SENTENZA N. 115
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, e 12, comma 2, del decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480, recante "Riforma della disciplina sanzionatoria contenuta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773", promosso con ricorso della Regione Toscana, notificato il 2 settembre 1994, depositato in cancelleria il 6 settembre 1994 ed iscritto al n. 65 del registro ricorsi 1994.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 21 febbraio 1995 il Giudice relatore Mauro Ferri; uditi l'avv. Carlo Mezzanotte per la Regione Toscana e l'avvocato dello Stato Gaudenzio Pierantozzi per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.1. - Con ricorso notificato il 2 settembre 1994, la Regione Toscana ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione (anche in relazione all'art. 76 Cost.), delle seguenti norme del decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480 (Riforma della disciplina sanzionatoria contenuta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773): a) art. 3, comma 1, per la parte in cui introduce nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (approvato con regio decreto 18 giugno 1931 n. 773) l'art. 17-quinquies, stabilendo che il rapporto di cui all'art. 17 della legge n. 689 del 24 novembre 1981 sia trasmesso al prefetto anzichè alla regione competente, per le violazioni delle norme - indicate dagli artt. 17-bis e 221-bis dello stesso testo unico di pubblica sicurezza - riferibili alle attribuzioni proprie o delegate alle regioni ai sensi degli artt. 117 e 118 della Costituzione, e più precisamente degli artt. 60, 76, 111, 123, 124, secondo comma, 84, 86 e 108 del testo unico medesimo; b) art. 12, comma 2, per la parte in cui introduce, nella legge 5 dicembre 1985 n. 730, l'art. 8-bis, stabilendo che il rapporto di cui all'art. 17 della legge n. 689 del 24 novembre 1981 sia trasmesso all'ufficio provinciale dell'industria, commercio ed artigianato anzichè alla regione competente, per le violazioni delle norme - previste dagli artt. 17-bis e 221- bis del testo unico di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e consistenti nello svolgimento delle attività previste dall'art. 2 della legge n. 730 del 1985 in difetto di autorizzazione o con inosservanza delle prescrizioni imposte dalla legge o impartite dall'autorità - riferibili ad attribuzioni proprie o delegate alle regioni ai sensi de gli artt. 117 e 118 della Costituzione, ed in particolare delle norme indicate nel precedente punto a).
1.2. - La ricorrente premette che, con legge 28 dicembre 1993, n. 562, il Governo è stato delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge, uno o più decreti legislativi per la riforma della disciplina sanzionatoria contenuta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931 n. 773, e successive modificazioni, e delle disposizioni ad esso connesse o complementari.
La delega era diretta a completare la trasformazione in violazioni amministrative delle numerose contravvenzioni previste dal testo unico del 1931, già ampiamente avviata con la legge 24 novembre 1981, n. 689.
La legge di delega non ha previsto innovazioni del quadro normativo in tema di procedura per l'applicazione delle sanzioni amministrative, così come stabilito dalla citata legge n. 689 del 1981. In particolare, il legislatore delegante ha espresso un principio direttivo tendente a confermare la necessità di rispettare il quadro delle competenze e delle attribuzioni delle amministrazioni interessate: l'art. 1, lett. h), della legge di delega n. 562 del 1993 invita infatti il legislatore ad "individuare l'autorità competente ad irrogare le sanzioni amministrative inerenti alle violazioni decriminalizzate, tenendo conto della natura delle violazioni e delle attribuzioni delle amministrazioni interessate".
Il decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480 ha dato seguito alla riforma della disciplina sanzionatoria contenuta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, introducendo, oltre ad una modifica delle sanzioni penali previste dall'art. 17 del medesimo testo unico, una serie di articoli aggiuntivi che prevedono ipotesi di depenalizzazione con riferimento alle violazioni di singole disposizioni del testo unico (art. 17-bis e art. 221-bis del testo unico). Il decreto delegato disciplina anche le modalità di accertamento delle violazioni e, pur confermando l'obbligo del rapporto previsto dall'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, introduce alcune norme innovative rispetto alla disciplina contenuta in tale articolo, con particolare riferimento alla individuazione dell'ufficio al quale il rapporto previsto da tale norma deve essere presentato.
1.3. - Ciò posto, la ricorrente sostiene che gli artt. 17- quinquies del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (introdotto dall'art. 3, comma 1, del decreto legislativo impugnato) e l'art. 8-bis della legge 5 dicembre 1985, n. 730 (introdotto dall'art. 12, comma 2, del decreto legislativo impugnato) sono da ritenere costituzionalmente illegittimi in quanto lesivi delle competenze della Regione ricorrente, per la parte in cui individuano il destinatario del rapporto di cui all'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in un organo dello Stato (il prefetto, nel caso dell'art. 17-quinquies; l'ufficio provinciale dell'industria, del commercio e dell'artigianato, nel caso dell'art. 8-bis), anzichè in un ufficio individuato dalla Regione competente, per quelle violazioni previste dagli artt. 17- bis e 221-bis del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (così come introdotti dallo stesso decreto legislativo impugnato), che si riferiscono a funzioni di polizia amministrativa attinenti a materie attribuite o delegate alle regioni di diritto comune.
