SENTENZA N. 319
ANNO 1983
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 6 dicembre I971, n. 1044 (Piano quinquennale per la istituzione di asili - nido comunali con il concorso dello Stato); della legge della Regione Lazio 17 agosto 1974, n. 41 (Norme per l'accelerazione delle procedure in materia di opere pubbliche); dell'art. 39 della legge della Regione Campania 16 maggio 1975, n. 30 (Piano di interventi regionali di emergenza per l'anno finanziario 1975) e degli artt. 1 e 3 della legge 3 gennaio 1978, n. 1 (Accelerazione delle procedure per la esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali), giudizi promossi con le ordinanze emesse dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio il 16, il 5 e il 12 novembre 1975, dal Tribunale amministrativo regionale della Campania il 4 febbraio 1976 e dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio il 1 febbraio 1978 e il 9 novembre 1979, rispettivamente iscritte ai nn. 286, 287, 604 e 654 del registro ordinanze 1976, al n. 812 del registro ordinanze 1979 e al n. 431 del registro ordinanze 1980 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 145, 294 e 330 del 1976 e nn. 15 e 201 del 1980.
Visti gli atti di costituzione di De Tulle De Villefranche Guido, del Comune di Roma, della Società Sabina Agricola a r.l., della Società Italiana Risanamento Agrario s.p.a., di Marzilli Emma ed altri, della Società Santa Sabina a r.l. e di Picano Michele;
visti gli atti di intervento della Regione Lazio, della Regione Campania e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 20 ottobre 1982 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;
uditi l'avv. Antonio Stoppano per Marzilli Emma ed altri; l'avv. Adriano Pallottino per Picano Michele; l'avv. Ugo Ardizzone per Gravina Giuseppe (limitatamente alla questione pregiudiziale della costituzione effettuata fuori termine); l'avv. Federico Sorrentino, delegato dall'avv. Antonio Sorrentino, per la società Italiana Risanamento Agrario; gli avv.ti Maria Athena Lorizio e Giuseppe Abbamonte, delegati dall'avv. Guido Cervati, per la Regione Lazio; l'avv. Giuseppe Abbamonte per la Regione Campania; l'avv. Nicola Carnovale per il Comune di Roma e l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un giudizio nel quale erano state impugnate una deliberazione della Giunta municipale di Roma che aveva approvato un progetto relativo alla costruzione di asilo-nido e l'ordinanza che aveva disposto l'occupazione di urgenza dell'area destinata a tale opera, il TAR del Lazio, con ordinanza 5 novembre 1975 (R.O. n. 287/1976) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge statale 6 dicembre 1971, n. 1044, in riferimento all'art. 117 Cost., nonché della legge della regione Lazio 17 agosto 1974, n.41, (con particolare riferimento agli artt. 3, 4, 8, 13 e 14) per contrasto con gli artt. 117,97 e 128 della Costituzione.
L'art. 6 della legge 6 dicembre 1971, n. 1044 stabilisce che la Regione, con proprie leggi, fissa i criteri generali per la costruzione, gestione e controllo degli asili-nido: tale norma sarebbe costituzionalmente illegittima, giacché la costruzione degli asili-nido non rientra fra le materie nelle quali le regioni, ai sensi dell'art. 117 Cost., hanno poteri legislativi e sarebbe "assai dubbio che nella specie si sia di fronte ad una ipotesi di mera attuazione della normativa statale, da ricomprendere nel secondo comma dell'art. 117 della Costituzione".
La legge della regione Lazio n. 41 del 1974 demanda agli enti locali infraregionali le funzioni amministrative di cui all'art. 3 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, il quale trasferisce alle Regioni a statuto ordinario, per le opere di loro competenza e per quelle ad esse delegate, le competenze degli organi dello Stato in ordine alle dichiarazioni di pubblica utilità, di urgenza e di indifferibilità dei lavori nonché l'esercizio delle attribuzioni di carattere amministrativo attualmente spettanti agli organi medesimi in materia di espropriazione per pubblica utilità e di occupazione temporanea di urgenza, comprese la determinazione amministrativa delle indennità e la retrocessione.
Nell'ordinanza si afferma che se questa norma comporta delega di funzioni dallo Stato alle regioni, esse non erano subdelegabili agli enti locali.
