Sentenza n. 205 del 1996

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SENTENZA N. 205

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge della Regione Siciliana approvata dall'Assemblea regionale Siciliana il 20 settembre 1995 avente per oggetto: "Norme per il personale dell'assistenza tecnica, dell'E.S.A., dei consorzi di bonifica e degli enti parco. Disposizioni varie in materia di agricoltura", e della legge della Regione Siciliana approvata dall'Assemblea regionale Siciliana il 19 ottobre 1995, avente per oggetto: "Norme per il personale dell'E.S.A.", promossi con ricorsi del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana notificati il 28 settembre e il 28 ottobre 1995, depositati in cancelleria il 6 ottobre e il 6 novembre 1995 ed iscritti ai nn. 49 e 50 del registro ricorsi 1995.

Visti gli atti di costituzione della Regione Siciliana;

udito nell'udienza pubblica del 19 marzo 1996 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;

udito l'Avvocato dello Stato Claudio Linda per il ricorrente, e gli avv.ti Giovanni Lo Bue, Laura Ingargiola e Giovanni Pitruzzella per la Regione.

Ritenuto in fatto

1.-- Con ricorso notificato il 28 settembre 1995, il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha impugnato l'art. 6 della delibera legislativa 20 settembre 1995 (Norme per il personale dell'assistenza tecnica, dell'E.S.A., dei consorzi di bonifica e degli enti parco. Disposizioni varie in materia di agricoltura), per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione e dell'art. 14 dello statuto speciale.

Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata, nell'autorizzare l'Ente di sviluppo agricolo ad ampliare la propria pianta organica e ad immettere nei ruoli ampliati, previo esame-colloquio, attuali fruitori di borse di studio per laureati, si porrebbe in contrasto sia con il principio di buon andamento affermato dall'art. 97 della Costituzione, sia con gli artt. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), e 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), i quali porrebbero, come principio fondamentale di riforma economico-sociale, operante anche nei confronti delle Regioni ad autonomia speciale, il divieto di procedere a nuove assunzioni di personale in difetto di una previa verifica dei carichi di lavoro.

L'intero contesto della disposizione impugnata e, in particolare, le modalità di reclutamento del personale ivi previste, lascerebbero intravedere una sorta di assunzione ad personam, in violazione degli art. 3 e 51 della Costituzione.

L'Assemblea regionale siciliana, al dichiarato fine di consentire la immediata promulgazione della legge impugnata, limitatamente alla parte non censurata, in data 19 ottobre 1995 ha adottato due diverse delibere legislative: con la prima ha disposto l'abrogazione dell'impugnato art. 6 della legge approvata il 20 settembre 1995; con la seconda (Norme per il personale dell'Ente di sviluppo agricolo), ne ha riprodotto il contenuto con lieve modifica (aumento di una ulteriore unità dei posti in organico da assegnare ai borsisti laureati).

La delibera riproduttiva è stata impugnata dal Commissario dello Stato con atto notificato il 28 ottobre 1995, nel quale, oltre a rinnovare integralmente le censure mosse con il precedente ricorso, egli si duole del fatto che il procedimento seguito dall'Assemblea regionale (abrogazione di una disposizione impugnata e contemporanea riproduzione del suo contenuto in una distinta delibera legislativa) configurerebbe una prassi anomala, produttiva dell'onere di una duplice impugnazione per lo stesso Commissario; la legge, inoltre, sarebbe stata approvata senza alcun approfondimento e senza che la Regione Siciliana cogliesse l'opportunità di una nuova discussione alla luce dei motivi fatti valere in precedenza dal Commissario.

2.-- Nei giudizi innanzi alla Corte costituzionale, si è costituita la Regione Siciliana, chiedendo, quanto al primo ricorso del Commissario dello Stato, che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere, in considerazione dell'abrogazione espressa della norma impugnata.

In entrambi i giudizi, la difesa della Regione sostiene, poi, l'infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Commissario dello Stato.