In tal modo il legislatore delegato ha violato il principio fissato, in attuazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, dall'art. 9 del d.P.R. n. 616 del 1977, (pienamente confermato dall'art. 17, terzo comma, della legge n. 689 del 1981), secondo il quale le regioni esercitano le funzioni di poli zia amministrativa attinenti alle singole materie ad esse attribuite o delegate sulla base del medesimo titolo con il quale detengono le competenze relative alle materie cui quelle funzioni accedono: principio che vale non soltanto per le materie di rettamente trasferite alle regioni (c.d. competenze amministrative proprie) ma anche per le materie delegate, ai sensi dell'art. 118, secondo comma, della Costituzione, quando le competenze oggetto della delega costituiscano parte integrante del patrimonio delle attribuzioni regionali (cfr. sent. n. 1034 del 1988).
Occorre, inoltre, ribadire - prosegue la ricorrente - che nè la legge di delega nè la legge delegata hanno introdotto modifiche ai criteri generali individuati per la procedura di accertamento e di irrogazione delle relative sanzioni, fissata nella sezione II, capo I, della legge 24 novembre 1981, n. 689, ed in particolare dall'art. 17 di questa legge che, al terzo comma, ha stabilito che "nelle materie di competenza delle regioni e negli altri casi, per le funzioni amministrative ad esse delegate, il rapporto è presentato all'ufficio regionale competente".
In tal senso deve essere comunque letto anche il citato principio direttivo di cui alla lett. h) della legge di delega n. 562 del 1993: di qui la violazione delle competenze regionali anche in relazione alla violazione dell'art. 76 della Costituzione, che vincola il legislatore delegato al rispetto dei principi direttivi fissati dal legislatore delegante.
Le norme impugnate, nella parte in cui attribuiscono ad uffici periferici dello Stato funzioni sanzionatorie che invece spettano alla competenza regionale, invadono la sfera di autonomia legislativa delle regioni, che hanno, infatti, la possibilità di determinare con provvedimento legislativo gli organi competenti a ricevere il rapporto e ad irrogare la sanzione ai sensi della norma statale che la prevede.
Ciò in coerenza con la giurisprudenza di questa Corte che ha riconosciuto che spetta alle regioni e non allo Stato il potere di individuare l'organo chiamato a svolgere compiti amministrativi, tra i quali ovviamente rientrano quelli inerenti all'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, in materie di competenza regionale (cfr. sentenze n. 121 del 1979, n. 319 del 1983 e la già citata n. 1034 del 1988; cfr. anche n. 350 e n. 365 del 1991; n. 123 del 1992).
Inoltre (cfr. sentt. n. 218 del 1988 e n. 77 del 1987; nonchè n. 162 del 1990), la ripartizione delle attribuzioni fra lo Stato e le regioni compiuta dal d.P.R. n. 616 del 1977 in relazione alle funzioni di polizia è fondata sulla distinzione tra le competenze attinenti alla pubblica sicurezza, le quali sono riservate in via esclusiva allo Stato ex art. 4 del medesimo d.P.R. n. 616 del 1977, e le altre competenze enucleate dall'ampia categoria della polizia amministrativa e trasferite alle regioni come funzioni accessorie ai settori materiali loro attribuiti.