La legge, comunque, sarebbe in contrasto con l'art. 117 della Costituzione, per quanto attiene ai provvedimenti amministrativi emanabili dagli enti locali a norma di essa in materia di costruzione di asili - nido. Infatti, anche se gli asili-nido sono considerati opere di urbanizzazione (art. 4 della legge 29 novembre 1964, n. 847 modificato dall'art. 44 della legge 22 ottobre 1971, n. 865), ciò non é sufficiente a farli comprendere nella urbanistica, giacché tale qualifica é soltanto un profilo (quello appunto urbanisticamente rilevante) della complessa struttura dell'asilo, mentre dalla legge statale n. 1044 del 1971 emergerebbe che la materia degli asili - nido rientra nell'ambito dell'assistenza sociale, estranea alle competenze regionali.
Inoltre - secondo l'ordinanza - l'avere affidato agli organi comunali il potere di emanare gli atti delle procedure espropriative preordinate a favore del Comune stesso, intaccherebbe il principio della imparzialità della azione amministrativa, tenuto conto che la struttura organizzativa del comune, estremamente semplificata, non permette diversificazioni fra l'organo titolare dell'interesse a tutela del quale la espropriazione viene attuata e l'organo titolare del potere espropriativo.
L'art. 13 della legge impugnata, infine, disponendo che i sindaci dei comuni sono delegati per l'esecuzione di opere pubbliche di loro rispettiva competenza ad esercitare le funzioni amministrative regionali violerebbe anche l'art. 128 della Costituzione, in quanto non si limita ad affermare la delega in favore dell'ente subregionale, ma dispone anche sulla competenza all'esercizio del potere delegato nell'ambito dell'apparato organizzativo dell'ente stesso.
É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri deducendo che gli atti vanno restituiti al TAR e, in subordine, l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale relativa all'art. 6 della legge statale n. 1044 del 1971. É intervenuta anche la regione Lazio, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.
Si sono costituite anche le parti private (la Soc. S.A.I. e la Società S.I.R.A.) chiedendo che le questioni siano ritenute fondate.
Si é costituito pure il Comune di Roma, chiedendo che le questioni siano ritenute non fondate.
2. - Questione analoga - ma limitata agli artt. 4,8 e 13 della legge reg. Lazio 17 agosto 1974, n. 41 - é stata sollevata dal TAR del Lazio anche con ordinanza 16 novembre 1975 (r.o. n. 286/1976), nel corso di un consimile giudizio promosso da Guido de Tulle che si é costituito dinanzi a questa Corte sostenendo in particolare l'illegittimità costituzionale degli artt. 4,8 e 13 della legge reg. Lazio n. 41 del 1974.
Si sono costituiti pure la regione Lazio ed il comune di Roma, svolgendo difese identiche a quelle del giudizio di legittimità costituzionale promosso con l'ordinanza 5 novembre 1975.
3. - Questione simile é stata sollevata dal TAR del Lazio nel corso di altro consimile giudizio, con ordinanza 1 febbraio 1978 (R.O. n. 812/1979) con la quale viene sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, 8 e 13 della legge reg. Lazio n. 41 del 1974, per contrasto con gli artt. 97 e 117 Cost. In tale ordinanza si afferma, fra l'altro, che la questione non sarebbe superata dall'entrata in vigore del d.P.R. n. 616 del 1977 (art. 106, terzo comma) e della legge 3 gennaio 1978, n. 1 (art. 1) i quali hanno attribuito ai comuni le funzioni amministrative concernenti le occupazioni di urgenza e gli atti preparatori attinenti ad opere pubbliche di loro pertinenza ed il potere di dichiarare la pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza in via implicita con l'approvazione dei progetti delle stesse opere pubbliche. Tali leggi infatti - si afferma - dispongono solo per il futuro, non essendo retroattive. attive.
In tale giudizio la regione Lazio si é costituita fuori termine, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
Si é costituita pure la S.r.l. Santa Sabina, ricorrente nel giudizio a quo, chiedendo che la questione sia ritenuta fondata.
Si é costituito infine il Comune di Roma, rilevando in particolare che le norme impugnate sono state recepite dalle leggi statali citate e chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.