Le censure relative alla violazione dell'art. 97 della Costituzione e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale in materia di pubblico impiego, non sarebbero fondate, poiché la necessità di aumentare il personale dell'ESA deriverebbe dal blocco delle assunzioni, disposto per l'Ente stesso dall'art. 5, comma 3, della legge regionale 28 gennaio 1972, n. 1 (Norme per il personale dell'Ente di sviluppo agricolo), che avrebbe creato nel tempo gravi carenze di organico.

Infondate sarebbero, altresì, le censure rivolte all'esame-colloquio, teso ad immettere nei ruoli dell'Ente i fruitori delle borse di studio, poiché il rispetto, da parte della Regione, dei principî costituzionali in tema di reclutamento dei pubblici dipendenti dovrebbe essere valutato al momento dell'assegnazione delle borse di studio, avvenuta, secondo la difesa regionale, a seguito di regolari bandi; sarebbe inoltre del tutto ragionevole l'aspirazione dell'Ente a conservare le professionalità acquisite e valorizzate tramite corsi di formazione ed esperienze di lavoro.

3.-- Con una successiva memoria, la Regione Siciliana ha sviluppato le proprie argomentazioni difensive ed ha prodotto nuova documentazione.

In particolare, la Regione afferma che la propria potestà legislativa esclusiva potrebbe essere vincolata al rispetto dei principî espressi nelle norme fondamentali di riforma economico-sociale (peraltro, a suo avviso, non stabiliti, in questa materia, in maniera inderogabile), ma non all'osservanza delle modalità procedurali di attuazione dei principî stessi, previste nella legislazione nazionale.

Nel caso di specie, i principî sarebbero comunque rispettati, poiché, con le assunzioni previste dalla legge impugnata, l'Ente non aumenterebbe la sua dotazione organica e un'analisi dei carichi di lavoro dimostrerebbe la necessità di personale in misura largamente superiore.

Per quanto concerne, poi, le censure relative alle modalità di assunzione dei borsisti, la difesa della Regione sostiene che esse sarebbero in ogni caso infondate, in quanto il principio del concorso pubblico sarebbe stato rispettato con i bandi relativi alla concessione delle borse di studio e la giurisprudenza costituzionale permetterebbe di derogare a tale principio in presenza di peculiari situazioni giustificatrici, che ricorrerebbero nel caso di specie.

La difesa della Regione Siciliana conclude, infine, nel senso dell'infondatezza delle censure mosse dal Commissario dello Stato contro il procedimento di approvazione del disegno di legge impugnato, censure, tra l'altro, inammissibilmente formulate, ad avviso della Regione, con mero rinvio ad un precedente ricorso.

Considerato in diritto

1.-- I due ricorsi di legittimità costituzionale proposti dal Commissario dello Stato in data 28 settembre 1995 e 28 ottobre 1995 riguardano rispettivamente l'art. 6 della delibera legislativa dell'Assemblea regionale siciliana 20 settembre 1995 (Norme per il personale dell'assistenza tecnica, dell'ESA, dei consorzi di bonifica e degli enti parco. Disposizioni varie in materia di agricoltura) e la delibera legislativa 19 ottobre 1995 (Norme per il personale dell'ESA) che, riproducendo per intero il contenuto del predetto art. 6 (salva una modesta variazione), autorizza l'ampliamento della pianta organica dell'Ente di sviluppo agricolo e l'immissione nei ruoli ampliati, previo esame-colloquio, di laureati fruitori di borse di studio.

Poiché i due ricorsi hanno ad oggetto disposizioni sostanzialmente coincidenti, i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2.-- In relazione al primo ricorso va dichiarata la cessazione della materia del contendere.

La delibera 20 settembre 1995, comprendente l'impugnato articolo 6, è stata integralmente promulgata e pubblicata (legge regionale 30 ottobre 1995, n. 76); ma nello stesso numero della Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana (31 ottobre 1995) è stata anche pubblicata la legge regionale 30 ottobre 1995, n. 77, la quale, all'art. 1, dispone l'abrogazione del censurato art. 6, che non ha pertanto avuto mai, né potrà più avere alcuna vigenza.