1.4. - Il decreto legislativo impugnato è quindi costituzionalmente illegittimo - prosegue la ricorrente - in primo luogo nella parte in cui prevede (art. 17- quinquies introdotto dall'art. 3 del decreto impugnato) che sia presentato al prefetto anzichè alla regione il rapporto di cui all'art. 17 della legge n. 689 del 1981 riferito alla violazione delle seguenti norme del testo unico di pubblica sicurezza (oggetto della depenalizzazione stabilita dagli artt. 17-bis e 221- bis del medesimo testo unico): a) art. 60 (in tema di licenza per l'installazione di ascensori per il trasporto di persone o di materiali accompagnati da persone), che coinvolge funzioni di polizia amministrativa di competenza comunale, ai sensi dell'art. 19, n. 1, del d.P.R. n. 616 del 1977 ed è quindi riconducibile alle competenze regionali in materia di polizia locale urbana e rurale (artt. 17 e 18 d.P.R. n. 616 del 1977 in relazione agli artt. 117 e 118 Cost.); b) art. 76 (relativo al preventivo avviso scritto all'autorità locale di pubblica sicurezza da parte di chi intende far eseguire in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico azioni destinate ad essere riprodotte con il cinematografo), che coinvolge funzioni di polizia amministrativa di competenza comunale ai sensi dell'art. 19, n. 3, del d.P.R. n. 616 del 1977 e quindi riconducibili alle competenze regionali in materia di polizia locale urbana e rurale, nonchè alla materia del turismo e spettacolo (artt. 117 e 118 Cost. in relazione al d.l. 30 luglio 1994, n. 477); c) art. 111, nonchè art. 199 del regolamento di esecuzione del testo unico di pubblica sicurezza (regio decreto 6 maggio 1940 n. 635), che contiene disposizioni applicative del citato art. 111 (relativo alla licenza per l'arte tipografica, litografica, fotografica o qualunque altra arte di stampa o di riproduzione meccanica o chimica in molteplici esemplari), che coinvolge funzioni di polizia amministrativa di competenza comunale ai sensi dell'art. 19, n. 11, del d.P.R. n. 616 del 1977 e quindi riconducibili alle attribuzioni regionali in materia di polizia locale urbana e rurale; d) art. 123 (relativo alle autorizzazioni per l'esercizio del mestiere di guida, interprete, corriere, guida o portatore alpino e per l'abilitazione all'insegnamento dello sci), che coinvolge funzioni amministrative di competenza comunale ai sensi dell'art. 19, n. 2, del d.P.R. n. 616 del 1977 e quindi riconducibili alle competenze regionali in materia di polizia locale, nonchè di turismo e spettacolo (artt. 117 e 118 Cost. in relazione al d.l. 30 luglio 1994 n. 477): e) art. 124, secondo comma (relativo alla licenza agli stranieri per l'esercizio dei mestieri girovaghi di cui all'art. 121, in occasione di feste, fiere, mercati o altre pubbliche riunioni), che coinvolge funzioni di polizia amministrativa di competenza comunale ai sensi dell'art. 19, n. 13, del d.P.R. n. 616 del 1977 e quindi riconducibili alle attribuzioni regionali in materia di polizia locale, così come espressamente statuito da questa Corte nella citata sentenza n. 1034 del 1988; f) art. 84 (relativo all'obbligo di tenere affissi in luogo visibile i regolamenti relativi al servizio d'ordine di sicurezza nei teatri e negli altri luoghi di pubblico spettacolo), che coinvolge funzioni di polizia amministrativa di competenza comunale ai sensi dell'art. 19, n. 10, del d.P.R. n. 616 del 1977 e quindi riconducibili alle attribuzioni regionali in materia di polizia locale, nonchè di turismo e spettacolo; g) art. 86, nonchè art. 180 del regolamento di esecuzione (relativo all'obbligo di esporre in un luogo visibile al pubblico, sito nel proprio locale di esercizio, la licenza, l'autorizzazione, la tariffa dei prezzi e gli altri atti indicati nel comma 2 dell'art. 180 cit.), che riguarda funzioni attinenti alla materia della polizia locale, così come risulta dal richiamo di cui all'art. 19, n. 8, del d.P.R. n. 616 del 1977 e attinenti comunque alle funzioni delegate, ai sensi dell'art. 118, secondo comma, della Costituzione, dall'art. 52, lett. a), del d.P.R. n. 616 del 1977, in materia di pubblici esercizi di vendita e consumo di alimenti e bevande (competenze che questa Corte ha statuito spettare alle regioni nella citata sentenza n. 1034 del 1988); h) art. 108 (relativo all'esercizio dell'industria di affittare camere o appartamenti mobiliati o comunque di dare alloggio per mercede), che coinvolge l'esercizio di funzioni amministrative di polizia locale connesse alle competenze regionali in materia di turismo e di industria alberghiera (cfr. sul punto la sentenza di questa Corte n. 618 del 1988), come meglio risulta anche dai principi della legge quadro n. 217 del 17 maggio 1983.
Ad avviso della ricorrente, in tutte le ipotesi sopra menzionate alle lettere da a) ad h) si tratta di norme che non solo attengono a materie trasferite o delegate alle regioni, ma che non sono in alcun modo riconducibili ad esigenze di ordine pubblico, individuando attribuzioni da esercitarsi all'interno della disciplina amministrativa delle singole materie sopra indicate e senza che ad esse si possa attribuire una particolare rilevanza per le esigenze di tutela della sicurezza pubblica.