4. - Nel corso di un giudizio avente ad oggetto l'impugnativa di un provvedimento del sindaco di Acerra, di espropriazione di un 'area per la costruzione di un asilo-nido, con ordinanza 4 febbraio 1976 (R.O. n. 654/1976), il TAR per la Campania, ha a sua volta sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 118, ultimo comma Cost., dell'art. 39 della legge reg. Campania 16 maggio 1975, n. 30, nella parte in cui prevede la delega ai comuni, alle province ed ai loro consorzi delle funzioni amministrative di cui all'art. 3 del d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8, in materia di procedimenti espropriativi per la costruzione di asili-nido.
Sia pure più sinteticamente l'ordinanza non si discosta dai motivi di quelle precedenti.
É intervenuta la reg. Campania, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata, appartenendo la regolamentazione degli asili - nido alle materie della beneficenza pubblica o assistenza scolastica, che sono di competenza regionale ed avendo l'art. 3 del d.P.R. n. 8 del 1972 trasferito alle regioni le competenze in ordine all'espropriazione in relazione ad opere di competenza regionale.
Si é costituita - fuori termine - anche una parte privata, deducendo di non avere mai ricevuto la notificazione dell'ordinanza del TAR e che tale notificazione fu invalidamente eseguita.
Nel merito si afferma che solo allo Stato competono poteri espropriativi e che l'art. 3 del d.P.R. n. 8 del 1972 avrebbe illegittimamente attribuito tali poteri alle regioni; che, comunque, la regione non avrebbe potuto subdelegarli agli enti locali.
Le parti hanno insistito nelle loro conclusioni con varie memorie.
5. - Con ordinanza 12 novembre 1975 (R.O. n.604/1976) il TAR del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge della reg. Lazio 17 agosto 1974, n. 41, con particolare riferimento agli artt. 4, 8 e 13 - in relazione agli artt. 97, 117 e 128 della Costituzione - sotto il profilo che la regione non può legiferare in materia di espropriazione per la pubblica utilità, subdelegare ai comuni le funzioni amministrative eventualmente delegate dallo Stato, concentrare nello stesso organo il potere di emanare la dichiarazione di pubblica utilità ed il provvedimento di espropriazione o di occupazione di urgenza.
Nell'ordinanza il TAR ha ritenuto rilevante la questione. L'ha poi ritenuta non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 117, 97 e 128 Cost., ponendo in dubbio innanzitutto il potere delle regioni a statuto ordinario di legiferare in materia di espropriazione per pubblica utilità a norma dell'art. 117 Cost.. Afferma poi che assume centrale rilievo definire se le funzioni amministrative in tema di espropriazione possano competere istituzionalmente alla regione ex art. 117 primo comma, della Costituzione o non siano espressione di delega dello Stato all'ente regionale: della seconda ipotesi, poiché la Corte costituzionale ha affermato (dec. 28 febbraio 1957, n. 39 e 31 maggio 1960, n. 36) che l'ente regionale delegato non può delegarne ulteriormente l'esercizio, le norme in questione, con le quali la reg. Lazio demanda agli enti locali infraregionali le funzioni amministrative di cui all'art. 3 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, per l'esecuzione di opere pubbliche di loro competenza, solleverebbero ulteriori dubbi di incostituzionalità.
Sotto altro aspetto, nella materia delle espropriazioni per pubblica utilità, il tradizionale principio che garantisce l'imparzialità dell'Amministrazione (articolo 97 Cost.) é quello della separazione fra autorità competente ad adottare il provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, autorità competente ad emettere il provvedimento di espropriazione o d'autorizzazione all'occupazione temporanea e soggetto beneficiario dell'espropriazione. Pertanto, anche sotto tale riguardo, le norme impugnate non sarebbero rispettose del dettato costituzionale.
Davanti a questa Corte si é costituita una parte privata chiedendo che la questione sia dichiarata fondata.
Con altra ordinanza emessa il 9 novembre 1979 (R.O. n. 431/1980), il TAR del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 97 Cost., degli artt. 8 e 13 (nel testo mod. dall'art. 12 della legge reg. 24 gennaio 1977, n. 12 della legge reg. Lazio 17 agosto 1974, n. 41 e degli artt. 1, primo comma, e 3 della legge 3 gennaio 1978, n. 1 ("Accelerazione della procedura per la esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali").
