore del Tribunale di Varese ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 47, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1938 cod. civ., che, anche dopo la modifica apportata con la legge n. 154 del 1992, continuerebbe a considerare valide ed efficaci le fideiussioni di importo illimitato stipulate prima del 9 luglio 1992 (data di entrata in vigore della legge di riforma).
Il giudice rimettente ritiene che le fideiussioni per obbligazioni future, con garanzia illimitata, siano tuttora valide ed efficaci. Difatti la disposizione che prevede l'obbligo di indicare l'importo massimo garantito avrebbe carattere innovativo e non sarebbe una norma di interpretazione autentica del precedente testo dell'art. 1938 cod. civ., da riconoscere solo se l'intervento del legislatore fosse stato destinato a porre fine al dibattito dottrinale e giurisprudenziale che si era sviluppato, particolarmente per i rapporti bancari, sulla validità delle fideiussioni per obbligazioni future senza limite di importo garantito. Queste, secondo un orientamento interpretativo minoritario, erano da considerare nulle, perchè l'oggetto del contratto non sarebbe stato determinato o determinabile (art. 1346 cod. civ.); mentre, secondo l'interpretazione dominante, tali fideiussioni erano valide, giacchè l'oggetto del contratto poteva essere determinato con riferimento al contratto bancario (per lo più un'apertura di credito) cui la garanzia accedeva.
Affermata, in conformità all'interpretazione prevalente, la non retroattività dell'art. 10 della legge n. 154 del 1992, l'obbligo di prevedere, nelle fideiussioni per obbligazioni future, l'importo massimo garantito non potrebbe trovare applicazione alle fideiussioni prestate in precedenza, i cui effetti, quindi, permarrebbero; con la conseguenza che situazioni identiche, ad avviso del giudice rimettente, sarebbero disciplinate diversamente, in violazione del principio costituzionale di eguaglianza (art. 3 Cost.).
L'ordinanza di rimessione indica anche, quale ulteriore parametro per il giudizio di legittimità costituzionale, l'art. 47, primo comma, della Costituzione, che prevede sia incoraggiato e tutelato il risparmio e che sia disciplinato e controllato l'esercizio del credito.
2. -- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
Ad avviso dell'Avvocatura, la questione non poteva essere sollevata dal giudice istruttore, il quale, per il compimento degli atti istruttori, non avrebbe dovuto fare applicazione della norma denunciata, destinata ad essere applicata nella fase della decisione della causa, la sola fase nella quale l'incidente di legittimità costituzionale potrebbe essere rilevante. Difatti la modifica della composizione del tribunale, quando giudica quale organo monocratico, determinerebbe l'identificazione in una stessa persona fisica delle figure del giudice istruttore e del giudice unico (decidente), ma non muterebbe le rispettive attribuzioni, che resterebbero distinte. E, ai fini della rilevanza della questione, dall'ordinanza di rimessione non risulterebbe che, nel giudizio principale, si fosse passati dalla fase dell'istruttoria a quella della decisione.
Nel merito, l'Avvocatura ritiene che il richiamo all'art. 47, primo comma, della Costituzione non sia pertinente, neppure con riferimento alla disciplina ed al controllo dell'esercizio del credito, che non riguarderebbero un contratto di garanzia.
Non sarebbe, inoltre, violato l'art. 3 della Costituzione, perchè, riconosciuta la perdurante efficacia di un contratto posto in essere prima che una norma lo escluda dall'ordinamento, la diversa valutazione nel tempo, da parte del legislatore, di un medesimo fatto o comportamento non potrebbe costituire termine di comparazione per verificare il rispetto del principio di eguaglianza. Sarebbe, anzi, ragionevole tutelare l'affidamento e la certezza delle relazioni giuridiche, mantenendo gli effetti di un rapporto intersoggettivo in conformità alla disciplina della legge vigente al momento in cui il contratto é sorto.
Considerato in diritto
1. -- La questione di legittimità costituzionale investe l'art. 1938 del codice civile, che disciplina la fideiussione per obbligazioni future. Questa disposizione prescrive, a seguito delle modifiche apportate con l'art. 10 della legge 17 febbraio 1992, n. 154 (Norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari), che sia previsto l'importo massimo garantito. Lo stesso limite non varrebbe, tuttavia, per le fideiussioni prestate prima dell'entrata in vigore (9 luglio 1992) della legge di riforma, le quali sarebbero tuttora valide ed efficaci. Sicchè, ad avviso del Giudice istruttore del Tribunale di Varese, sarebbe violato l'art. 3 della Costituzione, in presenza di una disciplina ingiustificatamente diversa per situazioni analoghe, oltre che l'art. 47, primo comma, della Costituzione.
2. -- L'eccezione, proposta dall'Avvocatura dello Stato, di inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, perchè sollevata dal giudice istruttore, non può essere accolta.
L'Avvocatura ritiene che, nella fase istruttoria, il giudice non avrebbe potuto valutare la rilevanza e la non manifesta infondatezza del dubbio di legittimità costituzionale della norma che disciplina il merito della causa, da apprezzare invece nella fase di decisione.
L'eccezione di inammissibilità presuppone che, anche dopo la legge 26 novembre 1990, n. 353, che ha modificato la disciplina del processo civile, valga la precedente distinzione tra giudice istruttore e tribunale, anche quando quest'ultimo sia a composizione monocratica, giacchè vi sarebbe identità nelle persone fisiche ma distinzione degli organi e delle fasi del procedimento.