1.5. - Il decreto legislativo impugnato è altresì illegittimo, conclude la Regione Toscana, anche nella parte in cui prevede (art. 8-bis della legge 5 dicembre 1985, n. 730, così come introdotto dall'art. 12, comma 2, del decreto delegato impugnato) che sia presentato all'ufficio provinciale dell'industria, del commercio e dell'artigianato, anzichè alla Regione ricorrente, il rapporto di cui all'art. 17 della legge n. 689 del 1981, riferito alle violazioni previste dagli artt. 17- bis e 221-bis del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, consistenti nello svolgimento delle attività agrituristiche previste dall'art. 2 della stessa legge n. 730 del 1985, in difetto di autorizzazione o con inosservanza delle prescrizioni imposte dalla legge o impartite dalla autorità.
Da un lato, infatti, lo svolgimento delle attività agrituristiche individuate dall'art. 2 della legge n. 730 del 1985 coinvolge sicuramente le funzioni amministrative trasferite o delegate alle regioni in materia di turismo ed industria alberghiera, ai sensi degli artt. 50 e 56 del d.P.R. n. 616 del 1977 (in relazione agli artt. 117 e 118 della Costituzione, così come ulteriormente sviluppati dalla legge quadro n. 217 del 1983 e dal d.l. 30 luglio 1994, n. 477). Dall'altro, tali attività, sia in quanto inerenti allo svolgimento delle attività turistiche ed alberghiere sia in quanto riferite ad attività di polizia locale di competenza comunale ai sensi dell'art. 19 del d.P.R. n. 616 del 1977, sono sicuramente riconducibili alle competenze regionali in materia di polizia locale urbana e rurale, trasferite alle regioni (in relazione agli artt. 117 e 118 della Costituzione) dagli artt. 17 e 18 del d.P.R. n. 616 del 1977 (il che vale in particolare con riferimento alle attività riconducibili alle norme già citate nel precedente punto 1.4).
2. - Si è costituito nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che il ricorso sia respinto.
L'Avvocatura dello Stato osserva che erroneamente la ricorrente ritiene che la decriminalizzazione comporti automaticamente il trasferimento della materia cui si riferiscono le disposizioni depenalizzate nell'ambito delle funzioni di competenza regionale, con obliterazione delle specifiche competenze attinenti alla pubblica sicurezza, che restano in ogni caso riservate allo Stato (art. 4 del d.P.R. n. 616 del 1977).
In altre parole, si tende a confondere la polizia amministrativa con la pubblica sicurezza, si ignora che la stessa disposizione può assumere rilievo sia sotto il profilo della polizia amministrativa che sotto quello della pubblica sicurezza e si dimentica che, almeno per questo secondo prevalente profilo, è legittimo l'esercizio del potere dell'organo statale ed in particolare del prefetto, come dichiarato da questa Corte (sentenza n. 77 del 1987).
Si osserva ancora che la tesi secondo cui le funzioni di polizia sono interne alla disciplina amministrativa della materia, in quanto non rivestono una rilevanza specifica in relazione alle esigenze di preservazione dell'ordine pubblico, è tutta da dimostrare ed è anzi contraddetta dagli atti normativi richiamati, in particolare dalla legge di delega 28 dicembre 1993, n. 562, tutta permeata dall'esigenza di non attenuare, attraverso la decriminalizzazione delle violazioni di alcune norme di pubblica sicurezza, le esigenze di tutela dell'ordine pubblico e di mantenere quindi intatte particolarmente le competenze del Ministero dell'Interno, i cui organici vengono potenziati proprio in ragione dell'applicazione della legge stessa.
Risulta, infine, dalla semplice lettura delle norme depenalizzate che le violazioni previste presentano tutte un profilo esclusivo o prevalente di ordine pubblico o si riferiscono a comportamenti che in diversa misura hanno ricaduta fuori dell'ambito locale o regionale.
3. - Ha depositato memoria aggiuntiva la Regione Toscana, insistendo nelle conclusioni già formulate e rilevando che, in molti dei settori cui sono riferibili le funzioni di polizia amministrativa attribuite ai commi dall'art. 19 del d.P.R. n. 616 del 1977, essa ha già esercitato le proprie attribuzioni.
Considerato in diritto
1. - La Regione Toscana solleva questione di legittimità costituzionale di due norme introdotte dal decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480, il quale, in attuazione della delega contenuta nella legge 28 dicembre 1993, n. 562, ha provveduto - per quanto qui interessa - a trasformare in violazioni amministrative una serie di contravvenzioni previste nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (r.d. 18 giugno 1931, n. 773), nonchè gli illeciti ad esse omogenei contenuti in disposizioni connesse o complementari al citato testo unico.