Si osserva che in forza dell'art. 1, primo comma, della legge n. 1 del 1978, e dell'art. 8 della legge reg. n. 41 del 1974, la deliberazione consiliare di approvazione della perizia dei lavori assume valore di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere ivi previste, mentre in applicazione dell'art. 3 della legge n. 1/1978 e dell'art. 13 (nel testo mod. dall'art. 12 della legge reg. n. 12/1977) della legge reg. n. 41/1974 la giunta municipale agisce quale delegata dei poteri in materia di occupazione di urgenza originariamente spettanti alla regione. Ma le norme che attribuiscono all'Amministrazione comunale il potere di emanare gli atti di espropriazione e di occupazione temporanea o d'urgenza in favore del comune stesso sarebbero in contrasto con il principio, desumibile dalla legislazione statale in tema di procedimenti ablatori, che l'imparzialità della P.A. é garantita dalla diversificazione dell'organo titolare del potere di dichiarare la pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell'opera rispetto all'organo competente ad adottare il provvedimento di espropriazione o di autorizzazione all'occupazione e rispetto all'organo titolare dell'interesse al cui soddisfacimento é in concreto preordinato il procedimento espropriativo.
Dinanzi a questa corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
Si é costituita pure una parte privata, la quale osserva che - anche se nelle more le censurate disposizioni regionali sono state espressamente abrogate dall'articolo 11 della legge reg. 29 dicembre 1978, n. 79, che ha approvato il testo unico delle norme sulle espropriazioni per pubblica utilità - permane inalterato l'interesse ad ottenere la pronuncia della Corte, sia perché la questione sollevata dal TAR investe anche gli artt. 1, comma primo, e 3 della legge statale 3 gennaio 1978, n. 1, sia perché le abrogate norme regionali sono state trasfuse, anche se con formulazione letterale in parte diversa, nel citato testo unico.
Nel merito si chiede che la Corte ritenga fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata.
Considerato in diritto
1. - Le sei ordinanze di cui in epigrafe sollevano tutte questioni di legittimità costituzionale sostanzialmente analoghe e pertanto i relativi giudizi vanno riuniti ai fini di un'unica pronuncia.
2. - Preliminarmente occorre esaminare la ritualità della costituzione della parte privata Gravina Giuseppe nel giudizio incidentale sollevato dal TAR della Campania con l'ordinanza 4 febbraio 1976 (n. 654, r.o. 1976).
Risulta dagli atti che la citata ordinanza é stata notificata al legale della parte sotto la data del 5 luglio 1976 e pubblicata nella G.U. n. 330 del 15 dicembre 1976, mentre la costituzione in giudizio é avvenuta in data 8 febbraio 1977, dopo, cioè, che erano abbondantemente decorsi i 20 giorni all'uopo accordati dall'art. 25 della legge n. 87 del 1953 e dall'art. 3 delle Norme integrative per i giudizi davanti a questa Corte.
La notifica é stata effettuata sotto la cennata data personalmente dall'ufficiale giudiziario ed é comprovata dalla firma apposta dal portiere dello stabile nel quale é elettivamente domiciliato il legale.
Quest'ultimo nella pubblica udienza del 20 ottobre 1982 ha tentato di dimostrare la irritualità della notifica, ma all'uopo lo stesso legale, che non ha impugnato il documento predetto, si é limitato a fare osservazioni e ad addurre circostanze di mero fatto prive di qualsiasi principio di prova e, quindi, inidonee rispetto al fine voluto.
Non rimane, quindi, che dichiarare inammissibile l'intervento del Gravina.
3. - Una prima questione di legittimità costituzionale, sollevata dal TAR del Lazio (ord. n. 287/1976) riguarda l'art. 6 della legge 6 dicembre 1971, n. 1044 ("Piano quinquennale per la istituzione di asili-nido comunali con il concorso dello Stato"), con il quale lo Stato avrebbe delegato alle Regioni a Statuto ordinario la facoltà di dettare norme legislative in tema di asili nido. In tal modo sarebbe stato violato l'art. 117 Cost., non rientrando la materia degli asili nido fra quelle affidate alla potestà legislativa concorrente delle Regioni.