La giurisprudenza costituzionale ha, sino ad ora, affermato che il giudice istruttore nel processo civile non può sollevare questioni di legittimità costituzionale delle norme da applicare per la definizione della controversia, la cui identificazione e valutazione é riservata al tribunale, il quale, nella sua composizione collegiale, é chiamato a giudicare del merito (ordinanza n. 295 del 1996; ordinanza n. 503 del 1995; ordinanze nn. 436 e 424 del 1994; sentenza n. 1104 del 1988; sentenza n. 125 del 1980). Il giudice istruttore può, invece, proporre incidente di costituzionalità relativamente alle norme che egli stesso debba applicare, per adottare provvedimenti attribuiti alla sua competenza (sentenza n. 84 del 1996; sentenza n. 278 del 1994; ordinanza n. 199 del 1990).
La legittimazione del giudice a proporre incidente di legittimità costituzionale é, dunque, ancorata alla rilevanza concreta ed attuale della questione, che può essere sollevata solo dal giudice nel momento in cui é chiamato ad applicare la norma della cui legittimità costituzionale dubita.
Questa regola porta ora a conclusioni diverse rispetto a quelle delineate in passato, essendo mutata la configurazione dei poteri del giudice istruttore, secondo la disciplina del processo civile quale risulta a seguito delle modifiche apportate dalla legge n. 353 del 1990.
Fuori dei casi espressamente riservati alla cognizione collegiale, in materia civile il tribunale "decide in persona del giudice istruttore" (art. 48 dell'Ordinamento giudiziario, modificato con l'art. 88 della legge n. 353 del 1990), che si configura, dunque, quale giudice unico con tutti i poteri del collegio. Allo stesso giudice istruttore spetta, nelle cause delle quali, come nel caso in esame, ha esclusiva cognizione, individuare la norma da applicare alla questione sottoposta al suo giudizio. Nè occorre attendere il momento conclusivo del processo per sollevare il dubbio di legittimità costituzionale, quando é chiaro che dalla sua soluzione dipende la decisione della causa e, ancor prima, lo sviluppo istruttorio di essa. Inoltre i termini del giudizio risultano già definiti dalle domande, eccezioni e conclusioni proposte dalle parti negli atti introduttivi (artt. 163 e 167 cod. proc. civ.) e sono determinati sin dalla prima udienza di trattazione (art. 183 cod. proc. civ.). A ciò si aggiunga che il solo giudice istruttore, in funzione di giudice unico, é competente a compiere ogni atto ed a decidere nel merito, sicchè -- come con riguardo al pretore, che già in precedenza, nelle cause civili, ha sollevato, senza che fosse posta in dubbio la sua legittimazione, questioni di legittimità costituzionale anche prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni -- deve ritenersi che il giudice istruttore, quale giudice monocratico, sia abilitato ad individuare le norme delle quali deve fare applicazione per il giudizio ed a valutare se il dubbio di legittimità costituzionale sia concretamente rilevante.
3. -- Nel merito la questione non é fondata.
Il giudice rimettente, aderendo alla interpretazione prevalente, ritiene che la legge n. 154 del 1992, nello stabilire, sostituendo il testo dell'art. 1938 cod. civ., che la fideiussione prestata per un'obbligazione futura debba prevedere l'importo massimo garantito, abbia carattere innovativo e non si applichi, retroattivamente, ai rapporti preesistenti.
Ciò non implica, tuttavia, che la disciplina precedente -- la quale, secondo l'interpretazione dominante, consentiva la prestazione di una garanzia illimitata per le obbligazioni future il cui oggetto fosse determinabile -- acquisti carattere ultrattivo, tale da consentire che la garanzia personale prestata dal fideiussore assista non solo le obbligazioni principali sorte prima della entrata in vigore della legge n. 154 del 1992, ma anche quelle successive, in modo da attribuire efficacia permanente alla illimitatezza del rapporto di garanzia.
In altri termini l'innovazione legislativa, che stabilisce la nullità delle fideiussioni per obbligazioni future senza limitazione di importo, non tocca la garanzia per le obbligazioni principali già sorte, ma esclude che si producano ulteriori effetti e che la fideiussione possa assistere obbligazioni principali successive al divieto di garanzia senza limiti.
In questo contesto interpretativo, la diversità di disciplina tra fideiussioni prestate prima o dopo l'entrata in vigore della legge n. 154 del 1992 non configura alcuna ingiustificata disparità di trattamento di situazioni identiche, ma rispecchia, piuttosto, la diversa qualificazione degli atti, nel tempo, da parte del legislatore, il quale, nel dettare una nuova regola attinente ad un requisito del contratto, non travolge gli obblighi già sorti in base alla normativa precedente.
Tanto vale ad escludere la denunciata violazione dell'art. 3 della Costituzione.
4. -- La questione non é fondata anche con riferimento all'art. 47, primo comma, della Costituzione.
La disposizione costituzionale prevede la tutela del risparmio, la disciplina ed il controllo dell'esercizio del credito. Ma non é dedotto, nè é rilevabile, alcun profilo che induca a mettere in relazione la previsione costituzionale con le modalità di disciplina del contratto di fideiussione, poste in discussione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1938 del codice civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 47, primo comma, della Costituzione, dal Giudice istruttore del Tribunale di Varese con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 1997.
Presidente: dott. Renato GRANATA
Redattore: prof. Cesare MIRABELLI
Depositata in cancelleria il 27 giugno 1997.