Le norme impugnate individuano il soggetto o l'ufficio al quale deve essere presentato il rapporto relativo alle violazioni depenalizzate. Si tratta in particolare: a) dell'art. 17-quinquies del testo unico di p.s. (introdotto dall'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 480 del 1994), secondo cui il rapporto va presentato al prefetto; b) dell'art. 8- bis della legge 5 dicembre 1985, n. 730, recante la disciplina dell'agriturismo, (introdotto dall'art. 12, comma 2, del d. lgs. n. 480), secondo cui il rapporto va trasmesso all'ufficio provinciale dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
Ad avviso della ricorrente, dette norme, limitatamente alla parte in cui si riferiscono alla violazione di disposizioni attinenti a materie attribuite o delegate alle regioni, ledono le competenze regionali in quanto individuano in un organo statale, anzichè in un ufficio regionale indicato dalla Regione medesima, il destinatario del rapporto: e ciò in contrasto con gli artt. 117 e 118 della Costituzione, come attuati dagli artt. 9, 17, 18, 19, 50, 51, 52 e 56 del d.P.R. n. 616 del 1977, nonchè dall'art. 17, terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689. In particolare, risulterebbe violato il principio generale - fissato nei citati artt. 9 del d.P.R. n. 616 del 1977 e 17, terzo comma, della legge n. 689 del 1981 - secondo cui le regioni esercitano le funzioni di polizia amministrativa, attinenti alle materie ad esse attribuite o delegate, sulla base del medesimo titolo con il quale detengono le competenze relative alle materie cui quelle funzioni accedono.
Viene, poi, denunciata la violazione dell'art. 76 della Costituzione, in quanto le norme impugnate non avrebbero rispettato il criterio direttivo di cui alla lett. h) dell'art. 1 della legge di delega n. 562 del 1993, secondo cui occorreva "individuare l'autorità competente ad irrogare le sanzioni amministrative... tenendo conto della natura delle violazioni e delle attribuzioni delle amministrazioni interessate".
2. - Va preliminarmente osservato che la questione posta in riferimento all'art. 76 della Costituzione deve considerarsi ammissibile, dato che il principio direttivo sopra citato è diretto proprio a salvaguardare (anche) le competenze regionali; è peraltro evidente che in concreto tale censura si identifica (e si esaurisce) in quelle relative alla violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione (cfr. sentt. nn. 617 del 1988 e 183 del 1987).
3. - Prima di esaminare le singole questioni prospettate, vanno richiamati sinteticamente alcuni principi generali affermati da questa Corte in materia.
Deve innanzitutto ribadirsi che "la ripartizione tra Stato e regioni del potere di irrogare le sanzioni amministrative ricalca perfettamente la ripartizione delle competenze in relazione alle materie cui quelle sanzioni si riferiscono" (sent. n. 60 del 1993 e precedenti ivi richiamati); da ciò discende che - conformemente al criterio stabilito dall'art. 17, terzo comma, della legge n. 689 del 1981 - spetta alle regioni individuare i propri uffici competenti a ricevere il rapporto relativo alle sanzioni amministrative per le violazioni di norme attinenti a materie affidate alla competenza regionale, propria o delegata (purchè, in quest'ultimo caso, le competenze delegate costituiscano un'integrazione necessaria delle competenze proprie, così che la loro lesione comporti anche una menomazione di queste ultime) (sent. n. 1034 del 1988 e precedenti ivi richiamati).
Occorre, tuttavia, che nelle singole fattispecie non siano ravvisabili profili di pubblica sicurezza, la cui competenza è riservata allo Stato ex art. 4 del d.P.R. n. 616 del 1977; per pubblica sicurezza deve intendersi (v. sentt. nn. 162 del 1990, 1034 e 218 del 1988, 77 del 1987) la funzione inerente al mantenimento dell'ordine pubblico, cioè alla tutela dei beni giuridici fondamentali o degli interessi pubblici primari sui quali si regge la civile convivenza.
Va altresì chiarito, infine, che - contrariamente a quanto ritiene la ricorrente - la "polizia locale urbana e rurale" non configura di per sè una materia autonoma (se non nel senso della istituzione ed organizzazione dei servizi di polizia municipale: v. legge 7 marzo 1986, n. 65), bensì ha carattere accessorio e strumentale rispetto alle singole materie cui di volta in volta inerisce; ne consegue, in particolare, che le funzioni di polizia amministrativa attribuite ai comuni dall'art. 19 del d.P.R. n. 616 del 1977 non rientrano per ciò solo nelle competenze regionali, dato che soltanto alcune di esse sono riferibili alle materie di cui all'art. 117 della Costituzione, mentre altre non sono connesse a tali materie e rientrano pertanto nelle attribuzioni dello Stato, che le ha assegnate ai comuni ai sensi dell'art. 128 della Costituzione (cfr., in tal senso, sent. cit. n. 77 del 1987).