La questione non é fondata.
In realtà l'art. 6, n. 1 della citata legge n. 1044 non contiene alcuna delega di potestà legislativa alle Regioni per quel che attiene alla questione che ha formato oggetto dei giudizi dinanzi ai giudici a quibus, e cioé per quel che concerne i lavori relativi alla costruzione degli asili nido.
Infatti ad avviso della Corte questi lavori non possono non essere compresi nell'ambito dell'art. 117 Cost., laddove parla della materia indicata come "lavori pubblici di interesse regionale", la quale é comprensiva anche dei lavori di interesse subregionale.
A riguardo é da rilevare che gli asili nido costituiscono istituzioni le quali operano nell'ambito comunale, cioè in un ambito locale, allo scopo di venire incontro alle esigenze delle famiglie insediate in quel territorio: rappresentano, quindi, la localizzazione di interessi certamente più vasti.
E ciò é sufficiente a fare ritenere che i lavori relativi alla costruzione ed alla manutenzione degli edifici destinati a sede degli asili nido erano da considerare compresi nell'art. 117 Cost., ancor prima che tutta la attività dei medesimi asili fosse trasferita alle Regioni per effetto della nuova concezione che é stata data alla beneficenza pubblica con l'art. 22 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (sent. n. 174 del 1981 di questa Corte).
4. - Una seconda questione di legittimità costituzionale, sollevata da cinque ordinanze (nn. 287/1976; 60/1976; 654/1976; 812/1979) investe la legge regionale del Lazio 17 agosto 1974, n. 41 ("Norme per l'accelerazione delle procedure in materia di opere pubbliche") e l'art. 39 della legge regionale della Campania 16 maggio 1975, n. 30 ("Piano di interventi regionali di emergenza per l'anno finanziario 1975") per pretesa violazione dell'art. 117, primo comma e dell'art. 118, ultimo comma, Cost. in quanto nelle materie sottoposte all'esame dei giudici a quibus (lavori attinenti a strade comunali e costruzioni di asili nido), la Regione eserciterebbe funzioni delegate dallo Stato e, di conseguenza, secondo quanto già é stato più volte ritenuto da questa Corte (sent. n. 36/1960
e n. 39/1975), la Regione non potrebbe procedere ad ulteriore delegazione a favore di altri enti pubblici.Anche tale questione non é fondata (a prescindere da quanto é stato poi disposto con l'art. 1, terzo comma, n. 3, lettera b), della legge 22 luglio 1975, n. 382).
I giudici a quibus, infatti, partono dal presupposto che le due cennate materie esulino dall'ambito dell'art. 117, primo comma, Cost. e di conseguenza le Regioni opererebbero qui in regime di delega di poteri legislativi da parte dello Stato.
Si tratta, invece, di materie le quali rientrano senz'altro nell'ambito dell'art. 117, primo comma, e quindi trasferite e non delegate alle Regioni a statuto ordinario.
Per quel che riguarda la costruzione degli asili nido é sufficiente fare riferimento a quanto si é già osservato nel precedente n. 3.
Per quel che riguarda, invece, i lavori attinenti alle strade comunali, é da rilevare che l'art. 117 chiaramente comprende nell'ambito delle funzioni legislative ed amministrative trasferibili alle Regioni predette la materia della c.d. viabilità minore, cioè della "viabilità di interesse regionale". L'art. 2 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, ha poi concretamente trasferito alle Regioni le funzioni amministrative concernenti, fra l'altro, "le strade costituenti la viabilità locale e provinciale nonché quella regionale", così precisando che nell'ambito di quella espressione rientra anche la viabilità subregionale.
Non si é verificata, pertanto, alcuna delega dello Stato alle Regioni, con la conseguenza che queste ben possono legiferare nelle dette materie, con la osservanza dei principi fondamentali di cui all'art. 117, secondo comma.
5. - Una terza questione di legittimità costituzionale (sollevata dalle ordinanze nn. 286/1976; 287/1976; 812/1979 e 431/1980) investe gli articoli 3,4,8,13 e 14 della legge n. 41 del 1974 della Regione Lazio per violazione dell'art. 97 Cost., in quanto queste disposizioni non avrebbero osservato il principio di imparzialità.
