SENTENZA N. 477
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Vincenzo CAIANIELL, Presidente
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata riapprovata il 6 marzo 1995 dal Consiglio regionale, concernente: (Abrogazione della legge regionale 17 aprile 1985, n. 20 (Partecipazione della Regione Basilicata al Consorzio Lucano Universitario)), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 25 marzo 1995, depositato in cancelleria il 3 aprile 1995 ed iscritto al n. 18 del registro ricorsi 1995.
Visto l'atto di costituzione della Regione Basilicata; udito nell'udienza pubblica del 3 ottobre 1995 il Giudice relatore Riccardo Chieppa; udito l'Avvocato dello Stato Claudio Tonello per il ricorrente.
Ritenuto in fatto
1.-Con ricorso notificato il 25 marzo 1995, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato in via principale questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata riapprovata il 6 marzo 1995, concernente (Abrogazione della legge regionale 17 aprile 1985, n. 20 (Partecipazione della Regione Basilicata al Consorzio Lucano Universitario)) per contrasto con gli artt. 97 e 117 della Costituzione. Il testo originario della normativa impugnata, approvato il 24 gennaio 1995, prevedeva, all'art. 1, l'abrogazione, con decorrenza dal 25 luglio 1995, della legge della Regione Basilicata n. 20 del 1985 (Partecipazione della Regione Basilicata al Consorzio Lucano Universitario). L'art. 2 del medesimo testo legislativo disponeva che le due unità di personale dipendente del disciolto Consorzio Lucano Universitario in servizio alla data del 1° gennaio 1994, previa istanza documentata, sarebbero state assorbite dalla Regione ed inquadrate nel proprio ruolo organico nel li vello funzionale corrispondente al titolo di studio posseduto e nei limiti dei posti vacanti nella pianta organica dell'Ente. A seguito di rinvio governativo per contrasto del citato art. 2 con gli artt. 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29; 3, comma 20, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, l'art. 2 del testo normativo riapprovato dal Consiglio regionale nella seduta del 6 marzo 1995 ha previsto l'inquadramento nel ruolo regionale del personale del disciolto Consorzio in servizio alla data del 1° gennaio 1994 previo superamento di un concorso per titoli ed esami ad esso riservato. Ma, ad avviso del ricorrente, anche nella nuova formulazione l'art. 2 sarebbe censurabile per contrasto con gli artt. 97 e 117 della Costituzione. La normativa impugnata, prevedendo l'inquadramento ope legis nel ruolo regionale del personale in questione, violerebbe, infatti, i principi fondamentali della legislazione statale in materia di accesso agli impieghi presso le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 36 del d.lgs. n. 29 del 1993 e all'art. 3, comma 20, della legge n. 537 del 1993, ribaditi dall'art. 22 della legge n. 724 del 1994 nei vari commi invocati nel ricorso (6, 7, 8, 15, 16, 17, 19, 20, 21).
2.-Nel giudizio si è costituita la Regione Basilicata, che ha preliminarmente eccepito la inammissibilità della questione, osservando che la nuova formulazione del testo in questione attribuirebbe carattere di "novità" alla legge impugnata, sì da rendere necessario un nuovo esame da parte del Governo. Nel merito, premesso il rilievo circa la derogabilità della regola del concorso pubblico per l'assunzione presso le pubbliche amministrazioni, la Regione ha rilevato che il personale di cui si tratta sarà comunque inquadrato solo all'esito di un concorso che, essendo stato previsto anche per esami, escluderebbe il rischio di immettere in posizione di ruolo soggetti privi di effettiva idoneità ai posti da ricoprire, comunque relativi a qualifiche corrispondenti al titolo di studio posseduto. Del resto, si tratta, osserva la Regione, di soggetti ormai da lungo tempo alle dipendenze di un ente che ha operato in un settore di rilevanza pubblica. Uno di essi verrebbe, inoltre, inquadrato nel IV livello, per il quale lo stesso d.lgs. n. 29 del 1993 esclude la necessità del concorso pubblico. Infine, essendo rispettato il limite della disponibilità dei posti, e vigendo per le pubbliche amministrazioni il divieto di cui all'art. 22, comma 6, della legge n. 724 del 1994, di assumere personale di ruolo ed a tempo determinato solo fino al 30 giugno 1995, mentre la legge impugnata prevede l'inquadramento del personale in questione solo dal 25 luglio 1995, sarebbe salvaguardato quel rapporto tra dotazione organica e servizi che è presupposto del buon andamento delle pubbliche amministrazioni.