4.1. - Ciò posto, le censure della ricorrente si rivolgono innanzitutto, come già detto, all'art. 17-quinquies del t.u. di pubblica sicurezza (norma introdotta dall'art. 3, comma 1, del decreto legislativo n. 480 del 1994), nella parte in cui prevede che sia presentato al prefetto, anzichè all'ufficio regionale competente, il rapporto relativo alla violazione di alcune tra le fattispecie del medesimo testo unico che sono state oggetto di de penalizzazione, ed in particolare di quelle previste negli artt. 60, 76, 84, 86 (e 180 del regolamento di esecuzione), 108, 111 (nonchè 199 del regolamento di esecuzione), 123 e 124, secondo comma.
Ad avviso della ricorrente, si tratta in tutti i casi di norme attinenti a materie trasferite o delegate alle regioni e non riconducibili in alcun modo ad esigenze di ordine pubblico. In particolare, le norme citate, coinvolgendo (tranne nel caso dell'art. 108) funzioni di polizia amministrativa attribuite ai comuni ai sensi dell'art. 19 del d.P.R. n. 616 del 1977, atterrebbero innanzitutto alla materia della polizia locale urbana e rurale; in alcuni casi (artt. 76, 84, 123), riguarderebbero anche quella del turismo e dello spettacolo, ovvero (artt. 86 del testo unico e 180 del regolamento di esecuzione) la competenza - delegata - relativa ai pubblici esercizi di vendita di alimenti e bevande; infine, nell'ipotesi dell'art. 108, le funzioni concernerebbero la materia del turismo e dell'industria alberghiera.
Occorre, pertanto, esaminare singolarmente le fattispecie richiamate dalla ricorrente, onde pervenire, caso per caso, alla decisione sulla base dei criteri sopra enunciati al punto 3.
4.2. - L'art. 60 del testo unico del 1931 prevede l'obbligo della licenza per l'impianto e l'esercizio di ascensori per il trasporto di persone o di materiali accompagnati da persone.
La questione non è fondata.
L'art. 6, lett. n), della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (istitutiva del servizio sanitario nazionale) riserva allo Stato la funzione di "omologazione di macchine, di impianti e di mezzi personali di protezione" - ivi compresi, pertanto, gli ascensori e i montacarichi di cui alla legge 24 ottobre 1942, n. 1415 -, funzione attribuita all'ISPESL ai sensi dell'art. 2 del decreto-legge 30 giugno 1982, n. 390, convertito nella legge 12 agosto 1982, n. 597.
Ora, come questa Corte ha già avuto modo di affermare nella sent. n. 74 del 1987 in tema di attività omologativa dell'ISPESL in ordine agli ascensori, ai fini del rilascio della licenza di impianto e di quella di esercizio, detta attività non può che avvenire (in questi casi) nella particolare situazione edilizia in cui l'impianto è installato, per cui essa, data la qualità delle verifiche che vengono contestualmente eseguite, risulta intimamente connessa al rilascio di entrambi i tipi di licenza: ne consegue che la norma de qua accede a una funzione di competenza statale.
4.3. - Ad analoga conclusione deve pervenirsi in ordine all'art. 76 del testo unico di pubblica sicurezza, relativo all'obbligo dell'avviso preventivo per chi intende fare eseguire in luogo pubblico, aperto o esposto al pubblico azioni destinate alla riproduzione cinematografica.
Non vi è dubbio che la norma sia diretta, almeno prevalentemente, alla tutela di interessi di sicura competenza statale, quali l'ordine pubblico e il buon costume.
4.4. - L'art. 84 del testo unico del 1931 prevede l'obbligo di affissione, in luogo visibile, nei teatri e negli altri luoghi di pubblico spetta colo, dei regolamenti di sicurezza.
In ordine a detta norma, la questione va risolta in senso favorevole alla ricorrente.
L'art. 1 del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 29 ha, infatti, provveduto a trasferire alle regioni una serie di funzioni amministrative del soppresso Ministero del turismo e dello spettacolo, tra cui, per quanto qui interessa, quelle concernenti l'"autorizzazione in ordine alla costruzione, trasformazione, adattamento ed utilizzo di immobili da destinare a sale ed arene per spettacoli cinema tografici e teatrali" (comma 3, lett. a). Appare evidente come tale ampia competenza in tema di immobili destinati a luoghi di pubblico spettacolo necessariamente includa quella relativa alla irrogazione della sanzione amministrativa per la violazione dell'obbligo stabilito dalla norma in esame: ne consegue l'illegittimità costituzionale dell'impugnato art. 17-quinquies nella parte in cui, in ordine a tale violazione, individua nel prefetto, anzichè nell'ufficio regionale competente, il soggetto destinatario del rapporto.