Questo richiederebbe ad avviso dei giudici a quibus, da un lato di tener distinte le autorità che hanno competenza per le dichiarazioni di p.u. e dì indifferibilità ed urgenza e quelle che adottano i provvedimenti di espropriazione e di occupazione d'urgenza e dall'altro di non affidare al comune beneficiario delle espropriazioni il potere di emanare gli atti espropriativi, il che é tanto più grave in quanto il Comune non può avere una struttura amministrativa articolata al pari della amministrazione statale.
L'ordinanza n. 431/1980 investe sotto questo stesso profilo anche gli artt. 1 e 3 della legge statale 3 gennaio 1978, n. 1, i quali hanno anch'essi eliminato ogni distinzione fra organi che espropriano ed organi che dichiarano la p.u.
Anche tale questione non é fondata.
Premesso che la P.A. nello svolgimento dei suoi compiti agisce sempre nella sua qualità di parte, cioè di esponente degli interessi pubblici che le sono affidati, e che di conseguenza essa tende in primis al soddisfacimento degli interessi della collettività, ma con la rigorosa osservanza del principio di legalità (riaffermato anche dall'art. 97 Cost., allorquando parla della imparzialità), non ritiene la Corte che il non avere attribuito a distinte competenze amministrative (e, precisamente, a diversi organi appartenenti al medesimo soggetto) le due fasi proprie del procedimento espropriativo, quella dell'accertamento dei presupposti per la espropriazione e quella successiva della concreta adozione dei provvedimenti amministrativi ablatori, ponga in essere alcuna violazione del cennato principio di imparzialità.
L'obbligo di dare esatta e completa applicazione alla legge e di osservarla pienamente nella sua lettera e nel suo spirito in modo da perseguire in maniera obbiettiva il soddisfacimento degli interessi pubblici può bene ottenersi anche se non si operino distinzioni di quel genere: non si vede, in realtà, per qual motivo questo risultato non possa ottenersi se non attraverso una più o meno netta separazione degli organi che pongono in essere le due cennate fasi del procedimento espropriativo.
La unificazione delle competenze, d'altro canto, é stata effettuata, tanto dalla legge statale quanto dalle leggi regionali, allo scopo essenziale di accelerare i tempi per la realizzazione delle opere pubbliche, eliminando fasi procedurali ritenute superflue. E certamente nel regolamentare in questo modo la materia i vari legislatori hanno tenuto presente da un lato che non sono mancati, anche in passato, casi nei quali le cennate fasi erano affidate ai medesimi organi (art. 31 del r.d. 8 febbraio 1923, n. 422, art. 1 r.d.l. 15 agosto 1925, n. 1636 e artt. 1 e 2 r.d. 11 aprile 1926, n. 752, ecc.) e dall'altro che la più recente legislazione ha notevolmente modificato il valore degli atti con i quali si autorizza la occupazione di urgenza dei terreni o si procede all'esproprio. In realtà i momenti principali ed essenziali per far luogo ad una espropriazione sono quelli nei quali, deliberata la realizzazione dell'opera (spesso già preveduta da appositi piani o programmi di carattere vincolante), si fa luogo alla individuazione dell'area sulla quale essa deve insistere, il che, se non é già avvenuto al momento iniziale di detta deliberazione, avviene nel momento della progettazione dell'opera, noto essendo che ogni progetto tecnico é strettamente legato nella sua essenza al terreno.
Di conseguenza la prima decisiva incisione dei diritti dei singoli avviene nel momento della dichiarazione di p.u. (che presuppone un piano di massima indicante anche la descrizione dei terreni da occupare: art. 3 legge 25 giugno 1865, n. 2359) o quando si fa luogo alla approvazione del progetto (se si operi in regime di dichiarazione implicita di p.u ) con la osservanza delle norme relative alla localizzazione delle opere pubbliche: i successivi provvedimenti in base ai quali la P.A. può immettersi nel fondo del privato, a titolo provvisorio o definitivo, costituiscono, sotto questo profilo, più che altro atti esecutivi, onde anche per questo aspetto non può ritenersi irrazionale né l'avere affidato ai medesimi organi le due fasi predette né l'avere affidato (come avviene del resto in non poche leggi statali) la emanazione del provvedimento ablatorio allo stesso soggetto che dell'esproprio deve beneficiare.