Devono quindi essere disattesi, sotto tale profilo, i rilievi mossi in proposito, nel secondo ricorso, dal Commissario dello Stato, ad avviso del quale l'abrogazione da parte dell'Assemblea siciliana di una disposizione impugnata e la contemporanea riproduzione del suo contenuto in una distinta delibera legislativa darebbero luogo ad una prassi anomala, censurabile, dal punto di vista "strettamente procedurale", a causa dell'onere di una duplice impugnazione che ne deriverebbe al Commissario medesimo.

Va infatti osservato che da tale onere il Commissario resterebbe gravato anche nell'ipotesi in cui, diversamente dal caso presente, a una promulgazione parziale della legge seguisse una nuova delibera assembleare a contenuto coincidente con la parte omessa in sede di promulgazione: se la promulgazione parziale determina, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la consumazione del potere di promulgazione del Presidente della Regione Siciliana (v. sentenze nn. 13 del 1983; 84, 235, 421, 435, 437 e 470 del 1994; 64 del 1995), essa non inibisce certo all'Assemblea il successivo esercizio della potestà legislativa.

Rispetto all'ipotesi da ultimo ricordata, la fattispecie in oggetto si segnala per la sicura coerenza con le regole della forma di governo delineata dallo statuto siciliano.

Non può invero negarsi all'Assemblea legislativa il potere di valutare se e in quale misura la promulgazione parziale sia suscettibile di alterare il contenuto della legge, e se sia comunque opportuno che tale contenuto, formalmente unitario all'origine, venga scisso in disposizioni autonome ed immesso nell'ordinamento regionale per una parte soltanto.

Questa Corte ha esaminato la prassi della promulgazione parziale di legge regionale siciliana nei suoi riflessi sul processo costituzionale: ha affermato che con essa si determina la cessazione della materia del contendere, poiché le disposizioni espunte dal testo legislativo, in ossequio al principio di unicità dell'atto di promulgazione, lo sono una volta per tutte, non sussistendo alcuna possibilità di una loro successiva e autonoma promulgazione.

Occorre ulteriormente precisare, a chiarimento di questo indirizzo, che il Presidente della Regione Siciliana non viene investito di un arbitrario potere di determinare autonomamente la definitiva non operatività di singole parti del testo approvato dall'Assemblea regionale, in contrasto con la ripartizione delle funzioni tra gli organi direttivi della Regione stabilita da norme di rango costituzionale.

A seguito dell'impugnazione parziale della legge regionale, il Presidente della Regione può essere vincolato mediante atti di indirizzo espliciti (mozioni, ordini del giorno), che consentano di riferire all'Assemblea l'opzione contenuta nell'atto di promulgazione, sebbene questo sia formalmente imputabile al Presidente. Deve poi senz'altro ammettersi il potere dell'Assemblea di vincolare giuridicamente il Presidente attraverso delibere legislative (abrogativa l'una e riapprovativa l'altra), che sono espressione di un'attività che le è riservata.

Questa Corte ha già osservato, di fronte a una fattispecie analoga, nella sentenza n. 127 del 1996, che l'iter seguito dalla Regione nel caso in esame potrebbe produrre inconvenienti ai quali sarebbe opportuno che la Regione stessa ovviasse.

Più in generale, potrebbe poi dubitarsi se, con riferimento ad una legge non ancora promulgata né pubblicata, sia configurabile abrogazione in senso tecnico o se non si debba piuttosto parlare di una sorta di "ritiro" della delibera legislativa. Sta di fatto, però, che, al di là della terminologia usata e del mezzo prescelto, l'esito della complessa attività posta in essere dagli organi della Regione è stato la definitiva non operatività, in parte qua, dell'originario atto legislativo: promulgato e pubblicato, ma simultaneamente rimosso con atto denominato di "abrogazione", cosicché la delibera legislativa impugnata, che prima della promulgazione non aveva prodotto nell'ordinamento normativo effetto veruno, non potrà più produrne neppure dopo.

Ricorrono pertanto i presupposti affinché questa Corte, conformemente ai suoi precedenti (cfr. da ultimo sentenze nn. 394 del 1995 e 127 del 1996), dichiari cessata la materia del contendere in relazione al primo ricorso, proposto dal Commissario dello Stato con atto notificato in data 28 settembre 1995.