4.5. - La ricorrente fa, poi, riferimento congiunto agli artt. 86 del testo unico di pubblica sicurezza e 180 del regolamento di esecuzione (r.d. 6 maggio 1940, n. 635), i quali concernono, il primo, l'obbligo della licenza per tutta una serie di esercizi pubblici (alberghi, pensioni, trattorie, caffè o altri esercizi di vendita di bevande, sale per biliardi o altri giochi, stabilimenti balneari, autorimesse, ecc.), e il secondo l'obbligo di tenere esposte, nel locale dell'esercizio, in luogo visibile, la licenza, l'autorizzazione, la tariffa dei prezzi ed altri atti analoghi ivi elencati. Poichè, tuttavia, al di là della formale indicazione, nel ricorso si fa riferimento soltanto al citato contenuto prescrittivo dell'art. 180 (richiamando altresì sul punto la sent. n. 1034 del 1988), mentre non vi è alcun cenno al diverso e ben più complesso oggetto dell'art. 86, la censura deve ritenersi circoscritta al menzionato art. 180 del regolamento di esecuzione.
Così intesa, la questione è fondata per i medesimi motivi indicati nella citata sent. n. 1034 del 1988, in cui questa Corte affermò che la norma de qua mira a garantire la regolarità e la sicurezza della vendita e del consumo di alimenti e bevande: e poichè le relative funzioni rientrano nella polizia amministrativa connessa alle funzioni delegate alle regioni ad opera dell'art. 52, lett. a), del d.P.R. n. 616 del 1977, la determinazione dell'ufficio competente a ricevere il rapporto di cui all'art. 17 della legge n. 689 del 1981 non può che spettare alla regione a titolo di competenza delegata, ai sensi dell'art. 9, secondo comma, del medesimo d.P.R. n. 616.
4.6. - L'art. 108 del testo unico in esame concerne l'obbligo della preventiva dichiarazione all'autorità locale di pubblica sicurezza per l'esercizio dell'industria di affittare camere o appartamenti mobiliati, o altrimenti dare alloggio per mercede.
La questione non è fondata.
È pur vero, infatti, che - come questa Corte ha affermato (sent. n. 618 del 1988) - l'esercizio dell'attività di affittacamere rientra nella materia del turismo e dell'industria alberghiera di cui all'art. 117 della Costituzione, e le relative funzioni amministrative sono state trasferite alle regioni ai sensi degli artt. 50 e 56 del d.P.R. n. 616 del 1977. Tuttavia, nella medesima pronuncia ora citata, si è avuto modo di rilevare che la particolare disposizione di cui trattasi è dettata per finalità di pubblica sicurezza, in quanto la prescritta dichiarazione mira all'acquisizione di una serie di elementi obiettivi (indicati nell'art. 192 del regolamento di esecuzione) necessari ad esercitare i controlli sull'identità delle persone alloggiate e sui loro movimenti: ciò basta a far sì che le relative funzioni siano riservate allo Stato.
4.7. - Per quanto riguarda l'art. 111 del testo unico di pubblica sicurezza, relativo all'obbligo della licenza per l'esercizio dell'arte tipografica, litografica, fotografica e di qualunque altra arte di stampa o di riproduzione meccanica o chimica in molteplici esemplari, nonchè l'art. 199 del regolamento di esecuzione, che stabilisce il contenuto della domanda, la questione è fondata nei limiti di seguito esposti.
Precisamente, deve ritenersi che le norme in esame rientrino nelle competenze regionali nella misura in cui siano riconducibili alla materia dell'artigianato, di cui all'art. 117 della Costituzione; limitatamente cioè alle ipotesi in cui ricorrano le condizioni, soprattutto di ordine dimensionale, dettate dalla legge-quadro 8 agosto 1985, n. 443, che qualificano le imprese artigiane.
Entro detti limiti, la competenza ad irrogare le sanzioni amministrative per la violazione delle norme in esame spetta alle regioni e, pertanto, il relativo rapporto va presentato all'ufficio regionale competente.
4.8. - L'art. 123 del testo unico di pubblica sicurezza attiene all'obbligo della licenza "per l'esercizio del mestiere di guida, interprete, corriere, guida o portatore alpino e per l'abilitazione all'insegnamento dello sci".
Premesso che l'ambito applicativo della norma deve considerarsi in parte ridotto a seguito dell'entrata in vigore delle leggi 2 gennaio 1989, n. 6 e 8 marzo 1991, n. 81, le quali hanno trasformato in vere e proprie professioni liberali le attività, rispettivamente, di guida alpina e di maestro di sci (con soppressione, pertanto, della necessità della licenza di cui alla norma in esame: cfr., esplicitamente, l'art. 19 della legge n. 81 del 1991), la questione è fondata.
Appare, infatti, evidente che la norma attenga alla materia del turismo, di spettanza regionale (cfr. legge 17 maggio 1983, n. 217), nè sono ravvisabili esigenze di pubblica sicurezza.