Considerato in diritto
1.-Forma oggetto del presente giudizio la legge della Regione Basilicata concernente (Abrogazione della legge regionale 17 aprile 1985, n. 20 (Partecipazione della Regione Basilicata al Consorzio Lucano Universitario)), riapprovata dal Consiglio regionale, a seguito di rinvio governativo, nella seduta del 6 marzo 1995. Ad avviso del ricorrente, il testo impugnato risulterebbe lesivo degli artt. 97 e 117 della Costituzione per il fatto di disporre, in contrasto con il dettato costituzionale e con i principi fondamentali posti dalla legislazione statale in materia di accesso agli impieghi presso le pubbliche amministrazioni, l'inquadramento ope legis nel ruolo organico regionale delle due unità di personale già dipendente del Consorzio Lucano Universitario -disciolto per effetto della medesima legge -in servizio alla data del 1° gennaio 1994. In particolare, sarebbero violati i principi fissati dall'art. 36 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, in base al quale l'assunzione presso le pubbliche amministrazioni avviene per concorso pubblico, o mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento, ovvero per chiamata numerica degli iscritti nelle apposite liste di collocamento formate dagli appartenenti alle categorie protette; principi ribaditi dall'art. 3, comma 20, della legge 24 dicembre 1993, n. 537. Il ricorrente lamenta, altresì, la inosservanza dei principi derivanti dall'art. 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, che, al comma 6, fa divieto alle pubbliche amministrazioni di assumere personale di ruolo ed a tempo indeterminato fino a quando non siano definite le dotazioni organiche, previa verifica dei carichi di lavoro; al comma 7, richiama l'art. 3, comma 8, della citata legge n. 537 del 1993, che prevede la copertura di una percentuale di posti resi disponibili per cessazioni, mediante ricorso a procedure di mobilità; al comma 8, stabilisce che per il triennio 1995-1997 le pubbliche amministrazioni possono assumere personale di ruolo ed a tempo indeterminato, esclusivamente in applicazione delle disposizioni dello stesso art. 22, anche utilizzando gli idonei delle graduatorie di concorsi; ed ancora, al comma 15, fissa principi e criteri per la verifica dei carichi di lavoro; ai commi 16 e 17 dispone, previa detta verifica, la definizione delle dotazioni organiche con individuazione delle relative procedure; al comma 19, prevede il monitoraggio delle linee di attività omogenee, in base ai dati emergenti dai carichi di lavoro, per la definizione dei parametri di dimensionamento delle dotazioni organiche; infine, ai commi 20 e 21 dispone il contingentamento di personale a tempo parziale. Dal contesto di tali disposizioni emergerebbe, ad avviso del ricorrente, una serie di principi che la legge impugnata non avrebbe rispettato, riservando a personale, avente rapporto di lavoro privatistico, accesso riservato e privilegiato, e non aperto a tutti, con procedure semplificate di accesso nei ruoli regionali, senza la previa definizione delle oggettive e reali esigenze di risorse umane e senza dar corso alle procedure di mobilità.
2.-Va preliminarmente esaminata la eccezione di inammissibilità sollevata dalla Regione Basilicata, secondo la quale la nuova formulazione dell'art. 2 della legge impugnata modificato a seguito dei rilievi governativi avrebbe determinato un mutamento del significato normativo dell'originaria disposizione, tale da richiedere un nuovo riscontro di legittimità e di merito da parte del Governo. L'eccezione va respinta. Secondo la ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (v., tra le più recenti, le sentenze n. 357 e n. 260 del 1995), ai fini della impugnazione prevista dall'art. 127 della Costituzione, nonchè dei relativi termini e modalità, deve considerarsi come "non nuova" una legge regionale rinviata che, in sede di riesame, sia stata modificata esclusivamente nelle disposizioni interessate dal rinvio ovvero in parti prive di valore prescrittivo, mentre nell'ipotesi inversa, in cui il legislatore regionale abbia apportato modificazioni, comportanti mutamenti del significato normativo, di rette ad inserirsi in parti diverse rispetto a quelle censurate, o comunque dirette ad incidere su disposizioni non interessate dalle osservazioni governative, la legge presenta carattere di "novità". Alla luce di tali principi, non v'è dubbio che nel caso di specie la legge regionale deve considerasi come "non nuova". Ed infatti, mentre il testo originario prevedeva, all'art. 2, l'assorbimento delle due unità di personale dipendente del disciolto Consorzio Lucano Universitario, previa istanza documentata, da parte della Regione, e l'inquadramento nel proprio ruolo organico, il testo successivo al rinvio del Governo ne subordina l'inquadramento al superamento di un concorso per titoli ed esami, ad esse riservato. Appare, dunque, evidente che la modifica del testo originario incide proprio sulla disposizione oggetto dei motivi del rinvio, ed è intesa a porre riparo alle censure espresse con lo stesso.