3.-- Va ora esaminato il secondo ricorso del Commissario dello Stato, proposto con atto notificato il 28 ottobre 1995 avverso la delibera legislativa dell'Assemblea regionale siciliana del 19 ottobre 1995.

Con essa, il predetto Ente di sviluppo agricolo è stato autorizzato:

a) "ad ampliare la propria pianta organica al fine di dotarsi di personale afferente al ruolo tecnico necessario per lo svolgimento dei compiti istituzionali, prevedendo un numero ulteriore di 15 agronomi, 12 biologi, 3 economisti, 2 veterinari" (art. 1, comma 1);

b) "ad immettere nella pianta organica rideterminata ai sensi del comma 1, previo esame colloquio sull'attività svolta da tenersi entro il termine di novanta giorni dalla rideterminazione della pianta organica, i fruitori delle borse di studio riservate a laureati in scienze agrarie, scienze biologiche, economia e commercio, veterinaria e chimica", di cui a due precedenti bandi e successive proroghe, "che abbiano completato l'intero godimento delle borse di studio e che siano in possesso dei requisiti per l'accesso al pubblico impiego" (art. 1, comma 2);

c) "ad adottare i provvedimenti di proroga delle borse di studio fino all'immissione nei ruoli e al successivo inquadramento nei ruoli di rispettiva appartenenza alla data di effettiva assunzione" (art. 1, commi 3 e 4).

Avverso l'anzidetta delibera il Commissario dello Stato deduce vizi procedimentali e di merito.

Sotto il profilo del procedimento seguito, egli si duole del fatto che una disposizione già impugnata sia stata riproposta ed approvata senza che vi sia stato, nel corso dell'iter, un minimo di approfondimento che tenesse conto, sia pure per superarli o disattenderli, dei motivi fatti valere nel precedente atto di impugnazione.

Va preliminarmente respinta l'eccezione di inammissibilità avanzata dalla difesa della Regione Siciliana, secondo cui la censura sarebbe stata formulata senza l'indicazione dei parametri costituzionali che si assumono lesi e sarebbe stata motivata per relationem con riferimento al contenuto di un precedente ricorso.

Sebbene formulato in maniera succinta, il rilievo che il Commissario muove è sufficientemente chiaro e tale da consentire alla Regione di difendersi e di controdedurre nel merito, come in effetti è avvenuto. Il Commissario ha inteso significare che, alla luce delle norme statutarie sul procedimento di formazione della legge regionale, l'Assemblea, in seguito all'impugnazione commissariale, non potrebbe, a suo avviso, approvare una disposizione di identico contenuto se non dopo aver adeguatamente valutato, nel corso della discussione, la consistenza delle motivazioni dell'impugnazione.

Il motivo di ricorso, anche se ammissibile, è infondato.

L'iter da seguire in relazione alla delibera legislativa in questione era il normale iter regolato dallo statuto della Regione e non vi era alcuna peculiare condizione o modalità da osservare.

L'art. 12 dello statuto prevede che i progetti siano elaborati dalle Commissioni dell'Assemblea regionale e, come ha già osservato questa Corte (sentenza n. 127 del 1996), una volta che tale prescrizione sia stata rispettata (e ciò risulta essere avvenuto nel caso di specie), non è richiesto che la discussione sia più o meno approfondita, o che sia portata su un determinato aspetto piuttosto che su un altro.

4.-- Sotto un diverso profilo, ad avviso del Commissario, la delibera legislativa sarebbe stata adottata in violazione dell'art. 97 Cost., che sancisce il principio del buon andamento, nonché degli artt. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 e 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, dai quali sarebbe desumibile quale principio di riforma economico-sociale, cogente anche per la Regione Siciliana in forza dell'art. 14 del suo statuto, la necessità che le piante organiche non vengano ampliate e nuovo personale non venga assunto nei ruoli, se non a seguito di una rilevazione dei carichi di lavoro.