4.9. - Viene, infine, richiamato l'art. 124, secondo comma, del testo unico del 1931, relativo all'obbligo della licenza per gli stranieri che intendano esercitare mestieri ambulanti in occasione di feste, fiere, mercati o altre pubbliche riunioni.
La competenza ad irrogare le relative sanzioni spetta, in questo caso, alle regioni, come questa Corte ha già avuto modo di affermare nella più volte citata sent. n. 1034 del 1988.
5.1. - Resta da esaminare la questione relativa all'art. 8- bis della legge 5 dicembre 1985, n. 730 (Disciplina dell'agriturismo), introdotto dall'art. 12, comma 2, del decreto legislativo n. 480 del 1994. Detta norma dispone (al primo comma) che "il rapporto relativo alle violazioni previste dagli artt. 17-bis e 221-bis del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, consistenti nello svolgimento delle attività previste dall'art. 2 in difetto di autorizzazione o con delle prescrizioni imposte dalla legge o impartite dall'autorità è trasmesso all'ufficio provinciale dell'industria, del commercio e dell'artigianato che applica le sanzioni amministrative".
Ad avviso della ricorrente, la norma è illegittima nella parte in cui individua nel menzionato ufficio statale, anzichè nell'ufficio regionale competente, l'organo destinatario del rapporto, in quanto le attività agrituristiche definite nell'art. 2 della legge n. 730 del 1985 da un lato attengono alla materia del turismo e dell'industria alberghiera di competenza regionale (artt. 117 e 118 della Costituzione, 50 e 56 del d.P.R. n. 616 del 1977, nonchè legge n. 217 del 1983); dall'altro, sono riconducibili anche alla materia della polizia locale urbana e rurale, nella parte in cui si riferiscono a funzioni di polizia amministrativa attribuite ai comuni ex art. 19 del d.P.R. n. 616 del 1977, in particolare a quelle relative alle norme del testo unico di pubblica sicurezza già indicate nel precedente punto 4.1.
5.2. - La norma in esame, come si evince dalla seppur non felice formulazione, intende riferirsi alle sole fattispecie del testo unico di pubblica sicurezza (depenalizzate ai sensi degli artt. 17- bis e 221-bis del testo unico medesimo) strettamente connesse allo svolgimento delle attività indicate nell'art. 2 della legge n. 730 del 1985 (in cui consiste tipicamente l'agriturismo), cioè le attività di ricezione ed ospitalità stagionale esercitate da imprenditori agricoli "attraverso l'utilizzazione della propria azienda, in rapporto di connessione e complementarità rispetto alle attività di coltivazione del fondo, silvi-coltura, allevamento del bestiame, che devono comunque rimanere principali". In relazione alla violazione di tali fattispecie la competenza a ricevere il rapporto e ad irrogare le sanzioni viene attribuita all'ufficio provinciale dell'industria, commercio ed artigianato, in luogo di quella assegnata al prefetto dall'art. 17- quinquies del testo unico.
Così chiarita la portata applicativa della norma, non vi è dubbio che l'attività agrituristica rientri nella materia del turismo e dell'industria alberghiera, di competenza regionale.
Va, d'altra parte, evidenziato che l'attività in esame, come s'è visto, è intrinsecamente complementare a quella agricola, la quale deve conservare un carattere di principalità.
In conclusione, tenuto conto delle indicate peculiari caratteristiche dell'agriturismo, la competenza ad irrogare le sanzioni amministrative di cui all'art. 8-bis della legge n. 730 del 1985 deve essere attribuita alle regioni, accedendo a materia di spettanza regionale e non essendo ravvisabili profili di tutela dell'ordine pubblico.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 17- quinquies del testo unico di pubblica sicurezza (approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773), introdotto dall'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480 (Riforma della disciplina sanzionatoria contenuta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773), nella parte in cui prevede che è presentato al prefetto, anzichè all'ufficio regionale competente, il rapporto relativo alle violazioni delle disposizioni di cui agli artt. 84, 111 (limitatamente alle imprese artigiane), 123 e 124, secondo comma, del testo unico menzionato, nonchè 180 del regolamento per l'esecuzione del medesimo testo unico, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635;
b) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 8- bis della legge 5 dicembre 1985, n. 730 (Disciplina dell'agriturismo), introdotto dall'art. 12, comma 2, del decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480, nella parte in cui prevede che è trasmesso all'ufficio provinciale dell'industria, del commercio e dell'artigianato, anzichè all'ufficio regionale competente, il rapporto relativo alle violazioni indicate nella norma medesima;
c) dichiara non fondata ogni altra questione di legittimità costituzionale dell'art. 17-quinquies del testo unico di pubblica sicurezza, introdotto dall'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480, sollevata, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Toscana con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 1995.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Mauro FERRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 7 aprile 1995.