3.-Nel merito, la questione non è fondata. Le due unità di personale delle quali il testo impugnato dispone l'inquadramento nel ruolo organico della Regione sono due dipendenti del Consorzio Lucano Universitario, costituito in data 24 luglio 1985, all'atto della cessazione della società consortile per la promozione e lo sviluppo dell'Università di Basilicata s.p.a. per lo svolgimento della stessa attività, con trasferimento del relativo patrimonio sociale, ed al quale partecipavano gli stessi soci -Regione Basilicata, Comune di Potenza, Provincia di Matera -della ex società consortile con le medesime quote di partecipazione e con obbligo di corrispondere un contributo annuo (versato nella misura più elevata dalla Regione, come emerge dalla relazione di accompagnamento alla legge) per il raggiungimento dell'oggetto sociale. La durata del Consorzio, a norma dell'art. 1, secondo comma, del relativo statuto, era fissata in dieci anni, e, pertanto, la data di scadenza era quella del 25 luglio 1995, salvo proroga, previa formale decisione dei quattro soci. Non avendo nessuno degli Enti partecipanti al Consorzio manifestato, nella imminenza di detta scadenza, la propria volontà di prorogarla, la Regione Basilicata ha ritenuto la opportunità di abrogare la legge regionale n. 20 del 17 aprile 1985, che ne aveva sancito la partecipazione al Consorzio. Con la stessa legge con la quale, all'art. 1, ha provveduto a tale abrogazione, all'art. 2, essa ha inteso assicurare, in qualità di socio di maggioranza del disciolto Consorzio -come espressamente affermato nella citata relazione -la continuità del rapporto di lavoro per i due dipendenti dello stesso, prevedendone l'inquadramento nei propri ruoli organici, nel livello funzionale corrispondente al titolo di studio posseduto e nei limiti dei posti vacanti nella pianta organica dell'Ente. Ciò ha fatto, nella prima stesura della legge, attraverso un meccanismo di assorbimento ope legis, previa istanza documentata. A seguito dei rilievi governativi, e nell'intento di superare gli stessi, ha approvato, a maggioranza assoluta, un testo modificato dell'art. 2, che subordina l'inquadramento in ruolo del personale in questione al superamento di un concorso per titoli ed esami, allo stesso riservato.
4.-In tale nuova formulazione, deve escludersi che il testo impugnato violi alcun principio fondamentale della legislazione statale in materia di accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni. Ed infatti, quanto alla regola del pubblico concorso quale forma generale di reclutamento nel pubblico impiego, la giurisprudenza costituzionale ha già chiarito che a quest'ultima il legislatore può derogare in presenza di peculiari situazioni giustificatrici, adottando criteri diversi, con una discrezionalità che trova pur tuttavia il suo limite nella necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione (v., tra le più recenti, le sentenze n. 314 e n. 313 del 1994). In tale prospettiva, lo scrutinio di congruità e ragionevolezza della procedura cui ha fatto ricorso il legislatore regionale per l'inquadramento nei ruoli organici della Regione Basilicata delle due unità di personale in questione, non può che avere esito positivo, avuto riguardo alla circostanza che si tratta non di un inquadramento ope legis ("due unità ... assorbite dalla Regione ed inquadrate ..." come nel testo originario), ma di una previsione di procedura concorsuale (anche se riservata alle sole due persone dipendenti dell'Ente disciolto), che prevede, come forma di selezione e verifica dei requisiti attitudinali, oltre alla valutazione dei titoli, l'espletamento di prove d'esame volte all'accertamento della idoneità dei candidati ai posti da ricoprire, per i quali rimane ferma l'esigenza del titolo di studio corrispondente al livello funzionale. Del pari da escludere è il contrasto della normativa censurata con i principi della legislazione statale che prevedono procedure di mobilità e subordinano le assunzioni di personale di ruolo nelle pubbliche amministrazioni alla definizione delle dotazioni organiche previa verifica dei carichi di lavoro. Al riguardo, deve essere sottolineato che l'art. 2 prevede non un aumento in assoluto del personale del settore pubblico allargato o uno sfondamento delle dotazioni organiche, ma che l'inquadramento avvenga sulla base di concorsi per un numero di posti prefigurati (due) nei limiti dei posti vacanti nella pianta organica dell'Ente (regione). Ciò posto, è sufficiente rilevare che la disposizione in questione, tenuto conto di quanto innanzi osservato circa la provenienza delle due unità che si trasferiscono nei ruoli di altro ente, attua una forma di mobilità del personale, proprio in conformità a quei principi che il ricorrente ritiene violati, nel quadro della razionalizzazione e riorganizzazione dei pubblici apparati. Infine, la procedura selettiva-concorsuale prevista necessita di un atto di apertura del procedimento, cioè il bando di concorso, che potrà essere adottato solo dopo la verifica dei posti vacanti sulla base delle dotazioni organiche definite. Pertanto, tutti i motivi di ricorso sono in fondati.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata riapprovata il 6 marzo 1995, concernente (Abrogazione della legge regionale 17 aprile 1985, n. 20 (Partecipazione della Regione Basilicata al Consorzio Lucano Universitario)), sollevata, con il ricorso in epigrafe, dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento agli artt. 97 e 117 della Costituzione, in relazione, quest'ultimo, agli artt. 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29; 3, comma 20, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e 22, commi 6, 7, 8, 15, 16, 17, 19, 20, 21, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/10/95.
Vincenzo CAIANIELLO, Presidente
Riccardo CHIEPPA, Redattore
Depositata in cancelleria il 31/10/95.