La questione è fondata.                                                                                                

E' in atti una relazione del Commissario ad acta dell'Ente di sviluppo agricolo, fatta pervenire all'assessorato agricoltura e foreste della Regione in data 27 settembre 1995, nella quale si riferisce che la verifica dei carichi di lavoro non è stata compiuta a causa della mancanza di precisi indirizzi.

Da un successivo promemoria, proveniente da un consulente della Regione e recante quale data l'indicazione generica "ottobre 1995" (la delibera impugnata è del 19 ottobre 1995), si apprende che la pianta organica dell'Ente di sviluppo agricolo non necessita di ampliamento.

Di fronte a tali univoche dichiarazioni (non vi è stata alcuna preventiva rilevazione dei carichi di lavoro e le dotazioni organiche dell'Ente erano comunque sufficienti ad assorbire eventuale nuovo personale da adibire ad attività inerenti ai suoi fini istituzionali), la violazione dei principî invocati dal Commissario dello Stato appare certa.

Non vale obiettare, come fa la difesa della Regione, che la formulazione del primo comma dell'art. 1 della deliberazione impugnata sarebbe soltanto "infelice", ma non illegittima, poiché l'ESA non vedrebbe aumentato il numero complessivo dei posti in organico.

In base al testuale tenore della disposizione in esame, l'Ente è stato infatti autorizzato ad "ampliare la propria pianta organica" e ad immettere in questa, così rideterminata, i menzionati fruitori delle borse di studio. Ampliamento e rideterminazione sono stati disposti in assenza di una qualsiasi istruttoria e quindi in mancanza di una preventiva acquisizione di dati di conoscenza, che la Regione, volendo adottare un atto legislativo a contenuto provvedimentale -- assoggettabile come tale allo scrutinio stretto di questa Corte anche in relazione ai presupposti del legiferare -- era vincolata ad assumere, prima ancora che in base ai principî di riforma economico-sociale desumibili dalla più recente legislazione statale sul pubblico impiego, in forza del canone generale del buon andamento, di cui all'art. 97 Cost., pure esso invocato nel ricorso del Commissario dello Stato.

Nella specie, inoltre, poiché si trattava non solo di stabilire se vi fossero disponibilità nella dotazione organica, ma anche se rispondesse ad una effettiva esigenza dell'Ente l'immissione nei ruoli di nuovo personale, una verifica dei carichi di lavoro, secondo i principî di riforma desumibili dall'anzidetta legislazione statale, non sarebbe dovuta mancare.

5.-- E' fondata l'ulteriore censura del Commissario dello Stato, secondo cui la Regione sarebbe incorsa nella violazione degli artt. 3 e 51 Cost., avendo nella sostanza disposto l'assunzione ad personam dei singoli borsisti, in contrasto con il principio del pubblico concorso.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il concorso pubblico è la forma generale di reclutamento nel pubblico impiego; una deroga ad essa è possibile solo in presenza di peculiari situazioni giustificatrici, nel qual caso la discrezionalità del legislatore nella scelta di un criterio diverso dal pubblico concorso trova comunque il suo limite nella necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione (sentenza n. 477 del 1995). Ma, nel caso presente, l'assenza di una preventiva rilevazione dei carichi di lavoro e la mancanza di una indagine che consentisse alla Regione di apprezzare sulla base di dati reali quale apporto concreto di esperienza, professionalità, impegno e laboriosità avessero arrecato e tuttora arrecassero i borsisti interessati, rendono evidente che l'esigenza di buon andamento non è stata affatto ponderata e che pertanto non sussisteva allo stato alcun elemento che potesse giustificare una deroga alla ricordata regola generale del pubblico concorso.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

a) dichiara la illegittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 19 ottobre 1995 (Norme per il personale dell'E.S.A.);

b) dichiara la cessazione della materia del contendere in ordine al ricorso promosso dal Commissario dello Stato della Regione Siciliana avverso l'art. 6 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana in data 20 settembre 1995 (Norme per il personale dell'assistenza tecnica, dell'E.S.A., dei consorzi di bonifica e degli enti parco. Disposizioni varie in materia di agricoltura).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 giugno 1966.

Mauro FERRI, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in cancelleria il 17 giugno 1996.