6. - L'ultima questione, sollevata con le ordinanze nn. 286/1976 e 287/1976, concerne l'art. 13 della citata legge regionale del Lazio n. 41 del 1974, il quale violerebbe l'art. 128 Cost. in quanto non si limita a disporre la delega a favore del Comune, ma indica anche quale sia l'organo comunale competente all'esercizio del potere delegato.
Anche tale questione non é fondata.
La disposizione contenuta nell'art. 128 Cost. indubbiamente sottrae al potere legislativo delle Regioni a statuto ordinario la disciplina della organizzazione degli enti territoriali, che rimane affidata esclusivamente al potere legislativo statale
Ma la legge regionale che, nel delegare determinate funzioni amministrative al Comune, precisi anche quale fra gli organi comunali previsti dall'ordinamento dettato dallo Stato debba esercitare le funzioni medesime senza alterare la tipologia della sua organizzazione, non lede l'autonomia dei Comuni né invade la sfera di competenza dello Stato.
Si tratta di norma la quale opera nell'ambito della organizzazione data dalla legge statale e precisa lo specifico organo che deve in concreto provvedere.
E ciò da un lato costituisce ovvia e necessaria precisazione di un aspetto della delega e dall'altro corrisponde anche al concetto espresso dall'art. 118, terzo comma, Cost., in base al quale le Regioni esercitano normalmente le loro funzioni amministrative delegandole agli enti minori o "valendosi dei loro uffici": é evidente che la Regione può individuare l'ufficio comunale che ritiene maggiormente idoneo a svolgere le funzioni delle quali essa é titolare ed il cui esercizio trasferisce ad altri.
7. - La difesa della parte privata soc. SIRA assume che quanto meno per implicito il TAR del Lazio (ord. n. 287/1976) abbia denunciato l'art. 13 della legge della Regione Lazio n. 41 del 1974 in quanto esso violerebbe anche l'art. 130 Cost., avendo sottratto al sindacato della Regione gli atti del Comune in materia espropriativa.
Ma la tesi della difesa é del tutto inattendibile: il giudice a quo non accenna menomamente, né esplicitamente né implicitamente, ad una qualsiasi violazione dell'art. 130 Cost. e le parti private, come é ben noto, non hanno legittimazione a sollevare questioni del genere.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale:
1) dell'art. 6 della legge 6 dicembre 1971, n. 1044 ("Piano quinquennale per la istituzione di asili-nido comunali con il concorso dello Stato"), sollevata, in riferimento all'art. 117 Cost., dal T.A.R. del Lazio con ordinanza 5 novembre 1975;
2) della intera legge della Regione Lazio 17 agosto 1974, n. 41 ("Norme per l'accelerazione delle procedure in materia di opere pubbliche"), così come modificata dalla legge della Regione Lazio 26 gennaio 1977, n. 12 ("Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 17 agosto 1974, n. 41. Intervento regionale in materia di opere e lavori pubblici d'interesse degli enti locali"), sollevata, in riferimento all'art. 117 Cost., con ordinanze del T.A.R. del Lazio 5 novembre 1975, 12 novembre 1975 e 1 febbraio 1978;
3) degli artt. 3, 4, 8, 13 e 14 della suddetta legge della Regione Lazio 17 agosto 1974, n. 41, sollevata, in riferimento agli artt. 97 e 128 Cost., con ordinanze del T.A.R. del Lazio 5 novembre 1975,16 novembre 1975, 1 febbraio 1978 e 9 novembre 1979;
4) dell'art. 39 della legge della Regione Campania 16 maggio 1975, n. 30 ("Piano di interventi regionali di emergenza per l'anno finanziario 1975"), sollevata, in riferimento all'art. 118 Cost., con ordinanza del T.A.R. della Campania 4 febbraio 1976;
5) degli artt. 1 e 3 della legge 3 gennaio 1978, n. 1 ("Accelerazione delle procedure per la esecuzione delle opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali"), sollevata, in riferimento all'art. 97 Cost., con ordinanza del T.A.R. del Lazio 9 novembre 1979.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale. Palazzo della Consulta, il 7 ottobre 1983.
Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giovanni CONSO - Ettore GALLO
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 7 ottobre 1983.